31 luglio 2010
30 luglio 2010
Il calippo e i suoi spot
Ricordo una delle pubblicità del Calippo, mitico gelato dell'eldorado (oggi è Algida) con un Jingle tormentone (Calippo-lippo-lippo) e questo ragazzino effeminato che se ne andava in giro in ogni luogo sempre goloso del gelato glande che usciva dalla sua confezione con un'apparenza inequivocabile.
Non l'ho trovata in rete. Se qualcuno ce l'ha gliela pago a peso d'oro (il mio).
In rete c'è quest'altro spot meno sfacciatamente esplicito di quel che ricordo io ma lo stesso molto interessante.
Un gelato per adolescenti dai 14 ai 17 anni a guardare da chi, nello spot, balla, mancano i bambini e gli adolescenti più grandi (ricordate che i teen-agers arrivano fino a 19 anni).
Lo spot trasferisce l'allusione sessuale che esiste sempre nei ragazzi e ragazze di quell'età al gelato, come dimostra questa immagine nella quale lui e lei, entrambi con il calippo in mano, alludono allo sviluppo sessuale di quelli/e della loro età che gravita però nell'allusione trasferendo il consumo dal sesso al gelato, vera e propria sublimazione di un petting spinto in chiave maschile/ista.
L'allusione omoerotica è presente solo come elemento esotico del ragazzo sudamericano, con canotta inequivocabilmente femminile, dove prevale un generale senso di ambiguità e allusione, piuttosto che un preciso statement gay, più vicina ai luoghi comuni del caso (ballo=effeminatezza=omosessualità) che al riconoscimento al diritto al consumo sessuale da parte del ragazzino gay 8che infatti è solo...).
Insomma i gay ci sono ma fanno colore, non scopano, in questo lo spot rimane ad uso e consumo dei maschietti etero.
E' per loro che le ragazze ballano col Calippo in mano portandoselo alla bocca a ritmo di musica e con gesto coreografato. Nessun cenno ad un orientamento sessuale altro quanto quanto, piuttosto, all'ambivalente ambiguità dello sviluppo sessuale adolescenziale (a differenza dello spot di cui dicevo nel quale invece è proprio il ragazzo dal'orientmaento sessuale alternativo a risvegliare tutti/e gli/le altri/e al sesso come consumo). Una ambiguità sottolineata anche da una
citazione colta, che solo i cinefili, gli amanti del camp e i gay, avranno colto, quella del professore (molto diverso da quello originale, qui più un bamba-einstein dai capelli banchi in vece del classico professore da college del film di cui questo elemento è una citazione) che insegna i passi di danza diretto riferimento alla Time Warp Dance di The Rocky Horror Picture Show.
L'erotizzazione di un oggetto non è una novità in pubblicità naturalmente ma stavolta non c'è trasnfert ma identità tra simbolo e oggetto di consumo/vendita: l'aggetto va consumato portandolo alla bocca, leccandolo, succhiandolo, più raramente mordendolo proprio come in una fellatio.
I ruoli sessuali sessisti qui non vengono messi in discussione, sono le donne a danzare e a consumare il calippo (essun ragazzo lo porta alla bocca).
I ragazzi si limitano a tenerlo in mano o a suonare i calippo versione gigante come bonghi, o a eseguire la coreografia per confermare con la loro presenza la pansessualità del gelato fossero state solo donne quel gelato sarebbe corto-circuitato in un vibratore...
Insomma un doppiosenso talmente ineludibile da poter essere mostrato senza scandalo alcuno. Il Calippo dimostra certe leggi fisiche per le quali tutti gli oggetti cilindrici e rigidi dentro una guaina funziona allo stesso modo.
Il Calippo mostra il proprio interno proprio come fa il glande in un pene con buona pace dei genitori e dei moralisti cattolici...
Basta pensare poi come spunta dal ghiaccio, novello fiore turgido, a inzio spot.
Un gesto rotatorio (masturbatorio) sul corpo del Calippo mostra come si deve fare per scaldarlo un po' e favorirne l'uscita dal suo contenitore.
Insomma posso dire che quella del Calippo è una pubblicità del cazzo senza tema di smentita.
Molto interessante invece la versione sudamericana dello stesso spot probabilmente di qualche anno dopo, nel quale sono riprese e rielaborate le stesse idee dello spot precedente in una chiave più disinvolta.
C'è sempre il professore del Rocky Picture Show, ci sono ancora i bonghi, ma qui qualcosa è di diverso.
Intanto ragazzi e ragazze sono insieme, vicini, alludendo a una se(n)sualità già consumata e non da consumare, in atto, non in potenza.
Una sessualità talmente a proprio agio con se stessa che ragazzi e ragazze consumano il Calippo, da soli o insieme. Più che la sublimazione dell'atto sessuale il consumo del Calippo ne è una anticipazione o un refrigerio post sesso.
Una maggiore consapevolezza di sé, del proprio corpo e della propria sessualità, che permette dimostrare il ragazzo alle prese col calippo\glande prima meravigliarsi e poi consumandolo tranquillamente.
Una sessualità meno allusa e più consumata, come il calippo che diventa un accessorio ben meno imbarazzante dello spot precedente e dove l'allusione. Il doppio senso, superato da una realtà fatuale dove il sesso in tutti i suoi orientamenti sessuali è consumato traquillamente.
Terzo e ultimo spot la versone americana sche slitta su un target di maggiore età e cambia completamente il discorso.
Qui il Calippo diventa un utensile, unoa propaggine culturale (in senso antropologico) da gustare tecnologicamente parlando. Niente sesso. Solo giovane e pratica efficienza.
A PROSSIMA VOLTA 'A BIRA!
Non l'ho trovata in rete. Se qualcuno ce l'ha gliela pago a peso d'oro (il mio).
In rete c'è quest'altro spot meno sfacciatamente esplicito di quel che ricordo io ma lo stesso molto interessante.
Un gelato per adolescenti dai 14 ai 17 anni a guardare da chi, nello spot, balla, mancano i bambini e gli adolescenti più grandi (ricordate che i teen-agers arrivano fino a 19 anni).
