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25 aprile 2014

25 Aprile 1945





La Resistenza e la sua luce
 
Così giunsi ai giorni della Resistenza
senza saperne nulla se non lo stile:
fu stile tutta luce, memorabile coscienza
di sole. Non poté mai sfiorire,
neanche per un istante, neanche quando
l' Europa tremò nella più morta vigilia.
Fuggimmo con le masserizie su un carro
da Casarsa a un villaggio perduto
tra rogge e viti: ed era pura luce.
Mio fratello partì, in un mattino muto
di marzo, su un treno, clandestino,
la pistola in un libro: ed era pura luce.
Visse a lungo sui monti, che albeggiavano
quasi paradisiaci nel tetro azzurrino
del piano friulano: ed era pura luce.
Nella soffitta del casolare mia madre
guardava sempre perdutamente quei monti,
già conscia del destino: ed era pura luce.
Coi pochi contadini intorno
vivevo una gloriosa vita di perseguitato
dagli atroci editti: ed era pura luce.
Venne il giorno della morte
e della libertà, il mondo martoriato
si riconobbe nuovo nella luce......

Quella luce era speranza di giustizia:
non sapevo quale: la Giustizia.
La luce è sempre uguale ad altra luce.
Poi variò: da luce diventò incerta alba,
un'alba che cresceva, si allargava
sopra i campi friulani, sulle rogge.
Illuminava i braccianti che lottavano.
Così l'alba nascente fu una luce
fuori dall'eternità dello stile....
Nella storia la giustizia fu coscienza
d'una umana divisione di ricchezza,
e la speranza ebbe nuova luce
 
Pier Paolo Pasolini
Tutte le poesie vol. I, Garzanti, Milano 1993. 







 

4 febbraio 2013

4 febbraio 2010 - 4 febbraio 2013

Quest'anno è Alice che mi parla di te e ti parla di me,
piccolè.



(con ogni ricordo che ho)
con tutta la pace che avrò
(con quello che ho dato e darò)
io quindi dimenticherò
(con ogni speranza che ho)
coi sogni che ho fatto e farò
se il dolore fosse conforto
starei bene qua all'inferno
capire che il paradiso non sei te
Cambio casa
penso a te
Cambio ancora
penso a te
che stupida
ho lasciato la nostra casa
per una pugnalata a morte annunciata
è solo che
quando più niente ha un senso
soffro, prego, penso
Io
(con ogni ricordo che ho)
con tutta la pace che avrò
(con quello che ho dato e darò)
io quindi dimenticherò
(con ogni speranza che ho)
coi sogni che ho fatto e farò
se il dolore fosse conforto
starei bene qua all'inferno
capire che il paradiso non sei te
Che stupida
ho lasciato la vita al caso
per colpa di un sorriso
che non hai condiviso
ma è vero che il dolore comanda
prova, stanca, cambia
E penso e penso e quindi ancora penso
e quante cose dette non volendo
periodi un po' a caso in balia di ogni peso
in cui non so che fare d'improvviso
Io
(con ogni ricordo che ho)
con tutta la pace che avrò
(con quello che ho dato e darò)
io quindi dimenticherò
(con ogni speranza che ho)
coi sogni che ho fatto e farò
se il dolore fosse conforto
starei bene qua all'inferno
capire che il paradiso non sei te
No, no, no, non ascoltarmi
se dovessi chiederti di andare via
C'è tutto in una lacrima
c'è gioia e c'è terrore
ciò che non mi riesce
ciò che so fare bene
e in tutti questi anni di lucidità scomposta
l'antidoto a tutto il rumore è l'amore
Io
(con ogni ricordo che ho)
con tutta la pace che avrò
(con quello che ho dato e darò)
io quindi dimenticherò
(con ogni speranza che ho)
coi sogni che ho fatto e farò
se il dolore fosse conforto
starei bene qua all'inferno
capire che il paradiso non sei te
Io
(con ogni ricordo che ho)
con tutta la pace che avrò
(con quello che ho dato e darò)
io quindi dimenticherò
(con ogni speranza che ho)
coi sogni che ho fatto e farò
se il dolore fosse conforto
starei bene ma

1 gennaio 2013

Il 1° gennaio 2003 ci lasciava Giorgio Gaberscik.

Non ricordo come mi capitò di ascoltarlo.

Ma da che ho memoria Gaber ha sempre fatto parte della mia vita, sin dai tempi della scuola. Era una cosa che avevo scoperto moi même, come la rivista Linus, la lettura in generale, e il Jazz.

L'avrò visto sicuramente in tv. Dove Gaber aveva partecipato non solo come cantante, quando ancora non aveva inaugurato il teatro canzone, ma anche come performer.




Splendido racconto di denuncia del lavoro in fabbrica, chapliniano e da compagno, vero.

Di Gaber apprezzai tantissimo una lunghissima canzone uscita come singolo nel 1980. Io, se fossi dio. Su di me che ho sempre trovato insopportabili i chansonnier tutti parole e niente musica questa canzone musicalmente monotòna quel pezzo aveva un fascino ipnotico e da quel testo mi sentivo espresso come nessun altro.



Io se fossi Dio...
e io potrei anche esserlo,
sennò non vedo chi!

Io se fossi Dio,
non mi farei fregare dai modi furbetti della gente,
non sarei mica un dilettante,
Sarei sempre presente!
Sarei davvero in ogni luogo a spiare
o meglio ancora a criticare
appunto cosa fa la gente.
Per esempio il piccolo borghese
com'è noioso,
non commette mai peccati grossi,
non è mai intensamente peccaminoso.
Del resto, poverino, è troppo misero e meschino
e pur sapendo che Dio è più esatto di una Sveda
lui pensa che l'errore piccolino non lo conti o non lo veda.

Per questo
io se fossi Dio,
preferirei il secolo passato,
se fossi Dio
rimpiangerei il furore antico,
dove si odiava, e poi si amava,
e si ammazzava il nemico!

Ma io non sono ancora
nel regno dei cieli,
sono troppo invischiato
nei vostri sfaceli...

Io se fossi Dio,
non sarei così coglione
a credere solo ai palpiti del cuore
o solo agli alambicchi della ragione.

Io se fossi Dio,
sarei sicuramente molto intero
e molto distaccato
come dovreste essere Voi!

