31 ottobre 2009

Facile: illustri precedenti (2)/ Una Mina al giorno

Sapete che mi piace tirare fuori improbabili somiglianze...
Stavolta credo di avere superato me stesso....

Che ne dite?



Non ti voglio più (D. Dileo "Boosta")



Lord of the Reedy River side b del 45 giri di Sat in Your Lap 1981

Facile: illustri precedenti




For further information click Here.

If Frances were still among us I'd have known it immediately...

La scuola si apre al cinema



Cinema Nuovo Olimpia

5/6 novembre 2009

Via in Lucina, 16G

Convegno.
Ingresso libero, 
compresa la proiezione del film 
Fratelli d'Italia, (Italia, 2009) 
di Claudio Giovannesi  

(giovedì 5, ore 16.00)



La scuola si apre al cinema                                                                                                                                             

Con il Convegno Internazionale IL CINEMA COME LINGUAGGIO TRA SCUOLA E TERRITORIO (Casa del Cinema, 28 maggio 2008) il Progetto
EDUCINEMA è entrato in una nuova fase di attività, dopo l’intensa sperimentazione degli anni precedenti.

D’intesa con l’Assessorato alla Cultura, Spettacolo e Sport della Regione Lazio, che segue con grande attenzione questa originale esperienza di didattica del cinema e dell’audiovisivo, l’Associazione “Il Labirinto” ha deciso di intraprendere la promozione e lo scambio delle esperienze realizzate dalle scuole che partecipano alla rete di EDUCINEMA con analoghe iniziative europee. Dal 2008 il Progetto EDUCINEMA partecipa a Le Cinéma, cent ans de jeunesse, un progetto nato in Francia nel 1985, in occasione del Centenario
del cinema per comprendere meglio come si pensa e come si sperimenta il cinema in situazione pedagogica.
Nato per iniziativa della Cinémathèque française, dei Rencontres nationales di Havre, della Cinémathèque di Tolosa e dell’Institut Lumière di Lione, animato
dal Service pédagogique de la Cinémathèque française e fortemente sostenuto da Costa-Gavras, cineasta e Presidente della Cinémathèque, questo progetto ha successivamente aggregato nuovi partner sul territorio nazionale e si è recentemente aperto all’Europa, con la partecipazione di Spagna, Portogallo, Italia e Gran Bretagna.
Le Cinéma, cent ans de jeunesse riafferma l’importanza di legare l’analisi alla pratica, la formazione dello sguardo alla sperimentazione.
Alain Bergala, critico, saggista e cineasta, già consigliere di Jack Lang nell’elaborazione del piano quinquennale d’introduzione delle arti tra gli insegnamenti scolastici fondamentali, ne è il consigliere artistico.
Partecipano alla rete di EDUCINEMA gli Istituti: ITC Toscanelli di Ostia, IIS C. Urbani di Acilia (RM), ISARTE Calcagnadoro di Rieti, ISARTE di  Pomezia (RM), ISARTE Roma 2 (RM).
Sono previste inoltre adesioni da parte di Istituti scolastici e Istituzioni culturali a livello regionale e nazionale.

Un giorno in pretura su Federico Aldrovandi

Dal blog Federico Aldrovandi
Da sabato 31 ottobre 2009, alle 23,45, “Un giorno in Pretura” dedica 4 puntate al processo che ha giudicato e condannato i responsabili della morte di Federico.
Mi sembra che la presentazione migliore siano le parole che il Giudice Caruso ha usato nella motivazione della sentenza.
“Tanti giovani studenti, ben educati, di buona famiglia, incensurati e di regolare condotta, con i problemi esistenziali che caratterizzano i diciottenni di tutte le epoche, possono morire a quell’età. Pochissimi, o forse nessuno, muore nelle circostanze nelle quali muore Federico Aldrovandi: all’alba, in un parco cittadino, dopo uno scontro fisico violento con quattro agenti di polizia, senza alcuna effettiva ragione.
Quando un affare del genere si verifica in una città civile come Ferrara, dotata di opinione pubblica e società civile reattive, di un sistema d informazione diffuso e disposto a diffondere notizie e spiegazioni e a non subire condizionamenti (gli interessi in gioco non sono tali da indurre cautele ), il fatto di cronaca, una morte di  immediato rilievo giudiziario, diventa un caso. Non un qualsiasi procedimento giudiziario ma un affare pubblico (tutti gli affari giudiziari hanno rilievo pubblico ma nonostante la cronaca giudiziaria costituisca una sezione di primo piano nel sistema dell informazione, la stragrande maggioranza dei processi, di fatto, resta materia riservata agli addetti).
Il processo come affare pubblico rende accessibili i meccanismi che governano e regolano la giustizia, inverando l’astratta nozione di Stato di diritto; permette al popolo di assuefarsi alle procedure, di condividerne le logiche, di controllare il mantenimento delle promesse, in modo da rafforzare il patto costituzionale.
In questo processo si è consentito al pubblico, aprendo l’aula ai mezzi di comunicazione radiotelevisivi, di avere piena cognizione del modo in cui si amministra giustizia nel Paese, nel bene e nel male, e si è dato modo al pubblico di formarsi un’opinione, fondata sull'esperienza diretta delle prove e del contraddittorio. Ogni persona di buona volontà ed in buona fede può, se vuole, esprimere un’opinione informata.”

In onda sabato 31 ottobre 2009 alle 23.50 RAITRE

Stefano Cucchi: un doppio mistero

Non c'è solamente il mistero sulle circostanze della morte, non accidentale, se, a quanto pare, la procura sta indagando per omicidio preterintenzionale.

Oggi voglio parlare di una altro mistero, che riguarda i nostri quotidiani, e i giornalisti che li scrivono, riempiendoli dei loro pregiudizi, della loro arroganza, della loro ignoranza.

Ma, tant'è, io non sono in grado di giudicare perché non conosco i fatti.
I fatti perdio.

1) perché Stefano Cucchi è così dannatamente magro?
La foto che ho pubblicato ieri come foto recente, probabilmente tanto recente non lo è. Nello stesso filmato da me pubblicato si (intra)vedono foto recenti in cui si nota la magrezza di Stefano.
Magrezza dovuta a cosa?
I genitori parlano di ragazzo normale riferendosi evidentemente alle ferite che ne hanno causato il decesso che non c'erano prima che il ragazzo venisse arrestato.
Ma perché, prima di essere arrestato, Stefano era  così magro?

Per Il Fatto Quotidiano era esile, disarticolato, quasi scheletrito, perché Stefano era un tossico.

Allora tanto normale non era. Un tossicodipendente nel 2009 è un anacronismo. Se Stefano si faceva di ero (o chissà quale altra droga) aveva qualche problema di salute, con la giustizia, coi genitori, con la società. Non sto giudicando voglio solo informarmi.

Non sto parlando di quel che è successo dopo l'arresto. Sto parlando della vita di Stefano prima dell'arresto. Era tossico o lo era stato? Perché aveva cominciato? Aveva smesso? Se era così magro non era una tossicodipendenza leggera (presumo)...

2) Perché è stato arrestato?
Qui siamo al delirio.

Per il Corriere spac­ciava droga: ecstasy, cocaina e marijuana. Cucchi, piccoli pre­cedenti alle spalle...


