25 marzo 2008

25 marzo 1940


Sono le otto di sera. E' estate, i primi di Agosto.
Fa ancora molto caldo, per strada non c'è nessuno.
Mi sento a mio agio anche se indosso solamente degli short cortissimmi e una canotta a righe bianche e rosse.
Ho in mano due buste dell'immondizia che mia madre mi ha mandato giù a buttare.
Sono eccitato perché questo è un momento tutto mio, da solo.
Per un attimo fantastico pure di andare chissà dove, da solo, scorrazzando libero per le vie deserte del quartiere.
E' il 1978, ho tredici anni.
Mi guardo intorno e mi pervade già la nostalgia, per il tempo, che scorre via, senza che io faccia niente per approfittarne, per tutte le potenzialità che la vita suggerisce e che io, ancora, no so cogliere, per tutte le persone che vivono nascoste nelle proprie case, della cui vita mi chiedo solo per un attimo, prima di essere invaso da una nuova emozione.
Non riconosco subito la canzone ma le sue note già mi procurano riverberi emotivi, echi emozionali difficili da gestire, da capire, da catalogare.
Poi riconosco le note di "Ancora ancora ancora" di Mina. Mi sorprende la coincidenza... E' già la terza volta, nel tempo, che una canzone di Mina mi sovrasta sovreccitando i miei sensi, stuzzicando la mia enorme capacità di provare nostalgia, di struggermi, disperando anche, con una fascinazione come fosse una cosa proibita, una ...masturbazione dell'anima che posso solamente subire, perché per avviare quel subitaneo cambiamento d'umore ho bisogno di una musica (più raramente può essere un profumo...)che mi sovrasta, mi stordisce proprio come l'eccitamento sessuale...
Non colgo il nesso lì per lì... Mi meraviglia solo il ricorrere di una voce, di un nome.
Mina la conoscevo perché piaceva a mia madre e provavo simpatia per lei, ma niente di più. Erano altre, all'epoca, le cantanti che mi piacevano: Loretta Goggi, Raffaella Carrà, Paola Tedesco, Ombretta Colli.
Di Mina mi aveva colpito quando ero ancora un bambino Dindi canzone della quale mia madre aveva il 45 giri (lo custodisco ancora gelosamente) e, di tanto in tanto, su mia richiesta, mi facevo cantare da lei, come una ninna-nanna...
Ma era stata pioggia di Marzo a entrarmi nell'anima rimanendovi indelebile per sempre, ancora oggi, dopo tanti anni ha la capacità di farmi struggere come allora.
Era la canzone però che mi piaceva, non Mina.
Ricordo che, quando mio padre mi chiedeva cosa mi sarebbe piaciuto farmi regalare, rispondevo sempre "Pioggia di marzo di Mina" che ad ogni ascolto mi emozionava, mi turbava...
Un pomeriggio del 1974, due ragazze, per strada, mi passarono accanto, camminando spedite, mentre cantavano all'unisono "la rosa allo Jo-jo, ninna-o ninna-a, è un dolore però tanto male non fa". Ecco! La sensazione di struggimento che Pioggia di Marzo mi faceva provare era un dolore, un dolore che non faceva tanto male...
Lo stesso mi era capitato due anni dopo quando, era luglio, scuola era finita, e io passavo il mio tempo in giro per la via dove allora abitavo, trascinandomi dietro un radioregistratore che mi era stato regalato per il compleanno, il mio orgoglio, e, mentre seguivo un quiz radiofonico condotto da Mike Buongiorno, dopo una domanda sul piloro, Mike aveva annunciato "La scala buia" di Mina. Era di nuovo la canzone ad avermi colpito e non avevo pensato ancora a Mina.
Ma quella sera di agosto, mentre ascoltavo Ancora, ancora, ancora, la verità mi colpì con un'evidenza che mi fece trasalire.
Come mai non me ne ero accorto prima?!?!

A ME PIACE MINA.

La constatazione mi colpì con la solennità di un'epifania e, all'improvviso, mi scopersi fan, alle prime armi, sì, perché conoscevo ancora ben poche canzoni della mia Dea, ma un fan di vecchia data, che la seguiva e la amava praticamente dai primi anni di vita.
Iniziò così la mia scoperta dei suoi dischi, del suo immenso repertorio; e per qualche anno, fino al 1983 fu una festa immensa. Appena racimolavo qualche soldo comperavo uno dei suoi innumerevoli lp e così, per me, era un po' come se uscisse un disco nuovo al mese...
Dal 1983 quando avevo comperato tutti i dischi disponibili sul mercato, dovetti accontentarmi della uscita, verso ottobre, del doppio album che puntualmente ogni anno pubblicava. La puntualità nelle sue uscite l'ha legata a doppio filo a praticamente tutti gli eventi della mia vita, belli e brutti (ricordo l'acquisto di Ti conosco mascherina nel 90, prima di correre al capezzale di mamma, che, morente e non più presente a se stessa, riuscì lo stesso a rispondermi "Ah sì?" quando le dissi che era uscito un nuovo disco di MIna...) dal 1979, quando comperai il mio primo lp, Attila ad oggi.
Sono passati 30 anni da quel giorno in cui un'epifania mi mostrò che la mia vita era già, a mia insaputa, quella di un fan di Mina.
Oggi, nell'occasione del suo 68 compleanno, voglio ringraziarLa per essermi stata sempre accanto e non averi deluso mai.

Tanti auguri Mina!

22 marzo 2008

Fiamma Frankestein

Vauro pubblica su manifesto del 13 marzo questa vignetta



nella quale dipinge Fiamma Nirenstein, editorialista de Il Giornale ed ebrea, come mostro, frankesteiniano, accozzaglia di pezzi di corpi diversi, per essersi candidata nella PdL insieme a Mussolini (Alessandra) e Ciarrapico, entrambi non solo filofascisti ma mai dissociatisi dalle leggi antirazziali del duce.

Ed è bufera. Vauro viene accusato di essere antisemita.

Proprio come fece il mio materassaio quando, abitavo ancora a Via Duchessa di Galliera..., vista affissa sul muro della mia camera da letto una pagina del manifesto pro-Palestina, mi guardò con orrore e incomprensione balbettando: "ma allora tu odi gli ebrei?".

Non so se mi offese di più l'accusa di antisemitismo o il riduzionismo logico che non vede una terza via: se sei pro Palestina odi gli Ebrei (non sarà che magari critico il governo di Israele e non TUTTI gli ebrei...?), se ami gli Ebrei odi i palestinesi, tertium non datur.

Il mio materassaio di mestiere fa materassi non il giornalista né il politico, per cui a lui perdono una grettezza di pensiero, un errore epistemologico tanto ingenuo quanto ideologizzato, trovo invece insostenibile, oltre che insopportabile, che si possa accusare Vauro di essere antisemita, come fa Michael Sfaradi sul sito Amici di Magdi Allam (articolo scritto per il sito informazione corretta perché nella vignetta in questione ha messo insieme la stella di David e il fascio Littorio.

Ora è chiaro che se Fiamma Nirenstein è iscritta nello stesso partito dove è iscritta anche Alessandra Mussolini, nipote del duce, che fuoriuscì da AN quando Fini riconobbe "l'errore" (non l'orrore... sic!) delle leggi razziali, evidentemente è Fiamma che mette insieme stella di Davide e fascio Littorio, non certo Vauro il quale, inorridito dall'accostamento, lo ha semplicemente denunciato a suo modo, con una vignetta.
Chi è il vero antisemita?

