C'è una intervento molto forte sul sito gayaweb.it , scritto da Francesca Cortesi, che critica pesantemente questa decisione non riconoscendo al separatismo nessuna consistenza, nessun valore, nemmeno quello storico (credo che al femminismo, almeno al suo nascere, abbia giovato il separatismo...) visto sopratutto che oggi, il separatismo, trova proselite proprio tra le donne lesbiche...
Ora, credo anch'io che la posizione separatista possa essere politicamente debole, ma anche se non la condivido, comprendo il separatismo, capisco che, in un mondo a immagine e somiglianza del maschio, in un mondo machista e maschilista, le donne possano sentire il bisogno di fare da sole e che abbiano il diritto di farlo!
Per cui anche se mi dispiace non poter partecipare alla manifestazione di domani, rispetto la decisione presa.
L'atteggiamento critico e le argomentazioni che porta Francesca Cortesi nel sito gay.it (gaya, appunto, non lesbica) mi sembrano comunque molto maschili nel loro dirompere polemico e non credo colgano nel segno. Francesca non capisce che in questo caso il separatismo è giustificato e condivisibile.
C'è un passaggio soprattutto in cui emerge l'ottica maschilista di questo intervento quando Francesca dice:
Ci sembra assurdo che un uomo – solo perché nato biologicamente tale - non possa partecipare. Che un fratello la cui sorella ha subito violenze, un marito la cui moglie è stata stuprata, un figlio che è cresciuto assistendo alle violenze del padre sulla madre non possa partecipare per portare in piazza la sua protesta.Cara Francesca nessuno di questi uomini ha subito sul proprio corpo la violenza contro cui le donne scendono in piazza. Poco importa se non tutte le donne sono state picchiate ma appartengono al genere, rappresentano il corpo violato dagli uomini.
Che un uomo qualunque, toccato dalle cifre della violenza di alcuni suoi simili sulle donne, si senta sbattere la porta in faccia dalla più importante manifestazione nazionale sull'argomento.
Nessun uomo invece è picchiato in quanto uomo da un altro uomo.
Anche io, se fossi donna, non credo vorrei uomini intorno.
Un figlio, un padre, un fratello, protesterebbero non per una violenza subita direttamente sul proprio corpo o dei loro co-genere ma per una violenza fatta da dei loro simili, fatto alle loro donne... una loro proprietà secondo l'ottica sessista e maschilista codificata nei rapporti di parentela della famiglia.
Sarebbe troppo comodo far sfilare gli uomini che così possono crearsi un alibi e distinguersi d altri maschi, adducendo la scusa che, come dici tu, la violenza non è insita nel (concetto di) maschio. Invece è proprio così!!!
E poi le donne non hanno certo bisogno e in questa occasione meno che mai, di padri, fratelli, mariti, compagni, amici, di tutori, (come sostieni tu quando dici che "
gli uomini che ci rispettano e si battono per i nostri diritti sono per noi alleati fondamentali, in quanto portatori di una maniera civile, legale e non violenta di essere uomo. Costituiscono una via privilegiata per comunicare con gli uomini violenti").
Io non credo proprio che le donne abbiano bisogno di un aiuto per dire agli uomini, a tutti gli uomini, TU NON MI PICCHIERAI PIÙ!
Le donne non delegano, non hanno bisogno, come dici tu, di chi dà loro diritti. I diritti se li prendono da sole e si fanno rispettare da sole.
Perché anche se io non ho mai picchiato una donna mi prendo la mia responsabilità che i miei co-gender siano violenti contro le donne e come uomo che protesta con le donne è come se un po' assolvessi il mio genere, i miei fratelli che picchiano e compiono violenze anche morali nei confronti delle donne.
Se lo capisco io, che sono un uomo, perché non lo capisci anche tu Francesca?
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