Io se fossi Dio,
non sarei mica stato a risparmiare,
avrei fatto un uomo migliore.
Si vabbè lo ammetto
non mi è venuto tanto bene,
ed è per questo, per predicare il giusto,
che io ogni tanto mando giù qualcuno,
ma poi alla gente piace interpretare
e fa ancora più casino!

Io se fossi Dio,
non avrei fatto gli errori di mio figlio,
e sull'amore e sulla carità
mi sarei spiegato un po' meglio.

Infatti non è mica normale
che un comune mortale
per le cazzate tipo compassione e fame in India,
c'ha tanto amore di riserva
che neanche se lo sogna,
che viene da dire:
"Ma dopo come fa a essere così carogna?"

Io se fossi Dio,
non sarei ridotto come Voi
e se lo fossi io certo morirei
per qualcosa di importante.

Purtroppo l'occasione
di morire simpaticamente
non capita sempre,
e anche l'avventuriero più spinto
muore dove gli può capitare
e neanche tanto convinto.

Io se fossi Dio,
farei quello che voglio,
non sarei certo permissivo,
bastonerei mio figlio,
sarei severo e giusto,
stramaledirei gli Inglesi
come mi fu chiesto,
e se potessi
anche gli africanisti e l'Asia
e poi gli Americani e i Russi;
bastonerei la militanza
come la misticanza
e prenderei a schiaffi
i volteriani, i ladri,
gli stupidi e i bigotti:
perché Dio è violento!
E gli schiaffi di Dio
appiccicano al muro tutti!

Ma io non sono ancora
nel regno dei cieli,
sono troppo invischiato
nei vostri sfaceli...

Finora abbiamo scherzato!
Ma va a finire che uno
prima o poi ci piglia gusto
e con la scusa di Dio tira fuori
tutto quello che gli sembra giusto.

E a te ragazza
che mi dici che non è vero
che il piccolo borghese
è solo un po' coglione,
che quel uomo è proprio un delinquente,
un mascalzone, un porco in tutti i sensi, una canaglia
e che ha tentato pure di violentare sua figlia!

Io come Dio inventato,
come Dio fittizio,
prendo coraggio
e sparo il mio giudizio e dico:
"Speriamo che a tuo padre
gli sparino nel culo cara figlia!".
Così per i giornali diventa
un bravo padre di famiglia.

Io se fossi Dio,
maledirei davvero i giornalisti
e specialmente tutti,
che certamente non son brave persone
e dove cogli, cogli sempre bene.
Compagni giornalisti avete troppa sete
e non sapete approfittare delle libertà che avete,
avete ancora la libertà di pensare
ma quello non lo fate
e in cambio pretendete la libertà di scrivere,
e di fotografare immagini geniali e interessanti,
di presidenti solidali e di mamme piangenti.
E in questa Italia piena di sgomento
come siete coraggiosi, voi che vi buttate
senza tremare un momento:
cannibali, necrofili, deamicisiani e astuti,
e si direbbe proprio compiaciuti.
Voi vi buttate sul disastro umano
col gusto della lacrima in primo piano.
Sì vabbè lo ammetto
la scomparsa dei fogli e della stampa
sarebbe forse una follia,
ma io se fossi Dio,
di fronte a tanta deficienza
non avrei certo la superstizione della democrazia!

Ma io non sono ancora
del regno dei cieli,
sono troppo invischiato
nei vostri sfaceli...

Io se fossi Dio,
naturalmente io chiuderei la bocca a tanta gente,
nel regno dei cieli non vorrei ministri
e gente di partito tra le "balle",
perché la politica è schifosa
e fa male alla pelle.
E tutti quelli che fanno questo gioco,
che poi è un gioco di forza, è ributtante e contagioso
come la lebbra e il tifo,
e tutti quelli che fanno questo gioco,
c'hanno certe facce
che a vederle fanno schifo,
che sian untuosi democristiani
o grigi compagni del P.C.
Son nati proprio brutti
o perlomeno tutti finiscono così.

Io se fossi Dio,
dall'alto del mio trono
vedrei che la politica è un mestiere come un altro
e vorrei dire, mi pare Platone,
che il politico è sempre meno filosofo
e sempre più coglione!:
è un uomo tutto tondo
che senza mai guardarci dentro scivola sul mondo,
che scivola sulle parole
anche quando non sembra o non lo vuole.

Compagno radicale,
la parola compagno non so chi te l'ha data,
ma in fondo ti sta bene,
tanto ormai è squalificata,
compagno radicale,
cavalcatore di ogni tigre, uomo furbino
ti muovi proprio bene in questo gran casino
e mentre da una parte si spara un po' a casaccio
e dall'altra si riempiono le galere
di gente che non centra un cazzo!
Compagno radicale,
tu occupati pure di diritti civili
e di idiozia che fa democrazia
e preparaci pure un altro referendum
questa volta per sapere
dov'è che i cani devono pisciare!

Compagni socialisti,
ma sì anche voi insinuanti, astuti e tondi,
compagni socialisti,
con le vostre spensierate alleanze
di destra, di sinistra, di centro,
coi vostri uomini aggiornati,
nuovi di fuori e vecchi di dentro,
compagni socialisti fatevi avanti
che questo è l'anno del garofano rosso e dei soli nascenti,
fatevi avanti col mito del progresso
e con la vostra schifosa ambiguità!
Ringraziate la dilagante imbecillità!

Ma io non sono ancora
nel regno dei cieli,
sono troppo invischiato
nei vostri sfaceli...

Io se fossi Dio,
non avrei proprio più pazienza,
inventerei di nuovo una morale
e farei suonare le trombe
per il Giudizio universale.

Voi mi direte perché è così parziale
il mio personalissimo Giudizio universale?
Perché non suonano le mie trombe
per gli attentati, i rapimenti,
i giovani drogati e per le bombe?
Perché non è comparsa ancora l'altra faccia della medaglia.
Io come Dio, non è che non ne ho voglia,
io come Dio, non dico certo che siano ingiudicabili
o addirittura, come dice chi ha paura, gli innominabili,
ma come uomo come sono e fui
ho parlato di noi, comuni mortali,
quegli altri non li capisco,
mi spavento, non mi sembrano uguali.
Di loro posso dire solamente
che dalle masse sono riusciti ad ottenere
lo stupido pietismo per il carabiniere,
di loro posso dire solamente
che mi hanno tolto il gusto
di essere incazzato personalmente.
Io come uomo posso dire solo ciò che sento,
cioè solo l'immagine del grande smarrimento.
Però se fossi Dio
sarei anche invulnerabile e perfetto,
allora non avrei paura affatto,
così potrei gridare, e griderei senza ritegno che è una porcheria,
che i brigatisti militanti siano arrivati dritti alla pazzia!

