...e poi arriva il momento, improvviso e liberatorio, come una deiezione che non puoi trattenere più e che per quanto inopportuna, umiliante e sporcante, ti fa sentire meglio che non devi trattenerla più e nonostante tutto le sei grato per il profondo e intimo senso di liberazione che ti procura, il momento dicevo in cui ti rendi conto che non hai più una vita.
O, meglio, che l'unica cosa che tu, proprio tu, intimamente, reputi fondamentale e imprescindibile nella tua vita, non c'è più da un tempo ormai talmente grande da avere superato anche la percezione dell'imbarazzo.
Non si tratta del sesso, non si tratta nemmeno della solitudine. No non è nemmeno la mancanza di qualcuno che hai amato e se ne è andato via.
No.
Molto più semplicemente non sei amato.
Desiderato.
Nessuno ti vuole nel suo letto.
Accanto a sé.
Nella sua vita.
Nessuno fa dei progetti per la propria vita che riguardano in una qualsiasi maniera anche Te.
Ti ricordi di un telefilm che hai visto. Dove una donna si confessa così a un'amica la quale le dice mentre l'altra piange sommessamente che certe volte, in certe vite, l'amore non arriva e non arriverà. E non c'è un motivo o un significato. E' così e basta.
Lo capisci mentre stai cominciando il terzo romanzo in due giorni.
Sì.
Ti rendi conto che tu nella tua propria vita sei un ospite. Un osservatore. Che la tua vita vive di aspettative riflesse della vita degli altri. Di quel bel ragazzo che avrebbe potuto. Di quel lavoro che una volta era tuo. Della casa che non hai più.
E che nel momento in cui lo lasci andare, questo assurdo pensiero, questa inane convinzione che fai ancora in tempo ad essere felice, che c'è ancora tempo per incontrare un ragazzo che ti voglia senza tanti problemi senza mediazione alcuna, che non possa vivere senza di te, che ti corteggi e pensi a te sempre col batticuore, ti rendi conto che ormai il tempo in cui questo amore non c'è stato è più grande, più antico e più doloroso di ogni possibile umano amore.
Che ormai non hai nemmeno voglia di proseguire in questa tua vita che ti sembra di aver così irrimediabilmente sprecato, rovinata, che preferiresti premere il pulsante restart e ricominciare da capo, se fosse umanamente possibile.
Che mentre aspettavi di cominciare a vivere ti sei accontentato di guardare le vite altrui e la tua te la sei lasciata scivolare addosso.
Senza tenere niente che non fosse già in te.
Senza imparare davvero nulla che non fosse già lì a tua disposizione da quando hai memoria di Te.
E' che quel dolore sordo che senti ogni volta che ti accorgi che qualcuno pensa male, usa male le parole, non nel senso misero della grammatica ma in quello profondo dei concetti che agiscono sotterraneamente e in profondità, ti rendi conto che stai ancora aspettando il gommone della barzelletta e che non sai nemmeno più quanti ne sono passati ma sai che non ne passeranno più.
Allora smetti di leggere il libro che hai appena cominciato e ti metti al pc a scrivere queste note non sai tu nemmeno perchè. Per fare chiarezza con te stesso o per dire agli altri che hai deciso di mollare la spugna e rassegnarti?
Una comunicazione vana perchè non cerchi la pietà, nè il compatimento, non cerchi nemmeno più qualcuno che ti salvi, hai solo disperatamente bisogno di qualcuno che ti ascolti.
Ecco.
Quello sì.
Un pubblico. Degli uditori.
Qualcuno che senta quel che hai da dire e poi torni nella sua vita vera. Quella che tu non hai mai avuto aspettando sempre che la tua cominciasse senza nemmeno osare sognarla.
Hai sempre pensato che i tuoi simili mal sopportassero l'indifferenza dell'universo.
Solo ora capisci che l'indifferenza che non sopportiamo è quella di noi verso noi stessi.
Lasciarsi sprecare senza avere l'accortezza di dirsi ma che cazzo fai? Vivi! Ama! Sii nel mondo.
E non è troppo tardi.
Il guai purtroppo è che non c' mai stato modo!
Non c'è mai stata a una vita per te.
Solo un prima e un dopo.
Un prima e un dopo nel quale, spettatore di te stesso, stai a fianco di un palco vuoto, che aspettava te per dare spettacolo.
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