10 gennaio 2013

Della visione del film e della sua interpretazione. Su La migliore offerta di Tornatore

ATTENZIONE SPOILER

Un truffatore che si impossessa di inestimabili quadri riuscendo a pagarli una frazione del loro valore per ammirarli in una segreta e personale pinacoteca.

Altri truffatori che organizzano una messa in scena colossale per sottrargli la collezione.

La passione per l'arte contro la passione per il denaro.

Ecco in due parole la trama dell'ultima fatica cinematografica di Tornatore, La migliore offerta, che ho visto all'Alahambra con Antonio.

Mentre scorrono i titoli di coda commento a caldo la banalità del finale  che riconduce tutto alla volgare bramosia economica.

Mentre il collezionista di quadri sfrutta il sistema economico delle valutazioni d'arte per entrare in possesso di quadri che altrimenti non potrebbe permettersi con lo scopo di soddisfare la propria brama del possesso per motivi estetici, i truffatori gli sottraggono i quadri per il loro mero valore economico.

Una bella metafora della nostra contemporaneità dove i valori del collezionista, per quanto discutibili e pericolosi, sono stati sostituiti dal denaro che non è più un mezzo per acquisire qualcosa d'altro ma diventa lo scopo finale.

Dalla ricchezza estetica alla ricchezza tout court.

Antonio sembra molto infastidito da questa mia considerazione.

Dice che mi sbaglio e che il collezionista e coloro che gli sottraggono la collezione sono della stessa pasta perchè sono tutti truffatori.

Ne nasce una accesa discussione che prosegue anche in strada dove una donna che ci sente discutere animatamente si ferma a parlare del film con noi.

Lei fa un parallelo col film di Ken Loach e ravvede in entrambe le pellicole la stessa arte di ingegnarsi di chi è stato marginalizzato dal capitalismo finanziario rispondendo ai truffatori con la stessa arma della truffa...

Due uomini  e una donna hanno visto lo stesso film.

Tre letture diverse, non necessariamente rivali.

La lettura morale, dura e pura, di Antonio.

Quella sociale del sottoscritto.

Quella di lotta di classe della signora che ci ha fermati per strada.

Un bel momento di confronto su un film, che va al di là del classico giudizio di pancia, m'è piaciuto non m'è piaciuto.

Un confronto fatto per strada perché la società di oggi non offre più degli spazi, un cineforum, un circolo culturale, una collana di libri, una rivista,  una trasmissione tv, una casa in cui ritrovarsi tra amici, come succedeva nei decenni precedenti.

Oggi tutto è merce e se i consumatori vogliono continuare a usare i film per interpretare il reale, o per esprimere una propria posizione morale, etica o politica, che lo facciano per strada.









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bello essere
quello che si è anche se si è
poco
pochissimo
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