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Grazie a Salvatore che mi ha inviato la cartolina!
Benazir Bhutto era la figlia primogenita del deposto Primo Ministro pakistano Zulfiqar Ali Bhutto e di Begum Nusrat Bhutto, quest'ultima di origini curdo-iraniane. Il nonno paterno sir Shah Nawaz Bhutto era invece un sindhi, ed era stato una delle figure chiave del movimento indipendentista pakistano.
Effettuati gli studi intermedi in Pakistan, nel 1973 conseguì la laurea in scienze politiche presso l'università statunitense di Harvard. Si trasferì in seguito a Oxford per studiare politica, filosofia ed economia. Non ancora ventenne, divenne assistente del padre nel suo lavoro.
Tornata in Pakistan dopo gli studi universitari, subì gli eventi che condussero dapprima alla deposizione, quindi all'esecuzione di suo padre per volere del dittatore al potere, il generale Muhammad Zia-ul-Haq, e fu relegata agli arresti domiciliari. Quando, nel 1984, ottenne il permesso di tornare nel Regno Unito, divenne leader in esilio del Partito del Popolo Pakistano (PPP), già presieduto dal padre.
La sua influenza sulla vita politica pakistana restò tuttavia limitata fino alla morte di Zia-ul-Haq (17 agosto 1988). Alle successive elezioni (16 novembre), il PPP ottenne la maggioranza relativa all'Assemblea Nazionale. Benazir entrò in carica come Primo Ministro il 2 dicembre, dopo la formazione della coalizione di governo, divenendo così, all'età di trentacinque anni, la persona più giovane ma anche la prima donna a ricoprire l'incarico in un paese mussulmano contemporaneo.
Fu destituita nel 1990 dall'allora presidente della Repubblica dietro accuse di corruzione,[1] e il PPP perse le elezioni tenutesi nell'ottobre dello stesso anno. Restò a capo dell'opposizione al governo di Nawaz Sharif fino al 1993, quando una nuova consultazione decretò la vittoria del suo partito e l'inizio del suo secondo mandato da Premier. Tale mandato fu nuovamente segnato da accuse di corruzione - che colpirono anche il marito di Benazir, Asif Ali Zardari, vilipeso da un'opinione pubblica condizionata dal potere come "Mister 10%" per le tangenti che avrebbe preteso dagli uomini d'affari - che condussero a una seconda destituzione nel 1996. Dopo questa data e fino alla modifica della Costituzione da parte di Pervez Musharraf (2002) non poté ricandidarsi, essendo esclusa per legge la possibilità di un terzo mandato.
Rientro in Pakistan e assassinio
Trascorsi così otto anni in esilio volontario tra Dubai e Londra, il suo ritorno in patria per prepararsi alle elezioni nazionali del 2008 è funestato il 18 ottobre 2007 da un attentato che ha causato 138 vittime e almeno 600 feriti. Le esplosioni hanno avuto luogo a Karachi durante un corteo di sostenitori che accoglieva l'entrata dell'ex Primo Ministro nella città, subito dopo il suo arrivo all'aeroporto. Benazir Bhutto, su un camion blindato dal quale salutava i cittadini e sostenitori, è rimasta illesa.
Gran parte delle vittime presenti tra la folla erano membri del Partito del Popolo Pakistano. Il giorno seguente l'ex Premier ha accusato il governo del presidente Pervez Musharraf di non aver preso provvedimenti preventivi affinché la strage, della quale era stato dato l'allarme da parte dei servizi segreti prima delle esplosioni, fosse scongiurata. Anche in mancanza di rivendicazioni da parte dei reali mandanti degli attacchi suicidi Benazir Bhutto ha dichiarato di essere certa che questi fossero avvenuti per mano di un gruppo di matrice talebana e sicuramente anche di un gruppo di seguaci dell'ex dittatore Muhammad Zia-ul-Haq, autore del golpe contro il governo del padre Zulfiqar Ali Bhutto.
