3 settembre 2008
Se sei gay niente divisa!
Fabrizio Caiazza, 33 anni, napoletano di origine, milanese d'adozione, partecipa al concorso Sex Factor del sito Gaydar. Vince il primo premio della sezione "uomini in divisa", 15.000 euro.
Tornato in Italia, Emiliano Bezzon, il comandante della polizia locale di Milano, lo convoca informandolo di aver infranto il regolamento, doveva chiedere il permesso per indossare la divisa.
Il regolamento «impone agli agenti di comportarsi in modo dignitoso e decoroso anche fuori dal servizio...».
«E fuori dal servizio — è il commento di molti suoi colleghi — avrebbe dovuto sfilare per conto suo, a suo nome e non usando la divisa, senza tra l'altro chiedere il permesso al comandante che rappresenta il corpo dei vigili urbani di Milano».
Insomma c'è malcontento tra i 300 agenti che compongono il reparto. Qualcuno addirittura parla di «utilizzo improprio della divisa, in modo mercenario». «Ognuno è libero di avere le tendenze sessuali che più gli aggradano — spiega una vigilessa che conosce bene Fabrizio — ma quando si è un pubblico ufficiale non si può andare a un concorso per gay con addosso la divisa. È un modo per screditare l'intero corpo».
(fonte Coriere della sera)
Quel che non si capisce è se è il concorso in sé a screditare la divisa, oppure se è la natura del concorso...
In ogni caso ricordo alla vigilessa (che termine maschilista!) in questione, al comandante dei vigili di Milano, e ai solerti giornalisti che hanno riportato la notizia l'articolo 3, comma 1, della nostra Costituzione.
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
Non così, sembra, per il loro collega.
Fabrizio intanto rischia la sospensione dal servizio anche per sei mesi con relativa riduzione della metà dello stipendio.
Intanto il 26 settembre si terrà il primo meeting dei poliziotti gay a Bologna, nel quale si decideranno statuto e iniziative. Per fare uscire i gay in uniforme dalla clandestinità. sempre che il regolamento, in barba alla Carta costituzionale, lo permetta loro.
Vedi anche l'aggiornamento
GIORNATA MONDIALE CONTRO LE MATTANZE DEI DELFINI
MERCOLEDI 3 SETTEMBRE 2008 ORE 11.00
MANIFESTAZIONE CONTRO LA MATTANZA DEI DELFINI IN GIAPPONE
ROMA - AMBASCIATA DEL GIAPPONE – VIA QUINTINO SELLA, 60
OGNI ANNO MIGLIAIA DI DELFINI IN GIAPPONE VENGONO BRACCATI, ARPIONATI, FERITI, UCCISI PER LA LORO CARNE CATTURATI E RINCHIUSI NEI DELFINARI DI TUTTO IL MONDO... INSIEME POSSIAMO FERMARE IL MASSACRO!!!
La giornata mondiale contro le mattanze dei delfini in Giappone oggi vede impegnate in tutti i continenti del Pianeta, 80 Associazioni riunitesi in un network internazionale che in 50 città del mondo, manifestano di fronte alle Ambasciate del Giappone.
Gli Animalisti Italiani ONLUScoordinano in Italia questa giornata di protesta: un esercito di “delfini” presidia oggi l’Ambasciata chiedendo libertà e rispetto per i cetacei, i delfini appartengono al mare. Presenti alla manifestazione anche il Veterinario e On. Gianni Mancuso (Pdl), la Sen. Poretti (Pd) e il Presidente dei Radicali Italiani, l’On. Mellano.
