11 luglio 2010

Carmela

Da quando ho perso quel pezzo di plastica spugnosa che Frances mi aveva regalato che permetteva una presa sicura su tappi, coperchi e quant'altro garantendone una rapida apertura, sono tornato ad invocare Carmela come faceva nonna Rosa. Beh, veramente lei diceva Cammela, più per una sua propensione atavica a storpiare nomi che per retaggio dialettale.
La parente Loredana (la moglie di nostro cugino Antonio, il figlio di Zia Maria) per lei era  Luridana, la signora Pompili, diventava una più plebea sinora Piombini, Spazio 1999 un più comodo Spazio 84, il Lysoform Lusoformio (che io, nipotino dodicenne, intendevo come l'usoformio, l'alchermes, il rosso liquore per imbibire i dolci, diventava il più esotico Alchemisi però Cammela non c'erano dubbi era Carmela. Una delle varie componenti della servitù quando la mia famiglia, da parte di madre, famiglia Di Silvestro, non Paesano, viveva in Libia, a Tripoli, allora suolo italico, in una villa con 12 stanze, scimmie, cavalli, e servitù del luogo,tra le quali le tanto amate (e rimpiante) Escia e Manfìa (chissà l'esatta grafia del nome...) tanto brave, dedite e riconoscenti alla famiglia Di Silvestro (ehm...).



Carmela, pensavo, doveva essere la serva fidata portata in Africa da quel di Sicilia, la serva italiana, quella di cui ti fidi ciecamente. Un donnone corpulento con lunghe vesti un po' lise e mai del tutto linde, dalla forza non indifferente, se riusciva sempre al primo tentativo ad aprire barattoli recidivi ed estrarre tappi inamovibili, a dimostrazione che l'uomo non serve nemmeno per mere questioni di forza bruta, se c'è Cammela in giro chiami lei! Una femminista ante litteram, una forza della natura, ... in una parola Cammela!
Mia nonna morì nel 1982. Si spense in 6 mesi da quando le diagnosticarono un cancro ai polmoni. Si aggravò per sua decisione quando si rese che non era più autonoma (mi aveva confessato che era quella la cosa che temeva, e si augurava che dio la portasse via presto in quel caso, perché non voleva essere di peso a nessuno). Così quando un pomeriggio, mentre io stavo uscendo per andare a sentire i concerti di Via Giulia (questa ve la racconto un'altra volta)  nonna scivolò tra le braccia di zia Zizzi (diminutivo di Enza...) che gridò aiuto a gran voce, e io sollevavo nonna, malamente caduta sul letto, lo sguardo che vidi nei suoi occhi (ah sì? Sono arrivata a questo punto?) mi fece capire che non sarebbe vissuta ancora a lungo, per scelta, per determinazione. Moriì 10 giorni dopo, per volontà.
Non pensai più a Carmela, se non quando continuavo a dire, allora come ora, ci vorrebbe Carmela (per mio vezzo lo avevo italianizzato, solo nonna poteva dire ci vorrebbe Cammela) quando c'era bisogno di un donnone forzuto.
Poi, un giorno, del tutto ignaro, mentre studiavo storia (o meglio storia del costume) incappai non so come nella descrizione di un antico pugile, campione mondiale dei pesi massimi nel 33-34, che aveva fatto sognare tanti italiani: Primo Carnera. Mai epifania fu più rapida e radicale, nonna avrebbe detto subitanea. Carmela era un uomo!
Corpulento e forzuto ma uomo... In una frazione di secondo mi vennero in mente tutti i nomi storpiati, e non mi capacitai come per Cammela mi fossi fermato all'apparenza esteriore,  senza intuire che alle origini dovesse esserci per forza un altra parola, un altro etimo...
Ma ormai Carmela era così vivamente entrata nella mia vita, così vivida nella mia memoria anche se non l'avevo mai vista (e come avrei potuto? Non esisteva!) che ancora oggi, da solo o in compagnia, quando devo aprile un barattolo, evoco Carmela e sorrido, pensando al pezzo di storia della mia famiglia che si cela dietro quel nome.

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bello essere
quello che si è anche se si è
poco
pochissimo
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