Se fosse vero alla faccia del ragazzo normale!

Per il manifesto, però, Stefano è stato fermato la notte tra il 15 e il 16 ottobre nella periferia est di Roma. Addosso gli hanno trovato 20 grammi di hashish

Insomma spacciava o aveva solamente del fumo con sé?

Ecco perché mi incazzo quando un giornalista usa la parola droga, perché è generica. Da un lato non fa capire chi è stato arrestato cosa aveva con sé (du' canne o cocaina? Dell'erba o dell'ero?) dall'altro equipara tutte le droghe per cui un pischello che si fa una canna è come un eroinomane incallito. Ma fatemi il piacere!!!

Molti hanno parlato della perquisizione in casa ma nessuno riporta l'esito della perquisizione. Solo i familiari, sul blog di Grillo, dicono che in casa non è stato trovato nulla. Ma allora di nuovo Stefano spacciava o no? Era tossico o no? Oppure si faceva solo qualche canna?

MISTERO

A leggere i quotidiani si parla di arresto per detenzione e non per spaccio ma vai a sapere qual è la verità, a come si sono davvero svolti i fatti.
Il guaio è che come comuni cittadini siamo talmente soffocati dai luoghi comuni che per molti queste mie domande parranno prive di senso.
Uno che si fa una canna e uno spacciatore per molti sono la stessa cosa.
Ma se posso comprendere, ma non giustificare, questa ignoranza in un cittadino qualsiasi non posso tollerarla in un giornalista.
E' un crimine nel riportare le notizie filtrarle attraverso il proprio occhiale culturale senza nemmeno rendersene conto, peggio, senza pensare che sia una cosa importante non farlo, senza distinguere i fatti dalla notizia.

Se qualcuno, informato dei fatti, mi vuole evincere gliene sarò eternamente grato.

E veniamo al secondo mistero, quello della sua morte.

Ministri e sindacalisti di categoria hanno iniziato a parlare trattando l'argomento come viene trattato di solito, e parlano tutti all'unisono: sono mele marce. Così Luigi De Magistris, europarlamentare dell'Idv, sostiene che Lo Stato non può temere di individuare e punire quei corpi estranei e parassitari che pure ci sono al suo interno, tra le forze dell'ordine che svolgono un lavoro prezioso per il Paese.
Siamo alle solite, da un lato ogni forma di violenza perpetrata da un uomo o una donna in divisa ai danni di un privato cittadino viene afferita solamente a chi ha concretamente commesso il crimine, scagionando la catena di comando che dalle più alte cariche dello Stato arriva fino a loro, dall'altro si ribadisce l'estraneità di questi figuri dalle forze dell'ordine.
Menzogna. Ipocrisia.
E' come dire che le violenze in famiglia ai danni delle donne sono frutto di menti malate, di mostri, sono eccezioni. Lì come qui invece si tratta di una mentalità diffusa e accettata, da tutti, dai cittadini in primis.
Ha ragione Alberto Biuso quando dice, nel suo blog,
Vari benpensanti ritengono che in fondo lui [stefano Cucchi] (...) se la siano cercata; che se non vai in giro con la droga queste cose non ti succedono. Sono sempre d’accordo con le persone per bene e quindi propongo di riservare lo stesso trattamento ai numerosi deputati, senatori, ministri o sottosegretari della Repubblica, amministratori pubblici, agiati e noti imprenditori privati, uomini e donne di spettacolo che utilizzano, comprano, cercano ogni giorno cocaina e analoghe sostanze, in questo modo alimentando il crimine. Pestiamoli, pestiamoli duro, pestiamoli sino a cavare loro il sangue. Se le cercano, no? E se poi vanno pure a puttane (“escort” o “trans” che siano), eviriamoli, così imparano.
Non sono soltanto servi e ladri, gli italiani, ma anche un popolo di ipocriti, ammirando nei potenti le stesse azioni che ai deboli costano la morte.
Questa mentalità è alimentata da chi addestra le forze dell'ordine. E sostenuta da un governo di destra pericoloso e antidemocratico. Da un popolo pericoloso e antidemocratico.
Quel che è successo a Stefano succede tutti i giorni. Da sempre, con governi di destra e di sinistra. Solo che stavolta è sfuggita la mano e lo schiaffo e il pugno sono diventati mortali.
Tanto le forze dell'ordine sono una casta intoccabile, come i 4 poliziotti (di merda) che hanno ucciso Federico Aldrovandi e sono tuttora in servizio nonostante la condanna...

Mi auguro che le cose cambino per gli assassini di Stefano e che non ci si fermi, stavolta, ai soli esecutori materiali.

Ma finché non scenderemo in milioni a chiedere le dimissioni in blocco di questo governo di merda, colpevoli della morte di Stefano siamo tutti noi ITALIANI DI MERDA.


AGGIORNAMENTI

sempre per il corriere
«Sono epilettico, tossicodipenden­te e sieropositivo».

Oltre alla tossicodipendenza anche la sieropositività?

30 ottobre 2009

Stefano Cucchi. Morto ammazzato

Una foto recente di Stefano Cucchi,
fermato il 15 ottobre scorso per droga al Parco degli Acquedotti di Roma. È morto all’ospedale Sandro Pertini il 22 ottobre dopo essere passato per gli ambulatori del Tribunale, del carcere di Regina Coeli e dell'ospedale Fatebenefratelli senza avere mai la possibilità di essere visitato dai parenti.
(fonte CNRmedia)

La droga di cui parla CNRMedia sono pochi grammi di Hashish.









Queste sono le foto del suo cadavere.


Qualunque cosa sia successo come giustificare l'orrore dei risultati?

Quello che è successo a Stefano non poteva che essere deliberato.

Vi sentite male?

Sono foto orrende?


Moltiplicate per un miliardo ed ecco l'orrore che ci deve fare lo Stato in cui viviamo, la società i cui membri della stampa (tranne manifesto) hanno censurato finché hanno potuto la notizia.









(fonte delle foto CNRmedia)


Le forze dell'ordine in carcere e fuori dal carcere picchiano e uccidono, ecco l'elenco delle vittime più recenti:
Federico Aldrovandi,
Gabriele Sandri
Aldo Bianzino
Manuel Eliantonio
Stefano Frapporti
Marcello Lonziz
Giuseppe Turrisi
Riccardo Rasman.





Per chi vuole saperne di più sulle morti in carcere (ma non tutti i morti per mano delle forze dell'ordine sopra riportati sono morti in carcere) può visitare il sito Ristretti orizzonti.

Mentre c'è chi minimizza, come fa il ministro Alfano (Stefano sarebbe caduto)  tutti noi viviamo lo stesso e andiamo avanti.

E se la prossima volta al posto di Stefano ci trovassimo noi?

Devo quasi tutto per questo post al blog La conoscenza rende liberi e, grazie ai suoi link, al blog Metilparaben già linkati lungo il post, e ai quali rimando per ogni ulteriore informazione.