Lo spot trasferisce l'allusione sessuale che esiste sempre nei ragazzi e ragazze di quell'età al gelato, come dimostra questa immagine nella quale lui e lei, entrambi con il calippo in mano, alludono allo sviluppo sessuale di quelli/e della loro età che gravita però nell'allusione trasferendo il consumo dal sesso al gelato, vera e propria sublimazione di un petting spinto in chiave maschile/ista.
L'allusione omoerotica è presente solo come elemento esotico del ragazzo sudamericano, con canotta inequivocabilmente femminile, dove prevale un generale senso di ambiguità e allusione, piuttosto che un preciso statement gay, più vicina ai luoghi comuni del caso (ballo=effeminatezza=omosessualità) che al riconoscimento al diritto al consumo sessuale da parte del ragazzino gay 8che infatti è solo...).
Insomma i gay ci sono ma fanno colore, non scopano, in questo lo spot rimane ad uso e consumo dei maschietti etero.
E' per loro che le ragazze ballano col Calippo in mano portandoselo alla bocca a ritmo di musica e con gesto coreografato. Nessun cenno ad un orientamento sessuale altro quanto quanto, piuttosto, all'ambivalente ambiguità dello sviluppo sessuale adolescenziale (a differenza dello spot di cui dicevo nel quale invece è proprio il ragazzo dal'orientmaento sessuale alternativo a risvegliare tutti/e gli/le altri/e al sesso come consumo). Una ambiguità sottolineata anche da una
citazione colta, che solo i cinefili, gli amanti del camp e i gay, avranno colto, quella del professore (molto diverso da quello originale, qui più un bamba-einstein dai capelli banchi in vece del classico professore da college del film di cui questo elemento è una citazione) che insegna i passi di danza diretto riferimento alla Time Warp Dance di The Rocky Horror Picture Show.
L'erotizzazione di un oggetto non è una novità in pubblicità naturalmente ma stavolta non c'è trasnfert ma identità tra simbolo e oggetto di consumo/vendita: l'aggetto va consumato portandolo alla bocca, leccandolo, succhiandolo, più raramente mordendolo proprio come in una fellatio.
I ruoli sessuali sessisti qui non vengono messi in discussione, sono le donne a danzare e a consumare il calippo (essun ragazzo lo porta alla bocca).
I ragazzi si limitano a tenerlo in mano o a suonare i calippo versione gigante come bonghi, o a eseguire la coreografia per confermare con la loro presenza la pansessualità del gelato fossero state solo donne quel gelato sarebbe corto-circuitato in un vibratore...
Insomma un doppiosenso talmente ineludibile da poter essere mostrato senza scandalo alcuno. Il Calippo dimostra certe leggi fisiche per le quali tutti gli oggetti cilindrici e rigidi dentro una guaina funziona allo stesso modo.
Il Calippo mostra il proprio interno proprio come fa il glande in un pene con buona pace dei genitori e dei moralisti cattolici...
Basta pensare poi come spunta dal ghiaccio, novello fiore turgido, a inzio spot.
Un gesto rotatorio (masturbatorio) sul corpo del Calippo mostra come si deve fare per scaldarlo un po' e favorirne l'uscita dal suo contenitore.
Insomma posso dire che quella del Calippo è una pubblicità del cazzo senza tema di smentita.
Molto interessante invece la versione sudamericana dello stesso spot probabilmente di qualche anno dopo, nel quale sono riprese e rielaborate le stesse idee dello spot precedente in una chiave più disinvolta.
C'è sempre il professore del Rocky Picture Show, ci sono ancora i bonghi, ma qui qualcosa è di diverso.
Intanto ragazzi e ragazze sono insieme, vicini, alludendo a una se(n)sualità già consumata e non da consumare, in atto, non in potenza.
Una sessualità talmente a proprio agio con se stessa che ragazzi e ragazze consumano il Calippo, da soli o insieme. Più che la sublimazione dell'atto sessuale il consumo del Calippo ne è una anticipazione o un refrigerio post sesso.
Una maggiore consapevolezza di sé, del proprio corpo e della propria sessualità, che permette dimostrare il ragazzo alle prese col calippo\glande prima meravigliarsi e poi consumandolo tranquillamente.
Una sessualità meno allusa e più consumata, come il calippo che diventa un accessorio ben meno imbarazzante dello spot precedente e dove l'allusione. Il doppio senso, superato da una realtà fatuale dove il sesso in tutti i suoi orientamenti sessuali è consumato traquillamente.
Terzo e ultimo spot la versone americana sche slitta su un target di maggiore età e cambia completamente il discorso.
Qui il Calippo diventa un utensile, unoa propaggine culturale (in senso antropologico) da gustare tecnologicamente parlando. Niente sesso. Solo giovane e pratica efficienza.
A PROSSIMA VOLTA 'A BIRA!
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29 luglio 2010
Bollettino ufficiale sullo stato del mio umore, senza numero
Shibasaki Kou - Glitter
Era l'autunno del 2007. Silvio mi stava facendo scoprire la natura introno a me. Il parco della Caffarella, Porta San Sebastiano, le immense passeggiate sotto il sole di ottobre. Migliaia do fotografie andate perse assieme al vecchio hard disk. Foto che dovevo montare in un video con la versione strumentale di questo brano che, chissà come, ascoltavo allora. Poi Silvio andò via, le foto le persi e mi dimenticai di tutta la storia. Oggi, per puro, caso risalgo alla cantante e alla canzone e quei ricordi, quelle sensazioni, quelle emozioni riesplodono come non fossero mai state via. Lo sciroppo d'acero, le frittelle americane, i sabati e le domeniche tutti da spendere, la Cherry Coke di Castroni, la cura con cui Silvio sceglieva le cose da comperare, la curiosità per negozi che io passavo senza mai visitare, i cibi esotici consumati all'ordine del giorno inutile dire che tutto questo mi manca immensamente (vero piccolè?) e che questa canzone mi commuove fino alle lacrime.
Romina e Debora, il presidente del municipio Vizzani dà loro delle coatte.
Il bue dice cornuto all'asino
Nella gara maschilista e paternalista, comunque borghese e classista di chi si scandalizza della coattagine di Romina e Debora, si è aggiunta anche la voce di Giacomo Vizzani del sindaco (si chiama così) del XIII Municipio (le circoscrizioni di una volta) quello di Ostia.
