Viola di mare è un film dalla vocazione televisiva, che sa collocarsi più tra le fiction targate mediaset che tra i film italiani per le sale. Infatti la sua regista, Donatella Maiorca, dopo l'esordio cinematografico (
Viol@ presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1998), si è dedicata alle fiction: La stagione dei delitti 2 (2006), Diritto di difesa (2003), La squadra (2002/2007), Cuori rubati (2002), Giornalisti (1999), Un posto al sole (1999).
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Il suo cinema è superficiale, approssimativo, pressappochista. Ricostruisce un ottocento siculo oleograficamente, dipinge gli uomini come padri padroni ma poi in chiesa fa stare donne e uomini negli stessi banchi (ma figuriamoci! c'era la separazione tra
masculi e fimmine), dipinge il padre della protagonista come un porco che picchia le donne ma poi gli fa accettare l'idea che sua figlia "diventi uomo" così, dalla notte al giorno. Tommaso, l'ex fidanzato di Sara, la donna che Angela, una volta diventata Angelo, sposa (una stucchevole stonata, insopportabile e fintissima Isabella Ragonese) accetta di metterla incinta, perché innamorato di lei e, quando
lo fanno Sara gli dice di
fare presto mette il materasso per terra, non lo bacia, eppure lui riesce lo stesso a fare l'amore/sesso con lei...
Il sesso che emerge dal film è modernissimo nei modo di guardare ai corpi che la regista ha, le estetizzanti algide asettiche scene di nudo (ovviamente femminile, dei masculi vediamo solo un paio id chiappe) incapace di restituire la percezione del sesso (la prossemica, la funzione sociale, il vissuto personale, l'importanza dell'illibatezza) quanto ridicolo nella sua implausibilità: Sara dopo essere stata
fecondata non ha segni di sangue (eppure dovrebbe essere vergine) e, ovviamente, rimane incita dopo la prima scopata, Angelo/a che
soffre che Sara venga scopata, eppure aveva insistito lei perché la sua donna rimanesse incinta...
Potrei continuare per ore a sputtanare le cazzate contenute in ogni fotogramma del film, ma mi fermo qui. Un'altra cosa, la più insopportabile, è la musica di commento che sottolinea ogni sacrosanto istante del film, una musica didascalica, drammatica quando il padre padrone picchia la figlia, dolce quando Sara e Angela stano insieme, e così via. Una musica moderna, con chitarre elettriche anni settanta (del novecento però) che con l'ottocento c'entra come i cavoli a merenda.
Un film così dà ragione a Brunetta (se quello che dice avesse un senso): meglio dare i soldi alle discoteche e ai piano-bar.
Viola di mare non sposta di un millimetro l'immaginario collettivo sull'omosessualità femminile: le donne a letto non si sa cosa fanno le vediamo solo strusciarsi, senza nemmeno tanta convinzione, l'una con l'altra, mentre Angela abbraccia Sara
da dietro (forse la regista ha fatto confusione con la sessualità maschile...) e una volta sposati Angela fa il masculo e lavora alla cava mentre Sara non fa un cazzo tutto il giorno, tranne cantare filastrocche come una bambina deficiente quando sta a letto con lei.
Ovviamente Sara morirà di parto (si sa fare bambini era
pericoloso nel'800) lasciando Angelo inconsolabile, che tornerà a vestire panni femminili (a lutto) portando il neonato alla camera ardente della madre morta.
Un'altra storia di amore che si conclude con la morte di uno dei due protagonisti, proprio come nel caso di
Brokeback Mountain di Ang Lee. Un ennesimo caso di amore che finisce male. Io aspetto ancora il film a tematica col lieto fine, quello retorico e zuccheroso...
Viola di mare registra l'immaginario collettivo italiano contemporaneo mostrando la miseria culturale con cui riesce a pensare il proprio passato e la sessualità, prima ancora che l'omoerotismo (al quale non fa un buon servizio trasportando i problemi nel lontano 1800 mostrando situazioni così al limite, Angela rinchiusa per mesi in cantina dal padre padrone, da indurre a pensare che oggi sia tutto superato, mentre invece oggi lo stesso padre padrone siede al parlamento e ha un nome preciso UDC) costituendo un involontario grido di allarme perché l'Italia non è più capace di fare film degni di questo nome.
Il cinema italiano sta diventando cieco, incapace di vedere la realtà limitandosi a guardare di sfuggita l'immagine deformata che ce ne restituisce la televisione riproducendola e spacciandola per cinema e
Viola di mare lo urla.
L'unico bel ricordo del film è la bellezza devastante di Valeria Solarino, stupenda sia nei panni di Angela, sguardo fiero capelli neri lunghissimi, sia in quelli di Angelo, un bel picciotto, dalla faccia intelligente meno
curto e niro degli altri lavoratori.
Avrei voluto vedere
Sound Of Morocco, ma tra ritardi accumulati per gli spettatori della proiezione precedenti che si sono attardati in sala, l0annuncio degli ospiti in sala fatto al buio, e poi ripetuto alla luce, il mini concerto di Noureddine, un inizio del film stentato e con imbarazzanti problemi di audio (tanto che la regista lascia la sala incazzata nera), alle 23 e 30 ancora si doveva iniziare. Me ne sono andato, tanto è un film LUCE, lo recupererò da qualche parte.
L'organizzazione del festival quest'anno lascia a desiderare, magari però un concerto più proiezione non si mette alle 22 e 30 ma prima, per permettere a tutti di vederlo... non in Italia, non nella Roma di Alemanno...