Nella notte tra il 1 e il 2 novembre moriva, in circostanze non ancora del tutto chiarite, Pier Paolo Pasolini: scrittore, regista, giornalista, intellettuale controverso ed epurato dal PCI.
Pasolini doveva essere un uomo insopportabile per l'allora partito comunista. Discontinuo, acuto, contestatore, ribelle. Uno capace di ridefinire il fascismo, di cogliere il senso dell'emarginazione di classe, di parlare con tutti senza discriminazioni. Non solo nelle parole ma persino nei fatti. Un PCI che per accreditarsi come "diverso" dall'ateo ed iconoclasta PCUS, finiva per essere più bigotto della DC in tema di aborto e divorzio. Figuriamoci tollerare un frocio che in qualche modo minava l'immagine di credibilità morale che tanto il PCI andava cercando nel costruirsi catto-comunista. Certo Pasolini era ingestibile. Incontenibile. Non tollerabile, allora.
Pasolini di notte era quello che si leggeva sui giornali. La stessa persona. Pasolini era ciò che girava con la cinepresa, ciò che diceva. Pasolini era un provocatore di giorno perché non avrebbe dovuto esserlo anche di notte? Certo Pasolini non era un politico prestato alla poesia. Era un poeta prestato alla politica, senza mediazioni e, si sa, la poesia, sconti non ne fa.
Pasolini si tuffava nella vita in modo trasparente. Semplicemente: si sapeva tutto di lui. Lui era deprecabile, ammirabile o persino indifferente. Ma la sua osservazione ti consentiva di scegliere. Insomma Pasolini era un Lupo di giorno e di notte. E come un Lupo viveva la vita bevendola a piene mani e senza nascondere il bicchiere. Non potevi sorprenderlo, se non alle spalle per ammazzarlo.
Guardate, invece, la nostra classe politica. Non è cambiato nulla. Guardate la loro forma perfetta e tonda durante il giorno. Poi guardate cosa accade in realtà.
Ecco cosa scrive Cristiana su Facebook. Troppo bello per non quotarlo sul mio blog. Per ricordare, ogni anno, quella notte maledetta in cui Pierpaolo è stato ammazzato.
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