In un articolo su Repubblica del 23 luglio u.s. si sfoga dicendo :
Il bue dice cornuto all'asino.
Ma c'è chi non ci sta.
Così l'Associazione Culturale Severiana ha diffuso questo comunicato, rilanciato da alcuni quotidiani online:
In un articolo su Repubblica del 23 luglio u.s. si sfoga dicendo :
Il litorale non si riconosce solo con le giovani coatte del video, le nostre sono spiagge aperte a tutti ma basta con questa immagine burina di Ostia".Vizzani ha il pallino di difendere l'immagine della "sua" Ostia.Già lo scorso inverno era intervenuto contro la fiction italiana Tutti per Bruno che, secondo lui, dipingeva il quartiere in termini poco lusinghieri. Ora è la volta delle due ragazze coatte segno di una popolazione da rieducare un cui primo passo verso la giusta direzione, secondo lui, è
un'ordinanza particolare che limiti l'uso del costume da bagno solo sulle spiagge. E' ancora solo una proposta ma in costume (...) si sta in spiaggia, e non in giro per le strade e nei bar del litorale. Questo potrebbe essere un buon inizio per educare il popolo del mare.
Il bue dice cornuto all'asino.
Ma c'è chi non ci sta.
Così l'Associazione Culturale Severiana ha diffuso questo comunicato, rilanciato da alcuni quotidiani online:
"Nel XIII Municipio, da due anni, la giunta di Giacomo Vizzani ha introdotto il degrado culturale annullando i fasti dell'Estate Romana. Nel 2009 ha per esempio autorizzato l'Erotica Tour a Ferragosto, dove si simulavano "per la prima volta le notti del premier a Palazzo Grazioli".Giustizia è fatta.
Senza parlare della recente esibizione alla riapertura del pontile di Ostia di un imbarazzante Franco Califano. Un Municipio dove il 90% delle attività "culturali" è gestito dai consiglieri municipali con iniziative discutibili, a partire da quelle del "guru" del body painting (fratello di Salvatore Colloca, capogruppo Pdl e delegato alla Cultura) per finire con quella di "Pizza in Tour", manifestazione capitanata dal consigliere Zaccaria.
Un Municipio che vede ospiti fissi comici come Enzo Salvi o Maurizio Mattioli, apprezzati per il loro slang coatto. Per questi motivi, Vizzani, che sponsorizza un inesistente Secondo Polo Turistico contattando sceicchi arabi e che millanta la Coppa America nel mare di Roma solo perchè l'imbarcazione di "Mascalzone Latino" si è iscritta al locale Yacht Club, dovrebbe aprire gli occhi e vedere come ha invece ridotto Ostia. Bancarelle, cocomerari, discoteche caciarone, parcheggiatori abusivi, stabilimenti balneari che fanno quello che vogliono, aree verdi abbandonate.
Come si permette Vizzani, proprio lui, a definire coatte le due giovani ragazze andate in onda su Sky TG24 e a indicarle come "l'immagine burina di Ostia" ? Nell'accezione comune, burino significa ignorante, volgare, acculturato. Vizzani, dopo aver consentito che ad Ostia si premiassero le poesie di Licio Gelli nel giugno del 2009, prima di parlare di cultura dovrebbe capirne il significato.
Perché resta un fatto: coatto, significa forzato e Vizzani sta "forzando" Ostia a diventare "burina" in nome di un finto sviluppo, mentre il Teatro del Lido, chiuso da questa amministrazione, attende ancora di conoscere il suo futuro da ormai 2 anni". (fonte Roma today)
28 luglio 2010
Happy Birthday Frances Nacman!
Questo non sei mai riuscita a vederlo. And neither do I.
A proposito buon compleanno bella marchesa!
A proposito buon compleanno bella marchesa!
26 luglio 2010
Evviva Romina! Evviva Debora!
E' proprio vero che l'agenda setting funziona per tutti. Eccomi anche io a parlare di Romina e Debora, le due ragazze catapultate nella ribalta mediatica dopo essere state prese in giro, nemmeno troppo sottilmente, da un cronista di tg sky che, fiutando il servizio tormentone, le ha intervistate al mare.
Sottotitolato per tradurre il dialetto in italiano (mentre in realtà è un commento implicito cattivo e classista) il video è stato visto più di un milione e mezzo di volte.
Il TG2 ne ha fatto un servizio.
Nel frattempo i servizi del tg Sky son diventati 3!
Qualche rapper estivo ne ha fatto una versione mix (!).
Se ne è parlato tanto, di solito con imbarazzo, o disgusto, perchè parano il dialetto, perchè sono burine, perchè non esprimono alcun concetto.
Ma è proprio così?
Il Messaggero pensa che sia una questione di avversione al dialetto romano.
Corriere della sera non capisce nemmeno il dialetto e definisce quello di Romina e Debora una specie di romano trash (sic!).
I froci su facebook le accusano di essere poco femminili perchè poco fini. Altri, sempre froci, le accusano di essere ritardate ma poi usano il condizionale al posto del congiuntivo...
Gli etero non sono da meno e avvallano e corroborano. Romina e Debora sono cafone, dicono.
Non posso non pensare che tutti questi giudizi negativi siano accomunati da una profonda e sottile misoginia e maschilismo intrecciati. Se fossero le mie figlie sarei preoccupato dice qualcuno, la loro inadeguatezza lessicale è indice di scarsa acculturazione, una delle due ragazze ha 16 anni e fa ancora la III media, come dire la scuola e la famiglia hanno fallito il progetto culturale.
Peccato che questo si dica di qualcosa di tanto facile ed evidente come a Bira ma non lo si scriva di quel che dicono persone apparentemente più acculturate e che lo stesso dicono davvero corbellerie.
Qui basta invece che due ragazze che sono spontanee senza farlo per le telecamere, e subito giù a dar loro tutti contro.
Molti si scandalizzano che siano già diventate famose, che molti chiedano loro l'autografo (ma continuano a prendersela con loro due che offrono un modello sbagliato, non con la tv che quel modello diffonde, mentre Romina e Debora sono solo se stesse) e danno contro le due ragazze. Mi pare tanto la vendetta dei vigliacchi.
