28 gennaio 2010

A poem

Ecco
te ne vai
il giorno è arrivato
lo sapevo già
è stata una convivenza a scadenza
ma non come quella di prima
stavolta sei stato distante
e non perchè ami qualcun altro
già prima di innamorarti
eri lontano, calmo, quasi indifferente
Io sto qui che ascolto le canzoni che amava chi non c'è più
e ho il magone per lei
mi manca
e ho paura
che tu mi mancherai ancora di più
che strana cosa la vita mia
tutta una prova mal riuscita
della vita vera che in teoria dovrebbe ancora partire
e invece al suo posto arriverà la morte e buonanotte!

27 gennaio 2010

La giornata della memoria delle vittime dell'olocausto

C'è una scena in Harold e Maude (USA, 1971) di Hal Hasby, dove Harold nota i numeri tatuati sul polso di Maude, li guarda, ne riconosce il significato, strabuzza gli occhi, Maude gli sorride, fa ridiscendere la manica che si era casualmente sollevata, apprezza lui abbia riconosciuto quel segno  e non dice una parola, nè Harold le chiede di raccontarle.

Ecco, io vorrei che quest'anno la giornata della memoria passasse così, con pudore e delicatezza, con un semplice cenno per non dare in pasto alla macchina retorica e cinica della commemorazione mediatica le storie dei sopravvissuti alla Shoa, e le storie di quanti non ci sono più perchè morti ammazzati.
Una testimonianza che non serve se viene impiegata per ribadire che "mai più". Perché quelle morti ancora ci sono.
Certo non con la stessa macchina organizzativa dello sterminio nazista, ma nel mondo si continua a morire per le stesse ragioni (sic!) e mentre ci si commuove sino alle lacrime ricordando quelle vittime ci si dimentica che lo sterminio continua, che si muore perchè gay, ebrei, malati di mente, politicamente diversi, testimoni di Geova, zingari, handicappati e si rischia di fare un ultimo torto a quelle vittime, quello di essere impiegati per far credere che certe cose non succedono più, e invece succedono ancora, cazzo se succedono ancora.
Son cambiati i modi, son cambiati i numeri, ma si uccide ancora, si muore ancora.
Mai più? Mai di nuovo!

23 gennaio 2010

Cranach e Perugino meglio della mostra su Bacon (e Caravaggio)


Sono andato a vedere la mostra Caravagio Bacon alla galleria Borghese.
La mostra è quasi inutile, interessante per i quadri di Caravaggio, 14, anche se molti (6 su 14) sono di proprietà della galleria e si possono vedere anche senza mostra, mentre gli altri vengono da varie parti della città di Roma (Santa Maria del Popolo, Palazzo Barberini, Galleria Doria Pamphilj, Chiesa di Sant’Agostino) e solo alcuni vengono da fuori città  (Firenze, Palazzo Pitti, Museo Regionale di Messina, Napoli, Palazzo Zevallos Stigliano, o d'Italia (New York, Metropolitan Museum of Art, molto meno per quelli di Bacon che sono giustapposti senza alcun percorso nella sua ricerca pittorica, anche se, provenendo per la maggior parte da collezioni private, sono occasioni rare di vederli. Quello che lascia più perplessi però  è proprio la galleria che li ospita, già di suo stipata oltre ogni ragionevole soglia di opere d'arte (e i depositi ne contengono altrettante al punto che si possono visitare anche quelli...) che ospita questo corpi estranei che poco si innestano con il resto delle opere.
Anche l'idea di accostare due icone della pittura così diverse  tra loro (e diversamente viste, Caravaggio molto più di Bacon) non è sostenuta da apparati validi... Insomma una cazzata di mostra da un punto di vista artistico-museale.
La vera sorpresa è stata la galleria di per sé, che non avevo mai visitato, che mi ha regalato delle emozioni ho visto quadri che non sapevo essere lì.
Due in particolare.

Venere ed Amore con un favo di miele di Luis Cranach (1501 ca) e un San Sebastiano del Perugino. Il quadro di Cranach è una meraviglia. Venere nuda ma vestita (ha il cappello, una fascia attorno il collo e un velo trasparente che dovrebbe coprirle le pubenda...) così sproporzionata con quelle gambe lunghissime come nello foto dove le gambe troppo vicine all'obbiettivo si allungano per effetto prospettico, oppure per essere percepite come tali anche quando, guardando altre parti di Venere, le percepiamo con la visione periferica.
Il San Sebastiano di Perugino ha uno sguardo incredibilmente umano e sensuale, molto più di altri Sebastiani che ha dipinto nel corso della sua vita...



21 gennaio 2010

Panem e cultura

Ho sentito dire all'assessore uscente alla cultura della Regione Lazio Giulia Rodano delle parole confortanti, che mi hanno riportato indietro, al 1984, quando, ancora studente, avevo già a che fare con assessori (della provincia di Roma, ma è lo stesso) che ci finanziavano il laboratorio teatrale (con un anno di ritardo dati i tempi burocratici...).
Da allora, ma oggi sempre più, gli enti locali sono vicari dello Stato che abbandona i cittadini senza cultura in un mercato selvaggio e iperliberista.
Non sto dicendo nulla di nuovo.
Ma sentire l'Assessore Giulia Rodano (che lunedì 11 era a Montecitorio a manifestare solidarietà a Francesco e Manuel i due ragazzi che vogliono sposarsi ma non possono e per questo hanno deciso di fare lo sciopero della fame) dire che nonostante la crisi economica in cui versa la Regione (da molto prima della crisi nazionale) ha lo stesso investito ingenti capitali pubblici nel settore culturale cinema e teatro) perchè in tempo di crisi p giusto tagliare sul superfluo e dare solo panem e non circenses Ma LA CULTURA E' PANEM beh mi fa sperare per il mio futuro di cittadino e di lavoratore.
Mi fa creder4e che qualcuno con un cervello ancora ci sia e che il virus Brunetta non abbia ancora decimato tutte le teste pensanti.
Per questo è di fondamentale importanza che la regione resti in mano al centrosinistra se non vogliamo che gli enti locali seguano lo stesso andazzo del governo nazionale.
Il futuro è negli enti locali. Se non ci lasciamo scappare pure quelli.

20 gennaio 2010

La regione Lazio va al cinema (e Paesanini pure)

Lazio, la Regione va al cinema
Il 20-01-2010 presso Regione Lazio (sala Tevere) , comune di Roma (RM)
Bilancio delle iniziative a sostegno dell'industria cinematografica nel Lazio

Il vicepresidente della Regione Lazio Esterino Montino e l'assessore alla Cultura, spettacolo e sport Giulia Rodano invitano alla giornata "La regione va al cinema - secondo tempo. 24 novembre 2005 - 20 gennaio 2010, Cinque anni di idee, di impegni e di realizzazioni". La giornata intende fare il punto sulla situazione del settore cinematografico ed audiovisivo nel Lazio in seguito al programma di incentivi attuato dalla Regione Lazio, dal Comune di Roma e dalle cinque Province del Lazio.