Sfaradi fa proprio come Berlusconi che accusa chiunque eserciti una lettura critica di "comunismo", accusando di "antisemitismo" chi osa criticare l'operato di qualunque ebreo.
Per Sfaradi allora sarà antisemita anche l'Onu che contro Israele ha ratificato ben 72 risoluzioni tra cui la risoluzione 242 (1967) che impone a Israele di ritirarsi dai territori occupati e le risoluzioni 338 (1973) e 446 (1979) che impongono a Israele , dati gli scarsi risultati della precedente, e di rispettare le risoluzioni precedenti.

Per molto meno sono state fatte guerre per far rispettare le risoluzioni, per Israele no.

Forse sono antisemiti gli ebrei europei che criticano Israele, chissà...

Di fatto Fiamma non è sola ad accusare Vauro di antisemitismo
quando dice «È la riprova di quanto ho scritto nel mio libro dedicato all’antisemitismo progressista. Visto che non sono candidata in una lista di sinistra, divento automaticamente un mostro fascista. Sono certa che Vauro mi odia perché mi sono sempre schierata a favore di Israele». (fonte Corriere della sera)


Abraham Foxman, direttore dell’Anti-Defamation League, ha chiesto ufficialmente le scuse della direzione del manifesto:
«Ci riteniamo oltraggiati dal fatto che il manifesto abbia pubblicato una vignetta indiscutibilmente antisemita. Sia che fosse o meno intenzionale, l’effetto del disegno è l’associazione degli ebrei ai fascisti che li hanno perseguitati, denigrando il Pdl associandolo agli ebrei e sottolineando la presenza di un ebreo italiano nella lista elettorale. In ogni caso il risultato è lo stesso: antisemitismo»
Ma Vauro non è il solo a ribadire l'incoerenza di Fiamma.

Stefano Disegni pubblica su L'unità di lunedì questa vignetta





che gli è valsa critiche meno feroci ma lo stesso determinate di Fiamma:
Dice che è 'orribile' , 'oltraggiosa' e 'lontana dalla vera satira'. In attesa che Fiamma ci spieghi come va fatta la vera satira (con le acciughe? all'amatriciana? con arredi di Gae Aulenti? con l'alfabeto muto?) spiego io a Fiamma che deve fare invece di incazzarsi: uscire subito e con disgusto da una coalizione che accoglie, abbraccia e addirittura candida fascisti autodichiarati e praticanti, nostalgici di chi volle e applicò le leggi razziali del '38, alleato e complice dei nazisti che portarono 3000 ebrei romani a morire nei lager
come riporta lo stesso Disegni.

Ora mi chiedo: come si può distorcere la verità in buonafede? Come non accusare di disinformazione anche un sito che pretende di chiamarsi informazione corretta?

O sono anche io, senza saperlo, un antisemita?

21 marzo 2008

e anche Arthur C. Clarke se ne è andato...

alla veneranda età di 90 anni...
Per me Clarke è stato, per anni, "solo" l'autore di 2001, un autore misterioso, la cui versione narrativa del capolavoro cinematografico di Kubrick perdeva alcune letture "polisemiche" in favore di un determinismo che molti lettori avranno anche apprezzato, tranne il sottoscritto (nel romanzo è detto chiaramente che è stato il monolito a impartire telepaticamente le conoscenze al primate che poi ha "scoperto" l'impiego di un osso animale come utensile, mentre nel film di Kubrick la presenza del monolito è un simbolo di raggiunta intelligenza, altra lettura, un osservatore che testimonia con la sua presenza dei primati dalla loro condizione animalesca... Insomma una vera delusione che nemmeno conclusi di leggere e che relegai tra i pochi romanzi di fantascienza che avevo allora nella mia biblioteca (stiamo parlando dei primi anni 80...).

Poi per anni l'oblio, rafforzato dalla mia cocciuta convinzione che la fantascienza sia apprezzabile solo quanto è cinematografica (o televisiva) e poco quando è solo scritta. Ci vorranno Alfred Van Vogt (grazie ad Armando Gnisci, quando studiavo letterature comparate all'università) e in tempi più recenti Robert J. Sawyer per farmi ricredere e diventare un appassionato consumatore di novel fantascientifiche.

L'incontro con Clarke è avvenuto per caso, grazie a un breve ma magnifico romanzo che si chiama, guarda caso, Incotro con Rama.

Dopo tutto io non sono un lettore provetto di romanzi, moltomeglio i saggi(che divoro avidamente...). Le dissertazioni, nonostante io sia famoso per i miei incisi..., mi annoiano, l'apparato affabulatorio dei romanzi mi affascina solo quando la scrittura si fa assente, quando non fa pesare se stessa, insomma temo proprio di essere uno spettatore di film che cerca nel racconto per immagini tutto quello che potrebbe trovare nei romanzi...

Incontro con Rama è una sceneggiatura. La capacità di Clarke di descrivere senza annoiare è sorprendete. Quella di avvincere con un racconto che si rivela nel suo dipanarsi abile oltre la perfezione. Insomma se inizi a leggere Rama smetti solo quando lo hai finito.


Nel mio incontro con Clarke sono stato fortunato ho provato la stessa intensa emozione che ha provato il capitano Norton appena entrato nell'interno cavo della grande astronave-città.

Da almeno 8 anni si vocifera di un possibile film tratto da Rama, il film è annunciato per il 2009 (come nel 2001 era annunciato per il 2004...). Certo a vedere dalle possibilità (Anche tecnologiche di questo piccolo corto pluripremiato c'è da sperare che il film si faccia per davvero...


Intanto Clarke non c'è più...

Aprite le finestre ...è primaveraaaa!


Franca Raimondi, canzone vincitrice del festival di Sanremo del 1956.

Franca Raimondi nasce a monopoli(ba) il 08/07/1932. Consegue la maturità linguistica e nel frattempo studia canto lirico e moderno. Si mette in luce vincendo un concorso radiofonico nel 1953
1954 : Vince il primo festival Nazionale organizzato dalla rivista "Sorrisi e canzoni" dal nome "ugole d'oro"
1955 : La rai in tandem con la Fonit Cetra indice una selezione di giovani artisti da inviare alla successiva edizione del festival di sanremo;Franca vi partecipa e riesce ad entrare nella rosa dei finalisti su 7000 concorrenti.
1956 : Partecipa al festival di Sanremo che vince con la canzone "Aprite le finestre" .Alla manifestazione Franca interpreta anche "il trenino del destino","Lucia e Tobia" in coppia con Gianni Mazzocchi,"Sogni d'or" con Clara Vincenzi e "La colpa fu" con Ugo Molinari.Il successo è tale che nello stesso anno prende parte alla trasmissione televisiva "le canzoni della fortuna"
1957 : L'artista partecipa al festival internazionale di Nizza.Inoltre viene messa sotto contratto dalla Rai per cantare alla radio con l'orchestra diretta da Gian Stellari
1958 : Franca partecipa a "Canzonissima" e successivamente al festival di bari.Inoltre effettua una lunga tourneè in Canada e negli stati Uniti dove acquista una grande popolarità
1959 : Franca partecipa alla trasmissione radiofonica "Solo contro tutti" condotta da Mario Riva.Inoltre prende parte alla gara canora radiofonica "Il traguardo degli assi" condotta da Corrado con l'orchestra diretta da Cinico Angelini come gregaria di Alberto rabagliati,insieme al duo Fasano
1960 : Franca partecipa al Festival di Napoli presentando il brano "Canzone all'antica" in coppia con Mario Trevi che accede alla finale.
1961 : Franca partecipa al festival di Zurigo dove presenta il brano "Mostra le tue vie"
1962 : L'artista continua la sua carriera cantando sino al principio degli anni ottanta.
Muore nel 1988.
2004 : Il comune di Monopoli a cui ha dato tanto lustro in vita,le intitola il primo concorso canoro aperto a sole donne
Dalla voce melodica ma ben ritmata,Franca ha senz'altro una voce fresca e moderna per il tempo.Ha sempre portato avanti la sua carriera, privilegiando però i suoi impegni familiari.
(fonte la voce delle donne