“Ogni anno, da settembre a marzo, i pescatori Giapponesi catturano ed uccidono circa 23.000 piccoli cetacei (tursiopi, stenelle, grampi, globicefali, pseudorche e focene) in modo brutale e violento”-dichiara Ilaria Ferri Direttore Scientifico dell’Associazione Animalisti Italiani ONLUS-“Questo rappresenta il più grande e pianificato massacro di delfini che ha luogo soprattutto a Futo, Taiji, nella penisola di Izu e nell’isola di Iki. I pescatori uccidono i delfini perché li considerano, da sempre, competitori nella pesca e pertanto animali nocivi da eradicare. Ma dietro le mattanze si nasconde un altro terribile segreto: la sempre crescente domanda dei delfinari di avere nuovi esemplari da utilizzare a scopo di lucro, soprattutto nei “programmi di nuoto con i delfini” e nella “terapia assistita con i delfini” induce mercanti, addestratori e alcuni veterinari a scegliere, proprio in occasione delle mattanze, i giovani esemplari “giusti” per rimpiazzare tutti quelli che, per lo stress a cui sono sottoposti causato dalla prigionia, dalla deprivazione alimentare e dalla mancanza del rispetto delle loro basilari esigenze socio-etologiche, muoiono prematuramente in cattività.
La mattanza a Taiji avviene attraverso la pratica detta “drive fisheries” ovvero “pesca guidata”: i pescatori si dirigono in mare aperto e una volta localizzato il branco, iniziano a colpire con dei martelli i pali di acciaio posti ai lati delle loro imbarcazioni. In questo modo creano un muro di suoni che disorienta i delfini, i quali, cercando di sfuggire, vengono invece facilmente condotti all’interno di baie e fiordi. A questo punto i pescatori intrappolano il branco ponendo una rete all’imboccatura del fiordo. I delfini in preda al panico emettono i tipici suoni di richiamo e di richiesta d’aiuto, i piccoli, soprattutto le femmine maggiormente richieste dai mercanti di delfini, vengono separati dalle madri e imbracati sulle barelle per essere portati a terra e destinati ad essere venduti per circa 154.000 dollari americani, poi utilizzati ed addestrati attraverso metodi violenti e coercitivi con la deprivazione alimentare, nelle strutture di cattività (oceanari, zoo, delfinari, acquari). Ogni singolo delfino in cattività puo’ far guadagnare 1 milione di dollari americani all’anno. Dopodichè i pescatori iniziano la mattanza, i delfini terrorizzati vengono portati a riva o issati sulle imbarcazioni dopo essere stati percossi e sommariamente smembrati con arpioni e coltelli. Spesso non sono ancora morti e l’agonia dura interminabili minuti, se non ore. Il mare si tinge di rosso.
L’altra “ragione” di queste stragi di innocenti che il Governo locale cerca di nascondere a tutto il mondo, vietando le riprese video e le foto, è anche quello di utilizzare la carne di delfino a scopi alimentari nonostante questa sia risultata, a seguito di approfondite ricerche dell’ ”Environmental Investigation Agency” contaminata da mercurio e da altre pericolose sostanze quali DDT, policlorobifenili, e metalli pesanti, fino a 900 volte al di sopra del limite massimo consentito dalle leggi. Per questo è necessario richiedere che venga vietata anche la vendita di prodotti così pericolosi per la salute umana.
Noi siamo qui oggi, come facciamo da anni, per testimoniare la nostra ferma e non violenta opposizione ad un massacro ingiustificato ed ingiustificabile e per rendere note le sconvolgenti immagini che volutamente vengono celate.
Grave è infatti il coinvolgimento del Governo Giapponese che autorizza, di fatto, questi atti commessi su animali che non sono di proprietà nipponica, bensì appartengono al mare e al patrimonio naturale che pertanto andrebbe rispettato e tutelato come le normative internazionali prevedono. Spetta a noi scegliere di non contribuire a questo crimine contro la natura e a questo incivile sfruttamento di creature sensibili e senzienti come i delfini. Ognuno di noi deve essere consapevole che visitando un delfinario diventa complice e responsabile del sangue versato in Giappone e della condanna di innocenti all’ergastolo”
Di questo è fermamente convinto anche il Prof. Marc Bekoff, etologo di fama internazionale e Socio Onorario degli Animalisti Italiani e che con il Direttore Ilaria Ferri collabora alla realizzazione delle attività scientifico-divulgative dell’Associazione.
A seguito dell’appello degli Animalisti Italiani, l’On. Gianni Mancuso (Pdl) e la Sen. Poretti (Pd) presenteranno una mozione in cui si richiede al nostro Governo e all’UE, iniziative volte a provvedere la condanna di simili atti e richiede al Governo del Giappone di porre fine a questa barbara e cruenta pratica.
