A colpi di sentenze la legge da otto anni a questa parte continua a cambiare con pronunciamenti dei giudici che hanno dichiarato illegittimi alcuni divieti della legge mentre la Consulta ha dichiarato incostituzionali con la sentenza 151 del 1° aprile 2009 sia l'obbligo di trasferire in utero tutti gli embrioni fecondati (invece di conservarli) sia la produzione di un numero massimo di tre ovuli (così in caso di mancato buon fine invece di prendere gli ovuli eventualmente prodotti in più bisogna ribombardare la donna di ormoni per fargliene produrre di nuovi) abrogandoli perchè incostituzionali.
Un referendum nel 2005 ha cercato di cancellare i punti più controversi, senza esito a causa del mancato raggiungimento del quorum.
Una legge che comunque si applica solo per le coppie eterosessuali sposate o conviventi che siano infertili o sterili.
Due coniugi romani nel 2010 si sono rivolti alla Corte di Strasburgo, perchè avendo scoperto di essere portatori sani di fibrosi cistica (proprio grazie all'analisi pre natale che li ha indotti all'aborto terapeutico) volevano diventare comunque genitori si sono visti rifiutare la possibilità di ricorrere alla fecondazione assistita preceduta ovviamente da una diagnosi pre-impianto sull’embrione ottenuto, prima del suo trasferimento nell’utero materno.
Gli articoli 4 e 13 della legge 40 vietano infatti espressamente il ricorso alla fecondazione assistita alle coppie non sterili o subfertili e si vieta, in ogni caso, l'analisi pre-impianto anche se un Decreto Ministeriale dell'11/04/2008 aveva consentito l'analisi in caso di padre portatore di una malattia virale sessualmente trasmissibile come l’Hiv o l’epatite B e C, per accertarsi che l'embrione ne fosse sia contagiato.
La Corte europea dei diritti umani (Cedu) ha stabilito che così com'è formulata, la legge 40 viola il diritto al rispetto della vita privata e familiare (art.8 Convenzione) della coppia per l'incoerenza che un'altra legge dello Stato permette alla coppia di accedere all'aborto terapeutico in caso il feto sia affetto da fibrosi cistica.
Cioè la legge lascia la scelta di concepire un figlio malato, dando poi la possibilità di optare per l'aborto.
Nel caso specifico la diagnosi prenatale è accertabile con l'amniocentesi quando il feto è già alla 15esima settimana di gestazione, quindi dopo i 3 mesi canonici per cui di fatto la legge italiana sull'interruzione volontaria della gravidanza volgarmente detta legge sull'aborto non considera il feto (è embrione fino all'ottava settimana) sufficientemente sviluppato per avere una sua identità giuridica.
Insomma pur di non distruggere uno zigote si uccide un feto.
Se nessuna delle parti farà ricorso per ottenere una
revisione davanti alla Grande Chambre la sentenza obbliga l'Italia cambiare la legge. La sentenza mette così in evidenza l'incompatibilità della legge 40/04 con la 194/78 (quella sull'aborto).
L'Italia dei Valori ha subito pubblicato sul suo sito una petizione
nella quale si legge.
Chiediamo al Governo Monti di apprendere dall'Europa anche la straordinaria lezione di diritti e libertà individuali impartita all'Italia dalla Corte di Strasburgo sulla legge 40, non solo le lezioni di tagli al welfare e ai diritti dei lavoratori, dei giovani, dei precari e dei pensionati.
La sentenza di ieri rende lecita la diagnosi preimpianto per coppie portatrici sane di malattie genetiche, ancorchè fertili, certificando ancora una volta il carattere lacunoso e contraddittorio del nostro ordinamento, in virtù del quale è possibile, in presenza di gravi patologie, abortire oltre il quarto mese di gravidanza, mentre è proibito fare la diagnosi preventiva degli embrioni per quelle stesse patologie che consentono un aborto terapeutico tardivo.
Dunque cade un altro dei divieti contenuti originariamente nella legge 40, insieme a quello della crioconservazione degli embrioni e del limite massimo di tre embrioni per ciascun ciclo di fecondazione, aboliti da 17 pronunciamenti emessi tra Consulta e tribunali.
IDV ha sempre denunciato l'impostazione misogina, proibizionista e confessionale della legge. Chiediamo dunque al Governo di non presentare ricorso alla Grand Chambre della Corte europea, esponendo il paese intero al pubblico ludibrio in sede comunitaria, ma di assumere tutte le iniziative idonee a rispettare la sentenza.
Dobbiamo cancellare una norma ormai svuotata delle sue previsioni originarie, approvare una nuova legge sulla procreazione assistita rispettosa dei diritti all'autodeterminazione delle donne e delle coppie, e rispettosa del principio di autonomia della ricerca scientifica, e investire immediatamente sulla piena applicazione della Legge 194, depotenziata dalla costante sottrazione di risorse e strumenti sia al personale che alle strutture pubbliche dedicate, oltre che da uno strumentale ricorso all'obiezione di coscienza.
Chiediamo a tutte le cittadine e i cittadini italiani che hanno a cuore la laicità dello Stato, i diritti costituzionali e le libertà individuali di sottoscrivere questo appello.
Come sempre, l'unico partito che fa davvero opposizione alla peggiore classe politica d'Europa (e non solo) è quello di Di Pietro.
Una petizione da firmare. Una legge da rifare. Un'arroganza maschile, che decidono del corpo delle donne dunque non di quello loro o degli altri maschi con un paternalismo patriarcale da far impallidire quello del ventennio fascista.
Stavolta possiamo finalmente fare qualcosa.
FIRMA LA PETIZIONE
Per farlo puoi cliccare qui
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