16 ottobre del 1943.
Ultima tappa di un triste itinerario iniziato nel settembre del 1938 con la promulgazione delle leggi razziali.
Alle 5.15 del mattino le SS invadono le strade del Portico d'Ottavia a Roma e rastrellano 1024 persone, tra cui oltre 200 bambini.
Alle 14.05 del 18 ottobre un treno di diciotto vagoni piombati partirà dalla stazione Tiburtina per portarli, dopo un viaggio di 6 giorni al campo di concentramento di Auschwitz in territorio polacco.
Solo quindici uomini e una donna (Settimia Spizzichino) ritorneranno a casa.
Nessuno dei duecento bambini è mai tornato...
Si è discusso a lungo, in sede storica, sulle leggi razziali. Si è voluta sostenere una distinzione tra il
periodo della “persecuzione dei diritti”, relativamente agli anni tra
il 1938 e il 1943, e il periodo della “persecuzione delle vite”, tra il
1943 e il 1945.
Sta di fatto che i due periodi si saldarono tra loro, proprio in quel
tragico ottobre 1943.
La deportazione degli ebrei fu possibile in
maniera così radicale e rapida perché questi italiani “invisibili” erano
già stati isolati e ben identificati con le leggi razziali.
Oggi la maggior parte
degli storici concorda nel ritenere che le leggi del 1938 non furono un
caso, ma rappresentarono la prevalenza di alcuni elementi della storia
italiana e del regime fascista.
Le vicende degli ebrei romani rivelano, infatti, la dolorosa e
progressiva presa di coscienza della persecuzione, non come
un’imposizione dello straniero, ma come un dramma italiano, quello di
italiani contro italiani.
Quando la razzia degli ebrei romani è compiuta
dai tedeschi, compaiono sempre alcuni italiani come collaboratori,
delatori, complici e, talvolta, veri persecutori.
In Italia furono eseguiti 1898 arresti di ebrei da parte di italiani,
2489 da parte di tedeschi, 312 vennero compiuti in collaborazione tra
italiani e tedeschi, mentre non si conosce la responsabilità dei
rimanenti 2314*.
Certo non tutti gli italiani condividevano la persecuzione nei
confronti degli ebrei: probabilmente la maggioranza era contraria. Non
solo una diffusa contrarietà ma pure con significativi episodi di
solidarietà verso i perseguitati.
Lo Stato dichiaratamente antisemita
era spesso contraddetto, a livello pratico, alla gente che non lo
seguiva.
Per richiamare le parole del rabbino Toaff: «Vi fu antisemitismo di
Stato e non di popolo».
(dal sito 16 ottobre 1943)
Nessuno dei duecento bambini è mai tornato...
Sta di fatto che i due periodi si saldarono tra loro, proprio in quel tragico ottobre 1943.
La deportazione degli ebrei fu possibile in maniera così radicale e rapida perché questi italiani “invisibili” erano già stati isolati e ben identificati con le leggi razziali.
Oggi la maggior parte degli storici concorda nel ritenere che le leggi del 1938 non furono un caso, ma rappresentarono la prevalenza di alcuni elementi della storia italiana e del regime fascista.
Le vicende degli ebrei romani rivelano, infatti, la dolorosa e progressiva presa di coscienza della persecuzione, non come un’imposizione dello straniero, ma come un dramma italiano, quello di italiani contro italiani.
Quando la razzia degli ebrei romani è compiuta dai tedeschi, compaiono sempre alcuni italiani come collaboratori, delatori, complici e, talvolta, veri persecutori.
In Italia furono eseguiti 1898 arresti di ebrei da parte di italiani, 2489 da parte di tedeschi, 312 vennero compiuti in collaborazione tra italiani e tedeschi, mentre non si conosce la responsabilità dei rimanenti 2314*.
Certo non tutti gli italiani condividevano la persecuzione nei confronti degli ebrei: probabilmente la maggioranza era contraria. Non solo una diffusa contrarietà ma pure con significativi episodi di solidarietà verso i perseguitati.
Lo Stato dichiaratamente antisemita era spesso contraddetto, a livello pratico, alla gente che non lo seguiva.
Per richiamare le parole del rabbino Toaff: «Vi fu antisemitismo di Stato e non di popolo».
(dal sito 16 ottobre 1943)
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