14 giugno 2007

una parola definitiva sul pride...


Mi ricordo una scena di Stonewall (Stati Uniti, 1995) di Nigel Finch, nella quale prima dei fatti che hanno dato vita al gay pride, alcuni omosessuali sfilano, educati e in giacca e cravatta, per chiedere cortesemente più diritti…

Ovviamente la protagonista del film, il travestito La Miranda si sente escluso e implicitamente criticato e giudicato da questa manifestazione acqua e sapone, ispirata all’ipocrita e “forrestgampiano” semo tutti uguali, volemose bene.

Più recentemente, in una delle ultime puntate della quinta stagione di Queer as Folk (la serie americana gay-lesbo di culto), Michael, uno dei protagonisti, mentre presiede una conferenza stampa organizzata da una senatrice (proprio come qui da noi…!) subito dopo un attentato omofobo (hanno messo una bomba in un locale gay …) legge un discorso, scritto per lui da professionisti, nel quale si recita che “siamo tutti uguali”, ma, durante la lettura, si impappina, si ferma e, andando a braccio, dice che, veramente, tutti uguali non siamo. Che lui, gay che convive col compagno sieropositivo e il loro figlio adottivo, adolescente ed etero, ha poco in comune con le coppie etero presenti alla conferenza, ma che la differenza, unita in uno stesso consesso fa la grandezza del genere umano, fa …famiglia.

Ecco.

Sono stufo ogni anno di dover sentire, da amici gay o etero, che il gay pride non serve a niente, che è solamente una carnevalata, che le trans con i seni (sic!) di fuori “non servono alla causa…”.

Sono stufo di ascoltare le giustificazioni di chi, obnubilato da un’educazione catto-borghese, ipocrita e morbosa, si imbarazza nel vedere le trans (come ci fossero solo loro poi) e invece di volgere lo sguardo da un’altra parte, preferisce non venire, almeno finché ci sarà il …carnevale.

Troppo comodo! Troppo ipocrita!! Troppo borghese!!!

Il gay pride nasce anche dalla volontà di épater le bourgeois! Ma questo continuano a dimenticarselo tutti, etero e gay, e per tema di rimanere indigesti a qualche baciapile, preferiscono cambiare maschera e mettere quella in giacca e cravatta della borghesia (“analfabeta e più ignorante d’Europa” come insegna Pasolini…).

D’altronde finché personalità del calibro di Enzo Biagi e Giorgio Gaber (mai troppo compianto) si permettono di dire “non capisco cosa ci sia da essere orgogliosi ”, sarò felice di marciare al fianco di trans, traveste, e parruccone, perché per quanto io mi senta (o sia) differente da loro sono molto di più la mia famiglia loro di chi pretende di essere mio simile solo perché, come me, non ama vestirsi da donna ma per il resto è tanto distante dal mio modo di vivere e pensare quanto lo sono i trans (anche se, a dire il vero, un po’ di seno sta venendo pure a me… mah!).





bello essere
quello che si è anche se si è
poco
pochissimo
niente


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