Ufficio stampa Animalisti Italiani Federica Cuccagna tel. 06-23232569 ufficiostampa@animalisti.it
Ilaria Ferri - Direttore Animalisti Italiani cell. 328-9662882
- La petizione e le informazioni contro le mattanze sul sito: www.animalisti.it
Informazioni, foto e video sulla campagna internazionale: www.savejapandolphins.org
http://www.youtube.com/watch?v=MhJcyK6Y-J4
www.seashepherd.org/taiji/
(dal sito animalisti italiani)
MANIFESTAZIONE CONTRO LA MATTANZA DEI DELFINI IN GIAPPONE
ROMA - AMBASCIATA DEL GIAPPONE – VIA QUINTINO SELLA, 60
OGNI ANNO MIGLIAIA DI DELFINI IN GIAPPONE VENGONO BRACCATI, ARPIONATI, FERITI, UCCISI PER LA LORO CARNE CATTURATI E RINCHIUSI NEI DELFINARI DI TUTTO IL MONDO... INSIEME POSSIAMO FERMARE IL MASSACRO!!!
La giornata mondiale contro le mattanze dei delfini in Giappone oggi vede impegnate in tutti i continenti del Pianeta, 80 Associazioni riunitesi in un network internazionale che in 50 città del mondo, manifestano di fronte alle Ambasciate del Giappone.
Gli Animalisti Italiani ONLUScoordinano in Italia questa giornata di protesta: un esercito di “delfini” presidia oggi l’Ambasciata chiedendo libertà e rispetto per i cetacei, i delfini appartengono al mare. Presenti alla manifestazione anche il Veterinario e On. Gianni Mancuso (Pdl), la Sen. Poretti (Pd) e il Presidente dei Radicali Italiani, l’On. Mellano.
“Ogni anno, da settembre a marzo, i pescatori Giapponesi catturano ed uccidono circa 23.000 piccoli cetacei (tursiopi, stenelle, grampi, globicefali, pseudorche e focene) in modo brutale e violento”-dichiara Ilaria Ferri Direttore Scientifico dell’Associazione Animalisti Italiani ONLUS-“Questo rappresenta il più grande e pianificato massacro di delfini che ha luogo soprattutto a Futo, Taiji, nella penisola di Izu e nell’isola di Iki. I pescatori uccidono i delfini perché li considerano, da sempre, competitori nella pesca e pertanto animali nocivi da eradicare. Ma dietro le mattanze si nasconde un altro terribile segreto: la sempre crescente domanda dei delfinari di avere nuovi esemplari da utilizzare a scopo di lucro, soprattutto nei “programmi di nuoto con i delfini” e nella “terapia assistita con i delfini” induce mercanti, addestratori e alcuni veterinari a scegliere, proprio in occasione delle mattanze, i giovani esemplari “giusti” per rimpiazzare tutti quelli che, per lo stress a cui sono sottoposti causato dalla prigionia, dalla deprivazione alimentare e dalla mancanza del rispetto delle loro basilari esigenze socio-etologiche, muoiono prematuramente in cattività.
La mattanza a Taiji avviene attraverso la pratica detta “drive fisheries” ovvero “pesca guidata”: i pescatori si dirigono in mare aperto e una volta localizzato il branco, iniziano a colpire con dei martelli i pali di acciaio posti ai lati delle loro imbarcazioni. In questo modo creano un muro di suoni che disorienta i delfini, i quali, cercando di sfuggire, vengono invece facilmente condotti all’interno di baie e fiordi. A questo punto i pescatori intrappolano il branco ponendo una rete all’imboccatura del fiordo. I delfini in preda al panico emettono i tipici suoni di richiamo e di richiesta d’aiuto, i piccoli, soprattutto le femmine maggiormente richieste dai mercanti di delfini, vengono separati dalle madri e imbracati sulle barelle per essere portati a terra e destinati ad essere venduti per circa 154.000 dollari americani, poi utilizzati ed addestrati attraverso metodi violenti e coercitivi con la deprivazione alimentare, nelle strutture di cattività (oceanari, zoo, delfinari, acquari). Ogni singolo delfino in cattività puo’ far guadagnare 1 milione di dollari americani all’anno. Dopodichè i pescatori iniziano la mattanza, i delfini terrorizzati vengono portati a riva o issati sulle imbarcazioni dopo essere stati percossi e sommariamente smembrati con arpioni e coltelli. Spesso non sono ancora morti e l’agonia dura interminabili minuti, se non ore. Il mare si tinge di rosso.