Ecco la differenza che c'è tra noi e gli innominabili:
di noi posso parlare perché so chi siamo
e forse facciamo più schifo che spavento,
ma di fronte al terrorismo o a chi si uccide c'è solo lo sgomento.

Ma io se fossi Dio,
non mi farei fregare da questo sgomento
e nei confronti dei politicanti
sarei severo come all'inizio,
perché a Dio i martiri
non gli hanno fatto mai cambiar giudizio.

E se al mio Dio che ancora si accalora,
gli fa rabbia chi spara,
gli fa anche rabbia il fatto
che un politico qualunque
se gli ha sparato un brigatista,
diventa l'unico statista.

Io se fossi Dio,
quel Dio di cui ho bisogno come di un miraggio,
c'avrei ancora il coraggio di continuare a dire
che Aldo Moro insieme a tutta la Democrazia Cristiana
è il responsabile maggiore di vent'anni di cancrena italiana.

Io se fossi Dio,
un Dio incosciente enormemente saggio,
avrei anche il coraggio di andare dritto in galera,
ma vorrei dire che Aldo Moro resta ancora
quella faccia che era!

Ma in fondo tutto questo è stupido
perché logicamente
io se fossi Dio,
la Terra la vedrei piuttosto da lontano
e forse non ce la farei ad accalorarmi
in questo scontro quotidiano.

Io se fossi Dio,
non mi interesserei di odio o di vendetta
e neanche di perdono
perché la lontananza è l'unica vendetta
è l'unico perdono!

E allora
va a finire che se fossi Dio,
io mi ritirerei in campagna
come ho fatto io...


Voglio riproporvi altre due canzoni di Gaber in questo ricordo.


1981

della quale non vi sorprenda il testo


Ma la Storia lasciò l’uomo
al numero 1981
e l’uomo come congelato
non intravedeva il suo destino.
Non era il capolinea
qualcosa doveva accadere
lo suggeriva una fede spontanea
che non era ancora il tempo di morire.

Il vecchio saggio
e il bimbo appena nato
guardavano la notte
dove il caso è in agguato.

E la notte
lasciava intravedere la notte
col trucco metafisico e scioccante
che l’è proprio
le cose che riuscivano a stupire
il bimbo e il vecchio.
Come ad esempio su di un cielo eterno
un grattacielo illuminato di pistacchio.

Il vecchio saggio
e il bimbo tra le braccia della mamma
di fronte a quella strana meraviglia
rinnovarono il dilemma
se quelle cose colorate e straordinarie
sarebbero col tempo diventate
se a Dio fosse piaciuto
necessarie.

Ma di una cosa siamo certi
che i loro occhi vedevano
non so se con fiducia o senza scampo
quell’enorme assurdità che è il tempo.

Signore Iddio, non so se faccia bene o faccia male
assistere ogni tanto al tuo definitivo e ricorrente funerale.

Questa volta c’era poca gente,
troppo poca gente
di cardinali e papi non se ne son visti
del resto i tuoi ministri
sono troppo effettuali
a noi piaceva immaginarli un po’ più metafisici e mentali
a noi che siamo i più ultimi fedeli
ma a scanso di fraintesi non faccio il polemista per mestiere
cerco solo di capire
di capire come fa la gente a vivere contenta
senza la forza vitale di una spinta
di capire come fa la gente che vive
senza correr dietro a niente.

È vero sono un po’ anarcoide e pieno di livore
ma in questo mondo troppo sazio di analisi brillanti e di torpore
ci sarà pure un po’ di spazio per chi si vuole sputtanare
perché piuttosto che giocare con le più acute e raffinate astuzie del cervello
è meglio ricoprirsi di merda fino al collo
e tirar fuori la rabbia spudorata di chi è stupido ma crede
e urla il suo bisogno disperato di una fede.

Perché Dio c’è ancora
Dio c’è ancora, io insisto
Dio c’è ancora, altrimenti non esisto.

È un Dio inconsueto, che non ha niente di assoluto
è un Dio che non conosce il bene e il male
figuriamoci il sociale
è un Dio severo che con magica ironia
ci diede insieme il falso e il vero
è un Dio inventato, senza altari né vangeli
ma è l’unica mia spinta in questo mondo di infedeli.

Signore Iddio, non so se faccia bene o faccia male
assistere ogni tanto al tuo definitivo e ricorrente funerale.

C’era poca gente appunto
troppo poca gente
e rimpiangevo le piccole sapienze
che ogni trapasso lascia
e poi non resta niente.
E mi veniva il mente quando si credeva come dei bambini
e insieme a tre ragazzi finiti male si livellava destini.
Ma come fate ora a vivere e a morire
senza qualcosa da inseguire
ma come fate a viver tra la gente
con l’anima neutrale e indifferente.

È vero, si perde un po’ il pudore a riparlare di morale
però mi fa un po’ schifo saltellare dal fanatismo più feroce
all’abbandono più totale
e praticare nei salotti la tecnica furbastra
di fare a gara chi è più a destra.

Confronto a questi ironici infedeli senza il minimo spessore
è molto meglio la mancanza più assoluta di pudore
confronto allo snobismo dei guardoni distaccati e intelligenti
è molto meglio persino la retorica dei vecchi sentimenti
è molto meglio l’urlo disperato di un coglione
che muore e che ha bisogno di una nuova religione.

Perché Dio c’è ancora,
Dio c’è ancora, io insisto
Dio c’è ancora, altrimenti io non esisto.

È un Dio incostante
che non ha mai fermato niente
è un Dio che si rincorre senza scampo
è l’immagine del tempo.
È un Dio un po’ strano che ci insegna la follia
di ribaltare sempre il piano
è un Dio ancestrale che è l’essenza del pensiero
la forza naturale che mi spinge verso il vero.

Signore Iddio, non so s’è irriverente o s’è normale
dover ricominciare dal tuo definitivo e ricorrente funerale.


e L'odore



Sdraiati sull'erba
soltanto un attimo prima
di fare l'amore.

Un grillo che canta
c'è una aria bellissima intorno...
che odore!

Pian piano riprendo a sfiorare la sua sottana...
sarà la zona!

Cerchiamo un posto migliore
e allora ritrovo di nuovo
la mia tenerezza.