Sì dei vigliacchi. Di chi non conta un cazzo, di chi si sente frustrato e se la prende con chi, crede, sia a loro inferiore ma ha guadagnato quel quarto d'ora di fama.
Basta una presunta inferiorità linguistica per sentirsi subito ringalluzziti, rinfrancanti, risarciti. Ma chi critica Debora e Romina non hanno un briciolo di cervello. Segue i cliché più triti e maschilisti senza avere una propria personalità.
Romina e Debora, loro, sono due ragazze veraci, spontanee, che usano brillanti metafore, la cui fama nasce dal fatto che qualcuno ha deciso di intervistarle e di mettere in rete il filmato. Se adesso riescono a strappare qualche soldo e un po' di notorietà nonostante le cattiverie scritte su di loro tanto di guadagnato.
Un po' meno rispetto hanno tutti quelli che ne parlano male ma poi non sanno nemmeno mettere insieme due frasi per un pensiero che non sia un copia e incolla fatto sui luoghi comuni di 200 anni fa.
Di più. Si continua il gioco molto italiano della mancanza di solidarietà di classe per cui se è vero, ammesso e non concesso, che Romina e Debora siano due disadattate dalla vita contemporanea tanto competitivace la prendiamo con loro invece di solidarizzare e criticare chi così le ha cresciute.
E poi che cosa hanno detto mai di così scandaloso?!?!
Adesso scusate ma ho proprio voglia di bermi una buona bira!
Sottotitolato per tradurre il dialetto in italiano (mentre in realtà è un commento implicito cattivo e classista) il video è stato visto più di un milione e mezzo di volte.
Il TG2 ne ha fatto un servizio.
Nel frattempo i servizi del tg Sky son diventati 3!
Qualche rapper estivo ne ha fatto una versione mix (!).
Se ne è parlato tanto, di solito con imbarazzo, o disgusto, perchè parano il dialetto, perchè sono burine, perchè non esprimono alcun concetto.
Ma è proprio così?
Il Messaggero pensa che sia una questione di avversione al dialetto romano.
Corriere della sera non capisce nemmeno il dialetto e definisce quello di Romina e Debora una specie di romano trash (sic!).
I froci su facebook le accusano di essere poco femminili perchè poco fini. Altri, sempre froci, le accusano di essere ritardate ma poi usano il condizionale al posto del congiuntivo...
Gli etero non sono da meno e avvallano e corroborano. Romina e Debora sono cafone, dicono.
Non posso non pensare che tutti questi giudizi negativi siano accomunati da una profonda e sottile misoginia e maschilismo intrecciati. Se fossero le mie figlie sarei preoccupato dice qualcuno, la loro inadeguatezza lessicale è indice di scarsa acculturazione, una delle due ragazze ha 16 anni e fa ancora la III media, come dire la scuola e la famiglia hanno fallito il progetto culturale.
Peccato che questo si dica di qualcosa di tanto facile ed evidente come a Bira ma non lo si scriva di quel che dicono persone apparentemente più acculturate e che lo stesso dicono davvero corbellerie.
Qui basta invece che due ragazze che sono spontanee senza farlo per le telecamere, e subito giù a dar loro tutti contro.
Molti si scandalizzano che siano già diventate famose, che molti chiedano loro l'autografo (ma continuano a prendersela con loro due che offrono un modello sbagliato, non con la tv che quel modello diffonde, mentre Romina e Debora sono solo se stesse) e danno contro le due ragazze. Mi pare tanto la vendetta dei vigliacchi.
Sì dei vigliacchi. Di chi non conta un cazzo, di chi si sente frustrato e se la prende con chi, crede, sia a loro inferiore ma ha guadagnato quel quarto d'ora di fama.
Basta una presunta inferiorità linguistica per sentirsi subito ringalluzziti, rinfrancanti, risarciti. Ma chi critica Debora e Romina non hanno un briciolo di cervello. Segue i cliché più triti e maschilisti senza avere una propria personalità.
Romina e Debora, loro, sono due ragazze veraci, spontanee, che usano brillanti metafore, la cui fama nasce dal fatto che qualcuno ha deciso di intervistarle e di mettere in rete il filmato. Se adesso riescono a strappare qualche soldo e un po' di notorietà nonostante le cattiverie scritte su di loro tanto di guadagnato.
Un po' meno rispetto hanno tutti quelli che ne parlano male ma poi non sanno nemmeno mettere insieme due frasi per un pensiero che non sia un copia e incolla fatto sui luoghi comuni di 200 anni fa.
Di più. Si continua il gioco molto italiano della mancanza di solidarietà di classe per cui se è vero, ammesso e non concesso, che Romina e Debora siano due disadattate dalla vita contemporanea tanto competitivace la prendiamo con loro invece di solidarizzare e criticare chi così le ha cresciute.
E poi che cosa hanno detto mai di così scandaloso?!?!
Adesso scusate ma ho proprio voglia di bermi una buona bira!
23 luglio 2010
Melissa Ciaramella
Non la conoscevo finché non sono andato a una delle serate di sostegno alla libreria Gabi.
Sono entrato che stava già cantando, la chitarra in mano, l'aria umile di chi non sta facendo nulla di eccezionale. Mi ha catturato subito, la voce potente e sicura, la canzone melodica ma mai banale, un testo che ha qualcosa da dire, l'emozione di chi ha qualcosa da dire ma anche il pudore di stare mettendo in gioco se stessa con quel che dice, non perché faccia chissà quali confessioni, ma perchè cantando parla del suo mondo, delle sue emozioni, di se stessa.
Due minuti dopo la seguo come fossi un vecchio fan, quelle canzoni nuovissime per me erano già le mie canzoni. Il suo modo di parlare al pubblico diretto ma leggero, non timido, ma delicato, mai prevaricatore, se la ascoltiamo non è perché è è la star ma perché ha qualcosa da dire.
Ieri sera ha fatto un altro concreto alla festa dell'unità, sempre nel disperato tentativo di salvare Gabi, una libreria in difficoltà economiche, che se riesce a sopravvivere all'estate tornerà nel prossimo autunno ad essere uno dei centri culturali più vitali di Roma.
