Lei (Anna Tatangelo) davanti a lui.
La faccia seria, una camicia maschile sotto la quale non indossa il reggiseno, gli occhi bistrati come al suo solito, una lacrima di trucco à la Pierrot, una tiara in testa da reginetta del ballo americano, da principessa dei sogni.
Guarda oltre l'obbiettivo, a lato, come immersa nei suoi pensieri, assorta, non è davvero presente nella scena. Sicuramente meno presente di lui.
Lui (Fabio Coconuda) defilato, dietro di lei, una gamba flessa, il jeans strappato sul ginocchio,
Una mano col palmo rivolto verso chi lo guarda.
Come dovesse difendersi lui dalla violenza. E infatti sul palmo della mano ha scritto basta. E' lui il vero protagonista.
Lo stilista Coconuda proprietario del marchio che porta il suo cognome, e maschio.
Un maschio che non agisce la violenza, che non testimonia nemmeno contro la violenza ma che si atteggia a vittima mentre la donna, quella contro cui la violenza si abbatte, continua a essere una presenza esornativa, come sempre, una presenza astratta, un femminino che serve a vendere di tutto, in questo caso a sostenere una campagna nominalmente contro la violenza sulle donne, come non la riguardasse in prima persona, ma solo in quanto strumento di pubblicità e vendita. Proprio come il corpo della donna non c'entra niente con lo yogurt o gli altri mille prodotti che (Il copro del)la donna più o meno (s)vestita pubblicizza.
Un capolavoro di ossimoro perchè questa pubblicità mentre pretende di dire basta alla violenza contro le donne allestisce in realtà uno scippo enorme sostituendo il maschio alla donna come soggetto della comunicazione e tenendo la donna come oggetto di appeal, defilato e assente, distaccata, quasi atarattica, esteriormente triste (quella lacrima simbolica dipinta col trucco) mentre è lui il maschio quello che mena stupra e uccide a essere sofferente, ad avere un viso contratto dal dispiacere, dalla paura, dal dolore, è lui che si sta difendendo.
A ben vedere questa pubblicità dice basta di accusare noi maschi di compiere violenze sulle donne.
Dopo il danno anche la beffa.
Non basta apprezzare le intenzioni se il linguaggio comunicativo è sempre quello discriminatorio quel linguaggio che Boldrini ha così precisamente criticato sentendosi dare dell'incompetente da quel maschilista e omofobo di Barilla.
Se sono i maschi a compiere violenza sulla donna com'è possibile che in una immagine di denuncia ci sia un maschio non in atteggiamento aggressivo ma in atteggiamento da vittima che si difende?
Il linguaggio di questa fotografia è maschilista, discriminatorio e ingannevole.
Fateci attenzione non rendetevene complici.