Dalla sua nascita, il piano è stato inserito in un quadro di valorizzazione e sostegno della produzione regionale che, con i suoi numeri, palesa la vocazione cinematografica del Lazio. Basti pensare che il 69% del totale nazionale delle imprese cinematografiche e audiovisive ha sede nella nostra regione, che il 27% del totale nazionale degli occupati nel settore lavora nel Lazio (circa 25.000 addetti, che arrivano a 150.000 considerando l'indotto con circa 1000 imprese) e che l’1,4% del totale della forza-lavoro del Lazio è occupato nel settore. (fonte polo audiovisivo del Lazio)
Tra le iniziative promosse l'unificazione della Regione Lazio, del Comune di Roma e delle cinque Province del Lazio nella fondazione Film Commission che, istituita nel febbraio 2007, ha assunto un ruolo di indirizzo per le imprese del settore, aggregando differenti soggetti istituzionali in un unico organismo territoriale di marketing.


Tra le misure finanziarie per incentivare l'industria è stato previsto l'anticipo del rimborso dell'Iva, manovra poco onerosa e necessaria al rafforzamento della competitività delle nostre imprese.
Un'altra direttrice del piano ha insistito sulla razionalizzazione dell'apertura di nuovi schermi, incentivandone l'insediamento soprattutto nelle zone poco attrezzate (come la provincia di Rieti e di Frosinone). Sono inoltre state previste campagne di supporto al cinema di qualità con promozioni e sconti per gli spettatori.
Intervengono all'incontro Giuliano Montaldo, Sferano Turi, Gianluca Lo Presti, Cristina Priarone, Walter Nastasi.
(dal sito della regione Lazio)

16 gennaio 2010

I film sono forse automobili?

Ieri sono andato alla mia prima riunione per il mio nuovo lavoro. Nello stesso tavolo c'erano i produttori del film, il distributore che doveva mettere soldi e know-how e un esercente (a capo di una rete di sale) disposto a distribuire il film nelle sue sale.
L'esercente era solo, il produttore era accompagnato da una giovane donna, serissima noi eravamo il gruppo più numeroso eravamo in quattro, più il legale, avvezzo a quel tipo di riunioni pi di noi quattro.
Non vi tedio con i dettagli della riunione, che, credo, non sono nemmeno autorizzato a dirvi. Posso però parlarvi della sensazione generale che ho avuto sin da subito, su quel tipo di riunione e, soprattutto, sul punto di vista degli esercenti e dei distributori. Io ho sempre creduto che echi ha a che fare con un film ha tra le mani un prodotto ben strano perché al contempo un prodotto commerciale, come tale da vendere come un altro qualsiasi bene, ma, anche e contemporaneamente, dei missionari della cultura, nel senso che, essendo il film, qualunque film, un prodotto culturale, chi li distribuisce e li fa vedere contribuisce al diffondersi della cultura. Certo sono due anime antitetiche, forse inconciliabili, ma ho sempre creduto che la bravura di un esercente, di un distributore, consistesse nella capacitò di conciliare questi due aspetti, ineluttabilmente legati l'un l'altro.
Quanto sono ingenuo!
Di fronte avevo dei rivenditori di automobili e non tanto perchè quando si parlava di film si usava la metafora da formula uno ma perchè i film sono oggetti da piazzare sul mercato cercando di sfruttarli al massimo. Altro che progetto culturale, altro che educazione dello spettatore, altro che missione! Bisogna vendere dello stracchino, e all'ingrosso, prima che scada e a meno della concorrenza altrimenti ci resta sul groppone e perdiamo dei soldi.
Inutile dire che io e il mio gruppo abbiamo annaspato come ci avessero tolto l'ossigeno o la terra sotto i piedi, e quando abbiamo protestato, senza fare un discorso sui massimi sistemi, ma spiegando che forse per il film che eravamo là a chiedere venisse distribuito era diverso dagli altri e forse aveva bisogno di strategie di promozione e distribuzione diverse (quali? ci ha chiesto il distributore. Come quali? Sei o non sei tu il distributore?!) ci è stato fatto pesare l'esperienza loro sula distribuzione e il nostro digiuno su qualsiasi aspetto tecnico-burocratico-strategico-distributivo (perchè spendere 15mila euro per fare i flani? abbiamo chiesto, Sennò nessun esercente ti prende il film...). Eravamo così ingenui e naif che il distributore a un certo punto si è irritato e ha detto che ci annoverava nella categoria di quelli che hanno fatto un film e pretendono che il film esca. E lui ma perchè dovete uscire per forza? Chi l'ha detto?.
E lì ho capito. Ho capito perchè l'Italia è nella miseria culturale in cui si trova. perchè La repubblica ha fallito.
Perché in quella stanza un privato che opera in un settore delicato da un punto di vista culturale sente di avere tutto il diritto di dire no per motivi di strategia economica e non culturale (che lo diventa solo indirettamente).
Se lo stato non controlla i rivenditori di automobili ci sarebbero macchine inquinanti, poco sicure, sempre più veloci, in giro. Ma lo stato non controlla in nessun modo le strategie di distribuzione dei film. Lascia questo bussines in mano ai privati che hanno della cultura la stessa considerazione di Brunetta.
Il film è un'enorme mortadella e io che a scuola pensavo di fare cultura, stavo semplicemente facendo merenda!

12 gennaio 2010

Il cinema non è più lo stesso: è morto Eric Rohmer

Rohmer è entrato nella mia vita per caso, grazie a un trailer visto in tv, del film Il bel matrimonio, 1982, troppo fuori dalla norma, sin dal trailer, per non andarlo a vedere. Avevo 17 anni e mi fece capire che il Cinema è anche altro.  Ne rimasi affascinato, dalla storia, dall'attrice, dalla regia e dal regista. Da allora non mi sono mai perso un suo film, un suo film mai mi ha deluso, molti dei suoi film mi hanno sorpreso per la giovinezza del suo  approccio al cinema (L'albero, il sindaco e la mediateca, 1992) per l'intelligenza dell'uso degli effetti speciali ( La nobildonna e il duca, 2001).  Già "vecchio" quando io ero adolescente, mi ero ormai abituato alla sua longevità, fino a darla per scontata. E proprio allora mi è morto! Cazzarola.

Sosteniamo Manuel e Francesco



Era tanto che volevo fare un post su Manuel e Francesco.
I giorni passano, lo sciopero della fame continua e io non ho ancora scritto nulla.
Mi limito a quotare due post del sito We Have a Dream

Manuel e Francesco stanno facendo lo sciopero della fame da ormai una settimana.
I media, la politica e molte associazioni per i diritti GLBT li stanno lasciando soli relegando al silenzio il loro gesto, per questo hanno deciso di convocare un un sit-in circolare in “stile americano” davanti alla sede del Parlamento per la sera del 12 gennaio 2010 alle ore 21:00 (Piazza Montecitorio).