Stesse emozioni, scoperta di nuove canzoni (Melissa ha all'attivo due Ep Nessuna forma ingenua, del 2008 e Le radici, 2010, 5 brani ognuno) una modo di stare sul palco sommesso ma non per questo privo di carisma o di capacità di dialogare col pubblico, che infatti si assiepa, ingrossandosi, mentre Melissa canta, con la sua bella voce, accompagnata dalla sola chitarra, le canzoni scritte da lei.
Se guardate il bel video noterete la sua riluttanza a fare la diva, a essere il centro della scena, la ritrosia di chi vuol dire e comunicare senza prevaricare. Perché quel che conta non è lei come presenza fisica ma la sua musica e la sua voce. Eppure è bellissima, con quei capelli di rame, quel piccolo piercing al naso e io fantastico un autunno in cui diventerò suo amico e potrò parlare con lei della sua musica.
Ecco un regesto di sue canzoni (per ascoltarle tutte visitate la sua pagina su myspace
Vanità
Il coraggio in tasca (questa mi emoziona particolarmente)
e poi Compagna paura che sembra parlarmi da sempre ricordandomi un passato inesistente visto che due settimane fa nemmeno sapevo chi fosse Melissa...
eppure quel passato esiste è quello che sa smuovermi la musica quella che mi apice davvero quella che sembra parlare direttamente a me.
Ebbene sì. Sono cotto di Melissa!
Sono entrato che stava già cantando, la chitarra in mano, l'aria umile di chi non sta facendo nulla di eccezionale. Mi ha catturato subito, la voce potente e sicura, la canzone melodica ma mai banale, un testo che ha qualcosa da dire, l'emozione di chi ha qualcosa da dire ma anche il pudore di stare mettendo in gioco se stessa con quel che dice, non perché faccia chissà quali confessioni, ma perchè cantando parla del suo mondo, delle sue emozioni, di se stessa.
Due minuti dopo la seguo come fossi un vecchio fan, quelle canzoni nuovissime per me erano già le mie canzoni. Il suo modo di parlare al pubblico diretto ma leggero, non timido, ma delicato, mai prevaricatore, se la ascoltiamo non è perché è è la star ma perché ha qualcosa da dire.
Ieri sera ha fatto un altro concreto alla festa dell'unità, sempre nel disperato tentativo di salvare Gabi, una libreria in difficoltà economiche, che se riesce a sopravvivere all'estate tornerà nel prossimo autunno ad essere uno dei centri culturali più vitali di Roma.
Stesse emozioni, scoperta di nuove canzoni (Melissa ha all'attivo due Ep Nessuna forma ingenua, del 2008 e Le radici, 2010, 5 brani ognuno) una modo di stare sul palco sommesso ma non per questo privo di carisma o di capacità di dialogare col pubblico, che infatti si assiepa, ingrossandosi, mentre Melissa canta, con la sua bella voce, accompagnata dalla sola chitarra, le canzoni scritte da lei.
Se guardate il bel video noterete la sua riluttanza a fare la diva, a essere il centro della scena, la ritrosia di chi vuol dire e comunicare senza prevaricare. Perché quel che conta non è lei come presenza fisica ma la sua musica e la sua voce. Eppure è bellissima, con quei capelli di rame, quel piccolo piercing al naso e io fantastico un autunno in cui diventerò suo amico e potrò parlare con lei della sua musica.
Ecco un regesto di sue canzoni (per ascoltarle tutte visitate la sua pagina su myspace
Vanità
Il coraggio in tasca (questa mi emoziona particolarmente)
e poi Compagna paura che sembra parlarmi da sempre ricordandomi un passato inesistente visto che due settimane fa nemmeno sapevo chi fosse Melissa...
eppure quel passato esiste è quello che sa smuovermi la musica quella che mi apice davvero quella che sembra parlare direttamente a me.
Ebbene sì. Sono cotto di Melissa!
15 luglio 2010
Teresa
Negli anni settanta si facevano ancora 30 giorni di ferie e anche la mia famiglia, mia mamma Mirella, mia nonna Rosa, mia sorella Silvia e me, non faceva eccezione. Alberghi convenzionati col dopolavoro ferroviario, biglietti chilometrici gratuiti (mamma lavorava alle Ferrovie dello Stato, servizio Impianti Elettrici), la famiglia Di Silvestro-Paesano non si faceva mancare nulla, nemmeno il lusso di cambiare albergo, appena arrivati a Riccione perchè non piaceva la stanza (o proprio l'albergo?), non il lusso del denaro, ma quello dato dall'onestà di dire questo posto non mi piace è diverso da quello che sembrava sul dépliant.
Ogni anno, a Luglio, si stava via un mese e il momento migliore per me era sempre il rientro a casa, il lampadario tubolare verde dell'ingresso, l'odore caratteristico di casa, che in un mese non avevi respirato abbastanza a lungo da poterlo riconsocere appena riprendevi ad annusarlo, la mia scrivania, cameretta, libreria, da risistemare, cambiando posizione e disposizione di libri, datari, lampada, tagliacarte.
Se mia madre lo avesse saputo che il momento migliore della vacanza per me era il rientro non avrebbe speso tutti quei soldi per portarmici.
Ogni anno svuotavamo mazza casa, riempivamo un baule, quelli di una volta, su due tonalità di verde, con le borchie rinforzate agli angoli, lo spedivamo giorni prima all'albergo (sempre tramite le ferrovie) assieme alla carrozzina per mia sorella (che aveva 4 anni nel 1973) e poi partivamo pure noi.
Non so di cosa riempissero il baule, so solo che ogni anno era talmente pieno che né mamma né nonna erano in grado di chiuderlo. Si sforzavano all'inverosimile, nonna facendo una smorfia da Cammela mancata mamma con un po' di convinzione in meno era cardiopatica e gli sforzi davano un senso concreto alla sua ipocondria. Per quanto provassero desistevano sempre e, rassegnate, guardandosi negli occhi, con la stessa solennità con cui puoi decidere di impegnarti le lenzuola per fronteggiare una spesa imprevista, ricorrevano all'ultima ratio, che poi, a ben vedere, era stata l'unica opzione sin dall'inizio.
Chiamiamo Teresa? chiedeva mamma e nonna concordava chiamiamo Teresa.