L’altra “ragione” di queste stragi di innocenti che il Governo locale cerca di nascondere a tutto il mondo, vietando le riprese video e le foto, è anche quello di utilizzare la carne di delfino a scopi alimentari nonostante questa sia risultata, a seguito di approfondite ricerche dell’ ”Environmental Investigation Agency” contaminata da mercurio e da altre pericolose sostanze quali DDT, policlorobifenili, e metalli pesanti, fino a 900 volte al di sopra del limite massimo consentito dalle leggi. Per questo è necessario richiedere che venga vietata anche la vendita di prodotti così pericolosi per la salute umana.
Noi siamo qui oggi, come facciamo da anni, per testimoniare la nostra ferma e non violenta opposizione ad un massacro ingiustificato ed ingiustificabile e per rendere note le sconvolgenti immagini che volutamente vengono celate.
Grave è infatti il coinvolgimento del Governo Giapponese che autorizza, di fatto, questi atti commessi su animali che non sono di proprietà nipponica, bensì appartengono al mare e al patrimonio naturale che pertanto andrebbe rispettato e tutelato come le normative internazionali prevedono. Spetta a noi scegliere di non contribuire a questo crimine contro la natura e a questo incivile sfruttamento di creature sensibili e senzienti come i delfini. Ognuno di noi deve essere consapevole che visitando un delfinario diventa complice e responsabile del sangue versato in Giappone e della condanna di innocenti all’ergastolo”
Di questo è fermamente convinto anche il Prof. Marc Bekoff, etologo di fama internazionale e Socio Onorario degli Animalisti Italiani e che con il Direttore Ilaria Ferri collabora alla realizzazione delle attività scientifico-divulgative dell’Associazione.
A seguito dell’appello degli Animalisti Italiani, l’On. Gianni Mancuso (Pdl) e la Sen. Poretti (Pd) presenteranno una mozione in cui si richiede al nostro Governo e all’UE, iniziative volte a provvedere la condanna di simili atti e richiede al Governo del Giappone di porre fine a questa barbara e cruenta pratica.
Ufficio stampa Animalisti Italiani Federica Cuccagna tel. 06-23232569 ufficiostampa@animalisti.it
Ilaria Ferri - Direttore Animalisti Italiani cell. 328-9662882
- La petizione e le informazioni contro le mattanze sul sito: www.animalisti.it
Informazioni, foto e video sulla campagna internazionale: www.savejapandolphins.org
http://www.youtube.com/watch?v=MhJcyK6Y-J4
www.seashepherd.org/taiji/
(dal sito animalisti italiani)
Se muoiono sono solo "giostrai"...
Avrete letto del ritrovamento di due corpi carbonizzati, quelli di Giada Dalla Santa Casa, di 16 anni, e Joy Torrinunti, 19 anni, rimasti uccisi nell'incendio di un labirinto per bambini scoppiato in un Luna Park nella notte tra il primo e il due di settembre a Legnaro, vicino Padova.
(foto Ansa)
Tutti i principali giornali parlano di "giostrai" e nessuno si sogna di tradurre questo aggettivo ipocrita con l'etnia di appartenenza dei due giovani che erano Sinti.
Si sottolinea il fatto che erano fidanzatini (eppure Joy aveva 19 anni) ma non che la loro morte è sospetta (dato che gli inquirenti ancora non escludono la natura dolosa dell'incendio).
Usano la definizione "giostrai" o "figli di giostrai":
Repubblica;
Il mattino;
Il Giornale;
La Gazzetta di Parma;
La Stampa.
Potrei continuare ma mi fermo qui.