Sarà una manifestazione pacifica con bandiere e ombrelli rainbow e cartelli a sostegno dei due ragazzi e del loro atto di protesta non violento.

Siete tutti invitati a partecipare e sostenere l’iniziativa e, se non siete a Roma, a replicare nelle vostre città la manifestazione alla stessa ora nello stesso giorno davanti alle sedi dei vostri comuni di appartenenza.

Manuel Incorvaia e Francesco Zanardi stanno seguendo uno sciopero della fame da una settimana ormai. Protestano contro l’ignavia della politica e rimarranno senza cibo finché non verrà calendarizzata almeno una delle decine di proposte legislative che riguardano le convivenze tra persone dello stesso sesso.
Manuel e Francesco stanno percorrendo questa strada drastica nel più totale silenzio dei media e della politica, aiutiamoli a superare quella che sembra una operazione di censura e diffondiamo il più possibile quello che stanno facendo attraverso i nostri contatti, i profili facebook e i blog.

Per chi volesse contattarli ci si può connettere anche a il loro sito

il loro gruppo su Facebook

il gruppo di sostegno su Facebook







CI VEDIAMO





MARTEDÌ 12 GENNAIO



A PIAZZA MONTECITORIO


DALLE ORE 21

11 gennaio 2010

Il viso delle donne (2)


Kim Kardashian,classe 1980 non c'è che dire anche nella vita di tutti i giorni va in giro con un trucco deciso, che le disegna zigomi e arcata sopraciliare. Le labbra dischiuse, da bambina, il naso, il disegno della mascella, tutto ci fanno capire la giovane età di Kim, anche se il trucco le toglie un po' di quella ingenuità bambinesca che avevamo trovato in Vanessa Anne Hudgen. Nonostante il trucco da donna nella foto di sinistra Kim è giovane, anche se non giovanissima (secondo gli standard contemporanei) e il trucco che porta la invecchia solo di qualche anno per farla diventare donna e avere più autorevolezza della bambina che, nonostante i 30 anni, sembra ancora.
Quella signora che vediamo a destra non è sua madre, ma Kim truccata da qualche criminale necrofilo e misogino. Il viso tiratissimo (zigomi tesi, tirati dai capelli legati dietro la nuca, vecchio espediente da truccatori professionisti) che sembra dire se non fossi tirato cederei ovunque, mentre in realtà  rimarrebbe naturalmente al suo posto ancora tonicissimo ed elastico, anzi più tonico ed elastico perchè non artificialmente tirato, gli occhi assonnati, dolcissimi e giovani della foto di sinistra vengono spenti da delle ciglia alla Gina Lollobrigida o, peggio, alla Silvana Pampanini, involontarie Drag Queen a causa di qualche truccatore maldestro (o no). L'incarnato ha perso ogni naturalezza riducendosi a tela da pittore o da carrozziere, che può disegnare con l'aerografo, il volto che vuole cancellando quel che c'era sotto, non perchè vecchio ma perchè troppo umano, troppo personale, troppo individuale. Le labbra sembrano al collagene, lo zigomo scomparso è ricostruito con la stessa identica gradazione di fard, il sembiante svagato, intimamente perso nei propri pensieri della foto di sinistra lascia il posto a una bellissima cerbiatta âgé e sottomessa, seria, attenta, quasi spaventata. L'orecchino da sciura completa il quadretto, di standardizzazione e invecchiamento.
Con arte proditoria nel primo decennio del nuovo millennio si è anticipato di due decadi la già assurda dead line della bellezza femminile, quella segnata da Isabella Rossellini, posta inesorabilmente ai 40 anni, e la si è portata a 30. Già a trent'anni si è vecchie e bisogna truccarsi da vecchie alle ventenni releghiamo il trucco da trentenne (come ci ha insegnato Vanessa) mentre le ragazzine di sedici anni hanno su già la stessa quantità di fondotinta delle loro madri...
Gli uomini, ovviamente, loro non invecchiano mai, diventano più saggi, più paterni, dunque più protettivi, la cosmesi maschile che, pure, è da circa 30 anni copiosamente presente negli spot cinetelevisivi sottolinea sì il fascino e l'apeal ma non in base all'età ma al proprio status symbol. "Se ti curi sei più desiderabile"... Anche a 50 anni come Geroge Clooney.

10 gennaio 2010

Isola (per Gio)



Io sono un'isola, le stelle mi hanno circondato
e se cammino nel silenzio troverò il sentiero
per ritornare sulla strada dove ti ho lasciato
ogni momento è decisivo in una storia
io mi addormento sulle scale di una chiesa vuota
tenendo il viso fra le mani come sabbia
e aprendo gli occhi non avrò nessun pensiero
il paradiso è la meta di chi non ci va...
che sbaglio sarà
la vita così con te
perché
capisco che ti perdo, riconosco il verbo
e so che dolore dà
se mi telefoni lo fai per solitudine ma
per solitudine anch'io ti richiamai
per un erotico ricordo che m'invade
di colpo si apre la passione di una rosa al sol
rispetto non c'è
nel tempo che avrò con te
perché
sapendo che ti ho perso voglio avere il resto
ma so che dolore dà
staccare il cuore e l'anima
guardo con gli occhi nei tuoi se guardano
su questa bocca che ti do
e potrei dirti sei mio... mio
è quasi una parola che ti condiziona, sai
che mio tanto tu non sei
se mi telefoni lo fai per solitudine ma
per solitudine anch'io ti richiamai
per un erotico ricordo che m'invade
di colpo si apre la passione di una rosa al sol
rispetto non c'è
nel tempo che avrò con te
perché
capisco che ti perdo, riconosco il verbo
e so che dolore dà
staccare il cuore e l'anima...
(Testo di Samuele Bersani musica di Ryuichi Sakamoto)

