Ho passato l'adolescenza e la prima giovinezza a raccontare spasmodicamente a tutte le mie amiche (prima) e i miei amici gay (dopo) quel che capitava nella mia sfera emotiva, quando pensavo solamente ai rifiuti sentimentali e i successi non li contavo mai...
Poi inziai a fare psicoterapia - ho sempre usato questo verbo, non chiedetemi perchè, - dal 1994 al 2000 e quei racconti spasmodici li ho riversati sul terapeuta, Giorgio, che saluto, chissà dov'è....
Fu lui a barcamenarsi tra i nomi sempre uguali dei miei amici (2 luca 2 tonini addirittura 3 antonii...) e io imparai il dono della sintesi...
Smisi le telefonate fiume con Fabio, anzi, smisi proprio di sentire Fabio (che mi criticava per la mia scelta borghese di andare in psicoterapia, lui col suo cane dal pedigree certificato che costava 800 mila lire... Come puoi vantarti del valore economico del tuo cane ?!?!?!).
Almeno ci avevo scopato, con Fabio, ma visto che Fabio non si era voluto sposare con me quella scopata non contava...
Poi dopo "soli" 6 anni Giorgio mi chiese cosa ci vieni a fare da me? sì che i motivi per cui avevo inziato la psicoterapia li avevo tutti affrontati e risolti.
Io gli risposi, a malincuore, che capivo, dovevo inziare a camminare con le mie gambe senza le sue stampelle psicologiche, ma che mi sarebbe paiciuto ritornare per continuare a parlargli dei miei cazzi settimanali (metaforici e, se capitava, metadentrici).
Salutai Giorgio e non lo rividi più.
Avevo perso però l'abitudine al racconto ai miei amici.
Non sto voglio dire che raccontare agli amici equivale alla psicoterapia, tutt'altro.
Dico solo che avevo sostituito l'una cosa con l'altra e visto che durante la terapia mi ero abituato a non raccontare più agli amici (la terapia dava opionioni più qualificate, pensavo) per abitudine avevo continuato a farlo anche dopo.
Poi, nel frattempo, era successo anche che, stando con Daniele, avevo fatto piazza pulita dei miei amici, mi era rimasto un ex, che vedevo poco, ei miei ex studenti, coi quali c'era molta confidenza, ma erano più loro a chiedere consiglio a me e poi c'erano solo gli amici di Daniele ai quali certo non raccontavo i fatti miei.
C'era Daniele, al quale raccontavo molto, ma non proprio tutto...
No maliziosetti non pensate male.
Io di corna a Daniele no ne ho mai messe...
Se non gli raccontavo tutto è perchè non potevo dirgli che la nostra storia per me era un po' castratante...
Dirglielo voleva dire affrontare il problema e io vedevo solo una soluzione che non avrei scelto mai. Lasciare Daniele?
Piuttosto la morte.
non per amore, ma per orgoglio!
Infatti fu lui a lasciarmi... un paio danni dopo che, avendo voluto scegliere, avrei terminato la storia io.
Poi nel dicembre del 2004, giusto qualche mese prima che Daniele mi lasciasse, apersi (ehm...) questo blog e cominciai a raccontare di me.
Niente psicanalisi, no. Ripresi a raccontare di me come fai con gli amici.
E il raccontarsi serve perchè ti fa rivedere le cose, te le fa sistemare, rivedere da altre angolazioni, te le fa sperimentare con una struttura narrativa con la quale tieni insieme cose altrimenti aleatorie e imprevedibili come le tue vicissitudini.
Ha funzionato per molti anni, Certo i post hanno iniziato a scemare ma perchè, nel fratempo, avevo aperto un altro blog, frociarolo, e questo generalista ne aveva risentito...
Da 350 e più post del 2008 ai 132 del 2012...
Poi il crollo.
Ma 2012 e 2013 sono stati anni difficili per me e parlare dei cazzi metaforici ma fastidiosi come quelli metadentrici mi era impossibile.
Poi ho iniziato di nuovo la psicoterapia, febbraio 2015, con gran stile, prima una sessuologa, pisciata dopo due sedute, poi una cognitivo comportamentale, pisciata dopo 6 sedute e finalmente quella attuale, una gestaltiana, che avevo già consociuto ai tempi della dieta (no non l'assemblea degli ordini del Sacro Romano Impero).
E di nuovo, il silenzio. Qui intendo. Perchè da lei...
Stamane per caso riprendo mano a Paesaniniland.
10 anni fa avevo speso il mese di luglio a Parigi.
Sin da allora Parigi ha significato solitudine e mia incapacità a stare nel mondo insieme alle altre persone (che poi era un mio modo contorto di vedere le cose perchè di persone ne avevo incontrate a Parigi...) poi dal Natale di due anni fa Parigi ha significato amore, gioia, ebrezza, potenza, incoscienza, desiderio.
E' di queste due Parigi di cui voglio parlarvi nei prossimi giorni.
Parigi chez moi, Parigi my oister.
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28 luglio 2016
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