Negli articoli si parla di possibile origine dolosa dell'incendio e si adduce un possibile dissapore tra le due famiglie: Il sindaco della città, Giovanni Bettini, non si sbilancia ma ammette che l’incendio potrebbe avere origine dolosa. Il sospetto è che si tratti di un regolamento di conti tra famiglie di nomadi giostrai per motivi ancora sconosciuti. «Escludo nel modo più assoluto - conferma il sindaco - che si tratti di un’aggressione a sfondo razzista. Qui la città non c’entra nulla. Si tratta di problemi tra famiglie di giostrai. Nei giorni scorsi avevamo sentito di dissapori tra di loro, ma si tratta di ipotesi tutte da provare»(fonte LA Stampa).
E' l'unica volta in cui si parla di razzismo, ma contro dei "giostrai"...
L'Ansa, addirittura, si arrampica sugli specchi per relegare, se l'ipotesi di dolosità venisse comprovata, il problema a una questione tra "famiglie di giostrai":
Perché ci hanno fatto questo? - è stata sentita urlare la mamma di Giada -, non abbiamo mai fatto male a nessuno...". Tra le famiglie Torrinunti e Dalla Santa Casa non c'é alcun attrito, e la relazione sentimentale fra i due giovani era nota. Cosa che non esclude, tuttavia, che altri potessero avere motivi di risentimento verso i proprietari dell'attrazione distrutta. Situazioni queste piuttosto comuni nel mondo dei giostrai.
Anche il Corriere della sera minimizza senza sottolineare l'etnia dei due ragazzi:
Non ci sono ne' taniche, ne' altre tracce di liquido infiammabile nell'area in cui la notte scorsa e' andata a fuoco una giostra, uccidendo 2 ragazzi, Joy Torrinunti, 19 anni, e la fidanzatina sedicenne Giada Dalla Santa Casa. Secondo i carabinieri, che non escludono alcuna ipotesi, nessuno sapeva della presenza dei ragazzi nella struttura e quindi l'obiettivo di un eventuale rogo doloso sarebbe stata solo la giostra
Io avevo letto la notizia su Repubblica, ma se non fosse stato per Roma.indymedia non avrei mai pensato che dietro la parola giostrai si nascondesse un'etnia.
Ingenuotto, eh?!
Siamo sicuri che, i due, invece di essere rimasti uccisi, avessero violato qualsiasi legge, al posto di giostrai avremmo letto Sinti e tutti i sinonimi (razzisti) del caso Zingari, Rom, etc....
E, ancora una volta, assieme a Grillo, possiamo gridare: "giornalisti italiani: VAFFANCULOOO!!!"
(foto Ansa)
Tutti i principali giornali parlano di "giostrai" e nessuno si sogna di tradurre questo aggettivo ipocrita con l'etnia di appartenenza dei due giovani che erano Sinti.
Si sottolinea il fatto che erano fidanzatini (eppure Joy aveva 19 anni) ma non che la loro morte è sospetta (dato che gli inquirenti ancora non escludono la natura dolosa dell'incendio).
Usano la definizione "giostrai" o "figli di giostrai":
Repubblica;
Il mattino;
Il Giornale;
La Gazzetta di Parma;
La Stampa.
Potrei continuare ma mi fermo qui.
Negli articoli si parla di possibile origine dolosa dell'incendio e si adduce un possibile dissapore tra le due famiglie: Il sindaco della città, Giovanni Bettini, non si sbilancia ma ammette che l’incendio potrebbe avere origine dolosa. Il sospetto è che si tratti di un regolamento di conti tra famiglie di nomadi giostrai per motivi ancora sconosciuti. «Escludo nel modo più assoluto - conferma il sindaco - che si tratti di un’aggressione a sfondo razzista. Qui la città non c’entra nulla. Si tratta di problemi tra famiglie di giostrai. Nei giorni scorsi avevamo sentito di dissapori tra di loro, ma si tratta di ipotesi tutte da provare»(fonte LA Stampa).
E' l'unica volta in cui si parla di razzismo, ma contro dei "giostrai"...