È una cara ragazza
comincio a sentirmi eccitato...
più che un odore è una puzza.

Io tento un abbraccio per chiuderle il setto nasale...
è micidiale!

Non ce la faccio
m'è venuta anche un po' di nausea
mi gira la testa.
In città non mi sento mai male
l'aria è più giusta
un bar d'alluminio
mi siedo e mi sento un signore...

C'è ancora l'odore, l'odore mi insegue, oramai è dappertutto
non posso, non posso, oramai ce l'ho addosso!

Vado a casa, mi siedo sul letto, mi sdraio, mi distendo
ma c'è ancora!
Io mi annuso e lo sento più forte, un odore tremendo
mi tolgo i vestiti, oramai sono nudo....
vuoi vedere che sono io, vuoi vedere che sono io, vuoi vedere che sono io!

Calma, un momento, ragioniamo.

Mi faccio un bel bagno
mi lavo da tutte le parti
con molta attenzione.
Mi metto anche il talco
son candido come un bambino...
maledizione!

Adesso però non mi devo suggestionare...
da vomitare!

Non ce la faccio
è un odore che non si distrugge
con una lavata.
Ci vorrebbe un programma in risciacquo
la schiuma frenata.
Mi spalmo le creme, i profumi
dai piedi alla testa...

Il puzzo sovrasta, ce l'ho nella pelle, che schifo mi faccio, che corpo ignorante così puzzolente!

Come faccio con tutta la gente che mi ama e mi stima
come faccio?
Non c'è niente da fare la puzza è più forte di prima
che schifo!

Io che c'avevo tanti amici, sono uno che lavora, mi son fatto una carriera, non è giusto che la perda
mi son fatto tutto da me, mi son fatto tutto da me!
Io che conosco tanta gente, son venuto su dal niente, c'ho una bella posizione, non è giusto che la perda
mi son fatto tutto da me, mi son fatto tutto da me, mi son fatto tutto da me...

Mi son fatto tutto di merda!



Sentite quell'assolo di chitarra sugli applausi finali.

Gaber mi è sempre piaciuto anche musicalmente.

Non ho mai trovato un suo pezzo musicalmente banale (cosa che non posso dire di altri chansonnier italiani...).

Trovo il suo teatro canzone una delle espressioni più felici della cultura italiana. 



16 ottobre 2012

16 ottobre del 1943, il sabato nero del ghetto di Roma.

16 ottobre del 1943.
Ultima tappa di un triste itinerario iniziato nel settembre del 1938 con la promulgazione delle leggi razziali.
Alle 5.15 del mattino le SS invadono le strade del Portico d'Ottavia a Roma e rastrellano 1024 persone, tra cui oltre 200 bambini.

Alle 14.05 del 18 ottobre un treno di diciotto vagoni piombati partirà dalla stazione Tiburtina per portarli, dopo un viaggio di 6 giorni al campo di concentramento di Auschwitz in territorio polacco.
Solo quindici uomini e una donna (Settimia Spizzichino) ritorneranno a casa.

Nessuno dei duecento bambini è mai tornato...
 
Si è discusso a lungo, in sede storica, sulle leggi razziali.  Si è voluta sostenere una distinzione tra il periodo della “persecuzione dei diritti”, relativamente agli anni tra il 1938 e il 1943, e il periodo della “persecuzione delle vite”, tra il 1943 e il 1945.


Sta di fatto che i due periodi si saldarono tra loro, proprio in quel tragico ottobre 1943.
La deportazione degli ebrei fu possibile in maniera così radicale e rapida perché questi italiani “invisibili” erano già stati isolati e ben identificati con le leggi razziali.

Oggi la maggior parte degli storici concorda nel ritenere che le leggi del 1938 non furono un caso, ma rappresentarono la prevalenza di alcuni elementi della storia italiana e del regime fascista.
Le vicende degli ebrei romani rivelano, infatti, la dolorosa e progressiva presa di coscienza della persecuzione, non come un’imposizione dello straniero, ma come un dramma italiano, quello di italiani contro italiani.

Quando la razzia degli ebrei romani è compiuta dai tedeschi, compaiono sempre alcuni italiani come collaboratori, delatori, complici e, talvolta, veri persecutori.

In Italia furono eseguiti 1898 arresti di ebrei da parte di italiani, 2489 da parte di tedeschi, 312 vennero compiuti in collaborazione tra italiani e tedeschi, mentre non si conosce la responsabilità dei rimanenti 2314*.

Certo non tutti gli italiani condividevano la persecuzione nei confronti degli ebrei: probabilmente la maggioranza era contraria. Non solo una diffusa contrarietà ma pure con significativi episodi di solidarietà verso i perseguitati.

Lo Stato dichiaratamente antisemita era spesso contraddetto, a livello pratico, alla gente che non lo seguiva.

Per richiamare le parole del rabbino Toaff: «Vi fu antisemitismo di Stato e non di popolo».

(dal sito 16 ottobre 1943)
 
 

14 luglio 2012

LE QUATORZE JUILLET. Vive la France, vive la liberté!!!



Le Quatorze Juillet, la fête nationale française, commémore la prise de la Bastille, qui a eu lieu le 14 juillet 1789 et a marqué le début de la Révolution française. La Bastille était une prison et un symbole du pouvoir absolu et arbitraire de l'Ancien Régime de Louis XVI. Sa prise par le peuple a démontré que le pouvoir du roi n'était plus absolu : ce pouvoir devait se fonder sur la Nation et être limité par une séparation des pouvoirs.



La Marseillaise a été composée par Claude-Joseph Rouget de Lisle en 1792 et a été déclarée « l'hymne national français » en 1795.


Allons enfants de la patrie,
Le jour de gloire est arrivé !
Contre nous de la tyrannie
L'étendard sanglant est levé ! (bis)
Entendez-vous dans les campagnes,
Mugir ces féroces soldats ?
Ils viennent jusque dans nos bras
Égorger nos fils, nos compagnes ! Refrain
Aux armes, citoyens !
Formez vos bataillons !
Marchons ! Marchons !
Qu'un sang impur
Abreuve nos sillons !




 

18 giugno 2012

Buon compleanno Isabella!



Avevo 14 anni, e al cinema andavo solo a vedere i film di fantascienza.
Ma avevo due biglietti omaggio , allora si usava, emessi dalla polizia, dai carabinieri, dalla guardia di finanza, per il cinema Quirinale, e lì facevano un film vero, dei fratelli Taviani.
Fu il primo film non di fantascienza o non "spettacolare" (non mi perdevo mai un James Bond) che vidi al cinema.