La primavera è astronomicamente sancita dall'equinozio che è una delle due intersezioni dell'eclittica (l'orbita apparente del sole nella volta celeste, con l'equatore celeste). A seconda degli anni cade il 20 o il 21 del mese di Marzo. Quest'anno è stata il 20.



Nella lista che segue i termini equinozio di Marzo e Settembre riguardano le celebrazioni legate al mese (e quindi indipendenti dall’emisfero), i termini primavera e autunno riguarda quelle feste che dipendono dalla stagione (e dunque dall’emisfero).

* Sham El Nessim era un antica festività egiziana le cui tracce risalgono a circa 4700 anni fa. Resta una delle feste pubbliche Egiziane, cade il lunedi e coincide con l'equinozio di primavera.

* I calcoli per il giorno di Pasqua nella chiesa Cristiana (la prima domenica dopo la prima luna piena contemporanea o successiva all'equinozio di Marzo), usa la sua definizione specifica dell'equinozio - che capita sempre il 21 Marzo. Il giorno di pasqua può capitare al più presto il 22 Marzo.

* L'equinozio di Marzo segna il primo giorno dell'anno per una varietà di calendari, inclusi il Calendario Iraniano, il Calendario Bha'ì. Il festival Persiano (Iraniano) del Nowruz vine celebrato in questo girno. Nell'antica mitologia Persina, Jamshid, il re mitico della persia, ascese al trono in questo giorno e ogni anno quest'evento viene commemorato con feste per due settimane. Queste feste rievocano la storia della creazione e l'antica cosmologia del popolo Iraniano e Persiano. E' un giorno di festa anche per l'Azebaijan, l'Afgnanistan, l'India, la Turchia, Zanzibar, l'Albania e diversi paesi dell'Asia Centrale, è festa anche per i Kurdi. E' inoltre una festività Zoroastrina, è anche un giorno sacro per i seguaci della Fede Bahà'ì e per i musulmani Ismaili Nizari comunemente chiamati come gli Aga Khanis.

* L'equinozio di settembre segna il primo giorno del Mehr o della Bilancia nel calendario Iraniano. E' una delle festività iraniane chiamate Jashne Mihragan, o il festival della condivisione dell'amore nello Zorastresimo.

* Durante l'equinozio di primavera si celebra il Sabbat Wiccan di Ostara (o Eostar) mentre durante l'equinozio di autunno si celebra il Sabbat Wiccan di Mabon.

* In Giappone il giorno del Equinozio di primavera (Marzo) (春分の日 Shunbun no hi) è una festa nazionale ufficiale che si trascorre visitando le tombe di famiglia e nella celebrazione di riunioni di famiglia. In modo simile a Settembre c'è un Giorno dell'Equinozio d'Autunno (秋分の日 Shūbun no hi).

* Il primo giorno dell'anno per i Tamil e i Bengali segue lo zodiaco Hindu e sono celebrati rispetto al equinozio di primavera siderale (14 aprile). Quello Tamil viene festeggiato nello stato dell'India del Sud del Tamil Nadu, l'altro viene festeggiato in Bangladesh e nello stato dell'India dell'Est del Bengala Ovest.

* Il giorno del Pianeta Terra venne celebrato inizialmente il 21 marzo 1970, giorno dell'equinozio. Viene adesso celebrato in diversi paesi il 22 Aprile.

* In molti paesi arabi il Giorno della Madre viene celebrato nell'equinozio di marzo.

* L'equinozio di Settembre era il Primo giorno dell'anno nel Calendario Repubblicano Francese, che venne usato dal 1793 al 1805. La Prima Repubblica Francese venne proclamata e la monarchia francese abolita il 21 Settembre 1792 rendendo il giorno successivo (giorno dell'equinozio) il primo giorno dell'Era Repubblicana in francia. L'inizio di ogni anno si doveva basare su calcoli astronomici (ovvero seguento il vero corso del sole e non la media degli altri calendari).

* Il festival del raccolto nel Regno Unito si celebra la Domenica della luna piena più vicina all'equinozio di Settembre.

* Il Festival di Mezz'autunno si celebra il 15' giorno dell'8' mese lunare ed è una festa ufficiale in molti paesi dell'est asiatico. Dato che il calendario lunare non è in sincrono con il calendario Gregoriano questa data può cadere un giorno qualsiasi tra metà settembre ed inizio ottobre.

* La Giornata Mondiale della Narrazione è una celebrazione globale dell'arte orale della narrazione, viene celebrata ogni anno durante l'equinozio di primavera nell'emisfero nord, il primo giorno dell'equinozio di autunno nell'emisfero sud.
(da Wikipedia)

20 marzo 2008

...allora non sono solo! N° 2

Un altro articolo di Rossanda che riporto senza ulteriori commenti casomai lo aveste perso.