L'Ansa, addirittura, si arrampica sugli specchi per relegare, se l'ipotesi di dolosità venisse comprovata, il problema a una questione tra "famiglie di giostrai":
Perché ci hanno fatto questo? - è stata sentita urlare la mamma di Giada -, non abbiamo mai fatto male a nessuno...". Tra le famiglie Torrinunti e Dalla Santa Casa non c'é alcun attrito, e la relazione sentimentale fra i due giovani era nota. Cosa che non esclude, tuttavia, che altri potessero avere motivi di risentimento verso i proprietari dell'attrazione distrutta. Situazioni queste piuttosto comuni nel mondo dei giostrai.
Anche il Corriere della sera minimizza senza sottolineare l'etnia dei due ragazzi:
Non ci sono ne' taniche, ne' altre tracce di liquido infiammabile nell'area in cui la notte scorsa e' andata a fuoco una giostra, uccidendo 2 ragazzi, Joy Torrinunti, 19 anni, e la fidanzatina sedicenne Giada Dalla Santa Casa. Secondo i carabinieri, che non escludono alcuna ipotesi, nessuno sapeva della presenza dei ragazzi nella struttura e quindi l'obiettivo di un eventuale rogo doloso sarebbe stata solo la giostra
Io avevo letto la notizia su Repubblica, ma se non fosse stato per Roma.indymedia non avrei mai pensato che dietro la parola giostrai si nascondesse un'etnia.
Ingenuotto, eh?!
Siamo sicuri che, i due, invece di essere rimasti uccisi, avessero violato qualsiasi legge, al posto di giostrai avremmo letto Sinti e tutti i sinonimi (razzisti) del caso Zingari, Rom, etc....
E, ancora una volta, assieme a Grillo, possiamo gridare: "giornalisti italiani: VAFFANCULOOO!!!"
Le prime vittime di Brunetta
Le dipendenti del call center di prenotazione di Legnano (Milano) dipendente dalla Asl 1, che raccoglie 4 ospedali e un bacino di utenza di un milione di persone, dopo 6 anni di contratto a termine si sono viste licenziare in tronco, da un giorno all'altro.
Il decreto Brunetta prevede che per i lavoratori impiegati per più di tre anni in un quinquennio non ci sia il rinnovo di questo tipo di contratto. E a quel punto, l'Asl ha deciso di aderire al centro prenotazioni unico per le visite e chiudere il call center dell'ospedale. Il 27 agosto, cioè quattro giorni prima di mandarle a casa, è stato comunicato che «il contratto era considerato risolto». Senza preavviso, senza temporeggiare per agevolarle nella ricerca di un altro lavoro.
Undici donne, undici storie diverse.
Tra le prime vittime del decreto decidono di pubblicare un video su Youtube.
Nel frattempo i sindacati di base sta cercando di aiutarle, pur con le mani legate: ogni anno tutti i dipendenti dell'ospedale donano un'ora del loro lavoro ad associazioni (come Emergency o Medici senza Frontiere), quest'anno il ricavato dell'iniziativa andrà alle donne licenziate. La solidarietà purtroppo non basta, ma di certo aiuta.
«Il problema è che con la politica di Formigoni sulla sanità pubblica il destino di molti lavoratori sarà identico al nostro. Noi siamo solo le prime».
La loro iniziativa, per quanto clamore faccia, forse servirà a fare un po' di pressione: «Ci hanno detto che sta succedendo la stessa caso al call center di Melegnano, speriamo di far muovere qualcosa». (fonte il manifesto)
Brunetta ha precisato che: Preliminarmente occorre segnalare che la responsabilità della gestione del personale è ascrivibile ai vertici dell'azienda sanitaria che il contratto di lavoro a tempo determinato ha per sua natura un carattere temporaneo e che il suo protrarsi per lunghi periodi di tempo, in quanto segnale di un utilizzo improprio della tipologia contrattuale, non può essere assecondato, tanto nel settore privato quanto nel settore pubblico, per evitare di favorire il costituirsi di forme di precariato cronico".
[Il limite temporale massimo dei tre anni per i contratti a tempo determinato] non è tipico del lavoro pubblico ma si desume dalla normativa prevista per il settore privato così come introdotta dalla recente legge 247/2007 che ha recepito il protocollo del welfare del precedente Governo. Pertanto, il decreto legge 112/2008 non ha fatto altro che recepire nel pubblico quello che il Governo precedente ha previsto nel settore privato (fonte Virgilionotizie).