29 ottobre 2009

Apettando Facile


Eccovi la Tracklist:

1. Questa vita loca - Vida loca (F. Cespedes / C. Malgioglio)
2 Con o senza te (S. Cerri / M. Gysi-A. Pani)
3 Volpi nei pollai (M. Mancini-G. Bindi / M. Mancini-G. Bindi)
4 Ma tu mi ami ancora? (A. Mingardi-M. Tirelli / A. Mingardi);
5 Non si butta via niente (A. Mingardi-M. Tirelli / A. Mingardi);
6 Adesso è facile (M. Agnelli);
7 Carneviva (C. Malgioglio / C. Castellari);
8 Ma c’è tempo (L. Angelosanti / F. Morettini-S. Cenci);
9 Non ti voglio più (D. Dileo);
10 Il frutto che vuoi (M. Morante / A. Pani);
11 Più del tartufo sulle uova (A. Mingardi-M. Tirelli / A. Mingardi);
12 Eccitanti conflitti confusi (A. Mingardi-M. Tirelli / A. Mingardi)

Volpi nei pollai è opera della coppia di autori Matteo Mancini e Gianni Bindi, esordienti alla corte di Mina. Come pure Luca Angelosanti e Francesco Morettini, autori di Ma c’è tempo con Stefano Cenci.
Vantava già un precedente, come autore per Mina, Manuel Agnelli (era sua, in Leggera, 1997, Tre volte dentro me, rivisitazione di Dentro Marilyn degli Afterhours), che qui ha scritto Adesso è facile e duetta con Mina nel brano.
Debuttante assoluto è infine Davide Dileo, meglio noto come Boosta, fondatore e tastierista dei Subsonica, che firma Non ti voglio più

Gli arrangiamenti sono di Franco Serafini, Nicolò Fragile, Gabriele Comeglio e Massimiliano Pani, che è anche il produttore dell’album.

24 ottobre 2009

I Premi ufficiali della quarta edizione del Festival Internazionale del film di Roma


- Premio Marc'Aurelio d'Oro della Giuria al miglior film:Brotherskab / Brotherhood di Nicolo Donato

- Premio Marc'Aurelio d'Argento della Giuria alla migliore attrice:Helen Mirren per The Last Station
- Premio Marc'Aurelio d'Argento della Giuria al migliore attore:Sergio Castellitto per Alza la Testa
- Gran Premio della Giuria Marc'Aurelio d'argento: L'uomo che verrà di Giorgio Diritti


IL PREMIO ASSEGNATO DAL PUBBLICO
Il Festival Internazionale del Film di Roma prevede la partecipazione di tutti gli spettatori all'assegnazione del Premio Marc'Aurelio d'Oro del pubblico al miglior film - BNL. Ad ogni possessore di biglietto è stata consegnata, all'ingresso in sala, una tessera "gratta e vota" relativa al film in programmazione, con la quale il pubblico ha espresso il proprio gradimento. I film che hanno partecipato all'assegnazione del premio sono quelli in concorso della Selezione Ufficiale.
Il pubblico ha assegnato il:
- Premio Marc'Aurelio d'Oro del pubblico al miglior film - BNL: L'uomo che verrà di Giorgio Diritti


I PREMI ASSEGNATI DALLE GIURIE DI RAGAZZI
Due giurie, una composta da 29 ragazzi dagli 8 ai 13 anni e l'altra da 35 ragazzi dai 14 ai 17 anni scelti sul territorio nazionale, ha assegnato i premi della sezione Alice nella città.
- Premio Marc'Aurelio d'Argento Alice nella città sotto i 12 anni:Last Ride di Glendyn Ivin
- Premio Marc'Aurelio d'Argento Alice nella città sopra i 12 anni:Oorlogswinter / Winter in Wartime di Martin Koolhoven

- Menzione speciale: Vegas di Gunnar Vikene


IL PREMIO AL MIGLIOR DOCUMENTARIO
La giuria per i documentari diretta da Folco Quilici con Francesco Conversano, Salvo Cuccia, Giovanna Gagliardo, Gianfranco Pannone, Franco PiavolieSherin Salvetti ha assegnato il premio Marc'Aurelio d'argento al miglior documentario per la Sezione L'Altro Cinema | Extra.

- Premio Marc'Aurelio d'argento al miglior documentario per la Sezione L'Altro Cinema | Extra: Sons of Cuba di Andrew Lang

- Menzione speciale: Fratelli d'Italia di Claudio Giovannesi
- Menzione speciale: Severe Clear di Kristian Fraga


IL PREMIO ALLA CARRIERA

Dopo Sean Connery, Sophia Loren e Al Pacino, il Festival rende omaggio all'attrice che ha ricevuto più nomination nella storia dell'Academy, Meryl Streep. A lei viene assegnato il Premio Marc'Aurelio d'Oro alla Carriera.

Cronache dal festival (7, reprise)

Ho visto L'arte di arrangiarsi (Italia, 1952) di Luigi zampa, su sceneggiatura di Vitaliano Brancati. L'ho trovato un film misero, paternalista, reazionario, maschilista, misogino, spento e stanco, in una parola italiano.Un film che fa ridere ogni tanto ma che risulta qualunquista per tutta la sua durata. Sordi propone il suo solito personaggio quello che gli riuscirà bene in Una vita difficile (Italia, 1961) di Dino Risi, qui è spento e pieno di luoghi comuni ma Sordi non poteva cavare sangue da una rapa, una sceneggiatura triste, da dimenticare.

Stamane invece è stata la volta di Garbo, the Man Who Saved the World (Spagna, 2008) di Edmond Roch, un finto documentario noioso anche se usava sorprendenti filmati di repertorio. La struttura è quella di Zelig (il film di Allen del 1982) con finte (o vere?) autorità che raccontano la storia di un personaggio inesistente, stavolta una spia freelance bugiarda che passa al nemico ogni giorno...
Insomma me ne sono andato scrivere anche perché quel che raccontava il finto docu erano stronzate nulla di ironico o nuovo...
Jyuryoku Pierrot (Giappone, 2009) di Jun-ichi Mori è un thriller familiare leggero, divertente e divertito, che racconta di due fratelli Izumi e Haru, alle prese con dei misteriosi incendi collegati con dei graffiti che compaiono all'improvviso (e che Haru cancella puntualmente). Questa indagine si intreccia con le vere origini di Haru e sulla sorte di loro madre, morta prematuramente, mentre il padre è alle prese con un cancro...
Un film lieve, leggero, che commuove e intriga, uno sguardo sulla cinematografia contemporanea nipponica che molto diversa dal cliché europeo... Il titolo significa la gravità del clown e si rifà a una frase che i genitori dicono ai due fratelli ancora piccoli, mentre sono al circo, a guardare un clown che fa il trapezista che quando si è felici un artista del circo non conosce la gravità...


Sta pomeriggio (come diceva la mia amica Frances, che non c'è più) ho visto Rewizyta (Polonia, 200) di Krzysztof Zanussi.