Teresa era (è) la figlia dei vicini di casa (quelli del piano di sopra) una giovane ragazza, all'epoca studentessa di medicina, oggi medico affermato (lavora al San Camillo), dalla stazza generosa e abbondante, alla quale, tra mille profferte di scuse e inchini, mamma e nonna chiedevano umilmente l'intervento. Teresa scendeva le scale, percorreva i lunghi corridoi di casa nostra fino alla stanza da letto (quella più interna all'abitazione), si avvicinava al baule ancora aperto, ci si sedeva sopra e mamma e nonna potevano chiuderlo agevolmente.
Teresa, la faccia mesta, di chi si vergogna della propria stazza, scendeva dal baule, ripercorreva i corridoi, risaliva le scale e tornava a casa sua.
Questo siparietto si ripeteva ogni anno, era il nostro piccolo rituale che significava stavamo davvero per partire in vacanza.
Un matriarcato alla buona, senza rivendicazioni di principio ma che funzionava nei fatti. Niente uomini forzuti in giro per casa a spargere i loro ormoni in una famiglia di due donne e due bambini... Solidarietà tra donne, intesa muliebre, ne sono cresciuto avvezzo.
Non ricordo come facessero nonna e mamma al rientro, quando dopo un mese di albergo e mare e di cianfrusaglie acquistate, si presentava nuovamente la necessità di chiudere il baule.
Magari chiamavano Teresa per telefono... e poi bastava poggiare la cornetta sul baule...
Ogni anno, a Luglio, si stava via un mese e il momento migliore per me era sempre il rientro a casa, il lampadario tubolare verde dell'ingresso, l'odore caratteristico di casa, che in un mese non avevi respirato abbastanza a lungo da poterlo riconsocere appena riprendevi ad annusarlo, la mia scrivania, cameretta, libreria, da risistemare, cambiando posizione e disposizione di libri, datari, lampada, tagliacarte.
Se mia madre lo avesse saputo che il momento migliore della vacanza per me era il rientro non avrebbe speso tutti quei soldi per portarmici.
Ogni anno svuotavamo mazza casa, riempivamo un baule, quelli di una volta, su due tonalità di verde, con le borchie rinforzate agli angoli, lo spedivamo giorni prima all'albergo (sempre tramite le ferrovie) assieme alla carrozzina per mia sorella (che aveva 4 anni nel 1973) e poi partivamo pure noi.
Non so di cosa riempissero il baule, so solo che ogni anno era talmente pieno che né mamma né nonna erano in grado di chiuderlo. Si sforzavano all'inverosimile, nonna facendo una smorfia da Cammela mancata mamma con un po' di convinzione in meno era cardiopatica e gli sforzi davano un senso concreto alla sua ipocondria. Per quanto provassero desistevano sempre e, rassegnate, guardandosi negli occhi, con la stessa solennità con cui puoi decidere di impegnarti le lenzuola per fronteggiare una spesa imprevista, ricorrevano all'ultima ratio, che poi, a ben vedere, era stata l'unica opzione sin dall'inizio.
Chiamiamo Teresa? chiedeva mamma e nonna concordava chiamiamo Teresa.
Teresa era (è) la figlia dei vicini di casa (quelli del piano di sopra) una giovane ragazza, all'epoca studentessa di medicina, oggi medico affermato (lavora al San Camillo), dalla stazza generosa e abbondante, alla quale, tra mille profferte di scuse e inchini, mamma e nonna chiedevano umilmente l'intervento. Teresa scendeva le scale, percorreva i lunghi corridoi di casa nostra fino alla stanza da letto (quella più interna all'abitazione), si avvicinava al baule ancora aperto, ci si sedeva sopra e mamma e nonna potevano chiuderlo agevolmente.
Teresa, la faccia mesta, di chi si vergogna della propria stazza, scendeva dal baule, ripercorreva i corridoi, risaliva le scale e tornava a casa sua.
Questo siparietto si ripeteva ogni anno, era il nostro piccolo rituale che significava stavamo davvero per partire in vacanza.
Un matriarcato alla buona, senza rivendicazioni di principio ma che funzionava nei fatti. Niente uomini forzuti in giro per casa a spargere i loro ormoni in una famiglia di due donne e due bambini... Solidarietà tra donne, intesa muliebre, ne sono cresciuto avvezzo.
Non ricordo come facessero nonna e mamma al rientro, quando dopo un mese di albergo e mare e di cianfrusaglie acquistate, si presentava nuovamente la necessità di chiudere il baule.
Magari chiamavano Teresa per telefono... e poi bastava poggiare la cornetta sul baule...
11 luglio 2010
Carmela
Da quando ho perso quel pezzo di plastica spugnosa che Frances mi aveva regalato che permetteva una presa sicura su tappi, coperchi e quant'altro garantendone una rapida apertura, sono tornato ad invocare Carmela come faceva nonna Rosa. Beh, veramente lei diceva Cammela, più per una sua propensione atavica a storpiare nomi che per retaggio dialettale.
Carmela, pensavo, doveva essere la serva fidata portata in Africa da quel di Sicilia, la serva italiana, quella di cui ti fidi ciecamente. Un donnone corpulento con lunghe vesti un po' lise e mai del tutto linde, dalla forza non indifferente, se riusciva sempre al primo tentativo ad aprire barattoli recidivi ed estrarre tappi inamovibili, a dimostrazione che l'uomo non serve nemmeno per mere questioni di forza bruta, se c'è Cammela in giro chiami lei! Una femminista ante litteram, una forza della natura, ... in una parola Cammela!
Mia nonna morì nel 1982. Si spense in 6 mesi da quando le diagnosticarono un cancro ai polmoni. Si aggravò per sua decisione quando si rese che non era più autonoma (mi aveva confessato che era quella la cosa che temeva, e si augurava che dio la portasse via presto in quel caso, perché non voleva essere di peso a nessuno). Così quando un pomeriggio, mentre io stavo uscendo per andare a sentire i concerti di Via Giulia (questa ve la racconto un'altra volta) nonna scivolò tra le braccia di zia Zizzi (diminutivo di Enza...) che gridò aiuto a gran voce, e io sollevavo nonna, malamente caduta sul letto, lo sguardo che vidi nei suoi occhi (ah sì? Sono arrivata a questo punto?) mi fece capire che non sarebbe vissuta ancora a lungo, per scelta, per determinazione. Moriì 10 giorni dopo, per volontà.