Brunetta, però, si è ben visto dallo specificare che il suo decreto prevede che
il datore di lavoro, a differenza del passato, può assumere a tempo determinato per ogni tipo di attività lavorativa all'interno dell'azienda e non solo per quelle che non rientrano nelle attività ordinarie e prevalenti. Piena liberalizzazione dunque per le assunzioni precarie.
Inoltre nella successione dei contratti (gestione del limite massimo, per sommatoria dei diversi contratti a termine con mansioni equivalenti, di 36 mesi) vengono fatte salve le disposizioni contrattuali che possono regolamentare quindi una diversa durata massima; anche con riferimento alla norma sul diritto di precedenza (contratti non stagionali) vengono fatte salve eventuali diverse regole contrattuali. Ciò significa che in fase di contrattazione decentrata o di secondo livello il limite dei 36 mesi può essere eluso (fonte Il pane e le rose).
Il decreto Brunetta prevede che per i lavoratori impiegati per più di tre anni in un quinquennio non ci sia il rinnovo di questo tipo di contratto. E a quel punto, l'Asl ha deciso di aderire al centro prenotazioni unico per le visite e chiudere il call center dell'ospedale. Il 27 agosto, cioè quattro giorni prima di mandarle a casa, è stato comunicato che «il contratto era considerato risolto». Senza preavviso, senza temporeggiare per agevolarle nella ricerca di un altro lavoro.
Undici donne, undici storie diverse.
Tra le prime vittime del decreto decidono di pubblicare un video su Youtube.
Nel frattempo i sindacati di base sta cercando di aiutarle, pur con le mani legate: ogni anno tutti i dipendenti dell'ospedale donano un'ora del loro lavoro ad associazioni (come Emergency o Medici senza Frontiere), quest'anno il ricavato dell'iniziativa andrà alle donne licenziate. La solidarietà purtroppo non basta, ma di certo aiuta.
«Il problema è che con la politica di Formigoni sulla sanità pubblica il destino di molti lavoratori sarà identico al nostro. Noi siamo solo le prime».
La loro iniziativa, per quanto clamore faccia, forse servirà a fare un po' di pressione: «Ci hanno detto che sta succedendo la stessa caso al call center di Melegnano, speriamo di far muovere qualcosa». (fonte il manifesto)
Brunetta ha precisato che: Preliminarmente occorre segnalare che la responsabilità della gestione del personale è ascrivibile ai vertici dell'azienda sanitaria che il contratto di lavoro a tempo determinato ha per sua natura un carattere temporaneo e che il suo protrarsi per lunghi periodi di tempo, in quanto segnale di un utilizzo improprio della tipologia contrattuale, non può essere assecondato, tanto nel settore privato quanto nel settore pubblico, per evitare di favorire il costituirsi di forme di precariato cronico".
[Il limite temporale massimo dei tre anni per i contratti a tempo determinato] non è tipico del lavoro pubblico ma si desume dalla normativa prevista per il settore privato così come introdotta dalla recente legge 247/2007 che ha recepito il protocollo del welfare del precedente Governo. Pertanto, il decreto legge 112/2008 non ha fatto altro che recepire nel pubblico quello che il Governo precedente ha previsto nel settore privato (fonte Virgilionotizie).
Brunetta, però, si è ben visto dallo specificare che il suo decreto prevede che
il datore di lavoro, a differenza del passato, può assumere a tempo determinato per ogni tipo di attività lavorativa all'interno dell'azienda e non solo per quelle che non rientrano nelle attività ordinarie e prevalenti. Piena liberalizzazione dunque per le assunzioni precarie.
Inoltre nella successione dei contratti (gestione del limite massimo, per sommatoria dei diversi contratti a termine con mansioni equivalenti, di 36 mesi) vengono fatte salve le disposizioni contrattuali che possono regolamentare quindi una diversa durata massima; anche con riferimento alla norma sul diritto di precedenza (contratti non stagionali) vengono fatte salve eventuali diverse regole contrattuali. Ciò significa che in fase di contrattazione decentrata o di secondo livello il limite dei 36 mesi può essere eluso (fonte Il pane e le rose).
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