Avatar

Avatar o Pocahontas nello spazio. Non so. Così mi dicono. Non ho mai visto Pocahontas.
La tecnica 3d ti pone dentro il film, ma tende a passivizzare lo spettatore, troppo preso a esplorare il frame a 3 d che a pensare criticamente all'uso degli stereotipi presenti nel film. Dalle persone che sembrano uscire dall'inquadratura a certi elementi vicini allo spettatore e tenuti fuori fuoco (esattamente come in un film*) la tecnica 3 d è divertente, ma ti abitui presto alla profondità di campo e l'occhiale toglie molta luce all'immagine (ogni tanto davo una sbirciatina senza).
Il film ti coinvolge e ti ingloba nel meccanismo narrativo, ti commuovi, parteggi per i buoni (i cattivi sono davvero improponibili) rimani meravigliato per un pianeta ricostruito al digitale senza avere l'impressione si tratti di un disegno animato. Grazie a nuove tecniche di ripresa del motion control (nessun software può simulare con altrettanta efficacia di noi umani i nostri movimenti quindi i personaggi del film si basano su riprese degli attori in carene d ossa sulle quali i software costruiscono i movimenti degli alieni)  l'animazione digitale è davvero ariosa, composita e il 3D ne aumenta l'effetto.
La storia è molto interessante nei suoi assunti nascosti.
Il misticismo alogico della new age è ora sostenuto da una parvenza di scientificità: il pianeta è collegato come unico essere vivente tramite le radici degli alberi gli indigeni possono connettersi con piante animali tramite delle terminazioni nervose che hanno in fondo alla lunga treccia di capelli. Come espediente concettuale lo stesso dei midichlorian di Star Wars (i microorganismi che generano la forza).
Gli scienziati sono dei bambinoni in preda alle loro fisse "da cervelloni" (il personaggio di Sigourney Waver che, in punto di morte, pensa ancora a prendere dei campioni della flora autoctona...). La tecnologia è vista come elemento neutro, la cattiveria sta tutta nei militari (tranne quelli che si ribellano, unico eroe al femminile di un film come al solito declinato al maschile) e nessuno ha da ridire sulla scarsa eticità dell'impiego degli Avatar (alieni riprodotti artificialmente interlacciati agli umani che possono muoversi tranquillamente nel villaggio degli autoctoni).
Se un umano può muovere con la sola forza del pensiero (e un sostanzioso contributo tecnologico) un pezzo di carne alieno alto 3 metri vuol dire che non c'è assolutamente misticismo nel film, altro che connessione tra esseri viventi! Conta solo la forza della mente umana: il corpo è pura meccanica (un'idea che ci arriva direttamente dall'illuminismo appena aggiornato agli attuali standard tecnologici).
Però l'integrazione razziale è sincera (anche se il protagonista rinuncia al suo corpo umano perchè malato ma non certo alla sua cultura e ai suoi valori e non basta diventare blu per non essere razzisti) anche se lo sguardo sugli indigeni è ancora terribilmente antropocentrica (la preghiera col pianeta consiste in  un agitarsi da seduti oscillando lateralmente il busto tenendosi tutti per mano,... Ma Cameron non ha mai pregato in vita sua?).
Però esci dalla sala commosso, galvanizzato, e pronto a vedere il seguito cui il regista sta già pensando aspettando solo che questo primo episodio faccia rientrare, con i dovuti interessi, i 400 milioni di dollari che è costato...

Ne riapriremo dopo l'uscita negli schermi italiani (in 800 copie non tutte in 3D naturlisch) venerdì 15 gennaio.


* Non userò mai la cretinata dell'espressione film a 2D per indicare un film in opposizione a una tecnica che ha ancora solo una funzione esornativa ma non contribuisce di per sé alla costruzione della storia.

9 gennaio 2010

Il viso delle donne (1)



Vanessa Anne Hudgens, classe 1988, non ha nemmeno 22 anni (li compirà il 14 dicembre di quest'anno...). Il volto imbronciato, il naso da bimba, le labbra dischiuse per un chupa chups, nella foto di sinistra ha ancora l'aspetto di una bambina, l'incarnato delle gote, il capello mosso, mostrano una giovinezza anagrafica ineluttabile. Da notare che Vanessa è truccata anche in questa foto, rossetto, phard, anche un po' di matita negli occhi forse. Un make-up discreto che sorregge e non nasconde esalta e non cancella accentua e non ridisegna.
E ora guardate l'immagine a destra. L'incarnato ceroso, da museo di Madame Trussard, l'occhio rimpicciolito, quasi infossato, soffocato dal rimmel. Una consistenza del viso che ricorda la densità e la turgidezza del lifting non la  morbidezza naturale della pelle, dei muscoli della faccia. Un viso botulinizzato, incapace di esprimere quei sentimenti profondi, variegati, intimi, personali che fanno di ogni donna, anche di ogni donna, un individuo, e non un oggetto serializzato ad uso e consumo maschile. Lorella Zanardo nel suo video Il corpo delle donne parla di "scomparsa del viso delle donne" cosa che accade ogni volta che una donna vi interviene chirurgicamente. Ma prima ancora del  bisturi i truccatori (le truccatrici, non è una questione di gender) si adoperano allo stesso scopo, per lo stesso fine. Che razza di uomo può partire da un viso dolce giovane tonico bello e trasformarlo nell'icona di una bellezza alla formaldeide, pelle imbalsamata, interfaccia non più umana tra femminino etterno mistero e desiderio maschile? Quale uomo può trovare minimamente desiderabile la ...drag queen che è diventata Vanessa con un trucco pesante fino al grottesco e non la ragazza tutta da amare, scoprire (nella personalità prima ancor anche nel corpo) come ci appare nella foto di sinistra? Sì Drag queen, immagine grottesca di un femminino semplificato e reso comprensibile alla contorna mente maschile che preferisce la vernice che copre per sempre ogni segno di organicità del viso femminile, perchè dietro l'organicità nella mente misogina del maschio, si cela il putridume, il marcio, lo stesso che sempre nella mente dei maschi etero si trova nel sesso femminile (ogni volta che accenno con un mio amico etero al cunnilingus ottengo sempre la stessa risposta che la fica puzza, ha un odore forte, delle strane secrezioni, che essendo un organo sviluppato all'interno e non all'esterno come il sesso maschile è sporco, numinoso, un pericolo...).
Bambola di porcellana a 21 anni Vanessa è il simbolo della schiavitù cui tutte le donne sono sottoposte, marchiate come capi di bestiame, private di quella mobilità muscolare che rende il viso così espressivo, coperto da un make up che afferma una bellezza già morta perchè declinata al passato. Una bellezza artificiale, inorganica, espressione di un desiderio malato, e, in fondo, che malcela un odio per le donne percepite ancora o più che mai troppo autonome e che vanno dunque irregimentate in un protocollo di cosmesi che le rende tutte uguali, tutte mummificate nello stesso modo e un'invidia per una bellezza che gli uomini vampirizzano, cannibalizzano, preferendo lo scalpo della bellezza che fu, l'unica che si sentono in grado di gestire, una volta spenta l'anima della donna cui apparteneva. Perché l'affronto della bellezza femminile è proprio quella di far trapelare un'anima ancora più bella. Ma la donna che ha l'anima è una poco di buono, quella  morigerata della religione cattolica ne è priva e solo lei è la vera Eva, giocattolo e trastullo dell'uomo, sua emanazione al punto tale da essere stata creata da dio con materiale umano, uomano, dell'uomo, per cui certo che la donna è un oggetto è un pezzo dell'uomo cui l'uomo ha rinunciato per avere un animale da compagnia.
Poi i mie colleghi maschietti si meravigliano se le donne passano un periodo della loro vita in cui credono nel separatismo...
Guardate le due foto: se trovate desiderabile la Vanessa conciata della foto di destra siete dei necrofili, avete qualche problema mentale, anzi no, siete semplicemente dei maschi,  una maschilità che è la feccia dell'umanità proprio come lo sono i clericali di ogni religione, di ogni credo politico, di ogni dottrina scientifica, zombie, morti che camminano, ignari di quel che sono, ma pericolosamente virulenti nel diffondere l'infezione del culto per l'inorganico.

