La mostra, patrocinata dal Comune di Roma, sponsorizzata da un gruppo di banche (BNL, Banca di Roma, Monte dei Paschi di Siena) dovrebbe, nelle intenzioni "mettere l'accento sulla vita di Roma tra il '26 ed il (sic!) '43" (cito dalla brochure).
Ma, appena messo piede nel museo (dove, come in tutti i musei romani si paga daver poco) ti accorgi subito che qualcosa non va.
Il patrimonio del Luce è costituito sia da fotografie sia da immagini filmate (tratte dai cinegiornali). Ebbene, le foto non ci sono, al loro posto ci sono degli enormi pannelli nei quali sono state ingigantite alcune foto (o, meglio, dettagli di foto) il cui scopo è quello di vestire scenograficamente gli angusti corridoi del museo. Peccato che, così facendo, si perda il senso documentale di quelle foto che, agli occhi del visitatore, vengono percepite non per il valore di quanto da esse ritratto (la Roma architettonico/urbanistica, storico/sociale di quegli anni ) ma nel loro valore di oggetti (ingigantiti). Peccato. Dsvvero peccato.
Addentrandosi nella mostra si scopre che la medesima consiste nella video-proiezione di diversi filmati luce, per le quali sono state adibite alcune stanze, tratti da diversi cinegironali, raggruppati per l'età (filmati muti, filmati con sonoro) o per gli argomenti da essi trattati.
Entrando nella prima sala, quella dei filmati muti, ci si accorge subito della natura dell'operazione, ambigua, discutibile e per niente scientifica.
Totalmente assenti sono gli apparati, quelli che ti permettono di capire la natura di queste immagini in movimento, che sono tutti filmati tratti dai cinegironali proiettati nelle sale di tutto il regno e, dove non c'erano sale, dai cine-camion del Luce che arrivava nei più piccoli paesini italiani.
Il Luce infatti (ma questo la mostra non lo dice) nasce nel 24 come istituzione privata, successivamente assorbita dallo Stato, con precisi scopi educativi (Luce sta per L'unione cinematografica educativa).
Ma questo i curatori dela mostra non devono saperlo visto che nella brochure si dice: "La cinematografia è l'arma più forte" aveva detto Mussolini e l'istituo luce si inseriva in questa ottica". Peccato che la dichiarazione del Duce (mutuata da quella, molto più intelligente di Lenin, che avea detto "Il cinema è l'Arte più forte") si riferisce all'inaugurazione di Cinecittà, avvenuta nel 1937, cioè ben 13 anni dopo la comparsa del Luce...
Ma questi sono dettagli.
Le immagini proiettate sono presentate al di fuori del loro contesto naturale (quei cinegironali con tanto di numerazione e anno dell'e.f.) per cui un giovane che non consoce il passato del suo paese o qualche adulto sprovveduto ignora la natura di quelle immagini prese (e montate) con intenti propagandistici si illude che siano, già all'origine state filmate con intenti documentaristici, per lasciare ai posteri una traccia dell'Italia (della Roma) di quegli anni.
Già, l'Italia (la Roma) di quegli anni.
Dalla "marcia su Roma" al 1929 erano accadute molte cose. Abolizione della festa del Primo Maggio (...) Viene (...) abolito il diritto di sciopero, (...) annullamento dei passaporti per l'estero, definitiva soppressione dei giornali antifascisti, scioglimento dei partiti, dei sindacati e delle associazioni che svolgono attività contraria al regime, istituzione del confino di piolizia (...). Legge per la difesa dello Stato: condanna a morte per le attività "sovversive".
(Guido Aristarco Il cinema fascista, Edizioni dedalo, Bari 1996, pp. 68-69)
Lista parziale e incompleta, ma nessuna di queste cose viene detta, nemmeno tra le righe, prima o dopo la proiezione dei filmati alla mostra.
Un senso di indignazione cresce in me tanto che abbandono la sala e il museo.
Mi manca l'aria in questo museo di merda, e, prima di venire catapultato, come in un film di fantascienza di serie b, di nuovo in quel ventennio altrettanto di merda, esco a respirare aria pulita.
Non ho visto le proiezioni nelle altre sale, ma quel che ho visto nella prima sala vale per tutte le altre.
Mancano date e precisi riferimenti a ciò che si vede. E visto che si tratta di una mostra su una Roma del passato (che forse non ce più o, se c'è ancora, è sicuramente diversa), perchè non cercare di individuare l'urbanistica delle immagini presentate, l'ubicazione delle vie riprese nella toponomastica della città eterna? Ci si limita alla buona volontà dei singoli visitatori: se uno riconosce qualcosa esclama in sala :"Uuh! guarda, Monteverde!" altrimenti è Roma perchè sapere anche il quartiere? Una mostra fatta al risparmio dunque, dato che i filmati son già pronti e al luce non costano niente, mentre pagare qualcuno che riconosca i luoghi (mica tutti, bastava anche solo qualcuno) e lo indicava nei filmati (ma bisoganva fare le didascalie... e quelle costano...) voleva dire impegnarsi a fare una mostra almeno decente.