Non pensai più a Carmela, se non quando continuavo a dire, allora come ora, ci vorrebbe Carmela (per mio vezzo lo avevo italianizzato, solo nonna poteva dire ci vorrebbe Cammela) quando c'era bisogno di un donnone forzuto.
Poi, un giorno, del tutto ignaro, mentre studiavo storia (o meglio storia del costume) incappai non so come nella descrizione di un antico pugile, campione mondiale dei pesi massimi nel 33-34, che aveva fatto sognare tanti italiani: Primo Carnera. Mai epifania fu più rapida e radicale, nonna avrebbe detto subitanea. Carmela era un uomo!
Corpulento e forzuto ma uomo... In una frazione di secondo mi vennero in mente tutti i nomi storpiati, e non mi capacitai come per Cammela mi fossi fermato all'apparenza esteriore, senza intuire che alle origini dovesse esserci per forza un altra parola, un altro etimo...
Ma ormai Carmela era così vivamente entrata nella mia vita, così vivida nella mia memoria anche se non l'avevo mai vista (e come avrei potuto? Non esisteva!) che ancora oggi, da solo o in compagnia, quando devo aprile un barattolo, evoco Carmela e sorrido, pensando al pezzo di storia della mia famiglia che si cela dietro quel nome.
La parente Loredana (la moglie di nostro cugino Antonio, il figlio di Zia Maria) per lei era Luridana, la signora Pompili, diventava una più plebea sinora Piombini, Spazio 1999 un più comodo Spazio 84, il Lysoform Lusoformio (che io, nipotino dodicenne, intendevo come l'usoformio, l'alchermes, il rosso liquore per imbibire i dolci, diventava il più esotico Alchemisi però Cammela non c'erano dubbi era Carmela. Una delle varie componenti della servitù quando la mia famiglia, da parte di madre, famiglia Di Silvestro, non Paesano, viveva in Libia, a Tripoli, allora suolo italico, in una villa con 12 stanze, scimmie, cavalli, e servitù del luogo,tra le quali le tanto amate (e rimpiante) Escia e Manfìa (chissà l'esatta grafia del nome...) tanto brave, dedite e riconoscenti alla famiglia Di Silvestro (ehm...).
Carmela, pensavo, doveva essere la serva fidata portata in Africa da quel di Sicilia, la serva italiana, quella di cui ti fidi ciecamente. Un donnone corpulento con lunghe vesti un po' lise e mai del tutto linde, dalla forza non indifferente, se riusciva sempre al primo tentativo ad aprire barattoli recidivi ed estrarre tappi inamovibili, a dimostrazione che l'uomo non serve nemmeno per mere questioni di forza bruta, se c'è Cammela in giro chiami lei! Una femminista ante litteram, una forza della natura, ... in una parola Cammela!
Mia nonna morì nel 1982. Si spense in 6 mesi da quando le diagnosticarono un cancro ai polmoni. Si aggravò per sua decisione quando si rese che non era più autonoma (mi aveva confessato che era quella la cosa che temeva, e si augurava che dio la portasse via presto in quel caso, perché non voleva essere di peso a nessuno). Così quando un pomeriggio, mentre io stavo uscendo per andare a sentire i concerti di Via Giulia (questa ve la racconto un'altra volta) nonna scivolò tra le braccia di zia Zizzi (diminutivo di Enza...) che gridò aiuto a gran voce, e io sollevavo nonna, malamente caduta sul letto, lo sguardo che vidi nei suoi occhi (ah sì? Sono arrivata a questo punto?) mi fece capire che non sarebbe vissuta ancora a lungo, per scelta, per determinazione. Moriì 10 giorni dopo, per volontà.
Non pensai più a Carmela, se non quando continuavo a dire, allora come ora, ci vorrebbe Carmela (per mio vezzo lo avevo italianizzato, solo nonna poteva dire ci vorrebbe Cammela) quando c'era bisogno di un donnone forzuto.
Poi, un giorno, del tutto ignaro, mentre studiavo storia (o meglio storia del costume) incappai non so come nella descrizione di un antico pugile, campione mondiale dei pesi massimi nel 33-34, che aveva fatto sognare tanti italiani: Primo Carnera. Mai epifania fu più rapida e radicale, nonna avrebbe detto subitanea. Carmela era un uomo!
Corpulento e forzuto ma uomo... In una frazione di secondo mi vennero in mente tutti i nomi storpiati, e non mi capacitai come per Cammela mi fossi fermato all'apparenza esteriore, senza intuire che alle origini dovesse esserci per forza un altra parola, un altro etimo...
Ma ormai Carmela era così vivamente entrata nella mia vita, così vivida nella mia memoria anche se non l'avevo mai vista (e come avrei potuto? Non esisteva!) che ancora oggi, da solo o in compagnia, quando devo aprile un barattolo, evoco Carmela e sorrido, pensando al pezzo di storia della mia famiglia che si cela dietro quel nome.
10 luglio 2010
Temple Grandin: e (alcuni) vegetariani hanno sempre meno ragione
>Lei si chiama Temple Grandin, oggi è una professoressa associata dell’Università Statale del Colorado, affetta da una leggera forma di autismo, sua pi grande fortuna perchè le ha dato una memoria eidetica che le permette di consultare come fosse una fotografia qualunque dato visivo ha memorizzato. fornita di uno spiccato senso per la fisica e per l'osservazione si è dedicata alle strutture zootecniche per le mucche, progettando vasche circolari per le disinfezioni dei capi di bestiame e per dare ai capi destinati alla macellazione una morte dignitosa, priva di tensione e violenza ( un attimo prima è calma e tranquilla e un attimo dopo cade). Nonostante la sua fama mondiale (ne ha parlato Olive Sackr e ha scritto anche dei libri, pubblicati anche in Italia) non ne avevo mai sentito parlare.