8 gennaio 2010

Il viso delle donne

Repubblica annovera sul suo sito internet un altro grande servizio che gli farà sicuramente vincere il primo premio anima da gossip pubblicando foto di attrici (più o meno) famose nella doppia versione "senza trucco" "con trucco", dando un colpo alla botte e uno al cerchio.
Il titolo della gallery infatti recita Hollywood: sotto il make-up la star diventa umana che potrebbe far pensare bene (umana nel senso di viva, naturalmente imperfetta, dunque vera) mentre l'occhiello del titolo recita un meno rassicurante Belle da copertina, impeccabili sul red carpet e regine indiscusse della bellezza. Ma cosa nascondono le dive sotto strati di fondo tinta, ombretto e rimmel? quindi con intenti di smascheramento, non per mostrare il lato umano di donne costrette a un trucco che ne cambia totalmente i connotati in nome di una bellezza artificiale e omologante (sembrano tutte uguali...) ma per mostrarne la "bruttezza naturale". Come a dire "Le dive? Sono patacche! Senza trucco sono brutte come la mia ragazza (moglie, sorella, mamma, me...)".

Cresciuto in una casa dov'ero l'unico uomo in mezzo a tre donne (nonna, mamma e mia sorella in rigoroso ordine anagrafico decrescente) ho sempre apprezzato il lavoro richiesto dal trucco, che per nonna si limitava a un po' di cipria e un tocco di rossetto, per mamma a disinvolte cantate di canzoni (spesso di Mina) davanti allo specchio, mentre mia sorella iniziò a truccarsi quando la mia età mi faceva percepire come un uomo (e quindi non più ammesso come "innocuo" ai riti muliebri del make-up). Trovo altrettanto affascinante il lavoro di ...strucco a base di latte detergente e tonico, che su di me, sin da piccolo, hanno esercitato un misterioso fascino, (tanto che oggi, per pulirmi bene il viso,m pur non utilizzando alcun cosmetico, uso latte detergente e tonico moi meme più crema da notte dopo.
Apprezzavo le donne di casa ma anche le zie mostrarsi con diversi gradi di trucco, da quello semplice e quasi impercettibile di tutti i giorni a quello più impegnativo per le serate ufficiali...
Credo che truccarsi sia non solo legittimo ma un modo per sostenere il proprio viso, per esaltarne le caratteristiche, correggendo qualche tratto peculiare (io mi truccherei gli occhi per correggere la loro naturale tendenza ad andare verso il basso, ho, come diceva mia madre carinamente, gli occhi da a pesce fracico...). Non capisco le donne che, pur ammettendo su loro stesse interventi di cosmesi anche molto consistenti, mal sopportano partner maschili con le sopracciglia pinzettate...
Ho sempre considerato però il trucco in una donna come un accessorio, mal sopportando chi, tra amiche e sorella, non uscisse di casa (magari a 20 30 anni) senza essere truccata di tutto punto.
Ammiravo Frances che era capace di uscire senza un filo di trucco, mentre la adoravo quando si truccava davanti a me (in mia presenza, seduta davanti una piccola toletta, la sedia ricavata dai volumi dell'enciclopedia del cinema De Agostini impilati uno sull'altro, mentre discorrevamo del più e del meno vedendoci attraverso lo stesso specchio).
Non ho mai sopportato invece operazioni come questa di Repubblica che mostrano cioè donne truccate di tutto punto, in immagini più o meno ufficiali, riprese cioè con tutto l'agio del soggetto e del fotografo, paragonate a foto rubate quando le stesse attrici, uscite magari per andare a fare una passeggiata o a prendere i figli a a scuola o a incontrare il fidanzato per un caffè, vengono riprese  a loro insaputa, o comunque senza essere preparate.

Guardando la gallery di Repubblica, a sinistra vedo esseri umani, donne giovani, giovanissime, belle e comuni, a sinistra vedo delle maschere mummificate, donne tutte con la stessa parvenza di un femminino senza età che potrebbero avere indistintamente dai 20 ai 50 anni, tutte con lo stesso trucco, la stessa maschera che serve a cancellare non già i segni dell'età ma le differenze della fisionomia, l'individualità di ognuna,  perchè non si è donne ma donna al singolare.

Guardatele, sono tutte uguali, tutte maschere parodichee di se stesse. Altro che vecchia truccata da giovane di pirandelliana memoria! Sembrano tutte delle travestite come dovessero nascondere sotto quegli stucchi e quei cementi che chiamano make-up una copiosa barba maschile...

D'altronde in una società dell'immagine come la nostra (dove l'immagine non è la fotografia ma l'arte dell'apparire e dell'apparenza) dove attrici sempre più giovani si mettono a fare pubblicità per cosmetici che nascondono segni di stanchezza perchè un volto truccato deve essere fresco come la prima ora anche parecchie ore dopo (come sembrano lontani gli anni di Isabella Rossellini, ormai quarantenne, non più confermata come testimonial di una casa di cosmetici perchè troppo vecchia...) non solo la vecchiaia nella donna è sempre più precoce, si è vecchie già a trenta a venticinque a venti anni, ma il suo essere un essere organico non un robot di porcellana un'onta, una scostumatezza, da coprire dietro chili di fondotinta...

Spot del 2007, quando Mila, classe 1975, ha 32 anni DICO TRENTADUE ANNI. 
La donna è serializzata, omologata, snaturata da un immaginario maschile che ha del femminile un'idea asettica, anorganica, più vicina allìi9mmutata perfezione di un dipinto o di una bambola di porcellana...

Sono 15 coppie di fotografie. Che mi colpiscono perchè i volti senza trucco sono molto più belli, da ogni punto di vista, di quelli truccati.

Ve ne proporrò una al giorno, per 15 giorni, per non dimenticare quello che stiamo facendo a noi stessi, alle nostre donne e ai nostri figli quei ragazzini e ragazzine che guardando queste immagini invece di scendere in piazza e protestare compreranno un fondotinta coprente già a 15 anni...
Ma anche per riabituarci a considerare vere e belle le immagini senza trucco e non quelle facce di porcellana serializzata che molti uomini si stanno a chiamare bellezza femminile.

David Robert Jones...