Zanussi prende il giovane protagonista del suo ultimo film (Serce na dloni - visto l'altr'anno al Festival di Roma, con Bohdan Stupka vincitore del premio per il miglior attore - e lo manda a intervistare grandi attori del cinema polacco come Zbigniew Zapasiewicz, Ma?gorzata Zaj?czkowska, Daniel Olbrychski, e i personaggi che lo stesso Zanussi ha affidato loro in film come Zicie rodzinne, 1971; Barwy Ochronne, 1977; Constans, 1980. Risultato: un esperimento cinematografico senza precedenti in cui i film del passato riprendono vita in un nuovo film. Le coordinate sono una ricerca moral-esistenziale: vale la pena vivere? E se si perché? Un bell'esperimento cinematografico che magari uno apprezza di più se conosce (e riconosce) le scene originali tratte dai film, ma  che si fanno seguire anche da chi ignora i film (e i personaggi) cui ci si riferisce. Uno dei film formalmente più interessanti, relegato all'ultimo giorni di festival quando i giochi sono fatti che la dice lunga sulla visione generale di questo festival del cinema...

Poi mi sono spostato al cinema Metropolitan per vedere
Oorlogswinter(Olanda, 2009)di Martin Koolhoven, uno dei film sull'occupazione tedesca nel resto d'Europa, raccontato dal punto di vista di un adolescente che vuole entrare, a modo suo, non dicendolo a nessuno, nella resistenza. A metà tra l'educazione politica e il genere giallo il film ha il pregio di essere girato benissimo (con tanto di effetti speciali quando precipita un aereo) ma ha il difetto di avere dei protagonisti troppo belli per essere credibili, così come non sempre credibili sono alcune vicende del film(il livello di verosimiglianza fermandosi a quello della commedia e non sempre a quello del film di guerra...).


Poi avrei voluto vedere Sotto il Celio azzurro (Italia/Francia, 2009) di Edoardo Winspeare ma avendo incontrato sulla navetta che mi conduceva al Metropolitan Thaddaeus Meilinger, uno degli attori de L?uomo che verrà (Italia, 2009) di Giorgio Diritti, ho optato per questo film e non sono rimasto deluso.
Un altro film sull'occupazione nazista (stavolta dell'Italia) raccontato con sensibilità e un occhio intelligente sulle facce e sulla gente, con qualche semplificazione ideologica di troppo (spariscono i repubblichini, ci sono solo i fascisti) qualche errore di produzione (la parrucca evidente sulla protagonista bambina quando le avrebbero dovuto tagliare i capelli per esigenze di scena) e indirette accuse ai partigiani qui dipinti come ragazzini cretini e inetti (il fascismo non è mai morto in questo paese di merda) ma che, cinematograficamente, ha una sua ragione di essere, molto meglio del tanto osannato (ma non da Aristarco) La notte di San Lorenzo dei f.lli Taviani. Il titolo del film si riferisce al neonato, uno dei pochi sopravvissuti degli abitanti del paese in cui si svolge il film (che nella realtà è una neonata...), tutti uccisi dalla furia vendicatrice nazista.

23 ottobre 2009

Cronache dal festival (7)




Borderskab (Danimarca, 2009) di Nicolo Donato è l'anti Plan b. Classica storia di attrazione sessuale tra due ragazzi (uomini) spacciata per storia d'amore.
Questa volta in un contesto neonazi. Film ambiguo sia per le motivazioni che porta il protagonista, Lars, a unirsi al gruppo nazi, sia per il modo di descrivere quel mondo, di mostrarlo come fosse un'alternativa tra le tante. Il film sia apre con il pestaggio di un ragazzo rimorchiato in chat da parte di Jimmy, lo stesso tipo nazi che poi si metterà con Lars, quest'ultimo ex militare non promosso perché accusato di molestie dai suoi commilitoni.
Lars e Jimmy passano da abbracci e pacche tra camerati a baci e fellatio (Lars a Jimmy, ma il film non mostra altro) quasi senza soluzione di continuità. Un desiderio quasi animalesco, bello, vero, anche eccitante ma del film non si capisce il senso. Cosa vuole dirci Donato? Che la violenza nazi è un modo per sublimare l'omosessualità? O che il culto del cameratismo può condurre all'omosessualità? Oppure vuole raccontarci di una storia gay in un contesto improbabile? Perché Lars si avvicina a loro? Perché picchia i pakistani ma poi si scandalizza quando scopre che i nazi picchiano anche i gay?
Alla fine dopo essere stati pestati dal gruppo che ha scoperto tutto (ha fatto la spia il fratello minore di Jimmy, drogato), dopo che i camerati inducono Jimmy  a picchiare Lars, Jimmy si lascia convincere a fuggire con lui ma viene accoltellato dal ragazzo pestato all'inzio del film. Non muore. Lo vediamo in ospedale in coma e non sappiamo se si risveglierà. Un film che mi lascia perplesso perché il ragazzo picchiato a inizio film (che sappiamo essere finito in ospedale ma che ora sta bene) preferisce la vendetta privata alla denuncia alla polizia. E il regista sembra equiparare,almeno negli effetti, quella violenza a quella dei nazisti. Io non giustifico il gesto dell'accoltellatore ma le motivazioni sono diversissime. Un conto è la vendetta un conto la violenza che nasce dalla xenofobia dall'omofobia e dal culto ariano.

L'idea che il gesto di vendetta di una vittima dell'omofobia diventi inconsapevolmente un gesto omofobo è geniale da un punto di vista della sceneggiatura ma da un punto di vista politico e umano mi fa orrore, perché mi induce ad avere pietà di un naziskin. Ma io non voglio avere pietà di un naziskin perché è gay. Non mi interessano i problemi di Jimmy col fratello drogato, non mi interessa vedere il tipo di feste e di riunioni politiche cui partecipano i nazi. Il film è preciso nel descrivere situazioni e dinamiche di gruppo, privo di cliché, anzi con un occhio lucido e sensibile ai dettagli, ma non va alla vera radice del neonazismo che resta quasi solo uno scenario nel  quale far crescere una storia gaya. Allora cui prodest? Perché scomodare il neonazismo se poi si finisce nel privato di tanti (troppi) gay  picchiati , Jimmy in coma e Lars al capezzale del suo letto? Un film comunque da vedere, onesto e sincero, a differenza di altri film a tematica di questo festival.


La Régate (Belgio-Francia, 2009) di Bernard Bellefroid racconta di un figlio picchiato dal padre (ma non se ne capisce il perché) che rimane col suo carnefice, nonostante gli abbia accoltellato una gamba, e abbia cercato di affogarlo, per non farlo partecipare a una regata dove avrebbe grosse probabilità di vincere. i Film sulle violenze dei padri sui figli non f anno mai male, ma qui non si capisce il perché, la violenza è gratuita e questo de-colpevolizza il padre padrone (che infatti  non viene denunciato...). Il film mostra un mondo di disonesti dove l'unico rifugio sembra quello dello sport. Riprese bellissime che non annoiano nemmeno  un de sportivo come me, un racconto che si fa seguire anche se il motivo principale per vedere il film è la bellezza commovente di Joffrey Verbruggen,  l'interprete di Alexandre,  un ragazzo che non sa come difendersi dalla cattiveria degli adulti.



Cronache dal festival (6)

Mille Neuf Cent Quatre-Vingt-Un (Canada, 2009) (Canada, 2009) di Riccardo Trogi, racconta i ricordi del regista quando era (pre) adolescente. Storie di emigrazione e amicizia, senza sesso (per fortuna) ma con problemi altrettanto gravi, integrazione, povertà, bugie. Un protagonista cattivo, egoista, odioso, crudele come sanno essere solo i bambini.
Una bella ricostruzione d'epoca ma un film inutile del quale non si sentiva la mancanza. Più interessante da un punto di vista socio-antropologico che cinefilo.