Pubblicato su manifesto del 17 marzo

La Chiesa al suo posto
Rossana Rossanda

Che campagna elettorale! Poche idee, bassezze, graffi, scuse, perfino Vespa si annoia. Nel Popolo della Liberta gli slogan di sempre sono pieni di disprezzo per l'avversario. Berlusconi aggiunge una prudente allusione ai tempi difficili che verranno - recessione, euro troppo alto, petrolio alle stelle - per cui (ma non lo dice) si stringerà la cinghia. Invece Veltroni gioca la carte delle buone maniere anche se ieri gli è sfuggito un «chi vince comanda», a prova che della democrazia hanno la stessa idea.
Lui però non mette in guardia dalle imminenti vacche magre: macché pericoli provenienti dall'esterno, sono state la sinistra e i centro-sinistra a sbagliare tutto, facendosi legare le mani dalla nefasta ideologia che contrapponeva padroni e operai, proprietari e spossessati, beni privati e beni pubblici. Usciamo da questa paralizzante menzogna! Lo pensa anche Galli della Loggia. Passate le redini in mani più giovani e refrattarie alle fantasie sociali l'Italia rifiorirà.
Bankitalia e l'Ocse informano che abbiamo in Italia i salari più bassi dell'Europa, neanche la Grecia, ma solo Bertinotti raccoglie. Gli altri tacciono perché la Banca Centrale Europea comanda: guai ad alzarli, i salari, sarebbe l'inflazione. I salariati non hanno da fare che una cura dimagrante in attesa di tempi migliori.
Eppure all'aeroporto mi hanno avvicinato due giovani, due facce pulite: Questo Veltroni, quale speranza per noi! E lei che ne pensa? Rispondo ridendo: Il peggio possibile. Sorpresa. Li guardo, due ragazzi cui il leader rinnovatore, le playstation e la tv assicurano che viviamo in un mondo senza conflitti, eccezion fatta per l'amore, la mafia e il terrorismo islamico. Che strada in salita li attende per rimediare alla devastazione di quel minimo di critica dell'economia e di spessore democratico cui eravamo arrivati. SEGUE A PAGINA 2
Non penso agli estremisti, ma a uno come Caffè, uno come Bobbio, miti persone serie, anch'esse consegnate da Silvio e Walter alle pattumiere della storia.
Non stupisce che nella generale piattezza tornino a brillare le religioni con i loro lampi lontani, ma la vicina tentazione di una nuova egemonia. Non tutte, intendiamoci, da noi si agita la chiesa cattolica apostolica romana, cujus regio ejus religio. Ratzinger parla dallo schermo ogni due giorni più la domenica, negli altri predicano i cardinali Bertone e Bagnasco. Degli altri culti approda in tv solo il Dalai Lama, ma perché perseguitato dalla Cina. Non ci arrivano le sue parole. Non la sapienza dell'ebraismo, non quella dei protestanti: la comunità ebraica italiana si fa sentire solo in politica, i secondi sono avvezzi a essere ignorati.
Silvio e Walter e Casini omaggiano più di ogni altro il Sacro soglio, ma con il ritorno del sacro hanno frascheggiato tutti. Politici e filosofi, maschi e femmine pensanti. Adesso che se ne vedono le conseguenze, più interventismo che spiritualità, proporrei alla sinistra di mettere fra le tre o quattro priorità un bel ritorno al laicismo.
Eh sì. Si finisca di traccheggiare con «laicità sì, laicismo no». E' una distinzione inventata da poco, che in parole povere vuol dire: la Chiesa ingoi la separazione dallo stato nei termini costituzionali, purché applicata «con juicio» e con i consueti strappi sottobanco, tipo esenzione dalle tasse e accomodamenti con la scuola privata . Ma ad essa lo stato deve riconoscere la competenza sulla sfera morale e del costume. Il bieco laicismo la nega, una laicità come si deve è tenuta invece a riconoscere l'autorità del papa su questo terreno.
Io penso che questa autorità non vada riconosciuta affatto. Prima di tutto, come si può parlare di etica, di scelte morali, là dove non esiste libertà di coscienza? Mi ha sorpreso che uno dei nostri amici più colti, Massimo Cacciari, abbia definito Karol Woytila come la più alta autorità «morale» dei suoi tempi. Si può parlare di fede, ed è vero che l'esperienza di fede può raggiungere grandi altezze, affascinanti, tragiche. Si può ammettere che sono spesso legati a una «rivelazione» gli squarci sapienziali che intemporalmente ci parlano. Ma fede e sapienzialità implicano una obbedienza che mette duri limiti al sapere critico e ai suoi strumenti, senza i quali non si darebbero né la modernità né un pensiero scientifico e tanto meno politico. Tanto più che a imporre limiti e veti sono le chiese, strutture del tutto terrestri e facilmente prevaricanti. Non hanno persuaso per secoli che il potere terreno fosse la mera proiezione della gerarchia teologica? Non a caso la rivoluzione francese è dovuta passare attraverso l'uccisione del re, autorità che si forgiava su quella celeste e ne era consacrata.
Dalla secolarizzazione la chiesa cattolica apostolica romana non si è mai rimessa. Spento Giovanni XXIII è stato tutto un lento rimuovere quel che ad essa concedeva il Vaticano II. Con Ratzinger la rimozione è diventata precipitosa. Specie in Italia non deflette dal riguadagnare terreno. E' ridicola l'argomentazione che si fa perché il Vaticano ha la sua sede nel nostro paese. In realtà qui ha sede la classe politica borghese più cedevole d'Europa. Il Vaticano neppure tenta in Francia una incursione sulle leggi del 1905 (che sarebbero di utile lettura ai nostri politici) e Zapatero ha messo un alt secco al tentativo di intervenire sulle elezioni in Spagna. Da noi i governi ritirano le leggi appena i vescovi vi mettono il becco.
La vicenda dei rapporti italiani fra stato e chiesa è fin paradossale. Il fascismo ha fatto il Concordato nel modo più cinico: nelle scuole elementari si cominciava con una preghiera ma poi si propinava in tutte le salse una paganissima romanità. Dopo il 1945, il Concordato sarebbe stato abolito se il miscrendente Togliatti non avesse scelto di lasciarlo in piedi per timore di una guerra di religione che isolasse i comunisti, e fu un errore, la guerra ci fu lo stesso, i comunisti furono scomunicati. Sarebbe stato il cattolico De Gasperi ad arginare le velleità integraliste di Gedda, cosa che Pio XII non gli perdonò. Sempre paradossalmente fu Craxi, primo ministro socialista, a confermare e rimaneggiare il Concordato, mentre il credente e praticante Scalfaro fu l'ultimo presidente della repubblica a non inchinarsi al santo soglio. Poi c'è stato il diluvio. Alla morte di Karol Woytila, un capo di stato dietro l'altro finirono in ginocchio, mentre i leader dei partiti di sinistra scoprivano di essere andati a scuola dai salesiani. L'Opus Dei usciva con fragore alla luce dalla clandestinità e la signora Binetti transitava direttamente al Partito democratico.
Ecco dunque una bandiera da raccogliere da parte di una sinistra che voglia restare una cosa seria. Raccogliere bandiere lasciate cadere da qualcun altro ha un suono un po' sinistro, ma afferrare quelle sventolate della chiesa cinguettando con i vescovi è una patente regressione. Fino al ridicolo. Come definire altrimenti la decisione del comune di Roma di non celebrare unioni se non eterosessuali perché il Sacro Soglio è collocato sul suo territorio? Come lasciare che i vescovi mettano il veto a una legge del parlamento sottoposta a referendum senza invitare il Vaticano a restare al suo posto? Come assistere senza aprir bocca ai ripetuti tentativi di questo o quel primate di resuscitare il Non Expedit? Se è un affare interno della Chiesa affossare passo a passo il Vaticano II, umiliando una grande speranza dei credenti, sarà bene un affare interno dello stato legiferare senza interferenze sulla famiglia, sulla sessualità, sulla riproduzione, sul diritto di morire con dignità. Da questi terreni che ineriscono alla più intima libertà anche lo stato dovrebbe ritrarre il piede, rispettando le scelte della persona, e prima di tutto quella delle donne, da sempre ossessione e bersaglio d'una chiesa tutta maschile. Una grande mutazione sta venendo da esse e ne esce mutata anche la concezione della vita e della morte - uno stato moderno, attento, prudente segue questa evoluzione non lascia alla Chiesa di emettere una fatwa alla settimana. Certo, bisogna che abbia un'idea di che cosa sia un'etica pubblica, quella che matura discutendone in libertà e responsabilità, alle soglie del terzo millennio. Ma di questo i leader del «paese normale» non hanno cura.
Loro hanno i «valori». Meno stato più mercato per i beni, meno repubblica più Vaticano. I «valori» di Berlusconi, quelli di Veltroni, quelli di Casini, quelli di Emma Mercegaglia, quelli del cardinal Bagnasco. Se ne fa un gran parlare. Un «valore» accompagna ogni vassallata, ogni porcheria. Se mi si permette (e anche se non mi si permette), molti di noi ne hanno abbastanza. Inciampiamo a ogni passo in valori di latta, mentre si torna a guardare con più disprezzo che un secolo fa alla vita e alla libertà di chi lavora nel frenetico accendersi e spegnersi di migliaia di imprese senza regole. Assimilati ormai ai poveri, cui si deve al più un briciolo di compassione.
Se non è declino morale questo, travestito da affidamento ai principi della Borsa, della Confindustria e di oltretevere, la ragione non ha più corso.