..compie oggi 63 anni.
Debbo la mia conoscenza di  David Bowie al mio amico Fabrizio Cerreto  (chissà se mi leggi, dove sei? Come stai?). Grazie  a lui molti pezzi di David fanno parte integrante della mia vita, collegate  a precisi momenti della mia biografia...
Fra i tanti che potrei citare il primo cui penso, sempre, è questa splendida Loving the Alien che vi presento in sola versione audio, per la clip cliccate qui.
.

Anche se, a dire il vero, il mio primo incontro col Duke non è sttao musical,e ma cinematografico, quando, una sera di tanti anni fa, vidi in tv L'uomo che cadde sulla Terra di Nicolas Roeg  (GB, 1976), spaventandomi a morte per la scena in cui, il nostro, riprendendo il suo sembiante umano,si toglie ciglia e sopracciglia e a me prende quasi un infarto...
 
Di quel film ricordo ancora con gioia la scena in cui amoreggia con la sua donna terrestre, ormai invecchiata, mentre lui non è invecchiato di un giorno...

Altro brano che ADORO è Don't Look Down di Iggy Pop che Bowie contamina col reggae rendendola una cosa sua.


Erano per me i tempi della scuola, dei primi teatri, delle prime discussioni politiche dei primi film, e già non più dei primi amori...

Altra cover di Iggy Pop tutte tratte dallo stesso disco, Tonight.

7 gennaio 2010

Vincent River al teatro Belli di Roma

E se ancora non lo avete visto, ecco un'altra occasione per vedere Vincent River uno degli spettacoli che mi hanno più colpito, per il testo e la bravura dei due attori, madre e figlio nella vita, madre e innamorato di Vincent, il ragazzo che dà tittolo alla pièce, sulla scena.

Ho visto questo spettacolo per la prima volta nell'ottobre del 2008, ne rimasi sopraffatto, emotivamente coinvolto, innamorato anche io di Vincent, e di Davey, ma vicino anche a sua madre Anita. Ne ho parlato bene come potevo, nella recensione scritta su teatro.org.

Ho comperato il testo di Ridley, in inglese, perchè non esiste la pubblicazione in italiano, ho divorato quel testo,  apprezzandone ogni sfumatura sono tornato a vederlo nel giugno dell'anno scorso, riproposto nella rassegna Garofano Verde. Per l'occasione ho intervistato  i due attori che sono stati molto disponibili e mi hanno concesso un'intervista fiume, nella quale abbiamo parlando non solo del testo ma anche di teatro e omosessualità.
Tornerò a vederlo anche stavolta, un po' perchè quando una cosa ti piace non puoi farne a meno, molto perchè gli spettacoli teatrali, come i film, andrebbero visti più di una volta.
Chi viene con me?
Al teatro Belli  dal 14 al 17 Gennaio 2010

4 gennaio 2010

Can't Hide Love (That's for you Gio!)

CAN'T HIDE LOVE
Earth, Wind & Fire
Skip Scarbrough

You want my love and you can't deny
you know it's true, but you try to hide, yeah
You turn down love like it's really bad, ow
You can't give what you never had, yeah
Well bless your soul, you can fool a few, ha ha
Ah, I know the truth now so do you, how how

(You can't hide, I betcha, hoo,)
Betcha
(Betcha)
Cant hide love, cant hide love, well I betcha
(girl, I betcha)
I cant hide, yeah
(feel inside)

You can't pretend there's nothing there
Girl, I look in your eyes, I see you care
So why not stop trying to run and hide
You won't find out, if you never try,

(You want my love, I betcha,)
Ooooo, yeah, whoa oh whoa
(Hoo, Betcha)

You want my love, well I betcha
(girl, I betcha)
Whoa oh whoa, Ive a feeling inside
(feel inside)

Love has found the time for kissing, yeah
can you find the time to listen
Lifes found the time to want you, yeah
can you find the time for blissing, yeah, how, how.

Ah (several verses in harmony)

{fade}






La filodiffusione, una tecnologia ancora in buona salute

Il 4 gennaio 1959 iniziava ufficialmente la diffusione via doppino telefonico dei sei canali della filodiffusione.

I tre canali diffusi in etere, un quarto canale di musica leggera e un quinto canale per la musica classica. Il sesto canale in un primo momento privo di trasmissioni venne in seguito impiegato per trasmettere in sinergia col quinto canale la musica classica in stereofonia.

Agli inizi il servizio era limitato alle sole città di Roma, Milano, Torino e Napoli e riservate, ovviamente, agli utenti radiofonici titolari anche di un abbonamento telefonico
Per ascoltare la filodiffusione. Poi esteso a tutti capoluoghi di provincia.

Oltre a pagare l'abbonamento alla Sip (prima ancora era la Teti, a Roma, mentre nel 1958 era la Stipel) bisognava possedere un filodiffusore da collegare alla rete telefonica e poi a un amplificatore (come quello che avevo io) oppure un modello autoamplificato che richiedeva però di essere collegato alla rete elettrica.

Nel 1958 la Filodiffusione costituì un salto tecnologico comparabile a quello odierno delle linee digitali ad alta velocità (xDSL).
All'epoca infatti la diffusione dei programmi radio via etere era solamente in Am (modulazione di ampiezza), un segnale monofonico in Onda Medie di soli 4,5 kHz che lasciava alquanto a desiderare e non era ragiungibie, per motivi geografici, in tutto il territorio italiano.
La Filodiffusione portò all'utenza la larghezza di banda di 15 kHz, e una diffusione su tutto il territorio che includeva tutti i capoluoghi di provincia di allora.
Dopo l'introduzione della diffusione via etere in modulazione di frequenza (FM) e con l'avvento delle radio private la filodiffusione fu relegata sempre di più nella nicchia degli appassionati di musica classica, degli amanti della musica senza chiacchiere, e di coloro che preferivano ricevitori radiofonici semplici (i sei pulsanti del Filodiffusore sono di una semplicità d'uso accessibile a qualunque età e, anche, disabilità). Gli abbonati oggi in Italia sono circa 400.000

L'ascolto via collegamento telefonico della Filodiffusione RAI presuppone la sottoscrizione di un abbonamento alla Filodiffusione con il gestore nazionale (ora è Telecom Italia), l'adattamento degli impianti nella centrale Telecom Italia a cui si è collegati con l'apparecchio telefonico, e poi l'acquisto (a carico del cliente) di un ricevitore apposito da collegare alla presa telefonica previa interposizione di un filtro che separa Filodiffusione e segnale telefonico.
Il quinto canale della filodiffusione, quello che trasmette il programma di musica classica, è trasmesso anche via radio in fm ed è l'unico canale (assieme al quinto di musica leggera ascoltabile solo in filodiffusione) che trasmette musica 24 ore al giorno, senza chiacchiere né interruzioni pubblicitarie.
Nonostante la scarsa richiesta cui sono ancora fabbriche che producono i filodiffusori, come la Alpha Electronicdal sito della quale ho tratto la gif che correda questo post.