Benazir Bhutto, però, ha trovato la morte il 27 dicembre 2007 in un nuovo attacco suicida avvenuto al termine di un suo comizio a Rawalpindi, a circa 30 chilometri dalla capitale Islamabad. Nell'attentato sono morte almeno 20 persone e altre 30 sono rimaste ferite. Il kamikaze, dopo aver esploso due colpi d'arma da fuoco contro la Bhutto, si è fatto esplodere all'ingresso principale del luogo dove si erano radunate migliaia di persone per assistere al comizio. Trasportata immediatamente in ospedale, la leader pakistana dell'opposizione è morta poco dopo a causa della gravità delle ferite riportate, principalmente dovute al violento spostamento d'aria causato dall'esplosione. Il presidente pakistano Pervez Musharraf ha condannato l'attentato compiuto a sua detta da "terroristi islamici", voce confermata da Mustafa Abu al-Yazid, capo delle operazioni dell'organizzazione terroristica al-Qa'ida in Afghanistan, uno dei fedelissimi del numero due di al-Qa'ida, l'egiziano Ayman al-Zawahiri, che avrebbe ordinato personalmente l'assassinio.
Tuttavia il marito della Bhutto, Asif Ali Zardari, ha accusato il governo di Musharraf quale responsabile dell'attentato. A questo proposito occorre ricordare il ruolo del potente servizio segreto pakistano, l'ISI (Inter-Services Intelligence), sostenitore dei talebani sin dai tempi dell'invasione sovietica dell'Afghanistan del 1979, sotto la direzione di Akhtar Abdur Rahman quando al governo vi era il dittatore Zia-ul-Haq, e mai epurato dagli elementi fondamentalisti da Musharraf, se non con cambiamenti di facciata ai vertici dello stesso.
Altri commentatori, invece, osservano come l'attentato sia avvenuto all'indomani della stretta intesa raggiunta[1] tra lo stesso Musharraf e il presidente afgano Hamid Karzai che avrebbe dovuto incontrare anche la Bhutto per una strategia più stringente nella lotta ai Talebani che controllano di fatto il confine tra i due paesi.
Un'intesa favorita attivamente dagli USA. (dal sito Wikipedia)
E' morto a Toronto a 82 anni il pianista e compositore Oscar Peterson, una leggenda del jazz.
Peterson era nato a Montreal nel 1925 e la sua carriera di virtuoso del piano lo ha portato prima ad esibirsi con i maggiori nomi della scena del jazz mondiale, poi a diventare a sua volta un'icona della musica a livello internazionale.
Il cattivo stato di salute negli ultimi tempi lo aveva costretto a cancellare piu' volte eventi sul palcoscenico.(ansa)
Una donna bianca, di circa 50 anni, prende posto in classe economica di fianco ad un nero.
Visibilmente turbata, chiama la hostess.
"Che problema ha signora?" chiede l'hostess.
"Ma non lo vede?" risponde la signora "mi avete messa a fianco di un nero! Non
sopporto di rimanere qui. Assegnatemi un altro posto!!!".
"Per favore, si calmi" dice l'hostess "Tutti i posti sono occupati. Vado a vedere se ce n'è uno disponibile".
L'hostess si allontana e ritorna qualche minuto più tardi.
"Signora, come pensavo, non c'è nessun altro posto libero in classe economica. Ho parlato col comandante e mi ha confermato che non c'è nessun posto, neanche in classe executive. Ci è rimasto libero soltanto un posto in prima classe."
Prima che la donna abbia modo di commentare la cosa, l'hostess continua:
"Vede, è insolito per la nostra compagnia permettere a una persona con
biglietto di classe economica di sedersi in prima classe. Ma, viste le circostanze, il comandante pensa che sarebbe scandaloso obbligare qualcuno a sedersi a fianco di una persona sgradevole".