16 marzo 2008

Una nuova avventura del gatto di Simon...

...la prima avventura l'ho scoperta grazie alla mia amica Frances e l'ho già postata a suo tempo.
Questa volta è stata la Mia amica Rosa, da Parigi, a segnalarmi un nuovo episodio...



L'autore si chiama Simon Tofield, animatore della Tandem film, una casa di produzione londinese specializzata in commercial e short-movie....

Simon ha lavorato anche agli effetti visivi del lungometraggio di fantascienza Lost in Space e come animatore del film Christmas Carol: The movie.

Colpisce il tratto pulito, rotondo e molto realistico di Simon e la sua conoscenza del comportamento felino e il suo grande amore per questi piccoli dei di cui noi siamo felici di essere fedeli servitori...

Per chi avesse perso il primo corto animato eccovelo di nuovo.

13 marzo 2008

Qualche domanda diretta...

Grazie al blog di Paolo ho scoperto un sito che permette di calcolare la distanza (o la vicinanza) ai partiti politici. Un test utile in tempi di elezioni (e non solo) fatto basandosi su risposte concrete a questioni concrete (sembra uno slogan...).

Ecco il mio risultato.




E il vostro di risultato?

Se fate il test potete spedirmelo via mail (è tra le opzioni del sito) così pubblicherò i vostri risultati e li confronteremo col mio...

8 marzo 2008

8 marzo festa delle donne



Le origini della festa dell'8 Marzo risalgono al lontano 1908, quando, pochi giorni prima di questa data, a New York, le operaie dell'industria tessile Cotton scioperarono per protestare contro le terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare. Lo sciopero si protrasse per alcuni giorni, finché l'8 marzo il proprietario Mr. Johnson, bloccò tutte le porte della fabbrica per impedire alle operaie di uscire. Allo stabilimento venne appiccato il fuoco e le 129 operaie prigioniere all'interno morirono arse dalle fiamme. Successivamente questa data venne proposta come giornata di lotta internazionale, a favore delle donne, da Rosa Luxemburg, proprio in ricordo della tragedia. dal sito Italiadonna





E pensare che c'è chi ancora regala mimose...

Le donne vanno festeggiate sempre, ogni giorno dell'anno, oggi invece ricordiamo come le donne vengono trattate dagli uomini....

Loretta

Prima di Mina, prima di Paola Tedesco, prima della musica classica (ma non prima del jazz... avevo 4 anni e già impazzivo per

Hit the Road Jack di Ray Charles, grazie a mio padre che aveva il disco, quanto piansi quando se lo portò via...) all'età di 7 rimasi folgorato da Loretta Goggi, dalla sua voce e dalle sue canzoni.

Accadde con

Vieni via con me (tarata-punzi-e) sigla di Canzonissima 72 eda allora ogni canzone di Loretta mi colpì al cuore e al cervello.

Ricordo di una gita a Pisa durante la quale non mi gustai nulla perché non vedevo l'ora di tornare a casa per ascoltare il retro di quel 45 giri (la canzone era Come amico)
Poi fu la volta di Molla tutto sigla inziale di "Formula due" dal geniale arrangiamento di Simonetti (padre, non figlio...) il cui bridge ancora oggi mi commuove come allora.

Molla tutto è per me l'alveo familiare, mia nonna e mia madre, il riparo dall'angoscia d'andare a scuola, le vacanze di natale, il silenzio prima della festa, la solitudine delle mie cantare in playback durante le quali mi immaginavo come avrei interpretato io la canzone... L'angoscia per il giorno dopo ("Formula 2" andava in onda il sabato sera, in prima serata), quella domenica tanto odiata perché già dalle prime ore della mattina gridava che la pacchia era finita e iniziava nuovamente la settimana (ma che gioia il risveglio quando ancora non ricordavi che giorno fosse e poi la domenica ti diceva non devi correre puoi poltrire ancora un po').
Forse è uno dei ricordi più felici della mia vita, quando il mondo andava avanti per conto suo senza che io me ne preoccupassi o dovessi districarmi nei suoi gorghi lavorativi, nei mie gorghi emotivi (ma come facevo ad andare a scuola 6 giorni a settimana, sabato compreso?!?). Anche nel caso di Molla tutto però, fu il lato b a sedurmi e farmi innamorare definitivamente della canzone (già da allora mi riusciva benissimo andare in playback o cantare la canzone esattamente com'era nel disco...) del cantareE il retro di Molla tutto era Mettiamo che tu.

Una canone che a leggerla bene... ma ovviamente allora non sapevo cosa volesse dire, anche se sentivo quel testo particolarmente mio (specialmente il verso "ecco, ti stringi a me, e io tremo chissà perché, adesso ti sento mio, come se, dentro di te, ci fossi io...). Loretta Goggi era diventata una certezza, ogni sua canzone mi parlava direttamente, saltando strutture e sovrastrutture, e diventava qualcosa di mio, fatta per me,che parlava di me. Fu ancora così per Dirtelo, non dirtelo, e poi, l'anno successivo, con Ancora innamorati. Poi io e Loretta ci perdemmo di vista per qualche anno. Intanto arrivò Mina e la classica (nel 1977, in prima media...). Nel 1979 presentò "Fantastico due" ma la sigla finale, L'aria del sabato sera francamente mi faceva orrore, essendo una di quelle classiche canzoni melodiche "all'italiana" che ho sempre odiato anche nel repertorio di Mina...
Ci ...ritrovammo nei primi anni 80 quando, insieme alla sorella, canto Voglia scritta dalla penna del geniale Gianni Ferrio.

Ecco, che, di nuovo, Loretta (e Daniela...) mi rappresentava, parlava di me, a me...
Ero già al Liceo e quella canzone (sigla finale di una trasmissione della domenica sera, era davvero l'ultima canzone prima del patibolo, della ghigliottina, come mi vivevo all'epoca il Liceo...) (a volte mi chiedo come ho fatto a sopravvivere a quegli anni...). Poi mentre Loretta trionfava a Sanremo e in tv io la persi, definitivamente, deluso da canzoni troppo banalmente melodiche (Maledetta primavera? Che orrore!!!!) e di Loretta non me ne curai più....


Questo fino ad ora, quando, venerdì' 29 febbraio (giorno del compleanno di Cirillo) sono andato a vederla al Sistina e lei ha cantato proprio quelle canzoni come volesse dirmi (non mi sono dimenticato di te anche se tu di me un po' sì...).


