6 maggio 2011

6 maggio 2011: sciopero generale


Lo sciopero di oggi “parla di lavoro, di fisco, di cambiamento e di una politica economica del Governo che sta solo peggiorando le condizioni dei lavoratori”. A parlare è il Segretario Generale della CGIL, Susanna Camusso in occasione di un'assemblea con i lavoratori del Nuovo Pignone a Firenze.
In particolare Camusso critica le manovre del ministro dell'Economia Giulio Tremonti che “hanno portato solo effetti depressivi” e nelle quali “non esiste un vero riferimento alla crescita”, ma “si pensa a galleggiare in attesa di eventi miracolosi”. Camusso punta il dito anche contro l'operato del ministro dello Sviluppo Paolo Romani, sottolineando come delle tantissime vertenze aperte, “da quelle piccole a quelle grandi, in tutti i settori, non ne è stata risolta neppure una”. Forti critiche sono sollevate  al ministro Romani anche per l'assenza di un vero piano energetico nazionale “una sua responsabilità”, attraverso il quale stimolare gli investimenti e l'occupazione.

Lo sciopero del 6 maggio parla a tutti i lavoratori, “non sarà di un solo sindacato” perchè, spiega Camusso “si rivolge all'intero mondo del lavoro, anche a quei lavoratori non iscritti al sindacato o iscritti ad altri sindacati”. La mobilitazione della  metterà quindi al centro la difesa del lavoro dagli effetti della crisi, dalle scelte depressive del governo e dall’attacco ai diritti e alle tutele. Non solo, il sindacato chiede anche di rilanciare l’occupazione, unica via percorribile per riprendere la crescita e di ricercare soluzioni positive alle tante, troppe, crisi industriali accumulate al ministero dello Sviluppo economico. Sul fisco la CGIL reclama un intervento di giustizia sociale, alleggerendo il carico fiscale sui lavoratori dipendenti e sui pensionati, e per reperire le risorse necessarie per la crescita che si sono accumulate nei grandi patrimoni e nelle transazioni finanziarie.  (da sito della cgil)

Fra i primi ad aderire all'iniziativa della Cgil c'è l'Italia dei Valori: il presidente del partito, Antonio Di Pietro, e il responsabile lavoro e welfare del partito, Maurizio Zipponi, hanno firmato una nota nella quale si legge che «la mobilitazione contro il governo, che sta affossando il Paese, è un'importante azione per mandare a casa Berlusconi. Ecco perché, tutte le opposizioni politiche devono unirsi ai rappresentanti del lavoro e dell'impresa sana per abbattere un regime antidemocratico, che sta minando i fondamenti della Costituzione e della convivenza civile».(il sole 24ore 

Il 6 maggio è il giorno dello sciopero generale. Ci sono tantissimi buoni motivi per non lavorare  e per unirsi a uno dei tanti picchetti, manifestazioni, azioni di protesta che si terranno in tutto il paese. Noi proviamo a elencarne dieci, rigorosamente non in ordine di importanza.

  1. Perché questo sciopero è stato strappato nel corso delle lotte che hanno rotto il silenzio sociale e che hanno reso manifesta l’esistenza di un paese che non si arrende alle rappresentazioni mediatiche e alle rappresentanze politiche del palazzo.
  2. Perché i metalmeccanici della Fiom devono rompere il ricatto di Marchionne e Confindustria.
  3. Perché gli studenti che hanno animato l‘autunno scorso hanno deciso di uscire dagli atenei per riprendersi il futuro.
  4. Perché bloccare le strade e la circolazione delle merci è un modo per bloccare la produzione. Cioè l’obiettivo di ogni sciopero.
  5. Perché la giornata del 6 maggio non è una battaglia campale, ma è stata pensata da uno schieramento plurale, ampio e aperto come una giornata di sperimentazione e messa in pratica di nuove forme di lotta.
  6. Perché ci saranno anche i migranti che chiedono la libertà di circolazione. Sono gli stessi che hanno abbattuto i tiranni in Tunisia ed Egitto, quindi è un’ottima occasione per imparare qualcosa.
  7. Perché incontrarsi per strada è un ottimo antidoto alla solitudine e all’isolamento.
  8. Perché il sito del principale giornale dell’opposizione parlamentare, Repubblica, ha fatto finta che il 6 maggio non succederà nulla. E quindi bisogna inventarsi nuove forme di comunicazione e nuovi strumenti di informazione indipendente.
  9. Perché le ricette dei liberisti per «uscire dalla crisi» sono fallite miseramente.  Bisogna rompere i dogmi del pensiero economico e partire dai bisogni sociali.
  10. Perché il berlusconismo è innanzitutto una forma di vita. Egoismo, maschilismo e ignoranza si combattono dal basso, non agitando manette e invocando condanne. (Carta.org)

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