Poi, rivolgendosi al nero, l'hostess prosegue: "Quindi, signore, se lo desidera,
prenda il suo bagaglio a mano che un posto in prima classe la attende..."
E tutti i passeggeri vicini che, allibiti, avevano assistito alla scenata della signora, si alzano applaudendo.
Care tutte,
la manifestazione che abbiamo costruito insieme in poco più di un mese, ha superato di gran lunga le aspettative di ognuna di noi. La presa di parola di oltre centocinquantamila donne e lesbiche contro la violenza maschile sulle donne, agita soprattutto in famiglia, è un risultato politico straordinario.
Il corteo ha attraversato generazioni e femminismi dando valore alle differenze. Per molte di noi un corteo di donne per le donne ha dato forza alla nostra voce, ai nostri corpi, alla nostra soggettività politica. Consapevoli che quella separatista è una delle pratiche con cui le donne scelgono di esprimersi, siamo interessate a rilanciare una discussione perché non vogliamo prescindere dal dialogo e dal confronto. Il dato politico più importante è l'instancabile partecipazione di ognuna di noi in questo percorso, la condivisione di una piattaforma comune, l'autodeterminazione con la quale ab biamo rivendicato contenuti, pratiche e finalità, la sintonia con cui abbiamo risposto alla prevaricazione di soggetti istituzionali e partitici che, con politiche familiste e sessiste, hanno disconosciuto la libertà di scegliere delle donne. La nostra lotta contro la violenza passa necessariamente attraverso la libertà e l'autodeterminazione delle donne e delle lesbiche, messe in discussione da una proposta di modifica peggiorativa della 194, dal mantenimento della legge 40, dalle politiche pro famiglia avanzate dal governo grazie all'istituzione di un ministero ad hoc, dal pacchetto sicurezza.
Avevamo dichiarato in più occasioni (appello e comunicati stampa) di essere antifasciste, antirazziste e antisessiste. È per questa ragione che ci siamo riappropriate del corteo e della piazza spontaneamente e collettivamente. Altro che violenza, la nostra contestazione è stata una forma di autodifesa. Non è forse violenza il comportamento di sopraffazione di chi non ha voluto ascoltare il contenuto di questa giornata di lotta? Non è forse violenza non rispettare le nostre pratiche di rifiuto della delega e delle logiche di rappresentanza?
'Quando le donne dicono no, vuol dire no'. Le parlamentari e le ministre contestate hanno tentato di togliere la parola alle donne del corteo per ottenere visibilità e sostenere politiche in contrapposizione con i contenuti della manifestazione. Hanno cercato di strumentalizzare il nostro movimento anche grazie al salotto mediatico allestito da La 7, venuta meno agli accordi presi.
Le contestazioni hanno contribuito a chiarire sui media la distanza delle nostre posizioni politiche con quelle istituzionali, la differenza tra protagonismo collettivo e presenzialismo opportunista, l'affermazione della soggettività femminista, lesbica e femminile contro la mercificazione dei nostri corpi.
E la chiamano antipolitica... noi la chiamiamo coerenza dei nostri percorsi politici.
Nostra esigenza e desiderio è ora una valutazione co llettiva del percorso e della giornata che ha segnato il 24 novembre. Per questo proponiamo un'assemblea nazionale il 12 gennaio a Roma come luogo di espressione, di incontro e di relazione, strumento e pratica utile a dare continuità al nostro movimento con una reale condivisione di pratiche e di percorsi. Rimaniamo aperte ad altre proposte che potrebbero venire da reti territoriali differenti.
Saluti femministi.
