Se ne scrivo è solo per fare una strigliata totale alle due autrici che non hanno alcuna giustificazione per avere firmato un insulto alle prostitute e all'intelligenza dei lettori e delle lettrici del quotidiano sul quale, immeritatamente, scrivono.
Intanto - non so fin quanto dovremo ancora ricordarlo a tutta la classe giornalistica italiana che dovrebbe ricevere una multa di mille euro ogni volta che, transfobicamente cade nell'errore - quando si parla di trans cioè di PERSONE che transitano dal sesso biologico di nascita all'altro, ci si riferisce loro usando come genere QUELLO DEL SESSO D'APPRODO (su internet il carattere maiuscolo significa che si sta urlando. Specifico che sto urlando, direttamente nelle orecchie delle due giornaliste chissà tanto che questa volta sentano e - ma ne dubito - capiscano...).
Così nel caso di trans m to f si dice la trans, le trans, poco importa se sono già operate oppure no (come viene specificato - non senza una certa pruderie - nell'articolo in questione) non il trans, i trans.
Per degli uomini che vogliono approdare al sesso femminile (in qualunque momento del guado decidano di fermarsi) ricordare loro il sesso di partenza e non quello di approdo significa non rispettare la loro decisione, il loro sentire, vuol dire offenderle per un pregiudizio che va almeno esplicitato e non nascosto nelle pieghe di una lingua di per sé già alquanto maschilista. Che si abbia almeno il coraggio delle proprie opinioni (sic!) e ci si dichiari apertamente transfobiche senza nasconderlo vigliaccamente negli accordi di genere della lingua italiana.
Ma in questo Valeria Di Leva e Chiara Piselli non sono meno dei loro colleghi che fanno tutti a gara a usare il maschile per riferirsi a delle donne trans adeguandosi a un livello di maschilismo al quale evidentemente pensano di doversi arrendere se vogliono essere pubblicate su un giornale come Repubblica.
Quello che però è veramente insopportabile e rende l'articolo irricevibile e da rispedire al mittente con tutta la veemenza possibile è la miopia professionale delle due giornaliste che non solo per tutto l'articolo si limitano a descrivere la presenza ingombrante delle prostitute senza mai prendere in considerazione quella dei maschi che le pagano (se non come momento di colore... quando un ragazzo chiede a una di loro quanto vuoi) come se il presunto degrado della città dipendesse solo dalla loro presenza in strada e non da quella dei clienti, padri , fidanzati, mariti, fratelli, cugini, parenti e amici delle persone che, come Valeria Di Leva e Chiara Piselli, si indignano della presneza delle prostitute senza esecrare mai a chi va con loro.
Quello che trovo davvero insopportabile e che mi fa vergognare di loro è la totale assenza, nell'articolo, di solidarietà per le persone sfruttate, perchè ormai anche le pietre sanno (ma non Valeria Di Leva e Chiara Piselli) che dietro la prostituzione c'è un giro enorme di sfruttamento basta leggere un qualsiasi articolo pubblicato su internet e non siti di libertari o libertini, o di gente di sinistra area alla quale ormai solo nominalmente Repubblica appartiene questo articolo non avendo nulla da invidiare a quelli pubblicati sul Tempo.
Parlo di siti come quello della Caritas costituita nel 1971 da Papa Paolo VI come organismo pastorale finalizzato a promuovere la testimonianza della carità all'interno della comunità cristiana.
La Caritas si batte per <i>la protezione e la difesa della donna vittima del traffico, l'informazione e la sensibilizzazione della comunità cristiana e dell'opinione pubblica, la denuncia e la sollecitazione a farsi carico della situazione da parte delle istituzioni</i>.
Col loro articolo Valeria Di Leva e Chiara Piselli vanno esattamente nella direzione contraria
Se si fossero informate prima di scrivere Valeria Di Leva e Chiara Piselli avrebbero scoperto che
L'OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) stima che circa 1.000.000 di esseri umani sono trafficati ogni anno nel mondo e 500.000 in Europa. In Italia, per quanto riguarda la tratta per sfruttamento sessuale, pur nella difficoltà di poter avere dati certi sul fenomeno per il suo carattere di clandestinità, si stima una presenza di prostitute straniere che oscilla tra le 19.000 e le 26.000 (fonte Caritas Ambrosiana )Invece di alimentare lo stigma contro le prostitute, tacendo il doppio sfruttamento maschile che c'è dietro, quello di chi con le prostitute ci va e quello di chi con le prostitute ci guadagna Valeria Di Leva e Chiara Piselli si limitano a lasciar parlare il proprio pregiudizio arrivando a scrivere che a nulla sono serviti i proclami del sindaco che aveva promesso di rendere Roma più sicura e di spazzare via questo indecoroso spettacolo notturno.
Quel che preoccupa Valeria Di Leva e Chiara Piselli non è lo sfruttamento maschile delle donne né il fatto che degli uomini trovino più facile pagare delle donne per farci sesso che provare a corteggiarle (figuriamoci se analizzano le motivazioni che portano gli uomini a frequentare le trans non operate si limitano a specificarlo solo per rimestare nel torbido).