Di film ne avevo visti già parecchi in tv.
Era una tradizione di famiglia vederli insieme e poi discuterne, a voce alta, appena finito cercando di sovrastare le musiche dei titoli di coda (che all'epoca andavano fino alla fine non essendoci l'urgenza delle pubblicità).

Ma al cinema preferivo spendere i soldi della mia paghetta privilegiando la fantascienza...

Del Prato mi incuriosiva il fatto che ci fosse Isabella Rossellini, la figlia di Ingrid Bergman e Roberto Rossellini che consocevo bene entrambi avendo visto anche uno dei film che avevano fatto insieme (Stromboli terra di Dio)

Inutile dire che il compagno di classe con cui ero andato a vedere il film non avesse la minima idea di chi fossero tutti e tre!

All'epoca non si usava molto controllare l'orario del cinema, entravi quando volevi e uscivi quando volevi.

Così noi entrammo a film già iniziato da 30 minuti circa. Ce lo vedemmo fino alla fine e rimanemmo alla proiezione successiva per vedere la parte che avevamo perso.

Veramente andammo oltre il punto da cui avevamo iniziato a vedere il film.

Rimanemmo fino a una scena in cui c'era un nudo maschile integrale.
Uno dei personaggi piuttosto che farsi perquisire dalla polizia preferì spogliarsi completamente nudo.
Mi colpì la scena perchè non era un nudo erotico, anche se su di me me quell'effetto l'aveva fatto lo stesso.

Mi vergognavo un po' di rimanere sino a quella scena che avevamo già visto. Temevo di dover dare spiegazioni al mio compagno di classe (mesi dopo sarebbe diventato molto di più ma all'epoca non potevo nemmeno immaginarlo) così capirete il mio sollievo quando scoprii in lui la stessa intenzione di rivedere quella scena.

Fu una cosa che facemmo senza dircela, tutti e due imbarazzati dal giudizio che temevamo nell'altro.

Fu il nostro primo piccolo segreto...

Dopo Il prato iniziai ad andare al cinema, sempre, tutte le settimane, appena potevo.

Qualche mese dopo io e Andrea eravamo una coppia non solo in classe ma anche nella vita.

Certo, nella nostra vita segreta, clandestina, non alla luce del sole, ma era il 1980 non il 2012... Ma questo non ci impediva di stare sempre insieme...

Ed ecco che non ho parlato per niente di Isabella...

In ogni caso buon compleanno cara!!!!




1 dicembre 2011

1° dicembre 2011. 30ma giornata della lotta all'aids. Lo spot di Arcigay Roma, ArciLesbica Roma e NPS Network Persone Sieropositive




Alla faccia della campagna governativa!

Lo spot di Arcigay Roma, ArciLesbica Roma e NPS Network Persone Sieropositive è girato da Lucia Pappalardo, con l'aiuto dei Eyes Wild Drag, un gruppo di Drag King.

(fonte Gaycenter.it)

primo dicembre giornata mondiale contro l'aids

Non vi sembri strano che questo post si trovi qui e non sul mio blog frociarolo. L'aids ci riguarda tutti in quanto uomini e donne a prescindere dall'orientamento sessuale. e mentre il Governo italiano continua criminalmente a incentrare la sua campagna sul test e non sulla protezione leggiamo cosa è scritto sul sito del ministero della salute.
Sono circa 64.000 i casi di Aids segnalati dall’inizio dell’epidemia nel 1982 ad oggi e circa 40.000 le persone decedute.
Continuano a diminuire i nuovi casi di Aids e il numero di decessi per anno, principalmente per effetto delle terapie antiretrovirali combinate (introdotte nel nostro Paese nel 1996).
Se nei primi anni ’90 sono state attuate politiche per i tossicodipendenti per via iniettiva, che erano, allora, le persone più colpite dall’infezione in Italia, nell’ultimo decennio si osserva una diminuzione di incidenza di nuove infezioni da Hiv nei soggetti con questo comportamento a rischio.
Nel 2010 la maggioranza delle nuove infezioni è attribuibile a contatti sessuali non protetti, che costituiscono l’80,7% di tutte le segnalazioni.
E’ da sottolineare come molte persone Hiv positive scoprono di essere infette dopo vari anni e, pertanto, non possono usufruire dei benefici delle terapie antiretrovirali prima della diagnosi di Aids: dal 1996 ad oggi ben due terzi delle persone diagnosticate con Aids non ha effettuato alcuna terapia antiretrovirale prima di tale diagnosi.

E’ questa la fotografia attuale riportata dal Centro Operativo Aids dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) nell'ambito della Conferenza stampa del 30 novembre, al Ministero della salute, in occasione della Giornata mondiale contro l'Aids 2011.
Sono intervenuti il Ministro della salute Renato Balduzzi, il Capo dipartimento della sanità pubblica e dell'innovazione del Ministero Fabrizio Oleari, il Direttore delle comunicazioni e delle relazioni istituzionali del Ministero Daniela Rodorigo, il Direttore del dipartimento di malattie infettive dell’ISS Gianni Rezza, il Direttore del CoA dell'ISS Barbara Ensoli, il Direttore del dipartimento di malattie infettive dell’Ospedale Luigi Sacco di Milano Mario Moroni, il Presidente della Consulta delle Associazioni per la lotta contro l'Aids Massimo Oldrini.

Quest'anno la Giornata festeggia un anniversario speciale; sono infatti trascorsi 30 anni da quando il mondo ha visto il manifestarsi dell’infezione da Hiv e, nel dicembre del 1981, sono stati diagnosticati i primi casi di Aids.
La Dott.ssa Rodorigo ha annunciato per l'occasione, una maratona radiofonica su Radio Rai, per ricordare a ognuno: "Non abbassare la guardia. Fai il test".

Domande sull'infezione da Hiv, sull'Aids e sulle Infezioni sessualmente trasmesse possono essere rivolte al Telefono Verde Aids e IST 800 861 061 dell'ISS, che in occasione del 1° dicembre sarà attivo dalle ore 8.00 alle ore 20.00.
Fare il test sicuramente è fondamentale. Ma usare PRECAUZIONI cioè il profilattico PRIMA lo è ancora di più.
Il test non ci protegge dall'infezione. Permete solo di curarci subito se abbiamo contratto il virus. Per non contrarlo il profilattico è l'uno viatico per non rimanere contagiati dall'hiv e dalle malattie a trasmissione sessuale.