Con Artist (Usa, 2009) di Michael Sladek è un docuemntario su Mark Kostabi artista di origini estoni famoso degli anni 80. Un documentario su un artista vero che sembra un finto documentario su un artista inventato. Molto interessante per le considerazioni che fa sull'arte (nella sua factory
fa lavorare altri artisti e lui mette solo la firma i quadri, solo che non lo nasconde come molti ma lo dice pubblicamente. Un documentario interessante sul mondo dell'arte contemporanea. Un artista da studiare anche se i suoi quadri non mi fanno impazzire.





La sera si è cpnclusa con Plan B di cui vi ho già parlato

22 ottobre 2009

Un immaginario collettivo troppo bello per essere vero

Appena finita la visione di Plan B (Argentina, 2009) di Marco Berger mi sale un senso di angoscia, per mancanza di felicità. La mia, contro la felicità dei protagonisti del film. Il film che ho appena visto racconta, nonostante tutto,  una storia di onestà.

Bruno, saputo che Pablo, l'attuale ragazzo della sua ex, ha avuto in passato una storia con un ragazzo, cerca di sedurlo, con lo scopo di far tornare la sua ex con lui. Bruno ancora la vede, ci va anche a letto, ma "in amicizia", di tornare con lui, lei, non ne ha alcuna intenzione (conosci il significato della parola "mai" gli chiede lei...).
Bruno fa amicizia con Pablo (vanno nella stessa palestra). Il film racconta della nascita della loro amicizia, tenera, profonda. Il film è però,per noi spettatori, anche l'attesa della seduzione, che non arriva mai. Vediamo i due ragazzi dormire insieme diverse volte, fingersi gay con una ragazza appena conosciuta (per gioco)... Strada facendo scopriamo che Pablo non è mai stato con un ragazzo e che Bruno sta riuscendo a farlo innamorare. Ma quando sembrano pronti ad andare a letto Pablo scopre che Bruno è l'ex della sua ragazza (che intanto ha lasciato, per via di una lettera scrittagli da Bruno che lo vediamo leggere ma il cui testo resta a noi sconosciouto). Così per vendicarsi Pablo prima gli propone di andare a letto con lui e poi dice di non farcela e che poi ha la sua ragazza (che ha già lasciato invece). Bruno ci rimane male, inaspettatamente. Così quando la sua ex, ormai libera, gli propone di tornare insieme Bruno le dice "sì certo ma non c'è fretta". In un ultimo incontro Bruno riesce a confessare a Pablo di essere innamorato di lui, Pablo gli mostra la foto sua che tiene nel portafogli (che aveva perso e che Bruno gli ha riportato, galeotto fu il portafogli...) e stavolta, senza secondi fini, i due ragazzi si baciano e NON li vediamo fare sesso.

Il mio amico Ross mi dice questi film fanno male perché creano un immaginario collettivo che non esiste. Poi scappa all'ultima proiezione che io decido di disertare perché voglio assaporarmi gli effetti di questo film
Già, gli effetti. In sala nessuno applaude (di solito lo si fa alla fine delle proiezioni) i ragazzi hanno tutti un sorriso tra il malizioso e l'imbarazzato, le ragazze sono tutte commosse ma anche (credo) toccate dall'esclusione che un'amicizia maschile sfociata in amore pone loro dinanzi.

L'idea indovinata del film è che Pablo e Bruno arrivano ad amarsi per amicizia e non per desiderio sessuale.
E' più di un'idea, è una coordinata morale. A differenza di tutti i film a tematica pensati per un pubblico etero (non ultimo Viola di mare) dove l'amore è detto ma non ne viene mostrata la radice, il fondamento, venendone mostrato solo l'effetto e cioè il sesso (Brockeback Mounatn ne è un altro esempio) Plan B ci mostra l'affetto, la condivisione, i sentimenti scambiati, ma, anche, l'onestà con se stessi dei due innamorati. Quando Pablo scopre che Bruno è l'ex della sua ragazza e che ci scopa ancora, piange (e l'attore, Luca Ferraro, è bravissimo nel mostrarne tutti i passaggi psicologici: scoperta dell'inganno, meraviglia, delusione, rabbia, tristezza, solamente con l'espressione del viso...) e i dubbi che aveva su quel che provava per lui (motivo per cui ha lasciato la sua ragazza) sono ormai certezza. Bruno si confida con un amico dicendo di non sapere se gli piacciono gli uomini ma di provare per Pablo dei sentimenti. E, senza sovrastrutture, i due ragazzi si confessano il reciproco innamoramento.
Una volta un compagno (nel senso di un ragazzo che militava nella mia stessa organizzazione di sinistra) con il quale andavo a letto mi ha detto a me non piacciono gli uomini, a me piaci Tu. Al di là delle etichette, dei ruoli, delle definizioni, sono le relazioni tra le persone a dirimere e stabilire rapporti o priorità. Ma ha ragione Ross a dire che questo immaginario non esiste.
O meglio, esiste, ma è troppo in alto, troppo al di là della portata di molti, di noi...

Manca quell'onestà, prima di tutto con se stessi, e la volontà di amare e farsi amare alla quale tanti, troppi, preferiscono una superficiale attrazione per i corpi. Ecco perché tutti scopano ma poi si lamentano di non avere amore...

21 ottobre 2009

Vic Mizzy 9 gennaio 1916 17 ottobre 2009

Cronache dal festival 5

Bancs publics (Versailles rive droite) (Francia, 2009) di Bruno Podalydès è un film corale, una commedia mesta e comica girata con molta classe e amore per il cinema, che racconta della solitudine e delle vite piccolo borghesi che tutti quanto conduciamo. Un film dal cast immenso (c'è pure Catherine Denevue) dai mille risvolti, da vedere e rivedere. Tra gli attori il bel (una volta) Hyppolyte Girardot (il terzo da destra) che ricordiamo nell'pera prima di Eric Rochant Un monde sans pitié del lontano 1989...






Poi è stata la volta di Tokyo Ningen Kigeki (Giappone, 2009) di Koji Fukada, che racconta, à la maniére di Rohmer, le vite di alcuni personaggi nella Tokyo di oggi. Tre episodi, il gatto bianco, la fotografia e ...non lo so perché sono uscito dalla sala alla fine del secondo episodio, in ognuno dei quali una verità, un fato imprevisto colpisce nell'apparente banalità del presente. Girato bene, ben costruito, mi dava fastidio solo il formato, un HD con problemi evidenti durante le panoramiche della mdp, pardon, telecamera.




Me ne sono uscito prima per seguire il mio intuito e andare a vedere un film svedese che mi solleticava.

Prinsessa (Svezia. 2009) di Teresa Fabik. Un film intelligente, come tutti quelli made in Svezia. Storia semplice (una ragazza grassa vuole fare l'attrice) nella sua essenzialità con finale a sorpresa... con tanto di coming out dell'amico (carino e fidanzato).