Le coreografie lasciavano un po' a desiderare (il corpo di ballo un po' meno, ehm...)


ma Loretta è davvero una soubrette, degna delle sue celebri predecesrici ehm...), balla, canta, imita, recita (ha fatto anche Charlot...)


Sono andato a trovarla in camerino circondato da ragazzi troppo giovani perché potessero ricordarsi del repertorio 70 (son troppo giovane IO per ricordarmi le sue cose anni 60…). Ma ha firmato l’autografo, stretto la mano e augurato “buona vita” augurio che in altri tempi avrei trovato retorico ma che in questo presente incerto e ipocondriaco ho trovato irresistibilmente adatto e gradito come se Loretta sapesse davvero chi fossi, si ricordasse veramente quanto mi aveva dato negli anni della mia giovinezza. Sono uscito dal camerino commosso e soddisfatto come se fossi davvero riuscito a mettere a posto un capitolo della mia giovinezza lasciato in sospeso per troppo tempo grazie a Lei che nonostante i 58 anni e una bronchite ha cantato (e ballato, e imitato, e recitato…) con una tecnica talmente mostruosa qualche in momento mi ha fatto venire il dubbio che cantasse in playback. Grazie a Loretta ho capito che sto cominciando ad accettare l’idea di essere diventato adulto e che devo finalmente lasciarmi alle spalle la zavorra di un passato che ormai non mi serve come questa ciccia ostino a portarmi addosso e che mi rende ogni giorno il fiato più corto…

E quale migliore omaggio per un'artista che è anche imitatrice quella di una collega imitatrice che ha la sua stessa verve, la sua stessa intelligenza (ma forse un po' meno di classe...)?

7 marzo 2008

Qualche giorno fa....




...leggo su manifesto questo articolo (sic!)


Sanremo, il trash e l'Afghanistan
Nonostante le smaglianti coreografie di Gino Landi, le due primedonne del festival zoppicano parecchio. E anche la par condicio è traballante

di Piero Vivarelli

È buona regola del cosiddetto show business che quando un prodotto non funziona o lo si sospende o, se non è possibile, viene modificato. Negli Stati uniti, che personalmente discuto da più di un punto di vista, ma che in quanto a spettacolo bisogna lasciarli perdere, ci sono molte compagnie cinematografiche che, terminato un film, organizzano proiezioni di prova, in città di provincia, lontane dai grandi centri metropolitani e, secondo il gradimento ottenuto, arrivano a modificare tutto ciò che sembra non funzionare. In Italia Superpippo & Co. evidentemente ignorano questa regola o, perlomeno, fingono di ignorarla. La prima serata è stata un flop? Bene. Continuiamo così e gli ascolti, manco a dirlo, si abbassano ancora. Tanto chi se ne frega del pubblico? L'importante è soddisfare le variegate vanità personali.
Un esempio fra tanti: si prendono due ragazze, una bionda e l'altra bruna (ma che bella innovazione!) e le si fanno cantare e addirittura ballare anche se sono chiaramente incapaci di fare ciascuna delle due attività. Persino il ballo, nonostante dietro di loro ci sia un grande coreografo come Gino Landi. Quest'ultimo però, mi sia permesso dirlo, ha avuto il torto di mettere al loro fianco degli autentici e bravissimi danzatori professionisti. Capisco che Landi voglia salvare le sue coreografie, ma così facendo sottolinea l'inadeguatezza delle due fanciulle. Tutto questo per evitare che le ragazze di turno vengano definite vallette e non è colpa di Woodcock e di vallettopoli, perché è una tendenza che risale ad anni fa. Qualcuno mi dovrà prima o poi spiegare cosa c'è di offensivo e di spregiativo nel ruolo della valletta. La Canalis o la signora Totti, tanto per fare solo due esempi, hanno qualcosa di più di Edy Campagnoli o di Sabina Ciuffini? Forse la cosa importante è solo quella, come dicevo ieri, di allungare il brodo anche se facendo così diventa un brodo insipido; forse si dovrebbe chiamare un consulente di Gambero Rosso Channel.
Ieri sera, poi, c'è stata addirittura la serata dei duetti, ovvero di un cantante in gara e di un suo collega. Ma se, come dovrebbe essere, il festival di Sanremo serve a promuovere la canzone italiana, qualcuno mi spiegherà quale promozione mai può essere quella di un disco (appunto quello con la doppia esecuzione) che non verrà mai realizzato.
Ho già parlato di Baudo che fa contemporaneamente il controllore e il controllato. Per carità, siamo in un paese in cui il conflitto di interessi potrebbe avere uno stemma sulla bandiera nazionale. Detto questo, però, vorrei ricordare che esiste anche un supercontrollore, ovvero l'incredibile direttore di Rai1, Fabrizio Del Noce. E' un uomo che spesso parla a ruota libera, quando non si autosospende. L'anno scorso scatenò un putiferio quando, con rara mancanza di tatto e buongusto, a festival in corso parlò addirittura del cambio di direzione artistica. È anche vero che il direttore artistico-conduttore pare proprio aver perso la testa attribuendo il calo di ascolti alla presunta eleganza del suo spettacolo. Mi ricorda un po' quegli attori sfigati che sostengono di non avere scritture perché troppo bravi per gli standard italiani. Ha persino mancato di rispetto a un suo certamente ben più titolato collega, il Mike nazionale, dicendo che il successo di Miss Italia era dovuto alla ormai famosa scenata in diretta di una vetusta Loretta Goggi. Questa baudesca caduta di stile è vera tv trash. Un'ultima considerazione a proposito della non politicità e della par condicio che dovrebbe avere questo festival: l'altra sera la manifestazione è stata aperta da Signorsì, una canzone scritta da un militare del nostro corpo di spedizione in Afghanistan che parla smaccatamente e, a mio avviso, tendenziosamente, di missioni di pace all'estero. Con l'imminente voto in parlamento del rifinanziamento della missione in Afghanistan, ti saluto la par condicio.


Nemmeno "Novella 3000" avrebbe potuto fare peggio, non credete?

Incazzato come un bufalo (eh?) scrivo una lettera grondante odio (per Vivarelli) che invio in tutta fretta.

Sono talmente imbufalito che nella chiusa invito a mandare via Vivarelli dal manifesto a calci in culo (ehm...).
Ovviamente non si sono degnati nemmeno di rispondermi...
Ma io sostengo ancora tutte le ragioni che mi avevano indotto a bandire il Vivarelli dal manifesto...

ecco la lettera alla quale non hanno risposto...

Leggo su manifesto di oggi l’articolo “Sanremo, il trash e l’Afghanistan” e non posso trattenermi da scrivere queste righe di protesta. Vivarelli spara a zero sul Festival e i suoi organizzatori per partito preso, adducendo delle argomentazioni a sostegno delle sue accuse a dir poco risibili.

Se il Festival non va, consiglia Vivarelli, bisognava cambiare la partita in corsa. E, come esempio, cita gli screening test americani (le proiezioni fatte “in città di provincia” prima della distribuzione del film nei quali si chiede al pubblico il gradimento su vari aspetti del film e, in base alle risposte, si interviene ancora sul montaggio finale prima di distribuirlo.