Se la violenza sulle donne viene dalla legge
di Stefano Rodotà
Repubblica 6.12.07
VI SONO forme di violenza insistita e continua che si impadroniscono della vita delle persone, ma sono pure rivelatrici dell´ipocrisia e dell´inadeguatezza delle istituzioni pubbliche. I fatti ce lo ricordano quasi ogni giorno, e quelli più recenti sono particolarmente inquietanti e rivelatori. Mi riferisco ai nuovi dati sulla fuga all´estero delle coppie che cercano di liberarsi dalle maglie proibizioniste della legge sulla procreazione assistita; all´inadeguatezza drammatica delle terapie contro il dolore; alle ruspe che abbattono ciecamente povere baracche in desolate periferie urbane. Sono tutte manifestazioni di una violenza pubblica che genera tensioni, conflitti, sfiducia, e dalla quale non è possibile distogliere lo sguardo o, peggio, allontanarsi progressivamente con una sorta di rassegnata accettazione.
Negli stessi giorni in cui le donne tornavano in piazza non per "manifestare", ma per cercar di ricostruire una consapevolezza comune di quanta sia la violenza che si esercita sul corpo femminile, si è avuta la conferma di una serie di effetti negativi della legge 40, riferiti questa volta al calo delle nascite, all´aumento delle gravidanze plurime, ai nuovi itinerari del "turismo procreativo". Tutte vicende che rientrano proprio in quella categoria della violenza che il 24 novembre si è voluto ricordare, figlia dell´espropriazione del potere femminile di autodeterminarsi, della rinnovata considerazione del corpo della donna come "luogo pubblico" sul quale i legislatori possono impunemente intervenire. E, come sempre accade in questi casi, emergono contraddizioni, ipocrisie.
Dagli stessi luoghi politici ed istituzionali nei quali si esprimeva preoccupazione per la caduta della natalità sono venute regole che hanno avuto come effetto la riduzione dei tentativi di gravidanza con esito positivo (dal 24.8% al 21.2%) ed una diminuzione delle nascite stimata nel 3.6% dal giorno dell´entrata in vigore della legge 40, che dunque sarebbe bene cominciare a definire come quella della "non procreazione" assistita.
I convinti avversari dell´aborto hanno innescato un meccanismo pericoloso che, a causa soprattutto dell´obbligo di impiantare tutti gli embrioni prodotti, ha fatto crescere le gravidanze trigemine (2.7% contro una media dell´1.1% nel restante mondo occidentale) e quindi le interruzioni parziali di gravidanza, aumentate del 100%. Quelli che hanno tuonato contro un enfatizzato far west procreativo sono i responsabili del vero far west nel quale sono state spinte nel solo 2007 già seimila coppie, obbligate ad aggirarsi per l´Europa alla ricerca di cliniche "low cost" per aver accesso a quelle tecniche di procreazione assistita proibite in Italia.
Anche questa è violenza domestica, quella contro la quale sono scese in piazza le donne. Ma questa volta, tra le mura domestiche, l´aggressione non viene dagli uomini lì presenti. Arriva da un legislatore che incarna la logica del potere maschile, quella stessa che in alcuni stati americani aveva fatto nascere i "guardiani della mezzanotte", che entravano nelle case delle donne sole beneficiarie di un sussidio pubblico e, se le trovavano a letto con un uomo, cancellavano il sussidio, considerandole automaticamente "mantenute" da quell´uomo, e non esseri liberi che esercitavano la loro libertà sessuale. Dall´agenda politica questi temi sono stati espulsi. Troppo scottanti per una maggioranza divisa, che sta sacrificando la realtà al realismo politico ed alla presa delle ideologie? Poco redditizi sul piano del consenso, perché le persone interessate sono poche migliaia? Le persone in carne ed ossa, dunque, sono cancellate quando non sono parte di grandi numeri?