L'unica cosa che le turba è lo spettacolo indecoroso. Per cui loro sarebbero felici se lo sfruttamento continuasse altrove, basta che non sia più sulla pubblica via. Così invece di informarsi (e oggi basta consultare internet non bisogna andare in biblioteca come una volta) e informare i loro lettori e le lori lettrici Valeria Di Leva e Chiara Piselli contribuiscono ad alimentare lo stigma e a coltivare l'ignoranza di chi le legge dimenticandosi che stanno scrivendo su un quotidiano e non su una pagina personale di internet dove scrivere la prima cosa che passa loro in mente.
Come cittadino italiano, come lettore e come uomo protesto per questo scritto che non è degno nemmeno di essere considerato un articolo e grido dal profondo del mio cuore a Valeria Di Leva e Chiara Piselli: VERGOGNATEVI!
4 commenti:
Ti senti meglio adesso che hai puntato il dito verso due giornaliste? Ho trovato fastidioso il tuo intervento che, sebbene giusto nelle intenzioni, è argomentato in maniera spocchiosa. Se hanno peccato le due, si tratta di peccato di ignoranza, ma d'altronde il garbo non è di tutto, avresti potuto dirle in maniera molto più elegante le tue cose.
Nicola
Ciao Nicola.
Grazie del tuo feedback.
Mi spiace che il mio temperamento ti abbia dato fastidio non era mia intenzione di infastidire te, mio lettore.
Mi fa piacere che riconosci comunque che in quel che dico c'è del vero.
Vorrei chiederti però, senza con questo voler minimamente giustificare quella che tu chiami la mia spocchia o ineleganza, perchè sei disposto in qualche modo a giustificare l'errore delle due giornaliste dicendo che se hanno sbagliato lo hanno fatto per ignoranza. Non credi di essere troppo indulgente con loro, professionalmente parlando?
Io che non sono giornalista, ma un semplice blogger e che quindi mi è consentito proprio per la natura personale di questo mio diario online di essere più superficiale e meno informato sono arrivato a sapere sull'argomento, tramite una semplice ricerca su internet, quello che loro per tua stessa ammissione ignorano. Come mai loro che sono professioniste dell'informazione e scrivono su uno dei primi quotidiani d'Italia, in base alla tiratura, ignorano cose fondamentali da sapere prima di scrivere? Perchè non si sono informate e io sì? Io credo che la disinformazione in chi fa informazione per mestiere sia venire meno alla prima ragione di essere e dunque non sia un peccato da poco. Se a questo aggiungi il fatto che sono donne e non hanno solidarietà di classe con altre donne ti spiega, anche se non giustifica, la rabbia del tono usato nel mio post che non voleva essere spocchioso ma indignato.
E se davvero riconosci che in quel che dico c'è del vero dovresti essere indignato con loro anche tu invece di infastidirti solo del mio tono spocchioso. Io almeno nell'intestazione del mio blog avverto i miei lettori del temperamento con cui scrivo dove alessandro paesano, alias allessandrito paesanini, può dare sfogo ai suoi eccessi di ira e di gioia senza tema di esagerare invece su Repubblica non c'è scritto, come dovrebbe esserci, dove si scrive senza nulla sapere dell'argomento di cui si parla.
Grazie per avermi scritto.
La pratica giornalistica impone tempi molto rapidi e a volte si incorre nell'errore della poca informazione. Può succedere, non tutti sono giornalisti di alto livello, magari si scrive di argomenti che non si conosce in maniera profonda e si hanno poche ore per portare a casa il pezzo. La mia indulgenza deriva dal fatto che considero il pubblico in grado di sopperire alle mancanze dei giornalisti, proprio come fai tu, sebbene considero il tuo post un po' troppo accusatorio verso quelle due povere giornaliste, che avranno sbagliato, ma ti assicuro che non sono le uniche. Che facciamo le additiamo una per una? Sarebbe più proficua una riflessione più moderata e magari meno inquisitoria.
Nicola
Certo, le additiamo una per una e uno per uno come è giusto fare quando chi legge ha qualcosa da dire, che non sia campata in aria, come tu stesso mi riconosci. Sono persone che comunicano a centinaia di migliaia di lettori hanno una responsabilità etica enorme. Non sono cittadine che stanno esprimendo una loro opinione ma che contribuiscono a creare una opinione pubblica.
Non credo sia una questione di rapidità, ma di onestà intellettuale. Io ci ho messo venti minuti per documentarmi. Possibile che le due giornaliste non hanno avuto altrettanto tempo a disposizione?
Ripeto, critica pure quanto vuoi il mio tono come inopportuno e inquisitorio ma non farmi il torto di giustificare il loro pressapochismo a causa della mia indignazione eccessiva. I nostri giornalisti sono i peggiori d'Europa, e il fato che siano davvero in pochi a saper far bene questo mestiere non giustifica le nostre nemmeno un po'. Un male comune non è per questo meno grave o meno criticabile...
Se loro due non sono in grado di fare il loro lavoro che lo facessero fare a chi ne più cura e più rispetto per i fatti riportati e per i lettori (le lettrici).
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