5 dicembre 2012

Piazza della Rotonda. Intermezzo

E adesso, affinché non pensiate che la naïveté di questo racconto sia dell'autore e non del personaggio come è in realtà, in verità vi dico che il vostro viveur questo primo appuntamento se l'era proprio sudato.

La sera che Alessandro mi aveva fermato all'Alibi, io stavo per andarmene.
I due ragazzi gay che mi avevano accompagnato (vi prego non sono mai stato in una discoteca gay, non voglio andarci da solo...) erano già sulla porta del locale aspettando che io risolvessi un rimorchio di routine con un veloce scambio del telefono (siamo nel 1985 ancora non esistevano i cellulari né le mail...)

Io invece, ignaro di tutto - vedete che avevo ragione a volermi fare accompagnare ?!- cicinschiavo con Alessandro sbirciandolo, mentalmente confrontandolo col sembiante di alcuni ragazzi del mio liceo, mentre lui insisteva che frequentavamo la stessa scuola.

Ma no, non mi pare. Non mi sembra proprio, gli dicevo io in buona fede, credendo davvero che pretendesse di essere un mio compagno di scuola, mentre lui, sadico, capita la mia totale imbecillaggine, mi stava passando alla graticola, ridendo sotto i baffi che non aveva.

Così sulla soglia dell'Alibi, mentre Patrizio e il suo ragazzo si innervosivano, non credendo fossi tanto sprovveduta e imputando invece il mio attardarmi a uno scortese flirt improrogabile, Alessandro, notando che l'ambascia mi stavano facendo diventare cianotico, mi sciolse dall'imbarazzo dicendo sardonico Va beh, c'ho provato. 

Il rumore della mia mascella che precipita a terra veniva coperto dalla querula voce di Patrizio che, oltremodo spazientito, mi informava che loro stavano andando via che volevo fare?

Immaginatevi un ragazzino di 20 anni magro magro, coi capelli corti, tranne un vistoso ciuffo indomito sulla fronte e un tenue codino dietro, contorcersi come un personaggio dei disegni animati mentre cerca disperatamente di acquisire il dono dell'ubiquità e cercare di raggiungere Patrizio e fidanzato (ormai giunti alla macchina parcheggiata ad almeno 300 mt. di distanza) e rimanere contemporaneamente davanti Alessandro per dirgli scusami sono un deficiente patentato, eccoti il mio numero di casa.

Uno sforzo inane e inutile perchè Alessandro ha già girato i tacchi in cerca di qualcuno meno sprovveduto di me.

Così eccomi in macchina con Patrizio il suo ragazzo e la coda tra le gambe.
E proprio mentre il sorriso ebete che mi era rimasto sulla faccia da quando Alessandro ci stava provando con me si sta lentamente trasformando in un sorriso di orgoglio (il mio primo quasi rimorchio) Patrizio mi dice Lo conosco quel ragazzo. Ci prova con tutti.
Ora il sorriso somiglia a una semiparesi.
Resosi conto che ho accusato il colpo il ragazzo di Patrizio, che non mi ricordo come si chiama per questo non vi sto dicendo il nome, mi dice ho il suo numero, se vuoi te lo do. 

E secondo voi io che faccio?

Accetto il numero!

Ah, ecco, bravo, penserete almeno rimedi alla gaffe.

Au contraire!

Quel numero di telefono mi brucia in tasca per circa 10 giorni.

Non ho il coraggio di chiamare Alessandro.

Prima, mi dico, per la figura barbina che ho fatto ieri sera...
l'altroierisera...
tre sere fa...
(...) una settimana fa!!!

Poi, a figura barbina metabolizzata, non lo chiamo perchè che diavolo gli dico al telefono?!?!!?

Non ridete! Serious business here!

Un pomeriggio, invece di studiare per il compito in classe di matematica che ho il giorno dopo, senza preavviso prendo la cornetta e compongo il numero.

Pronto? mi fa Alessandro.

E io, tutto di un fiato, CiaoAlessandrosonoAlessandro e lui prima di darmi il tempo di spiegargli come e dove ci siamo conosciuti (e chi mi ha dato il suo numero di telefono...) mi accoglie con un caloroso Aaaaleee (ricordate? Alessandro ha il vizio di trascinare le vocali) che sorpresa!!! Come stai?
Se mi aveste potuto vedere, avreste notato lo stesso sorriso ebete che avevo in macchina di Patrizio, mentre rispondo con la voce liquida bene.

Hai fatto proprio bene a chiamarmi continua intanto Alessandro sollevandomi dall'obbligo, penso, di spiegargli chi mi ha dato il suo numero.

E mentre il sorriso ebete mi si istalla definitivamente sulla faccia Alessandro mi chiede ma poi l'altra sera ce l'hai fatta a prendere l'ultimo autobus o hai dovuto aspettare il notturno?

Io che temo di essere in un universo parallelo dove un altro Alessandro e un altro me stesso si sono già visti (me lo ricorderei...) balbetto confuso quale, quale sera? 

Alessandro, per niente spazientito dalla mia tontaggine, ribadisce due sere fa, quando sei uscito da casa mia sei poi riuscito a prendere l'autobus?

Io con la sincerità dei puri gli confesso Ma io non ci sono mai venuto a casa tua...

Al che Alessandro mi chiede risoluto Ma allora chi sei, scusa?

...

No. Non ho riagganciato il telefono.

Sprovveduta sì ma mai prevedibile.

Spiego ad Alessandro per filo e per segno del nostro incontro, quasi due settimane prima, lui che aveva provato a conoscermi, io che avevo preso per vera la sua scusa per fermarmi (Ciao, ci conosciamo vero?) e lui di nuovo cordiale e divertito dal mio racconto, ricordando perfettamente tutto, invece di chiedermi "e chi diavolo ti ha dato il mio numero di telefono" mi dice a bruciapelo che fai domani pomeriggio ti va di vederci?

Ora sì sono tentato di riagganciare...

E' allora che mi dà appuntamento a Piazza de Pantheon,

Ce la fai per 18 e 30?

Temo di no esco da scuola alle 18...

Va beh dai, ti aspetto

e già sento di volergli bene.
bello essere
quello che si è anche se si è
poco
pochissimo
niente


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