Borderskab (Danimarca, 2009) di Nicolo Donato è l'anti Plan b. Classica storia di attrazione sessuale tra due ragazzi (uomini) spacciata per storia d'amore.
Questa volta in un contesto neonazi. Film ambiguo sia per le motivazioni che porta il protagonista, Lars, a unirsi al gruppo nazi, sia per il modo di descrivere quel mondo, di mostrarlo come fosse un'alternativa tra le tante. Il film sia apre con il pestaggio di un ragazzo rimorchiato in chat da parte di Jimmy, lo stesso tipo nazi che poi si metterà con Lars, quest'ultimo ex militare non promosso perché accusato di molestie dai suoi commilitoni.
Lars e Jimmy passano da abbracci e pacche tra camerati a baci e fellatio (Lars a Jimmy, ma il film non mostra altro) quasi senza soluzione di continuità. Un desiderio quasi animalesco, bello, vero, anche eccitante ma del film non si capisce il senso. Cosa vuole dirci Donato? Che la violenza nazi è un modo per sublimare l'omosessualità? O che il culto del cameratismo può condurre all'omosessualità? Oppure vuole raccontarci di una storia gay in un contesto improbabile? Perché Lars si avvicina a loro? Perché picchia i pakistani ma poi si scandalizza quando scopre che i nazi picchiano anche i gay?
Alla fine dopo essere stati pestati dal gruppo che ha scoperto tutto (ha fatto la spia il fratello minore di Jimmy, drogato), dopo che i camerati inducono Jimmy a picchiare Lars, Jimmy si lascia convincere a fuggire con lui ma viene accoltellato dal ragazzo pestato all'inzio del film. Non muore. Lo vediamo in ospedale in coma e non sappiamo se si risveglierà. Un film che mi lascia perplesso perché il ragazzo picchiato a inizio film (che sappiamo essere finito in ospedale ma che ora sta bene) preferisce la vendetta privata alla denuncia alla polizia. E il regista sembra equiparare,almeno negli effetti, quella violenza a quella dei nazisti. Io non giustifico il gesto dell'accoltellatore ma le motivazioni sono diversissime. Un conto è la vendetta un conto la violenza che nasce dalla xenofobia dall'omofobia e dal culto ariano.
L'idea che il gesto di vendetta di una vittima dell'omofobia diventi inconsapevolmente un gesto omofobo è geniale da un punto di vista della sceneggiatura ma da un punto di vista politico e umano mi fa orrore, perché mi induce ad avere pietà di un naziskin. Ma io non voglio avere pietà di un naziskin perché è gay. Non mi interessano i problemi di Jimmy col fratello drogato, non mi interessa vedere il tipo di feste e di riunioni politiche cui partecipano i nazi. Il film è preciso nel descrivere situazioni e dinamiche di gruppo, privo di cliché, anzi con un occhio lucido e sensibile ai dettagli, ma non va alla vera radice del neonazismo che resta quasi solo uno scenario nel quale far crescere una storia gaya. Allora cui prodest? Perché scomodare il neonazismo se poi si finisce nel privato di tanti (troppi) gay picchiati , Jimmy in coma e Lars al capezzale del suo letto? Un film comunque da vedere, onesto e sincero, a differenza di altri film a tematica di questo festival.
La Régate (Belgio-Francia, 2009) di Bernard Bellefroid racconta di un figlio picchiato dal padre (ma non se ne capisce il perché) che rimane col suo carnefice, nonostante gli abbia accoltellato una gamba, e abbia cercato di affogarlo, per non farlo partecipare a una regata dove avrebbe grosse probabilità di vincere. i Film sulle violenze dei padri sui figli non f anno mai male, ma qui non si capisce il perché, la violenza è gratuita e questo de-colpevolizza il padre padrone (che infatti non viene denunciato...). Il film mostra un mondo di disonesti dove l'unico rifugio sembra quello dello sport. Riprese bellissime che non annoiano nemmeno un de sportivo come me, un racconto che si fa seguire anche se il motivo principale per vedere il film è la bellezza commovente di Joffrey Verbruggen, l'interprete di Alexandre, un ragazzo che non sa come difendersi dalla cattiveria degli adulti.