Durante la seconda guerra mondiale gli americani avevano bisogno che le donne subentrassero come operaie nelle fabbriche per costruire armi, munizioni e ricambi per mezzi bellici. Le donne di fatto sostituirono gli uomini che erano andati sul fronte.
Non che le donne non potessero farlo: tantissime anzi lo fecero anche se all'epoca le donne non potevano avere esattamente le stesse mansioni di un uomo nell'esercito, ma sto divagando.
Lavori tradizionalmente e socialmente considerati e accettati come lavori femminili vennero fatti dunque da donne. Non che le donne dovessero provare di essere in grado era la società che doveva trovare questi lavori accettabili per una donna. D'altronde anche ai giorni nostri in quanti lavori normalmente considerati maschili, siamo stati abitati a vedere affiancarsi sempre più numerosamente le donne? Conducenti di autobus e di taxi, agenti di polizia, municipale, stradale, soldato, le donne si sono conquistate spazi socialmente preclusi e ancora stanno lottando molto per ottenere la stessa retribuzione economica, lo stesso prestigio, a parità di mansioni, con un uomo.
Una di queste donne divenne, a sua insaputa, ispiratrice per un poster, ideato da J. Howard Miller per conto del War Production Co-Ordinating Committee della Westinghouse. Questi comitati il cui scopo principale era di favorire la cooperazione tra forze lavorative e forze manageriali delle industrie durante il periodo bellico spesso erano solo dei comitati morali che producevano e distribuivano poster e organizzavano le vendite dei buoni di guerra coi quali il governo co-finanziava le spese di guerra (se ne parla, tra gli altri, nel film di Clint Eastwood del 2006 Flag of Ours Fathers). Altri comitati andarono oltre e risolsero davvero problemi legati alla produzione e problemi tra operai e manager*.
Miller usò una foto fatta a una operaia in una fabbrica del Michigan, per il famoso poster "We Can Do It" nel 1942.
La donna operaia la cui foto era stata usata per questo poster era Geraldine Hoff Doyle
Nello stesso periodo Rockwell disegnò un altro poster conosciuto come Rosie the Riveters (Rosie la rivettatrice) usato come copertina del The Saturday Evening Post, il 29 Maggio del 1943 che spesso viene confuso con il poster "We Can Do It" mentre si tratta di tutt'altra immagine come fa il sito America 24.
Geraldine Hoff Doyle è morta lo scorso 29 dicembre e la notizia è stata data dai nostri mezzi di informazione in maniera assai deludente. Nessuno ha pensato di approfondire un minimo il contesto in cui il poster è stato fatto, Hanno tutti sottolineato il fatto che Geraldine fosse rimasta all'oscuro del poster fino al 1984 quando ,vedendolo epr la prima volta, si sarebbe riconosciuta in quella giovane donna (tutti riportando la stessa notizia Ansa).
Curiosi i titoli scelti dalle varie testate:
Morta geraldine Doyle volto del Poster Bellico (corsera)
Adn kronos titola:
E' morta Geraldine, operaia icona del poster antinazista degli Usa in guerra
In realtà gli stati uniti erano in guerra anche contro di noi... (almeno fino al 43) ma questo non piace a nessuno ricordarlo. Eppure scrivere E' morta Geraldine, operaia icona del poster antifascista degli Usa in guerra" non è più sbagliato degli altri due titoli.
Molto curioso, nazisticamente di parte, è quello del Giornale:
È morta Geraldine Doyle la donna che incarnò la resistenza Usa ai giapponesi
Ai Giapponesi???? E a Hitler no??? Nell'articolo non c'è giustificazione epr questa lettura esclusivista dell'incitamento bellico...Repubblica taglia la testa al toro e titola Addio a geraldine simbolo del femminismo usa.
Ora è vero che il poster ha assunto, nel tempo, un significato di emancipazione femminile e femminista, ma quando il poster uscì nessuno aveva il dubbio che le donne non dovessero restare al loro posto, infatti un altro dei poster prodotti sempre da Miller per lo stesso comitato è il seguente:
libera traduzione: Domande sul vostro lavoro? Chiedete al vostro supervisore, che, naturalmente, aggiungo io, è un uomo...
A farlo notare, non è una femminista in un sito polemico ma il sito del National Museum of American History in Washington DC che così commenta: However, another poster in the same series ("Ask Your Supervisor!") makes it clear that women and their fellow workers could take this empowerment only so far.
Molti siti italiani fanno confusione col poster di Rockwell identificando tout-court geraldine con Rosie (uno fra i tanti blitzquotidiano ma l'errore è già nella notizia Ansa..
Nessuno però fa quello che un giornalista (un blogger) che possa davvero dirsi tale farebbe, e raccontarci un po' di STORIA.
Ricordare il cambiamento sociale cui le donne furono investite prima durante e dopo la seconda guerra mondiale (senza dimenticare che gli Usa uscirono dalla crisi del 29 solo con l'entrata in guerra...). Oppure ricordando altri poster prodotti dallo stesso comitato come questo splendido poster di incitazione a non perdere un attimo di tempo:
al quale forse si può accostare il poster di Miller non certo a quello di reclutamento nell'esercito, come fa Liquida che scrive il corrispettivo femminile dello Zio Sam.
Il poster in questione è infatti del 1917 e riguarda il reclutamento ma in tempo di pace... Quindi che c'azzecca?Ma si sa che il gossip imperversa anche nella rete e che INFORMARE sembra smepre più difficile. Concludo questo post con delle splendide foto di donne al lavoro nelle fabbriche ricordando tutte quelle che ci sono state e che ci stanno ancora.
Visitate anche il sito
Rosie the Riveter: Women Working During World War II
*fonte National Museum of American History