7 settembre 2007

numb3rs


Sta diventando davvero un bollettino di guerra, certo non esaustivo, perché, mio malgrado, non ce la faccio a guardare TUTTA la fiction americana che ci ammannisce la tv generalista. Ma tant'è. Questa volta mi occupo di Num3ers, una serie partita in sordina lo scorso anno su Raidue (interrotta alla seconda settimana di programmazione) e poi ripresa subitaneamente all'inizio di questa estate. Una serie basata su di un'idea striminzita, quella del fratello genio matematico (con tanto di cattedra universitaria) che aiuta il fratello agente dell'FBI nelle indagini, sciorinando il suo matematicorum fatto di improbabili equazioni che scrive su infinite lavagne, per elaborare e collegare dati su serial killer e omicidi di massa.

Tra la prima e la seconda stagione però, sottilmente, episodio dopo episodio, si è impossessato del telefilm un tono reazionario, no, proprio nazifascsita, che, tra le righe, lamenta dei diritti civili dei singoli cittadini che ostacolano le indagini dell'agenzia federale, dove i ragazzi serial killer sono figli di ragazze madri, hanno traumi psicologici che riguardano sempre la separazione dei genitori, e dove le stragi nei licei vengono compiute a suon di musica (di commento) metal. Un florilegio del luogo comune però surrettizio e ideologico che indica in certa musica, in chi vive al di fuori della famiglia tradizionale, le cause dei tanti mali di una società malata, dove però le responsibilità sono sempre individuali e mai collettive, e dove non esiste responsabilità morale ma ognuno è responsabile solamente delle proprie azioni, dove le donne dell'fbi sono lì per motivi particolari (l'unico agente donna, specializzato in "psicologia", ammette di essere stata cresciuta da un padre che voleva il figlio maschio "so giocare a tutti i giochi con la palla" confessa a un uomo che la corteggia e la porta fuori a cena) come dire che essere agente dell'Fbi non è "normalmente" lavoro per le donne con buona pace di Scully e di X-Files dell'ormai lontanissimo 1993.
Non è solo per motivi ideologici che questa serie (prodotta dai fratelli Scott, Ridley e Tony) mi innervosisce ma anche perché ci propina delle semplificazioni narrative che solo 10 anni fa sarebbero state impensabili. E non venitemi a dire che si tratta solo di tv perché ci sono altre serie (una fra tutte The Closer) che invece hanno la qualità del film e non cadono mai in questi evidenti, ridicoli e superficiali errori semplificatori.

Insomma un telefilm fascista e di merda, come solo gli americani sanno fare...

Al Corley

Un paio d'anni dopo, lasciato Dynasty alla fine della seconda stagione (quando ormai il suo personaggio, superata la fase "adolescenziale" gay si sposa con una babbiona che ha il doppio dei suoi anni...) Al Corley si presenta come cantante con un singolo Square Rooms che ebbe un certo successo...
.

Tre dischi all'attivo prima di passare alla regia e alla produzione televisiva...
A vederlo oggi fa orrore.
E' proprio vero le donne sanno invecchiare meglio di noi maschietti (e non è una questione di chirurgia plastica...).



p.s. la metro parigina che si vede nel video l'ho presa l'anno scorso, col mio amico Paolo!

SOSPIRO

ciao Luciano!

Non sono mai stato (not yet...) un melomane ma Puccini è sempre stato di casa da me, grazie a nonna Rosa, che mi ha insegnato come, una volta, la musica lirica, fosse una musica davvero popolare, e di come il teatro dell'opera fosse gremito da ben altra gente di quella che lo riempie (se lo riempie) oggi.



Pavarotti è legato per me a una sera d'estate quando Steven e Ted lo andarono a sentire a New York, e, tempo dopo, quando stavano per lasciarsi, Ted lo ricordava con Steven, intenerito.
Ted e Steven sono i primi due personaggi gay comparsi in una Soap Opera Dynasty, nella prima stagione, alla fine della quale venne in soccorso Joan Collins, nel ruolo della madre di Steven (che denunciò il padre per aver involontariamente ucciso Ted...) per risollevare sorti (e dati d'ascolto) della Soap.
Ecco, nel mio immaginario, nei miei ricordi di adolescente (avevo 16 anni quando trasmisero Dynasty) anche io sono andato a vedere Pavarotti, a New York, quell'estate... e la sua morte, ora, segna davvero la fine (tardiva!!!) della mia adolescenza.
Certo io non ero come Steven e Ted ma quei due ragazzi innamorati, niente affatto effeminati, ricchi e belli, mi hanno fatto credere in un mondo migliore....
Da allora sto ancora aspettando il mio principe azzurro e se continua di questo passo va a finire che lo troverò solamente nel giovane paramedico che un giorno, spero il più lontano possibile, verrà a soccorrermi con l'ambulanza perché qualche mio organo interno avrà ceduto per l'età (o per il peso...).

Ciao Luciano!

Slave to the Rhythm













Nel 1985 Grace Jones esce con un album unico nel suo genere Slave to te Rhythm, prodotto e scritto da Trevor Horn . nel quale ripropone per ben 6 volte, con arrangiamenti diversi, la stessa canzone (precedentemente pensata per i Franky Goes to Hollywood) che dà titolo all'album.
Una sorta di concept album al contrario nel quale un bel pezzo pop diventa l'icona stessa della riproducibilità tecnica, una stessa melodia rivisitata da stili, strumenti e ritmi diversi...

and check out this one too!!!!
bello essere
quello che si è anche se si è
poco
pochissimo
niente


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