In un periodo di diffusione capillare digitale come il nostro è sorprendente che ci siano ancora 400mila iscritti.
La filodiffusione è una tecnologia semplice da usare, affidabile, con un suono di alta qualità e rappresenta un classico esempio di quelle sopravvivenze tecnologiche di cui parlava l'antropologo Malinowski secondo il quale l'introduzione di una nuova tecnologia non cancella quella precedente ma la relega in un uso diverso. Con l'avvento delle automobili le carrozze non sono scomparse ma rimangono come elemento folkloristico in uso per i turisti (chi vive a Roma o a New York sa di cosa parlo) o per i matrimoni o altre cerimonie.

(fonti consultate per questo post: Wikipedia, Radio Rai, Alpha Electronic).

3 gennaio 2010

La sinistra che vogliamo

Questa volta non sono io ad aver trovato, ma sono stato trovato da una delle autrici di un blog molto interessante, ricco di spunti e di informazioni "ragionate" altrimenti di difficile reperibilità.
Sto parlando di La sinistra che vogliamo del quale mi sentirete ancora parlare presto.

Intanto ve lo segnalo. Buona lettura a tutte/i!

2 gennaio 2010

Mina Talk? Un libro dalla due anime...

Capita quest'anno che Silvio decida di farmi il regalo di Natale.
Mi regala un libro su Mina. Si chiama Mina Talk (dovrebbe essere talks, ma fa niente...) è scritto da Fernando Fratarcangeli ed edito dalla Coniglio editore.

Io guardo il libro, ringrazio Silvio, e gli dico, mi dispiace ma ce l'ho già.

Silvio sgrana gli occhi (che gli diventavo ancora più grandi  e più belli) e poi mi dice ma quando l'hai comperato, il libro è di quest'anno?!.

Ora sono io a sgranare gli occhi, perchè il libro l'ho comperato diversi anni fa.

Quella che mi hai regalato tu è una nuova edizione, gli spiego, sicuro, mentre apro il libro cercando la data di edizione, e lì ci rimango come un sasso.




Ecco cosa leggo.




















Prendo, interdetto la copia del libro comperata anni orsono, lo apro ed ecco cosa leggo


Quindi lo stesso libro del 2005, dello stesso editore, pubblicato nella collana Soundtrack, viene ora ripubblicato dallo stesso editore, nella collana Soundtrack economica come fosse un libro nuovo!!!!

L'unica differenza notevole tra i due libri, entrambi in brossura, oltre la copertina e le dimensioni leggermente inferiori dell'edizione economica, è il prezzo. 28 euro quella del 2005, 9.50 euro per quella del 2009.

Ora, una casa editrice corretta nell'edizione 2009 avrebbe dovuto scrivere qualcosa stile I "edizione nella collana soundtrack 2005, I edizione nella presente collana 2009".


Siamo paurosamente vicini alla truffa perchè i dati riportati nel libro sono mendaci. Infatti hanno indotto Silvio (che ricordava il libro precedente) a pensare si trattasse di altro volume essendo pubblicato quello da lui comperato (almeno così vi si dice) nel 2009. Mentendo sul fatto che fosse già stato pubblicato dalla stessa casa editrice 4 anni prima, in una identica edizione...

Che la casa editrice sia in malafede lo dimostra il fatto che, mentre nel sito della della Feltrinelli siano presenti entrambe le edizioni, quella del 2005 e quella del 2009 tutt'e due ancora disponibili (il che di solito vuol dire non già disponibile al distributore ma all'editore...) nel sito della Coniglio editore il libro è presente solamente nella collana soundcheck economica (nella quale è specificato trattasi dell'edizione economica) ma non nell'altra...

Vatti un po' a fidare delle case editrici!

L'augurio? Abolire la pena di morte nelle carceri

Caro amico ti scrivo per auspicare che, nel 2010, si interrompa la catena di omicidi di poveri cristi caduti nelle mani delle forze dell'ordine. Il 2009 era sembrato promettere bene. Condanne, sia pure in larga misura simboliche (c'è poco da sperare che abbiano effetti pratici), per gli assassini in divisa di Riccardo Rasman e di Federico Aldrovandi. "Omicidi colposi", secondo i giudici, ma in Italia è difficile chiedere di più. C'era la speranza che queste sentenze potessero dissuadere chi, corazzato dei crismi dell'autorità e avendo un poveraccio (magari fastidioso) in sua balia, si ritiene autorizzato a massacrarlo. Come nel caso dell'innocuo Aldo Bianzino, che coltivava canapa indiana nel suo campetto a uso personale, condannato a morte per una così grave trasgressione. Come in decine di casi non meno tragici.
Non è stato così. La pena capitale è stata inflitta a Stefano Cucchi, un altro "drogato di merda", e l'evento è stato celebrato da tale onorevole Giovanardi che ha attribuito alla vittima stessa e ai suoi costumi la fine inevitabile. Questo Giovanardi, noto per inciso, è autorevole esponente di un partito che il Pd, e persino il Prc, corteggiano in tutte le maniere. Prima ancora era toccato a Francesco Mastrogiovanni, maestro elementare, anarchico. Idolatrato dai suoi scolari e apprezzato dai genitori di costoro. Dopo un dubbio incidente stradale (avrebbe sbandato e tamponato quattro macchine in sosta), vigili urbani e carabinieri lo conducono direttamente in manicomio. Per quattro giorni giace legato al letto di contenzione. Ne esce morto, per un edema polmonare che nessuno sa spiegare. A fine anno tocca a Uzoma Eneka, "il negro" (così lo definirono le guardie carcerarie) che era stato testimone di un pestaggio avvenuto nei sotterranei delle carceri di Teramo. La sua testimonianza scompare con la sua vita.
L'elenco potrebbe proseguire. Il 2009 è stato un anno funebre, ma non più degli anni precedenti. Chi nel 2001 ha ucciso Carlo Giuliani e massacrato e torturato centinaia di manifestanti l'ha fatta franca: assoluzioni in massa, condanne solo virtuali, promozioni per i più attivi. Con le autorità che recitano il mantra di sempre: solidarietà incondizionata con polizia e carabinieri, qualunque cosa facciano. Vale anche per i nostri soldati scoperti a uccidere bambini, a violentare in massa una giovane somala, a torturare un ladruncolo - anch'egli somalo - con la corrente elettrica, sotto la supervisione di un medico. Una storia antica. Degli oltre trecento morti "per incidente" della legge Reale nessuno ha mai risposto. Gli omicidi sono stati anzi all'origine, almeno in qualche caso, di brillanti carriere. Cambierà qualcosa nel 2010? Ci vorrei sperare. Ma con un ministro della difesa che tesse l'elogio della X Mas, con un partito al governo che promuove apertamente la xenofobia, con un centrosinistra che corteggia il regista del macello di Genova 2001, gli auspici non sono tanto positivi.
Per questo ti scrivo, caro amico. Per distrarmi un po'. Non voglio pensare che la logica secondo la quale chi è debole è passibile di crudeltà varie, fino all'omicidio impunito, sia diventata filosofia di governo. Approvata, quel che è peggio, dall'opposizione. Altrimenti dovrò lasciare un paese molto bello, ma nelle mani di gente molto brutta.
Valerio Evangelisti il manifesto 31/12/2009