24 agosto 2011

Le feste laiche non si toccano

dal sito dell'ANPI
La decisione presa dal Governo italiano nell'ultimo Decreto Legge 13 agosto 2011, n. 138, “Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo”, nel comma 24, dell'art.1 del quale si prevede per tre importanti ricorrenze civili (25 aprile; I maggio; 2 giugno) una diversa collocazione o l’accorpamento ad una domenica è stato visto da molti per quello che è un tentativo di cancellare storicamente la repubblica, l'antifascismo su cui si basa e il senso di appartenenza storica della cittadinanza. Molti gli interventi e gli spunti di riflessione, dal bell'articolo di Alessandro Portelli sul manifesto all'intervento dell'Anpi a quello dell'Aned sono molti gli spunti di riflessione che vi propongo, fino alla petizione proposta dalla CGIL che vi invito di firmare tutt*.
Facciamoci sentire!!!

23 aprile 2011

Se il sindaco ti fa lavorare anche il primo di maggio

...vuol dire che quel poco di diritto e di laicità che ancora c'era nel paese è scomparso, soffocato da un cattolicesimo pagano e legato al doppio filo col commercio.
Siccome qualche idiota ha pensato bene di beatificare il capo di uno stato straniero proprio il giorno della festa dei lavoratori un altro idiota ha pensato bene che i negozi del centro, e intorno a San Pietro e alla basilica di San Giovanni possono stare aperti. Non devono (perchè legalmente non si può) ma possono così ha specificato l'assessore al Commercio Davide Bordoni. "Ma chi vorrà, potrà rimanere chiuso", ha spiegato, l'apertura durante la beatificazione "è solo facoltativa".

A difendere la delibera è intervenuto il presidente della Confcommercio capitolina Cesare Pambianchi che, in maniera furba e proditoria, ha fatto notare che liberalizzare l'apertura dei negozi il 1 maggio significa "favorire quel lavoratore che vuole lavorare".
A Pambià ma chi vuoi prendere per il culo? La liberalizzazione oltre a cancellare un diritto guadagnato a fatica (ma la storia non è di questo paese) favorisce semmai il datore di lavoro che fa lavorare il dipendente. Certo TEORICAMENTE il dipendente può rifiutarsi di lavorare e il datore di lavoro ci mette un attimo a porre fine al suo contratto sempre a termine anche se lavori in negozio da 15 anni... Secondo la Filcams CGIL le deroghe alle aperture commerciali contribuiscono a creare lavoro precario sostituendo lavoratori stabili con quelli precari o interinali.
E poi le aperture del 25 aprile e del Primo maggio mettono anche in discussione due importanti date, e cancellano di fatto una giornata di riposo sociale per i dipendenti come spiega bene una giovane commessa sulle pagine di Repubblica:
Il 1 Maggio a Roma c'è la beatificazione di Papa Giovanni Paolo II. Evento eccezionale, certamente, ma che altrettanto certamente non deve intaccare la possibilità di festeggiare l'unica festa nazionale civile rimasta al lavoratore commesso: la festa del lavoro. E il mio non può considerarsi di certo uno di quei mestieri che non conoscono riposo in quanto fortemente necessari al cittadino come può essere il medico, l'infermiere, il poliziotto. Il mio è quello di commessa di abbigliamento. Un bene che non è certo di prima necessità. Io non offro servizio al cittadino. Io offro lo sfizio. E il 1 maggio un turista può rinunciare allo sfizio.
Valter Giammaria presidente della Confesercenti, contraria da sempre a una festa dei lavoratori con i negozi aperti spiega che Bisogna pensare anche alle tante commesse, madri di famiglia, costrette a lasciare i figli a casa anche il primo maggio, ha detto più volte. E fa notare come sorga anche un PROBLEMA DI SICUREZZA Con un milione di pellegrini in piazza San Pietro e il concerto dei sindacati a piazza San Giovanni, l'apertura straordinaria dei negozi aumenterà ancora di più la confusione e il caos. Basti pensare a quanta gente dovrà raggiungere il posto di lavoro: negozi, bar e ristoranti, in una città dalle strade transennate per gli eventi. Come Confesercenti abbiamo dato l'input ai consociati di restare chiusi. Ma se qualcuno volesse seguire l'ordinanza, fino ad oggi il Sindaco non ha dato disposizioni. Dove si parcheggia? Quali saranno le vie di accesso per il centro? I commercianti avranno bisogno di un pass?.

Ora finché rimaniamo nelle nostre case  e non facciamo una bella piazzata alla sora Angelina quegli inetti che ci governano e che credono di poter fare come cazzo gli apre (e c'hanno ragione perchè noi glielo lasciamo fare) continueranno a distruggere il legame civile e politico (=vita nella città) dei cittadini e a farci vivere nell'etica del COMMERCIO.



MA QUAND'E' CHE CI INCAZZIAMO?


articoli impiegati per scrivere questo post:


Io, commessa invisibile a Roma costretta a lavorare il 1° maggio La Repubblica, 22 4 11

La Festa del lavoro con i negozi aperti Il no Confesercenti: riposo da rispettare La Repubblica, 22 4 11

17 marzo 2011

17 marzo 2011 Ma cosa avremo mai da festeggiare?





La forza di un paese la fa la coscienza civile, la memoria storica, il rispetto per la legalità di un popolo. Ma noi non abbiamo nessuna di queste cose e se festeggiamo l'unità d'Italia è perchè non consociamo niente del risorgimento e aderiamo alla sua celebrazione per paternalismo, per adesione formale a qualcosa che non sappiamo così e che ci sembra lontana e noiosa: la Storia, la cultura, la passione politica e civile. Siamo un paese di vecchi di conformisti di fascisti, SIAMO TUTTI MORTI. I veri italiani di oggi sono i fratelli e le sorelle migranti gli e le uniche oggi in grado di dare una speranza a questo paese di MORTI.

