21 luglio 2008

Riflessi

E mentre mettevo a posto scartoffie e vecchi appunti (strano modo di divertirsi il mio) sono uscite fuori alcune foto e i vecchi appunti per una mostra di fotografia alla quale ho partecipato nel lontano 1988, vent'anni fa giusti giusti, insieme a Alessandra Guarino, Carola Picciotti e Giovanni Benedetti, uniti per l'occasione nel gruppo "Zabriskie Point". Le foto erano di Marco Polidori, noi ci "limitammo" a coadiuvarlo nella scelta degli scatti nella stampa e nell'allestimento della mostra.
Pensate cosa voleva dire montare foto su pannelli 3 mt per 2...
Sono molto grato a Marco, ancora oggi, perché mi ha portato con sé nella camera oscura e mi ha dato subito fiducia permettendomi di stampare le mie prime foto. L'emozione di vedere apparire dal nulla l'immagine stampata nella soluzione di sviluppo e di fissaggio è una cosa che intender non la può chi non la prova. Una stampa coraggiosa e ardita, mentre con le tue mani (ma più spesso con dei cartoncini) oscuravi parte del fascio luminoso per correggere problemi di esposizione del negativo (o per personalizzare comunque la stampa).




Tengo ancora con me qualche prova che facemmo allora, su carta fotografica, stracciata, slabbrata e questa matericità della foto, così distante dalle foto digitali di oggi mi fa dire ancora e sempre di più che l'era analogica è l'unica che vale la pena di essere studiata...

Allestimmo la mostra nell'atrio dell'aula magna de<La Sapienza e per una settimana andai io ad aprire la mostra, alle 9 del mattino, restando fino a sera. Alessandra e gli altri venivano il pomeriggio a darmi il cambio Marco arrivava quasi tuttele mattine verso le 11. Chiedevo le chiavi alla custode dell'aula magna aprivo quella porta enorme e pesantissima, anni trenta, e accoglievo i visitatori, dando spiegazioni o lasciandoli liberi di guardare quel che volevano. Ai più interessati regalavo le fotocopie rilegate con una serie di scritti, di Marco e nostri.

Non a tutti piacque quel che facemmo: la mia amica Frances criticò il fatto che nel poster della mostra c'era un disegno e non una foto ("che mostra di fotografia è?"); il poster lo aveva stampato lo zio di Marco, nel suo studio di grafica e ci era parso tutto così fantastico che non avevamo pensato minimamente a mettere una foto invece del disegno...
Luciano, il compagno di Mariù, un amico, aveva trovato quel che avevamo scritto banale o presuntuoso, forse era solo invidia, o spocchia...
Le foto a me piacevano moltissimo e i visitatori veri (quelli che erano venuti non perché avevano un amico che aveva partecipato alla mostra, ma gente davvero interessata di fotografia) le apprezzavano assai.
Chissà se Marco ha ancora il libro dei commenti...

Ho perso di vista Marco da almeno 10 anni.
Le ultime notizie che ho di lui è che ha lasciato l'insegnamento nelle scuole, ed è diventato cuoco (cuoco?!?).

Chissà se gli capiterà di leggere queste righe...

Le foto che pubblico sono prove e non sono minimamente indicative del lavoro straordinario che aveva fatto Marco, grazie al suo straordinario occhio da fotografo, l'unica cosa che non si impara, o lo si ha oppure no.

Chissà quante altre foto avrà fatto in tutti questi anni...

1 commento:

Anonimo ha detto...

Non potevo esimermi dal lasciare a un vecchio amico il mio commento per il ricordo affettuoso e sincero dei momenti passati insieme. Caro Alessandro, si è molto tempo che non ci vediamo, e questo mi dispiace. Molte cose sono cambiate come è previsto dall'"orizzonte degli eventi" e dalla "dolce, inesorabile curva del divenire". La mostra, le fotografie, il gruppo che si era formato e il senso di quello che stavamo facendo sono per me la testimonianza di un periodo in cui ho vissuto pienamente me stesso, con un'intensità che non ho più ritrovato. Sono i momenti magici che capitano forse una volta sola e lasciano da un lato una grande soddisfazione dall'altro il rammarico di non essere stato capace di preservarli e di farne dei cardini, delle coordinate su cui orientare l'intera esistenza. Eppure qualcosa resta sempre, al di là di quel meterico detrito di carta agli allogenuri d'argento, di quel foglio sfrangiato, delle parole messe fra i silenzi, di tutte quelle ore di mani fra gli acidi e l'acqua che scorreva fredda, di quelle mattine di appuntamenti più o meno ritardati per il sonno che si andava ad accumulare, di quei tempi che in fondo abitano le nostre "vene celesti" e a volte tornano fra le cose che accumuliamo, perchè buttare è sempre difficile, riemergono come un sollievo che si scioglie piano nella gola e sale agli occhi e ci da il tempo, ci insegna il tempo sottile della pioggia. Un abbraccio forte Alessandro e spero presto di poterti incontrare.
Marco Polidori mapolidori@yahoo.it

bello essere
quello che si è anche se si è
poco
pochissimo
niente


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