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San Valentino...
Me ne ricordo uno recente, del 2003.
Da. era in settimana bianca, io tornavo a casa dopo una lezione, iniziata tardi, dopo le 17 e finita tardissimo, dopo le 19.
Mi ricordo una pasticceria di quartiere, mentre a piedi raggiungevo il trenino che mi avrebbe riportato a Termini. Sbirciai dentro senza fermarmi e guardai con impercettibile invidia i ragazzi ritardatari che, mossi da un fremito di fretta, si accalcavano a comperare il regalo dell'ultimo minuto (la cena romantica si avvicinava a ogni minuto...).
Io ero solo, pur se "fidanzato"... Ero una sorta di vedova bianca ma d'altronde di San Valentino non mi era mai importato molto se non per tutti gli anni che lo avevo trascorso sprovvisto di partner, quando quella festa mi ricordava la mia solitudine, la mia incapacità ad avere una storia d'amore, un affetto, qualcuno vicino... E poi che orrore quel rito di massa, consumistico, quell'andare tutti quanti nei ristoranti a cena fuori, e sedere tutti in quei tavoli per due, con coppie tutte ugualmente assortite.
L'ultimo che ho festeggiato, nel 2005, quanto ero ancora "felicemente fidanzato", fu in un'uscita a quattro con Chiara e Alessio una coppia di amici anch'essi "felicemente innamorati", ed eravamo l'unico tavolo per quattro a Le bistrot di Barbara e Daniela...
No l'invidia che provavo nel vedere quei giovani dell'ultimo momento non era per la festa che avrebbero trascorso in compagnia, era per la loro ingenuità, per quella sorta di ignaro conformismo che li faceva dimenare come dei salmoni controcorrente, tutti nella stessa direzione, tutti in lotta contro il tempo, per comperare un pensiero d'affetto standardizzato, d'altrui mano confezionato. Invidia per chi non sa e non sapendo sta meglio, o forse solo meno peggio.
Era una forma di invidia calma e tranquilla di chi sa che sta nel mainstream ma può permettersi il lusso di ignorarne se non le regole le consuetudini e, giustificato per l'assenza della mia dolce metà, potevo aggirarmi libero e solo pur se accoppiato...
Un senso di appagatezza per aver terminato il proprio dovere e di avere il resto della giornata tutto per sé, a propria disposizione.
Una felicità immensa pur se piccola piccola, che, puntualmente, mi vivevo da solo, perché l'altra metà di me, come al solito, non c'era, non era mai lì a far da testimone alla mia gioia, né a gioire con me, o a essere la causa in carne ed ossa della mia felicità, o io della sua...
ed ecco quel sentimento di mesta invidia assumere già un altro significato...
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