Il film è pieno di cura per i dettagli non propone lieti fini all'americana e invita tutti ad essere se stessi... Un film godibile che, ovviamente, non ha ancora una distribuzione italiana...

cronache dal festival 4

Lunedì è stata una giornata poco proficua. Alle 15 un film che aveva le sembianze e la durata di uno sceneggiato tv. Popieluszko. Wolnosc jest w nas (Polonia,2009)di Rafal Wieczynski, durata 149 minuti,racconta le sorti di padre Popieluszko che Nella sua attività pastorale portò la sua opera presso i lavoratori siderurgici, e si unì ai lavoratori del sindacato autonomo Solidarnosc avverso al regime comunista.
Fu inizialmente minacciato e invitato al silenzio da parte del ministero dell'interno polacco, e il 13 ottobre 1984 fu coinvolto in un incidente stradale dal quale però uscì illeso. Il 19 ottobre 1984, di ritorno da un servizio pastorale, fu rapito e ucciso da parte di tre funzionari del ministero dell'interno, e il suo corpo fu ritrovato il 30 ottobre nelle acque della Vistola vicino a Włocławek. La notizia dell'assassinio causò disordini in Polonia, e gli autori dell'omicidio furono giudicati colpevoli e condannati a 25 anni di carcere. Ai funerali parteciparono più di 250000 persone, compreso il leader di Solidarność Lech Wałęsa. (fonte Wikipedia


Ora il film è avvincente nel ricostruire le vicende di Don Jerzy, manca però il contesto politico, sociale, storico. Si sa solo che i cattivi sono i comunisti e i buoni i preti. Tanto per dire una il pubblico ministero che va contro gli scioperi èp fatto interpretare a una cozza come a dire i cattivi sono brutti e si vede (magari fosse così semplice).

Volevo sapere di più di Solidarność e della storia recente della Polonia ma il film non va al di là dell'agiografia, quindi, quando avrò tempo, dovrò documentarmi altrove.

Proiezione importante, con alta presenza di prelati e dello stesso Lech Wałęsa...

Sono corso via prima della fine (mancavano 5 minuti di film) per non perdere quello successivo, che è iniziato appena mi son seduto in poltrona (Cari, aspettavate me?!?!).

Bunny and the Bull (GB, 2009) di Paul King è un film a basso budget che racconta una storia on the road (e in flash-back) in digitale ricostruendo scenografie con modellini e disgeni dando al film un preciso stile grafica giustificato dalla storia (il FB è un "delirio" del protagonista talmente traumatizzato da qualcosa, che scopriremo solo ala fine, da non riuscire più ausicre di casa da un anno).
Lo stile e l'arredamento della casa ricordano certi film dei Monty Phyton (o di Terry Gilian) parte ala grande poi si banalizza un po' quando comincia la storia d'amore. Ma il film è coerente,e girato benissimo, recitato altrettanto bene ed è un spasso vederlo.
Una anteprima assoluta. In patria uscirà a Novembre.





Poi avrei dovuto vedere un film italiano ma in sala non c'è più posto (se solo ce lo avessero detto 10 minuti prima vorrei potuto vedere un altro film...) e invece di aspettare due ore e mezzo l'ultimo film della giornata richiamo Silvio dal quale mi ero appena accomiatato e siamo tornati a casa insieme. Un po' di relax e una cena vera, al calduccio di casa. Ed ecco andato un altro giorno di questo festival.

20 ottobre 2009

Il 25 ottobre alle primarie del PD

Io voterò Marino.
Perché per quanto misero il PD è l'unico partito alternativo a Berlusconi, allora tanto vale che lo guidi qualcuno di intelligente, onesto, e gayfriendly.


Alberto Testa (11 aprile 1927 19 ottobre 2009)

Ecco un florilegio di alcune sue canzoni (lui scriveva i testi)...














Andate sul sito albertotesta.net, di ogni canzone Alberto racconta ricordi e aneddoti...
E scoprirete quante altre canzoni ha scritto (io ho riportato solo quelle che conossco...)

19 ottobre 2009

(Alcune del)le cose che non sopporto...

Le scarpe rumorose di alcune donne che camminano, insolenti, e incuranti.

Chi indugia più del dovuto davanti la porta dei treni, senza aprirla... o, peggio ancora, provandoci senza riuscirci.

Quelli che sull'autobus rispondono  al cellulare e dicono "Sono sull'autobus, puoi richiamarmi tra 10 minuti?". Ma allora che cavolo hai risposto a fare?!?!?!

Quelli che parlano al cinema e quando fai loro "shhhhh" si offendono e ti rispondono male.

Quelli che parlano al cinema tout-court!

Quelli che tossiscono senza mettesi una mano davanti la bocca.

Quelli che masticano il chewin-gum con la bocca aperta (eh? Hai detto qualcosa?).

Quelli che entrano nei negozi di alimentari col cane...

Quelli che, alla fermata dell'autobus, chiedo informazioni all'autista prolungando la sosta e contribuendo a ingrossare il tuo ritardo già notevole.

Quelli che, sulla scala mobile, si mettono alla sinistra e non ti fanno passare...

Quelli che sui mezzi pubblici si mettono sulla porta d'uscita e non ti fanno passare.

Quelli che si mettono davanti la porta l'uscita, alla stazione dei treni o della metro, e non ti fanno scendere...

Quelli che, credendosi furbi, salgono sui mezzi pubblici senza prima far scendere chi c'è già dentro.

SI ATTENDONO ALTRI ELENCHI

Cronache dal festival (3) (conclusione)

Sono in sala stampa, ho tempo fino alle 15 per scrivere con un po' più di calma di ieri (il post con qualche errore di ieri come mi è stato fatto notare con solerzia da qualche Lurker...) (permaloso? CHI?! IO!?!?!?). La sala stampa è rumorosa, i miei "colleghi" non sanno muovere una sedia senza strascinarla (con relativo rumore) hanno tutti la suoneria inserita  (vibracall no?) sono tutti sclerati (peggio di me) tutti alla cerca del programma sul quale hanno scritto tutto (quest'anno ancora non l'ho perso io...), per trovare un posto al tavolo devi lottare, per fortuna che io ho il mio pc...
Film controverso quello di iersera, tratto da un romanzo autobiografico. Ambientato nello Jutland (Zona danese al confine con la Germania) nel 1971 racconta di un padre che, con la strategia del pianto, convince tutti a fare quello che vuole lui, compresi lavoretti di mano dalla figlia (prima che finisca in manicomio) e poi dal figlio ( di 11 anni!!!), il tutto raccontato con una strana complice leggerezza (E UNA MADRE CHE RIMANE SUO MALGRADO DALLA PARTE DEL PADRE). Il film è Kunsten at græde i kor (Danimarca, 2007) di Peter Schønau Fog. Come al solito di questi film mi colpiscono arredi, abitudini culinarie e no, una certa apertura mentale, tratti distintivi di un'Europa molto lontana dagli standard mediterranei (e italiani). Ma il risultato è sempre lo stesso maschi che vessando donne e bambine (bambini) spesso col beneplacito delle vittime... Dopo il film il regista è in sala. Ma sono  e 23  e 20 siamo tutti stanchi e le domande sonon fatte più per cortesia che per curiosità. Tutti capiscono l''inglese del regista, mentre i ragazzi sanno parlare meglio dei giovani uomini (un 35enne che usa final invece di ending...).
Molto, troppo sesso a questo festival, come se non ci fosse altro di cui parlare...