1 gennaio 2010

Aridatece la fermataaaa

E così mentre la fermata Atac di via del Plebiscito a Roma non è più da quel del 28 dicembre dello scorso anno (cioè da lunedì scorso...) cittadini commercianti e utenti atac stanno raccogliendo le firme per il ripristino della fermata come ci informa un gruppo facebook:

Gruppo che promuove la raccolta firme per far ripristinare la fermata degli autobus in via del Plebiscito a Roma (davanti Palazzo Grazioli, residenza romana di Berlusconi). In questa pagina troverete le informazioni utili su dove/quando/come firmare; firme che successivamente verranno inoltrate al Sindaco, alla Prefettura e all'ATAC (azienda dei trasporti pubblici di Roma).

DOVE/COME FIRMARE?

-Presso tutti i negozi di via del Plebiscito che hanno i nostri moduli o che comunque hanno un 'registro' per chi vuole aderire

-Presso i negozi di via della Gatta

-Presso il Circolo PD di via dei Giubbonari, 38

-via mail mandando la propria adesione (nome, cognome, professione, età, città) a fermataplebiscito@live.it

Nei primi giorni di Gennaio organizzeremo un tavolo di raccolta a Largo Argentina e, riaperte le scuole dopo le vacanze di Natale, un banchetto all'uscita del Liceo E.Q. Visconti

VUOI RACCOGLIERE TE DELLE FIRME NEL TUO CONDOMINIO, NEL TUO QUARTIERE, NELLA TUA ASSOCIAZIONE?
Chiedici il modulo di raccolta firme a fermataplebiscito@live.it e rispediscilo completo di tutte le firme al numero di fax 0662204282

VUOI DARCI UNA MANO PER IL TAVOLO DI RACCOLTA FIRME A LARGO ARGENTINA?
Segnalaci la tua disponibilità all'indirizzo fermataplebiscito@live.it con oggetto: Disponibilità


Riprendiamoci la fermata! Firmiamo e aiutiamo a raccogliere firme!

Fantasia (Lauzi-Cocciante) di Milva e Gabriella ferri

Nel 1985, grazie a un amico che non vedo più da allora (ciao Luca, chissà se ti ricordi ancora di me!) ascoltai Identikit, un album di Milva del 1983, che sarà la mia colonna sonora per tutta quell'estate.
Fra le varie canzoni di quel disco una in particolare mi colpisce, per la musica, come al mio solito, prima ancora che per il testo, che comunque trovai significativo. Fantasia. Ne ignoravo gli autori perché il mio amico aveva la cassetta originale e non l'lp, che io avevo copiato (mettendo nel lato b tante volte quante ce n'entrava solo quel brano) e ascoltavo sempre nel walkman (con equalizzatore e rigorosamente autoreverse...)
Per un ragazzino (anche se avevo 20 anni) romantico com'ero allora quella canzone aveva sulla mia emotività una strana eco, fatta di commozione, nostalgia, riconoscenza, così in generale, meglio, di per sé... E con tali sentimenti andavo alla ricerca di qualcuno cui dedicarli, donarli, rivolgerli.
Dire che non trovai nessuno non è forse inutile ma per me ormai scontato.
Mi era sembrato di individuare un paio di candidati ma... questa è un'altra storia!

Di Milva già in passato c'erano state altre canzoni per me speciali e Fantasia era una piacevole e definitiva conferma.



Mi commuoveva l'immagine della vela sul mare, la frase "al pianobar del mio destino" e quell'acuto finale sulla parola "vi-i-i-aaa" mi sembrava molto elegante e mi aveva fatto commuovere. Milva interpretava la canzone in maniera molto seducente mai volgare, elegante, da signora, da amante patinata, meno carnale di Ornella Vanoni forse, ma lo stesso molto sensuale. E poi una canzone che inneggiava all'amore (o alla sua assenza?) che, per chi la cantava, esisteva solo nella fantasia, era quasi un mantra esistenziale per me...

Passano gli anni.

Passano di moda anche le musicassette e i walkman.

Arriviamo al 2004. Io compero a 5 euro un cd di Gabriella Ferri che ha per titolo il suo semplice nome (Gabriella). Scorro l'elenco dei brani, appena 8, e mi ricordo solo di Canzone che aveva segnato il suo ritorno dopo 4 anni di assenza...
Ascolto il cd su un lettore cd (lo, so, nel 2004 anche il lettore cd è desueto ma non mi rassegnerò al lettore mp3 che nel 2006). Nemmeno ho fatto caso, quando ho comperato il cd, che tra le canzoni ce n'è una che si intitola Fantasia.
Sto fuori casa, appena sceso dall'autobus. Sto attraversando la strada per andare a prendere la metro. Non ricordo dove dovessi andare.
L'album è molto bello i pezzi di Paolo Conte sono delle poesie.
Poi inizia una nuova canzone e già dai primi accordi, dai primi giri ritmici di basso, penso subito alla canzone Fantasia di Milva.
Basisco.
Non posso credere che Gabriella abbia fatto una cover del pezzo di Milva.
Invece è proprio la stessa canzone.



Beh, non proprio "la stessa".
Intanto il testo è differente, e l'interpretazione di Gabriella di tutt'altra natura rispetto quella di Milva.
Un'interpretazione ruvida, ironica, di una persona molto più consapevole ma anche vera di Milva, l'arrangiamento della versione della quale soffoca tra pizzi e centrini di un interno borghese confrontato a quello di Gabriella, verace e greve come fantasia puttana che la segue nella doccia...

D'altronde è Milva ad avere fatto la cover nel 1983 contrariamente a quanto sono stato indotto a credere perchè, per me, l'imprinting è avvenuto con Milva.

E questa versione più animalesca e sgangherata è più in sintonia con la percezione che ho oggi di me stesso rispetto quella patinata del ragazzino romantico di allora.

Sentite come Gabriella spezza le frasi, si fa funambolica, non chiude le vocali, lascia le frasi a metà, gioca col fiato, come personaggio cantante, come istanza che canta, è molto più nel mondo di Milva, lontana con le sue vele, mentre Gabriella non si è mai allontanata dalla doccia di casa...

Infine l'ultima chicca: scopro che la musica è di Cocciante e il testo di Lauzi, il grande, grandissimo Lauzi.  
Fantasia è una canzone ritornata proprio come il figliol prodigo, una canzone tornata dal passato per rendere presente quello di cui allora avevo nostalgia...

Tanta voglia di micio...

bello essere
quello che si è anche se si è
poco
pochissimo
niente


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