Le speranze residue di questo tempo difficile sono affidate alle nuove direttive che, per la procreazione assistita, dovranno venire dal ministero della Salute. Ci si deve attendere che scompaiano almeno le forzature imposte alle linee direttive precedenti, prima tra tutte quella riguardante il divieto della diagnosi preimpianto, la cui illegittimità è stata dimostrata in modo chiarissimo da una bella ordinanza del tribunale di Cagliari. Questa decisione, e quelle altrettanto eloquenti del tribunale di Roma sul legittimo comportamento dell´anestesista nel caso Welby e della Cassazione sul diritto all´interruzione dei trattamenti per le persone in stato vegetativo permanente, indicano la strada dei principi costituzionali come l´unica legittima quando si vuol fare riferimento ai valori che devono ispirare l´azione di Parlamento e Governo. Un grande interrogativo è davanti a noi. La nuova stagione costituzionale consisterà soltanto nella "manutenzione" dei meccanismi istituzionali o, come dovrebbe, rimetterà al centro dell´attenzione la dimensione delle libertà e dei diritti, offuscata in questi anni?
Se questo non avverrà, violenze e ipocrisie continueranno a tenere il campo. Con toni perentori, a chi parla di dignità del morire si oppone la necessità di considerare piuttosto le cure palliative, le terapie antidolore. Ora, a parte il fatto che le due cose non sono affatto incompatibili, guardiamo di nuovo ad una realtà che ci parla di un´Italia ultima nell´Unione europea proprio nelle terapie antidolore, come risulta da un rapporto dell´Organizzazione mondiale della sanità. I calcoli fatti portano a concludere che ogni anno muoiono novantamila malati di cancro senza terapie del dolore, e questa cifra sale assai se si considera che il numero dei sofferenti di patologie diverse dal cancro oscilla tra il 15% e il 20% della popolazione. "La tragica condizione in cui versa la terapia del dolore in Italia è paragonabile alla tortura per omissione" – è stato il commento. La dignità della persona, tanto citata nella chiacchiera pubblica, è negata nei fatti dall´inadeguatezza delle strutture, dalla resistenza dei pregiudizi contro l´uso degli oppiacei, dal persistere di argomentazioni che guardano al dolore quasi che fosse un valore che dà un senso più profondo all´esistenza. Dolore privato e indifferenza pubblica? In quale agenda politica riusciremo a cogliere la consapevolezza dell´immoralità di questa violenza continua, anch´essa domestica, che colpisce alla radice l´umanità stessa di ciascuno e di tutti?
Se seguiamo il filo dei numeri, dei drammi dell´esistere, della violenza sociale, incontriamo le persone, milioni ormai, che vivono la condizione della marginalità, dell´"altro" che accettiamo come produttore di servizi e allontaniamo come essere umano, che confiniamo lontano da noi, in condizioni di vita intollerabili che scopriamo quando producono violenza e per le quali l´unica attenzione istituzionale diventa allora quella dell´ordine pubblico. Delle ruspe che spianano i rifugi dove si sopravvive, dove torna un bambino e scopre che con la sua misera abitazione sono scomparsi anche i suoi libri di scuola. Il caso singolo viene magari risolto felicemente, e il libro "Cuore" torna tra noi. Ma rimane una condizione umana, così ben raccontata da Citto Maselli nell´ultimo suo film, che fin dal titolo, Civico 0, ci parla appunto dell´azzeramento della cittadinanza in un mondo dove, al di là delle singole storie, l´umanità è negata in radice, messa ai margini di strade incessantemente percorse dal fragore del traffico, ridotta a scoria e rifiuto, quasi indistinguibile dai cassonetti nei quali fruga.
Da qui, da questi diversi aspetti della condizione umana, dovrebbe pure muovere una politica che si vuole umana, che aspira a produrre una "agenda" riconoscibile dalle persone, che cerca e trova protagonisti diversi dalle maschere fisse che compaiono nei salotti televisivi. Non è retorica, populismo, buonismo. E´ semplicemente la vita. Se la politica la perde, perde se stessa.