A parte che dubito dell’artisticità di tale criterio, davvero un consiglio degno di Montezemolo, (vi immaginate lo si fosse fatto in Italia per “L’avventura” di Antonioni, che film ne sarebbe uscito fuori?!?!) Vivarelli ignora (o fa finta?) che la diretta di Sanremo (come ogni diretta) non è improvvisata, ma frutto di prove durate giorni e giorni e che è impossibile cambiare il corso del programma da un giorno all’altro. Tutto quello che Baudo poteva fare era tagliare non modificare…

Il motivo poi per cui alle due ragazze/vallette è stato fatto ballare non è sollevare la dignità delle vallette (esplicatio non petita…) ma, come ci è stato spiegato giorni prima sulle pagine di questo giornale una mera questione di soldi (ma Vivarelli, il manifesto, lo legge?) .

Trovo ingiusto (e spocchioso) il suo giudizio sulle doti canore delle due presentatrici, se Andrea Osvàrt ha una voce esile (ma comunque non peggiore di quella di molti cantanti in gara) Bianca Guaccero ha una voce di tutto rispetto mentre la bacchettata al coreografo Landi reo di aver circondato le due ragazze da ballerini professionisti che con la loro bravura le fanno sfigurare è una critica peregrina come accusare Baudo di non essersi circondato di persone calve perché i capelli altrui sottolineano la sua calvizie. Ma che commenti sono?!?!? Siamo su manifesto o novella duemila?.

Vivarelli continua e critica l’idea di presentare le canzoni in gara in una versione diversa, in duetto con altri artisti, dicendo che “Se (…) il festival di Sanremo serve a promuovere la canzone italiana, qualcuno mi spiegherà quale può essere quella di un disco (appunto quello con la doppia esecuzione) che non verrà mai realizzato”. Ecco che rifà capolino Montezemolo. Forse Vivarelli confonde gli aiuti all’industria discografica italiana con la promozione della canzone Italia (che è cultura Vivarelli, non industria). E le esecuzioni di iersera sono state di tutto rispetto (ma Vivarelli ha visto l’apprezzamento del pubblico del pezzo di Mietta cantato a cappella con i Neri per Caso? Ma dove siamo su manifesto o sul sole 24ore?

Il fondo Vivarelli lo tocca quando adduce violazioni della par condicio perché il festival è stato aperto dalla canzone “Signorsì”, che secondo lui “parla smaccatamente e tendenziosamente di missione di pace in Afghanistan”. Certo per Vivarelli è importante solo la politica in senso stretto, ma si guarda bene dal protestare per il pezzo di Anna Tatangelo che dipinge i gay secondo i più triti luoghi comuni o la canzone di Andrea Bonomo che sciorina le virtù della donna-mamma “purissima e buonissima”.

Ho capito che il festival va criticato a partito preso perché è nazional-popolare, ma le argomentazioni addotte mi sembrano ancor più nazional-popolari.

Non ho mai letto su manifesto un articolo così pieno di errori, orrori, vizi ideologici e cretinate come quello di Vivarelli. Sono così arrabbiato e disgustato che mi viene voglia di non leggervi più (è sì che vi compro tutti i giorni da più di vent’anni) mi fate incazzare proprio come il Pd che mette dentro Binetti e Concia. Per cui, se è vero che come ogni lettore anche io sono un vostro azionista, buttate Vivarelli fuori dal manifesto a calci in culo!



E anche questo sassolino me lo sono tolto...


Piero Vivarelli, in tutto il suo splendore

E' morta Tina Lagostena Bassi .


Io l'ho conosciuta "grazie" a Forum il discutibile programma che fa della giustizia uno spettacolo. Ma le sue sentenze erano impeccabili, intelligenti, lucidissime. Anzi, proprio in questi giorni mi chiedevo che fine avesse fatto e poi, ieri, mentre mi reco a scuola, sull'H leggo sul manifesto della sua morte. Mi sono lasciato scappare un "nooo" accorato, che ha fatto girare più di una persona. La stimavo molto, ancora di più da quando avevo scoperto che Tina Lagostena Bassi (molto più anziana di quanto non credessi) era stata l'avvocato che aveva difeso le donne vittime di stupro, in tribunali maschilisti e maschili.
Un impegno che aveva portato avanti nel tempo, con coerenza, firmando da co-autrice, la legge contro la violenza sessuale del 1996.


Tina ci mancherà, soprattutto in tempi bui come questi, quando a ricordare le conquiste di ieri non si trae più conforto ma amarezza e preoccupazione per lo scempio che se ne fa oggi in un inaudito rigurgito patriarcal-fascista.

Ciao TINA!

6 marzo 2008

...allora non sono solo!