27 gennaio 2011

Giornata della memoria

C'è una scena in Essere o non essere (Usa, 1983) di Mel Brooks che mi ha sempre stretto il cuore. Il film, il remake di un film di Ernst Lubitsch, (Vogliamo vivere!) (Usa, 1942) racconta sotto forma di commedia l'invasione nazista della Polonia e la deportazione degli ebrei dal punto di vista di una scalcinata compagnia di teatro.
La scena che vi voglio far vedere è subito prima della fine del film.
nel teatro ormai chiuso ai polacchi in una serata dedicata solo alle truppe naziste, la compagnia riesce a far scappare alcuni arrestati destinati ai campi di concentramento (tra i quali, oltre agli ebrei, anche una checca che nella scena ha un ruolo cruciale) sotto il naso dei nazisti camuffandoli tra gli attori. Fingono di essere tutti dei clown guadagnando l'uscita del teatro (e la libertà). Quando una vecchietta si trova davanti a tutti i nazisti sclera (lo avrei fatto anche io...) rischiando di smascherare l'inghippo. La checca se ne accorge e con un colpo di genio salva la situazione.



Vidi per la prima volta questo film nel 1984 a Massenzio (le proiezioni estive delle prime estati romane). La scena mi colpì al punto che cercai tra i titoli di coda il nome dell'attrice: Eda Reiss Merin. Non ho mai dimenticato quel nome.
La sua interpretazione e, in generale, una scena del genere in un film comico ha l'effetto di una doccia fredda e ricorda la follia collettiva dei nazisti (e di noi fascisti che eravamo con loro alleati) anche in un film che ti fa sorridere. Non amo di solito sorridere su temi seri, ho odiato a morte Train de vie ma il film di Mel Brooks è un film serio anche se è una commedia. E non dimentica i gay. Questa scena lo dimostra. Spero che vi emozioni come ha emozionato me.

Per non dimenticare. MAI

24 dicembre 2010

ventiquattro dicembre duemiladieci

Doveva essere il 1978. Ricordo perfettamente il piccolo albero di natale che stava in un angolo di camera mia, su una libreria bassa, che, allora, mi arrivava al petto. Mentre dell'albero della casa, che stava all'ingresso, quello grande e vero, i cui capelli d'angelo sarebbero entrati qualche anno dopo nella ...dieta di Buio, il mio primo gatto, mi interessava poco, ci tenevo molto a quell'albero di dimensioni ridotte che avevo chez moi mi faceva sentire già piccolo adulto, che ha le sue cose. Le piccole dimensioni ribadivano al contempo che del natale non mi interessava molto e che avevo già un natale tutto mio. Ero orgoglioso di quel piccolo albero la cui simbologia era modificata in quella mia, privata e personalissima. Nell'albero c'erano delle luci mie di quelle grosse, a forma di orsacchiotto (evidentemente la vita sa dove vai molto prima di te...)  credo le abbia ancora mia sorella e le metta ancora nel suo di albero.

Quell'albero chez moi  mi ricordava del natale anche quando stavo per conto mio, a cantare sopra i 45 giri (Noi noi di Sandra Mondaini... ma poteva anche essere Mettiamo che tu di Loretta Goggi)  quando, sopraffatto dall'energia natalizia, mi ritiravo nei penetralia della casa (la mia stanza era la più lontana dall'ingresso  e dalla camera da pranzo)  lontano dal rumore, dal troppo sfoggiare, dalle troppe persone (le zie e relativi mariti e figli) che avevano da dire la loro una loro smepre omologa ed equipollente, così' distante dalla mia. Ricordo intere giornate natalizie trascorse in camera mia, dietro le quinte, dove pur presnete mi sentivo assente, sottratto alla scena, al palco, alla recita del natale.

Ho tanti ricordi legati al natale, da bambino, come tutti. Quei ricordi che sono in parte riaffiorati dopo aver visto l'ultima Istallazione drammaturgica di Ricci Forte, alla Fondazione Fendi, giusto due giorni prima di partire per quel di Napoli. Ricordi sparsi, contraddittori.
Natale del 1977 quando, la mattina della vigilia, convinco mia madre e mia sorella ad accompagnarmi alla stanza ai colli portuensi (la più distante da casa) per acquistare il 45 giri di Ombretta Colli Luna quadrata (ce l'ho ancora). Ho un vago ricordo di noi tre (io Silvia e mamma) sull'autobus, in una mattina dai colori stranamente estivi (vatti a fidare dei ricordi...). Ricordo dello stesso natale quando mamma aveva disseminato l'albero di regali epr me e mia sorella e io, che già sapevo che babbo Natale non esiste, mi preoccupavo dello sforzo economico che mamma aveva fatto (sforzo economico che non apprezzavo, l'importante era il clima natalizio non i regali, ma come dire a un genitore che si p svenato grazie ma di tutti questi regali non so cosa farmene l'importante è che sie felice tu, anzi noi?)...
Molto meglio il regalo assai laico (Anche se l'aggettivo all'epoca non lo conoscevo) che mi faceva nonna per capodanno e per la befana.  Invece di farmi il regalo a Natale nonna mi regalava qualcosa di costoso per il primo dell'anno. Un disco, un libro, una radiolina. E' da nonna che ho preso l'abitudine di ascoltare la radio, il gr piuttosto che il tg... Il vero regalo era quello del primo dell'anno.
Poi cera la befana che però, per un patto stabilito tra me e lei, richiedeva un regalo economico, simbolico, un piccolo giocattolo, una rivista, qualche oggetto epr la mia camera, dei dolciumi. Era nonna che mi aveva chiesto di scegliere  se avere il regalo più cospicuo per il primo dell'anno o per l'epifania. E io avevo scelto la festa più laica, senza saperlo.
Oggi finalmente all'età di 45 anni posso dire che il natale non abita più in me, nemmeno che non mi interessa (rimarcare un non interesse vuol dire comunque accorgersi della mancanza). Il natale mi è proprio indifferente. Non mi danno nemmeno più fastidio le luminarie o chi lo festeggia. So solo che io sono libero e che, in fondo, lo sono smepre stato, che per me il natale è smepre stata una recita, una sciarada, un modo che la chiesa e lo stato hanno per coglionarci per illuderci che siamo unti e felici mentre in realtà decidono persone come dobbiamo morire figuriamoci se possiamo scegliere come vivere. Una festa talmente assurda che viene percepita come la più importante di quelle religiose (anche le vacanze scolastiche sono le più lunghe) mentre non lo è assolutamente (eppure, da cattivo cattolico, ma almeno io non credo... l'ho creduto per anni), lo è la Pasqua.
Credo però che il ricordo cui sia più legato di quegli antichi natali scolastici è il senso di angoscia per le vacanze che finivano e che mi strappavano a quell'intimità solitaria della casa e mi rispedivano dritto all'inferno, quello che ho vissuto alle medie e soprattutto al Liceo perchè a scuola andavo male e me ne vergognavo da morire senza riuscire a fare nulla per cambiare quello stato.
Quando le emozioni le subivo e non le vivevo.