Londra, 4 dic. - (Adnkronos) - Gillian Gibbons, la maestra britannica condannata e poi graziata in Sudan per blasfemia, e' tornata questa mattina in patria. "Voglio solo rilassarmi, non diro' altro. Sono troppo stanca", ha detto la donna ai giornalisti al suo arrivo a Londra, con un volo via Dubai. Al suo arrivo l'ha accolta il figlio, accompagnato dalla fidanzata.
È libera Gillian Gibbons, la maestra britannica, condannata a 15 giorni di carcere in Sudan per aver insultato l’Islam consentendo ai suoi alunni di chiamare Maometto il loro orso di peluche. La Gibbons, che è stata graziata dalle autorità sudanesi, è stata consegnata all’ambasciata britannica a Khartum.
Dovevo fare la conta spermatica (un esame che serve a vedere il numero di spermatozoi) per sapere se sono fertile oppure no. Non so per quale motivo al mio medico venne l’idea di far fare la conta spermatica a un post adolescente di 22 anni. Va bene che avevo l’età fisiologica e anagrafica per mettere su famiglia, ma all’epoca ero ancora uno di quei bamboccioni che vivevano a casa con mamma’, non avevo la ragazza, né tantomeno aspirazioni paterne… I posteri hanno poi provato la mia dedizione assoluta al celibato e la mia propensione a sottrarmi alla paternità, insomma, sono un ramo secco…
E fateme di’ che qualcosa de secco ce l’ho pure io, no?!
Chissà forse il mio dottore stava sperimentando risposte possibili al mio nascente ipocondrismo (“lei è sterile!!!”).
Insomma, sto lì, davanti a questo dottore anzianotto, infastidito dal fatto che sia un semipischello e non un uomo adulto a fare quell’esame, che si mette a spiegarmi, più irritato che imbarazzato, che quell’esame “prevede la masturbazione!” (forse l’imbarazzo proviene dal timore di stare parlando di dolci a casa di un pasticcere, visto che i giovani e i giovanissimi si ammazzano di pippe).
Io lo guardo e vorrei dirgli “Ma va’?” ma sono a mia volta troppo imbarazzato di stare a parlare di pippe con un altro uomo (vecchio e medico per giunta!) per riuscire a vedere il lato buffo della cosa.
Il medico mi dà un contenitore e mi dice “vada in bagno” - riuscissi ad essere sarcastico vorrei risponderli “E dove altrimenti, nel pippatorium ?!?!?!”- e poi torni da me”.
E lì mi capita di partecipare a uno degli sfaceli degli ospedali italiani, romani, insomma, siamo al policlinico Umberto I di Roma, un ospedale (?!) che Paesanini vorrebbe trasformare in parcheggio per Tir con una gettata di cemento vivo (e tutti i medici ancora dentro però…).
Davanti la porta del bagno trovo una giovane donna, faccia sofferente e imbarazzata. Non capisco perché stia lì, ma, essendo il bagno solo per uomini, la scavalco e mi dirigo verso la porta. Qualcosa mi dice di non insistere troppo nel cercare di aprirla e infatti, prima che la donna, imbarazzatissima, possa dirmi guardilìdentroc’èmiomaritochesispippettanonperpiacersuo, così, tutto di un fiato, sento una voce dall’interno, funerea e per niente eccitata, che mi dice “occupato”!
Aspetto imbarazzatissimo. Dopo pochi secondi lui esce con una faccia che nemmeno dal dentista che senza anestesia ti viene, e le dice, guardandomi intanto quasi con odio, “non ci riesco!”
Sono una coppia giovane, sulla trentina, sono carini, sono lì perché non riescono a fare figli, lui deve fare la conta spermatica e non riesce a …concludere. “Vieni facciamoci un giro”, dice lei saggiamente, “torniamo dopo”.
Bene, bravi, mi lasciano il campo libero.
Entro finalmente nel bagno (fetido) e scopro che:
1) Manca l’illuminazione, l’interruttore non d segni di vita, e siccome la finestra del bagno è misteriosamente oscurata, nel bagno c’è buio pesto.