Un libro porno e tu stai a posto tutto il giorno

Carla Boni (Carla Gaiano, Ferrara, 17 luglio 1925 – Roma, 17 ottobre 2009)



Sentite come la interpreta. E meno male che è la prima volta che la canta!!!

18 ottobre 2009

Cronache dal festival (3) più un inserto di teatro.



Quando scelgo un film non mi baso mai sulla trama. Un po' perché quelle sinossi che ti danno sono del tutto inaffidabili e un po' perché non voglio mai sapere troppo del film prima di averlo visto. Ma  allora su che base scelgo? La nazionalità (Francia Belgio e nord Europa sono privilegiati rispetto l'Asia, così  come Africa e Brasile e sudAmerica sono privilegiati rispetto il cinema targato USA a meno che non siano documentari...), i protagonisti, qualche attore...
Insomma in una scelta sempre un po' rabdomantica mi capita spesso di indovinare film. Stamane mi è riuscito in pieno con un film del quale non avevo visto nemmeno la locandina (sarebbe bastata quella...) in proiezione unica, in una delle rassegne collaterali, Donne-moi la main (Franica/Germania, 2008) di Pascal-Alex Vincent, del quale sapevo solo si trattava di un film su due gemelli. Mi ha attirato, credo, l'idea di vedere due gemelli della vita vera fare gli attori. A meno di trucchi cine-fotografici non puoi fingere due gemelli al cinema, li devi avere per davvero davvero...  Dopo un incipit che mi ha fatto temere per il peggio (o mio dio è un cartone animato!!!) il film parte con un i due protagonisti di spalle, mentre attraversano una strada di notte, senza parlare: un vero racconto per immagini, con una precisa ricerca sulla posizione della mdp prima ancora della composizione dell'inquadratura, che mostra il viaggio dalla Francia alla Spagna di Quentin e Antoine due fratelli gemelli che vogliono andare al funerale dellla madre (che non hanno mai conosciuto). Durante il viaggio Antoine rimorchia una ragazza, ci fa l'amore, davanti lo sguardo imbronciato del fratello, che fa disegni, con lo stile grafico del cartone con cui si è aperto il film. Strada facendo Quentin fa l'amore con un giovane ragazzo che assembla balle di fieno e stavolta è Antoine a rimanere basito. Il giorno dopo parte costringendo il fratello a lasciare la storia appena iniziata, senza nemmeno un saluto. E quando, in un bar della stazione, gli manda un trentenne in bagno dove Quentin è andato a pisciare, dopo essersi fatto dare 100 euro, i due fratellli si dividono... L'omofobia è dura da curare anche tra fratelli  gemelli.

All'uscita del film una signora anziana mi parla del film. Ne fa una lettura fantastica, parla di amore e di legame carnale, ma non sessuale, fra i due fratelli. Dice che Antoine non ha sopportato che il corpo di suo fratello sia satto con un altro corpo maschile che non fosse il suo. Ma l'omosessualità non c'entra, mi fa... Non è rimasta per niente scandalizzata dal sesso (ce n'è abbastanza nel film e non solo omoerotico) mi racconta di aver conosciuto due gemelli ma dizigotici e di averli visti crescere (figli dei vicini) era il 41 c'era la guerra. Saliamo sull'autobus si parla, di cinema, dei film di Zampa, tutti da vedere, ma non L'onorevole Angelina che conosco a memoria  mi dice. Scende a Piazzale Flaminio. Tu prosegui? mi chiede e mi saluta  Ciao. Ecco. Il film è durato un po' di più per me.

Anche il film delle 10 è magico. To Be All and End All  (GB, 2008) di Bruce Webb. Una commedia  inglese (mio dio che accento!). Una storia sulla carta goliardica, ma trattata bene, con intelligenza. Un 15enne scopre di avere una malattia mortale e incarica il suo amico sedicenne di fargli perdere la verginità prima di tirare le cuoia.
Dietro di me, in sala, una giovane famiglia madre padre con figlio 15enne. Penso che forse il film non è adatto per lui. Ma nessuno si scandalizza, né si imbarazza (beh io a star lì con mamma e papà mentre vedo un film in cui ragazzi della mia età parlano di seghe e di canne io sì che mi imbarazzerei...). Così il vero moralista sono io...
Una mattina magica. Per giunta all'uscita del film inglese fuori c'è il sole, stamane alla prima proiezione c'era quella pioggerella fine...


Poi vengo in sala stampa a scrivere queste righe, prima di recarmi al teatro Valle dove ho visto POPOPERA di Emio Greco (chi causa il suo mal...) perdo il film delle 19 alla casa del cinema (sala piena...) ed eccomi di nuovo qui a scrivere queste 4 righe 4 prima dell'ultimo film su un padre incestuoso...
Sono stanco e ho mal di testa e una settimana di film davanti a me...

I couldn't ask for anything better!

Col Wi-Fi dall'auditorium (cronache dal festival 2 - conclusione)

Viola di mare è un film dalla vocazione televisiva, che sa collocarsi più tra le fiction targate mediaset che tra i film italiani per le sale. Infatti la sua regista, Donatella Maiorca, dopo l'esordio cinematografico (Viol@ presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1998), si è dedicata alle fiction: La stagione dei delitti 2 (2006), Diritto di difesa (2003), La squadra (2002/2007), Cuori rubati (2002), Giornalisti (1999), Un posto al sole (1999).
Il suo cinema è superficiale, approssimativo, pressappochista. Ricostruisce un ottocento siculo oleograficamente, dipinge gli uomini come padri padroni ma poi in chiesa fa stare donne e uomini negli stessi banchi (ma figuriamoci! c'era la separazione tra masculi e fimmine), dipinge il padre della protagonista come un porco che picchia le donne ma poi gli fa accettare l'idea che sua figlia "diventi uomo" così, dalla notte al giorno. Tommaso, l'ex fidanzato di Sara, la donna che Angela, una volta diventata Angelo, sposa (una stucchevole stonata, insopportabile e fintissima Isabella Ragonese) accetta di metterla incinta, perché innamorato di lei e, quando lo fanno Sara gli dice di fare presto mette il materasso per terra, non lo bacia, eppure lui riesce lo stesso a fare l'amore/sesso con lei...
Il sesso che emerge dal film è modernissimo nei modo di guardare ai corpi che la regista ha, le estetizzanti algide asettiche scene di nudo (ovviamente femminile, dei masculi vediamo solo un paio id chiappe) incapace di restituire la percezione del sesso (la prossemica, la funzione sociale, il vissuto personale, l'importanza dell'illibatezza) quanto ridicolo nella sua implausibilità: Sara dopo essere stata fecondata non ha segni di sangue (eppure dovrebbe essere vergine) e, ovviamente, rimane incita dopo la prima scopata, Angelo/a che soffre che Sara venga scopata, eppure aveva insistito lei perché la sua donna rimanesse incinta...
Potrei continuare per ore a sputtanare le cazzate contenute in ogni fotogramma del film, ma mi fermo qui. Un'altra cosa, la più insopportabile, è la musica di commento che sottolinea ogni sacrosanto istante del film, una musica didascalica, drammatica quando il padre padrone picchia la figlia, dolce quando Sara e Angela stano insieme, e così via. Una musica moderna, con chitarre elettriche anni settanta (del novecento però) che con l'ottocento c'entra come i cavoli a merenda.
Un film così dà ragione a Brunetta (se quello che dice avesse un senso): meglio dare i soldi alle discoteche e ai piano-bar.
Viola di mare non sposta di un millimetro l'immaginario collettivo sull'omosessualità femminile: le donne a letto non si sa cosa fanno le vediamo solo strusciarsi, senza nemmeno tanta convinzione, l'una con l'altra, mentre Angela abbraccia Sara da dietro (forse la regista ha fatto confusione con la sessualità maschile...) e una volta sposati Angela fa il masculo e lavora alla cava mentre Sara non fa un cazzo tutto il giorno, tranne cantare filastrocche come una bambina deficiente quando sta a letto con lei.
Ovviamente Sara morirà di parto (si sa fare bambini era pericoloso nel'800) lasciando Angelo inconsolabile, che tornerà a vestire panni femminili (a lutto) portando il neonato alla camera ardente della madre morta.
Un'altra storia di amore che si conclude con la morte di uno dei due protagonisti, proprio come nel caso di Brokeback Mountain di Ang Lee. Un ennesimo caso di amore che finisce male. Io aspetto ancora il film a tematica col lieto fine, quello retorico e zuccheroso...