27 agosto 2010

Franca Valeri una splendida 90enne

Lo scorso (ehm) 31 Luglio Franca Valeri ha compiuto 90 anni.

La stampa pubblica una sua intervista nella quale apprezzare la cultura, l'esprit de finesse, e l'ottimismo sui giovani, alla sua veneranda età.

Come sta Cesira, la signorina milanese snob?
«Benissimo, in gran forma. Lo snobismo ridicolo non muore mai».

E la sora Cecioni, la popolana romana coi bigodini in testa, sempre al telefono con mammà?
«Lei è tranquilla, perché di mezze calze che si prendono sul serio e su cui ironizzare è piena l’Italia. Roma in particolare».


Che cosa le dà più fastidio dell’Italia di oggi?
«Facciamo prima a dire cosa non me ne dà. La maleducazione, l’arroganza e la stupidità sono arrivate a livelli insuperabili».

Una cosa, una soltanto, che le piace?
«I giovani. Forse c’è una percentuale che, non per colpa sua ma dei modelli che ha davanti, è diventata insopportabile. Ma la grande maggioranza è gradevole: vale la pena provare in tutti i modi a farli crescere bene».

Quale autore vorrebbe ancora portare in palcoscenico?
«Ho un desiderio profondo, da attrice e da regista: mettere in scena una commedia di Feydeau. L’albergo del libero scambio, Occupati d’Amelia, Sarto per signora, c’è l’imbarazzo della scelta. I suoi dialoghi sono la perfezione, mi hanno insegnato a scrivere. I suoi personaggi non sono pupazzi e il suo stile non è soltanto burlesco. Merita di essere vendicato dalle sconcezze e dalle sciocchezze con cui cattive compagnie hanno massacrato i suoi testi meravigliosi, dove vive la tradizione dei boulevardiers parigini. Dialogatori imbattibili, i migliori di tutti».

Lei ha lavorato con i massimi attori e registi. Chi le piace ricordare?
«Tanti. Il più grande affetto è per Vittorio De Sica. Come compagni di lavoro, Paolo Stoppa è stato un signore, semplice e glorioso, in una tournée che è durata due anni. Con Alberto Sordi ho girato sette film. Le battute nascevano insieme, inventando, anche sul momento. Alberto era formidabile, come artista e come collega, non avevi mai l’impressione che pensasse solo a se stesso».

Siamo seduti in salotto. Alle pareti, cinquanta locandine di opere liriche, molte col suo nome come regista. E pile di dvd, sempre d’opera.
«Me li regala Elio Pandolfi, è un maniaco dell’opera come me. La lirica, assieme al teatro, è la mia grande passione. Nessun titolo preferito, perché ho amato tutte le opere che ho messo in scena. Se devo scegliere, credo che il Macbeth e il Simon Boccanegra di Verdi con la regia di Giorgio Strehler siano insuperabili».

Strehler più di Visconti?
«Luchino era elegantissimo, Strehler inventava di più».

Locandine, dvd e una libreria colma.
«Ma se cerca il bestseller o il vient-de-paraître, lo Strega, il Campiello o il Viareggio, qui non li trova. I libri recenti sono quelli che mi mandano gli amici, Arbasino prima di tutti, sempre con dedica».


Un consiglio per invecchiare bene?
«Evitare la noia. Gli uomini ignoranti mi annoiano, i finto colti ancora di più. E cercare di capire dove sta la verità di un fatto: spesso ti scorre vicino e neppure te ne accorgi. La verità vista da una mente ironica e magari un po’ lungimirante è qualcosa di meraviglioso».


Legge ancora molto?
«Che domanda! Ai libri ho sempre chiesto quel che non mi può dare la realtà che mi circonda. Leggo le cose che non posso più vivere, sono contenta di aver letto molto e di potermene fregare dell’attualità. La vita la conosco, le tragedie e le gioie. E poi io rido soltanto leggendo. Il divertimento che provo leggendo un testo teatrale a letto, la sera - mi addormento molto tardi - è unico. A teatro, con certi attori, mi capita di ridere una volta all’anno. Guardando la televisione, mai».


Adesso vado, tolgo il disturbo. La lascio lavorare.
«Mi scusi, devo studiare per domani. La prosa di Gadda è così difficile, ha un ritmo tutto suo che, se non lo impari, finisce che ci inciampi dentro. Non so come fanno certe attrici di cinema a prendere alla leggera certi copioni: che disastri».

Roro IV scende dal divano e, con sovrano fastidio, ma gentile, mi accompagna anche lui alla porta.
Ma mi piace (ri)proporvi la Franca con la nostra Mina...





Io ho avuto la fortuna di vederla diverse volte a teatro e di inoltrarla secoli fa nel 1991 a una delle prime feste gaie cui partecipai (all'ex mattattoio) dove lei venne a proporci i suoi monologhi. Dopo lo spettacolo, mi avvicinai con la copia appena comperata del suo libro (di allora) chiedendole l'autografo. Lei mi squadra dal basso in alto e viceversa, prende il libro e la penna che le porgo e mi chiede, come te chiami?

Auguri Franca!

4 agosto 2010

Tanti auguri Sabina Ciuffini!

Compie oggi 60 anni la mitica Sabina Ciuffini, "valletta" dei quiz di Mike degli anni 70, dalle vertiginose minigonne che, la radi della dc, tollerò perchè, come spiegò lei anni dopo, rimaneva immobile, senza muoversi e non veniva mai inquadrata quando camminava... Donna intelligente e arguta, ha sempre fatto bella figura nei programmi in cui era invitata come ospite, senza farsi mai relegare nel ruolo della bella senza cervello, e dando risposte intelligenti e mettendo al posto loro presentatori troppo disinvolti.
Nei miei ricordi di infanzia (avevo poco più di 5 anni quando Sabina sfoggiava le sue mise) Sabina è una cugina più grande, impassibile e immobile, pronta però a giocare con me e sporcarsi di terra e di erba appena finita la trasmissione. Bella ora come allora le faccio i miei migliori auguri di buon compleanno!
bello essere
quello che si è anche se si è
poco
pochissimo
niente


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