2) LA PORTA NON SI CHIUDE! Normalmente rischi che ti scoprano a far pipì (anche perché la porta dà subito sul bagno, non c’è nessun vestibolo con lavandino, dietro troneggia subito la tazza del cesso) figuriamoci per chi, come me, sta lì per …insomma, avete capito no?
Resto imbambolato qualche secondo, penso quasi di rinunciare, ma poi mi appoggio alla porta con la schiena (come, immagino, stava facendo il tipo che, prima, ho mio malgrado disturbato…) pronto a respingere ogni tentativo di apertura (per fortuna la porta si apre verso l’interno…), faccio quello che devo fare cercando di centrare il contenitore sterile (sono al buio ricordate?), ci metto non so quanto (ora capisco la disperazione del tipo che era lì prima di me…, ma io sono fortunato, nessuno cerca di entrare nel bagno mentre sto li a spip…), ritorno dal dottore, gli consegno il campione da analizzare, e me ne vado, rendendomi conto solo in quel momento che io e quell’uomo (il tipo che era dentro il bagno fetido prima di me) siamo stati umiliati da un sistema insensibile e idiota. Poco importa per me che figli non volevo farne allora figuriamoci oggi (al limite ne adotterei uno…) ma quel povero padre di famiglia (ehm) umiliato perché costretto a spip… senza il minimo confort, come fosse un cittadino di serie b (“peggio per te se sei sterile!”) proprio non mi va giù.
Perché il dottore non aveva lasciato il suo studio a disposizione (tanto quando sono rientrato per consegnarli il contenitore sterile stava leggendo non stava mica visitando altri pazienti…) ? A maggior ragione visto che la porta del bagno non si chiudeva?...
Esco da quell’esperienza così umiliato che non sono mai tornato a ritirare i risultati (“fra quindici giorni” mi aveva detto il medico scorbutico). Sono rimasti lì, a ingiallire in qualche archivio. Per cui ancora oggi non so se sono fertile oppure no.
Come dite?
Chi se ne frega?
Moi non plus!!!!
Dalle
La vendita continua anche per tutta la giornata di domenica…
Oggi sono circa 4mila le nuove infezioni da Hiv che si registrano ogni anno in Italia il 65% delle quali trasmesse per via sessuale.
La mortalità è ancora in diminuzione ma il numero delle infezioni è di nuovo in aumento. Dall'inizio dell'epidemia a oggi in Italia si sono registrati 58.400 casi di Aids, e 35.300 decessi. Il picco dell'epidemia è stato registrato nel 1995 (5.600 casi di aids conclamata), mentre oggi sono 1.200. I malati conclamati che vivono grazie alle nuove cure retrovirali sono 23.000 mentre i sieropositivi sono 120.000, In quanto ai decessi, dopo il picco raggiunto nel '95 (4.581), dal 1997 si inizia a registrare un calo, che continua fino ai 200 morti registrati nel 2007.
Il dato più allarmante è quello sulle modalità del contagio.
Se nel 1997 la percentuale di tossicodipendenti era del 58,1%, contro il 20,7% quella per rapporti etero e il 15% per quelli omo-bisessuali, nel 2007 i casi tra i tossicodipendenti sono scesi al 27,4%, mentre quelli tra gli eterosessuali sono saliti al 43,7% e quelli tra omo-bisessuali al 22%.
Un dato che si commenta da sé. Se i gay ancora sanno prendersi cura di sé, l'aids è sempre più percepita come malattia dei gay se i contagi etero rispetto 10 anni fa sono raddoppiati.
Forse bisognerebbe smetterla di fare una distinzione sull'orientamento sessuale dei malati di aids (la distinzione infatti ha solo un valore sociologico e non medico) e parlare solo di contagio sessuale e basta... Ricordando che nessuna pratica sessuale è immune dal rischio di contagio, dalla fellatio in su (...on in giù!!!)