Viola di mare registra l'immaginario collettivo italiano contemporaneo mostrando la miseria culturale con cui riesce a pensare il proprio passato e la sessualità, prima ancora che l'omoerotismo (al quale non fa un buon servizio trasportando i problemi nel lontano 1800 mostrando situazioni così al limite, Angela rinchiusa per mesi in cantina dal padre padrone, da indurre a pensare che oggi sia tutto superato, mentre invece oggi lo stesso padre padrone siede al parlamento e ha un nome preciso UDC) costituendo un involontario grido di allarme perché l'Italia non è più capace di fare film degni di questo nome.
Il cinema italiano sta diventando cieco, incapace di vedere la realtà limitandosi a guardare di sfuggita l'immagine deformata che ce ne restituisce la televisione riproducendola e spacciandola per cinema e Viola di mare lo urla.

L'unico bel ricordo del film è la bellezza devastante di Valeria Solarino, stupenda sia nei panni di Angela, sguardo fiero capelli neri lunghissimi, sia in quelli di Angelo, un bel picciotto, dalla faccia intelligente meno curto e niro degli altri lavoratori.

Avrei voluto vedere Sound Of Morocco, ma tra ritardi accumulati per gli spettatori della proiezione precedenti che si sono attardati in sala, l0annuncio degli ospiti in sala fatto al buio, e poi ripetuto alla luce, il mini concerto di Noureddine, un inizio del film stentato e con imbarazzanti problemi di audio (tanto che la regista lascia la sala incazzata nera), alle 23 e 30 ancora si doveva iniziare. Me ne sono andato, tanto è un film LUCE, lo recupererò da qualche parte.

L'organizzazione del festival quest'anno lascia a desiderare, magari però un concerto più proiezione non si mette alle 22 e 30 ma prima, per permettere a tutti di vederlo... non in Italia, non nella Roma di Alemanno...

17 ottobre 2009

Col Wi-Fi dall'auditorium (cronache dal festival 2)

E mentre è dimostrato, le navette NON passano e, quando passano, vanno a due all'ora, stamane finalmente ho visto dei film degni di questo nome.

Il primo, Severe Clear, (Usa, 2009) di Kristian Fraga, ha utilizzato il materiale video girato dal luogotenente dei Marines Mike Scotti durante l'invasione dell'Iraq del 2003, insieme al materiale di altri suoi tre commilitoni, per montare un documentario sorprendente, per la natura "originale" del girato, quanto per la natura finta di diario detto in prima persona. Infatti, nonostante Mike parli in camera, legga le sue lettere alla famiglia, commenti sempre in prima persona quel che accade e riprende colla videocamera, la mente organizzatrice che ha scritto diretto e montato il film è quella di Kristian Fraga. Così il film mostra in maniera efficace la capacità del cinema di mentire mentre afferma la verità, di usare cioè del materiale che non è stato allestito per la ripresa per raccontare una storia che segue i classici canoni della fiction. Montato incredibilmente bene come se le immagini fossero state girate pensando già a questo montaggio il film è un excursus nella vita di un Marine fiero di essere quel che è che parte convinto di andare a difendere e un po' anche vendicare (come ammette lui stesso) il suo paese (Martin porta con sé la foto di una delle vittime dell'11 settembre) e alla fine finisce veterano in una stanza di una casa negli States (un po' come nell'incipit di Apocalypse Now...). Dentro c'è di tutto l'uccisione accidentale di un padre e della figlia (con tanto di cervella sparse per l'abitacolo); il puzzo dei cadaveri putrefatti, la vita tra camerati (sembrate gay... -E' il caldo che ci fa sembrare gay il cibo schifoso in patria e cucinato in loco dai autoctoni, alla benedizione del prete prima della battaglia (che vergogna: i gay sono contro dio ma chi va a uccidere riceve la sua benedizione!!! che ipocriti questi cattolici). Un film che certo non critica il sistema dell'esercito americano ma ne dà uno sguardo dall'interno non retorico né autocelebrativo.


Poi è la volta di Aanrijding in Moscou (Belgio, 2007) di Christophe van Rompaey, una commedia incentrata su una quarantenne appena mollata dal marito (per una sua studentessa) che viene corteggiata da un ventinovenne... Lei ha tre figli, lui un passato da alcolista. Un film dal punto di vista femminile, divertente e leggero ma con tante piccole notazioni nordiche, impossibili per un film italiano, con una piccola escursione nel mondo gltbqi, e un finale di autoaffermazione. Non dirompente e geniale come Louise-Michel (Belgio, 2008 di Gustave de Kervern e Benoît Delépine, vincitorce del premio speciale della giuria per l'originalità al Sundance, visto l'anno scorso, ma comunque un bel vedere, due ore (quasi) ben spese.

Stanco, lungo e, alla lunga, noioso, After (Spagna, 209) in concorso, di Alberto Rodigruez, che, riprendendo stancamente la stessa notte brava raccontata dal punto di vista dei tre protagonisti, due amici di mezza età e una giovane amica, sa districarsi tra luoghi comuni e qualche momento di verità, in maniera maschilista (lei è sempre più zoccola dei due uomini) con qualche violenza gratuita sugli animali (ma si sa, gli spagnoli... hanno la corrida nel sangue) e soprattutto una storia intricata e lunghissima per dire che gli uomini e le donne scopano e si fanno di droga perchè si sentono soli... Come dire...PROFONDO!!!



Ora aspetto il primo film a tematica del festival (ma non l'unico...). E poi, dulcis in fundo, un film sulla musica marocchina con concerto prima del film....
Invidiatemi gente, invidiatemi.
bello essere
quello che si è anche se si è
poco
pochissimo
niente


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