Acque torbide

di Rossana Rossanda



Siamo tutti adulti e vaccinati, non facciamo finta che queste siano elezioni come le altre. In ballo non è solo un cambio di governo, ma la cancellazione dalla scena politica di ogni sinistra di ispirazione sociale. Questa è la novità, reclamata ormai non più solo dalla destra ma dall'ex Pci, poi Pds poi Ds e ora confluito, assieme alla cattolica Margherita, nel Partito democratico. E' l'approdo della «svolta» del 1989 e il suo vero senso: non si trattava di condannare le derive del comunismo o dei «socialismi reali», ma di stabilire che il capitalismo è l'unico modo di produzione possibile.
Ci sono voluti diversi anni di manfrina ma ora Veltroni dichiara tutti i giorni che la sola società possibile è quella di «mercato», e a governarla «democraticamente» bastano due partiti come nel modello anglosassone, uno più «compassionevole» e l'altro più feroce. Che ci sia un conflitto di classe fra proprietari e non, che i primi possano sfruttare, usare e gettare i secondi, che questi siano riusciti a conquistarsi dei diritti extramercato è stata una favola cattiva, che ha seminato l'odio e spezzato l'armonia del paese. Operai e padroni sono egualmente lavoratori, hanno un interesse comune che è l'azienda, anzi il padrone, detto più benevolmente l'imprenditore, vi rischia di più il suo capitale, mentre l'operaio solo il suo salario. Veltroni ha così liquidato due secoli di lotte sociali e ridotto la democrazia secondo il modello americano a sistema elettorale e poco più. Il suo «riformismo» non mira, come quello delle socialdemocrazie, a correggere il capitale: ma a «riformare i diritti del lavoro» fino a farne, com'era all'inizio del XIX secolo, una merce come le altre, abolirne ogni regolamentazione a cominciare dalla durata.
Agitando un'avvenente flexsicurity che, oltre a mandare all'aria qualsiasi professionalità (perché, quando sei licenziato devi accettare qualsiasi secondo mestiere ti si offra) è una frottola se non dove, come in Danimarca, è altissima la spesa sociale e per quattro anni, aiutato dal sindacato, puoi cercare un altro impiego senza perdere il salario. Da noi vige il comandamento: ridurre la spesa pubblica, già inferiore alla media europea dell'Ocse. Il trend è ridurre il «bene pubblico» e l'«intervento pubblico» in genere. Già nel prodiano «sussidiarietà» stava il germe del teorema: il pubblico interviene «soltanto dove il privato non arriva». Negli Stati uniti non rispondono a questa regola anche istruzione e sanità? E per la pensione non ci sono le assicurazioni private?
Il sindaco d'Italia aggiunge con uno smagliante sorriso che solo se «aumenta la ricchezza» ci sarà meno disuguaglianza. La torta piccola si divide fra pochi. E precisa che se non ci fossero stati i comunisti (lui nel profondo del cuore non lo è mai stato) o i veti sindacali o le leggi tipo Giugni eccetera, saremmo un paese prospero e felice. Lo ridiventeremo votando lui o Berlusconi, che ha ripescato quando era al suo punto più basso, considerandolo il solo in grado di rappresentare l'«altro» grande leader. E quello si è attaccato alla pertica che gli veniva tesa e s'è fuso con Fini. Poi se la vedranno ciascuno con i propri cespugli - come li ha prontamente definiti la stampa - il primo con il centro, Casini e compagni, il secondo con quel che resta della sinistra. A sinistra non sarà facile. Ma a questo fine supremo il Nostro ha preferito sacrificare il premio che in caso di vittoria l'attuale legge gli darebbe se corresse coalizzato. Forse, sapendo che la recessione è in arrivo, non gli dispiacerebbe che grandinasse sulla testa di Berlusconi piuttosto che sulla sua.
E' a questa strategia che gli italiani democratici e già benevolmente progressisti vogliono dare una mano? Facciano. Ma non raccontiamoci storie, voteranno per un capitalismo che resterà straccione, con una manodopera vieppiù senza difesa e con garanzie zero contro la nota propensione agli imbrogli. Evitiamo la figura ridicola dei francesi che, dopo aver intronizzato Nicolas Sarkozy, scoprono che è un padrone duro, cosa che non aveva mai nascosto, oltre che un nevrotico narcisista. Lo hanno fatto precipitare nei sondggi dal 66% di settembre al 42% di oggi. Ma se lo dovranno tenere per cinque anni a meno di andare sulle barricate.
Che comporta la piega che stiamo prendendo? Uscita di scena anche da noi una sinistra di derivazione classista e marxista, trascolora la cultura politica europea - il cui segno dal 1789 al 1989 è stato quello sociale, diversamente dagli Stati Uniti e dal mondo non occidentale. Nel Novecento questa sinistra si era aspramente divisa fra correnti rivoluzionarie e gradualiste - cioè sul «come» cambiare una società ingiusta - ma che fosse ingiusta e andasse cambiata è il tema che ha alimentato due secoli di storia e era penetrato anche nella classe proprietaria attraverso l'assioma «per essere conservato il capitalismo va regolato», legittimando e legiferando la dualità di interessi. Decisiva era stata la crisi del 1929, a definire le forme della regolamentazione era stato il keynesismo. L'ultimo sprazzo, ma rimasto isolato, è stato il tentativo teorico di Michel Aglietta. Con il ritorno a Von Hayek, non è un sistema «economico» che muta, è un arretramento dell'idea di società che ha retto il grande pensiero politico moderno. Che una democrazia immobile ed esclusivamente di mercato portasse dei pericoli l'aveva intuito perfino de Toqueville, alla fine della sua grande opera controrivoluzionaria «De la démocratie en Amérique» (sospetto che non ha sfiorato Furet cento anni dopo). In verità, che resta della tradizione fondante dell'Europa, della rivoluzione inglese e francese e poi russa? Vacillano i pilastri di una democrazia non meramente elettorale, che democrazia può anche non essere affatto, quando al posto delle dichirazioni del 1789 e della loro complessa filiazione subentra il solo mercato attivando a mo' di risposta i fuochi devastanti delle etnie e dei fondamentalismi. L'ultimo Lucio Colletti, ormai polemico con il marxismo, si chiedeva tuttavia quali mostri avrebbero preso corpo nel caso che venisse a cessare la speranza di una liberazione egualitaria in terra.
Una seconda considerazione è ancora più cogente. Nella rapida e crudele mondializzazione della produzione e dei commerci e nel giganteggiare delle operazioni puramente speculative, l'Europa e quel che resta dei suoi stati nazionali perdono ogni propria fisionomia politico-sociale. Le regole della Ue assicurano la mera lubrificazione dei capitali del resto del mondo che la sfondano da tutte le parti, demolendo quella che era stata la sua conquista e caratteristica principale: i diritti e il compenso del lavoro. Le nazioni più deboli come la nostra vacillano sotto la tempesta, si dilatano oltre ogni dire disuguaglianza e povertà perché i primi a passare sono i redditi non da capitale, cioè il 90% di essi. Non c'è più posto né legittimità per una politica industriale - basta veder oggi la fatica che fanno Gran Bretagna e Germania per salvare alcune banche, squassate dalla crisi dei subprime, e come i nostri più fiacchi capitali si diano allo sport di comprare aziende più o meno decotte in Francia o Spagna per spostarle in Tunisia, dove il lavoro costa meno lasciando a piedi la manodopera continentale. La frattura sociale torna ad allargarsi come all'inizio del Novecento. Il capovolgimento politico della Russia e della Cina, con la loro intollerabile miseria salariale, può concorrere illimitatamente con le produzioni occidentali, minandone le società e inducendovi una inclinazione autoritaria. Si è tolto senso alla libertà salvo a quella di imprendere, comprare e vendere, si è dichiarata la fine della storia e poi si va elucubrando sulla «poltiglia» degli adulti e la «violenza» dei giovani.
E' fuori del Partito democratico che cade la responsabilità di una linea di difesa e di opposizione a questo trend devastante. Ma come sostenere che le sinistre alla sua sinistra hanno saputo in questi anni delinearla e praticarla? Veltroni dice molte stravaganze, ma una non lo è: nelle grandi fasi di mutamento non si regge sulla sola linea del «no». No del tutto fondati quando vanno contro i diritti elementari della persona (nel lavoro, nell'immigrazione, nella pratica repressiva) e ormai sempre più spesso contro gli equilibri fondamentali del sistema ecologico-ambientale, per non parlare della guerra. Ma è sotto gli occhi di tutti come le lesioni degli uni e degli altri non vengano più ormai da scelte controvertibili su un piano locale ma da una spinta potente e univoca su scala mondiale, contro la quale le azioni locali sono essenziali ma non contano molto oltre la testimonianza. La vicenda del popolo di Seattle ha avuto un peso incalcolabile sulla formazione della soggettività, nullo sulla forza concreta della Wto - le forze che chiamavamo «strutturali» avendo raggiunto con la propria mondializzazione e la frammentazione di chi le avversa un impatto mai raggiunto prima. L'ampiezza e inoperatività del movimento per la pace obbligano a riflettere sul mutamento avvenuto nel rapporto fra maturazione delle coscienze e agenti di decisione economico-militari.
In Italia la Sinistra Arcobaleno, in Francia le sinistre disunite comunista, ecologista, trotzkiste, in Germania la Linke (è quella che sta andando più avanti e sta obbligando la Spd a una riflessione cui era impreparata) hanno da rendersi conto di questa dimensione e passare dalla resistenza alla proposta. Che non può essere, una volta passata la notte elettorale, la sommatoria di tre o quattro urgenze pur evidenti. L'arretramento è stato grande e poco conta dolersene o sdegnarsene - niente è più derisorio delle punte di astensionismo che emergono qua e là, infantile «Non gioco piu!» mentre rotola il mondo. Molto va aggiornato, molto va ricominciato da capo. A questa ricerca tenteremo di partecipare. E va da sé che il giornale è aperto.


Dal manifesto di lunedì 3 marzo
bello essere
quello che si è anche se si è
poco
pochissimo
niente


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