Ero un bambino di 4-5 anni quando in tv trasmisero alcune sequenze della scena finale di Zabriskie Point, quella famosa nella quale, su un brano dei Pink Floyd, esplodono televisori e frigoriferi (ripresi con una cinepresa speciale con pellicola senza perforazione, che riusciva a impressionare migliaia di fotogrammi al secondo...).
Io da piccolo ero affascinato dagli oggetti, mi piaceva aprirli, romperli, per vedere come erano fatti dentro. All’epoca la mia pubblicità preferita era quella dell’Arrigoni, nella quale uno\a scettico\a, lasciato\a da solo\a insieme a un marchingegno elettrico, del quale il commesso del negozio che lo vendeva aveva appena finito di decantare i pregi, cominciava a manometterlo fino al ritorno del commesso il quale, sbigottito di fronte al marchingegno aperto, balbettava: “Ma che fa? Lo ha aperto?!?!” Al che lo\a scettico\a rispondeva col claim della pubblicità: “Certo. A scatola chiusa compro solo Arrigoni”.
Ecco, questa religione dello smontare, del vedere cosa c’è dentro, di capire come funzionano gli ingranaggi (inutile dire che le scene nella catena di montaggio di Tempi moderni di Chaplin erano il mio vangelo) era stata pubblicamente riconosciuta da quel cinetoscopio che andava in mille pezzi, da quel telaio di altoparlante che vorticava al rallentatore verso lo spettatore della sequenza di Zabriskie…. Mi ricordo come fosse ieri l’eccitazione quasi sessuale di scoprire che qualcun altro, molto più grande e più bravo di me, aveva le mie stesse curiosità, la mia stessa morbosità, una sorta di larvato luddismo che mi portavo dietro, ieri come oggi (ah che piacere vedere le astronavi della Federazione andare in mille pezzi!!!!).
Certo all’epoca ancora non sapevo chi fosse l’autore di quelle immagini ma Antonioni era entrato indelebilmente nella mia vita.
Poi, solo pochi anni dopo. ci fu il mio secondo incontro con Lui, quando vidi Professione:Reporter all’arena dietro casa. Avevo 9-10 anni all’epoca e mi ricordo che di fronte a questo film da grandi senza musiche di commento, dove quel che succedeva era raccontato dalle immagini e non dai dialoghi e dove non potevi distrarti nemmeno un attimo se volevi capire cosa stesse succedendo, dinanzi questo film, dicevo, mi resi conto che Antonioni era diverso dagli altri registi, che raccontava delle storie per il gusto delle immagini, per attirare la tua attenzione, per farti ragionare su quel che vedevi…
Insomma Antonioni era per me Il regista, l’idea platonica di questa categoria…
Durante gli anni del liceo vidi molti suoi film, in tv su Rete4 (d'altronde è su canale 5 che ho scoperto Franco Brusati…) e Antonioni divenne sempre di più un amico, un adulto che mi comprendeva, che mi incuriosiva, col quale potevo essere me stesso (come dimenticare l’eccitazione dinanzi alle fotografie delle scene di nudo di Zabriskie Point pubblicate nella sceneggiatura della Cappelli , che scoprii una mattina in biblioteca dove ero andato facendo sega da scuola…?), col quale c’era una tacita intesa, come Antonioni fosse uno Zio che non vedi mai ma che sai che c’è e si ricorda di te.
Così, prima ancora dell’università conoscevo tutto (o quasi) quel che si poteva conoscere a livello amatoriale su di Lui, avevo persino letto con avidità la sceneggiatura di un film mai realizzato Tecnicamente dolce pubblicata da Einaudi e che avevo trovato a Porta Portese…
Lì sono nate le tesine sui suoi film, volute da Aristarco.
Lì è nata la mia prima associazione culturale che, ovviamente, si chiamava “Zabriskie Point”…
Michelangelo Antonioni è per me la passione del cinema prima del cinema, del sesso prima del sesso, dell’analisi critica prima dell’analisi critica, della politica prima della politica,
rappresenta tutto quello che mi sarebbe piaciuto fare e diventare e che solo in parte hi poi davvero avuto il coraggio di provare a essere.
Nessun commento:
Posta un commento