Grazie allo splendido Temple Grandin (Usa, 2010) di Mick Jackson (un regista specializzato in serie tv), un Biopic per la tv degno della sala, ho scoperto questa donna affascinante, non bella come Claire Danes che la interpreta sullo schermo, la cui storia mi ha fatto pensare agli imbecillotti che, tempo fa, hanno scritto sul mio blog a proposito delle osservazioni che facevo su Vaccaro un sedicente vegetariano che spara cazzate su tutto, e a convincermi che per certi, ma non per tutti, il vegetarismo è una religione, un mezzo per placare ansie ataviche, e che, in fondo, a queste persone non interessa davvero la vita degli animali, non in forma concreta (se parlano di anima e di telepatia) (non che siano domande peregrine ma sono domande senza risposte, come viene splendidamente mostrato nel film quando Temple chiede, ogni volta che vede una mucca morire, dove va? e lo stesso fa quando muore il suo professore di scienze del liceo...).
Temple ha pensato che sE non si può evitare loro la morte almeno si può renderla il più dignitosa possibile. ecco un vero amore per gli animali, pratico, concreto (consultate il suo bellissimo sito ufficiale per apprezzarne lo spessore), non quello ideale e ideologico di chi si limita a non magiare asceticamente carne dicendo a tutti quelli che la mangiano che mangiano cadaveri.
E la mia ansia aumenta sempre. Se anche quelli che provano a essere fuori dal coro, sensibili verso il mondo che li circonda sono così superficiali e ideologici chi salverà il pianeta dall'orda dell'imbecillità?
Grazie allo splendido Temple Grandin (Usa, 2010) di Mick Jackson (un regista specializzato in serie tv), un Biopic per la tv degno della sala, ho scoperto questa donna affascinante, non bella come Claire Danes che la interpreta sullo schermo, la cui storia mi ha fatto pensare agli imbecillotti che, tempo fa, hanno scritto sul mio blog a proposito delle osservazioni che facevo su Vaccaro un sedicente vegetariano che spara cazzate su tutto, e a convincermi che per certi, ma non per tutti, il vegetarismo è una religione, un mezzo per placare ansie ataviche, e che, in fondo, a queste persone non interessa davvero la vita degli animali, non in forma concreta (se parlano di anima e di telepatia) (non che siano domande peregrine ma sono domande senza risposte, come viene splendidamente mostrato nel film quando Temple chiede, ogni volta che vede una mucca morire, dove va? e lo stesso fa quando muore il suo professore di scienze del liceo...).
Temple ha pensato che sE non si può evitare loro la morte almeno si può renderla il più dignitosa possibile. ecco un vero amore per gli animali, pratico, concreto (consultate il suo bellissimo sito ufficiale per apprezzarne lo spessore), non quello ideale e ideologico di chi si limita a non magiare asceticamente carne dicendo a tutti quelli che la mangiano che mangiano cadaveri.
E la mia ansia aumenta sempre. Se anche quelli che provano a essere fuori dal coro, sensibili verso il mondo che li circonda sono così superficiali e ideologici chi salverà il pianeta dall'orda dell'imbecillità?
9 luglio 2010
Sciopero nazionale di tutta l'infromazione
I giornalisti italiani sono chiamati ad una forma di protesta straordinaria che si esprimerà in un “rumoroso” silenzio dell’informazione nella giornata di venerdì 9 luglio, contro le norme del “ddl intercettazioni” che limitano pesantemente il diritto dei cittadini a sapere come procedono le inchieste giudiziarie, infliggendo gravi interruzioni al libero circuito delle notizie. Quanti lavorano nel settore della carta stampata si asterranno dalle prestazioni nella giornata di giovedì 8 luglio, per impedire l’uscita dei giornali nella giornata di venerdì.
Tutti gli altri, giornalisti dell’emittenza nazionale e locale, pubblica e privata, delle agenzie di stampa, del web, dei new media e degli uffici stampa non lavoreranno nella giornata di venerdì. Free lance, collaboratori e corrispondenti si asterranno dal lavoro secondo le modalità previste per la testata presso la quale prestano la loro opera. I giornalisti dei periodici, infine, si asterranno dal lavoro venerdì 9, ma assicurando, già da ora, la pubblicazione sui numeri in lavorazione delle proprie testate di comunicati sulle motivazioni della giornata del silenzio.
Lo sciopero è una protesta straordinaria e insieme la testimonianza di una professione, quella giornalistica, che vuole essere libera per offrire ai cittadini informazione leale e la più completa possibile. Una protesta che si trasforma in un “silenzio” di un giorno per evidenziare i tanti silenzi quotidiani che il “ddl intercettazioni” imporrebbe se passasse con le norme all’esame della Camera, imposte sin qui dal Governo e dalla maggioranza parlamentare. Molte notizie e informazioni di interesse pubblico sarebbero negate giorno dopo giorno fino a cambiare la percezione della realtà, poiché oscurata, “cancellata” per le norme di una legge sbagliata e illiberale che ne vieterebbe qualsiasi conoscenza.
Giornalisti, ma anche gli editori e migliaia di cittadini, da mesi denunciano le mostruosità giuridiche del “ddl intercettazioni”. Sono state anche avanzate proposte serie per rendere ancora più severa e responsabile l’informazione nel rispetto della verità dei fatti e dei diritti delle persone: udienza filtro per stralciare dagli atti conoscibili le parti relative a persone estranee e soprattutto alla dignità dei loro beni più cari protetti dalla privacy; giurì per la lealtà dell’informazione che si pronunci in tempi brevi su eventuali errori o abusi in materia di riservatezza delle persone; tempi limitati del segreto giudiziario; accessibilità alle fonti dell’informazione contro ogni dossieraggio pilotato.
Nessuna risposta di merito. Lo sciopero, con la giornata del silenzio, è espressione di indignazione, di partecipazione, di richiamo responsabile a principi e valori che debbono valere in ogni stagione. Lo sciopero è un momento della protesta e dell’azione incessante che proseguirà, fino al ricorso della Corte europea di Strasburgo per i diritti dell’uomo, qualora la legge fosse approvata così com’è. Lo sciopero è anche segnalazione di un allarme per una ferita che si aggiungerebbe ad un sistema informativo che patisce già situazioni di oggettiva difficoltà e precarietà non solo per la crisi economica, ma anche per una politica di soli tagli che rischiano di allargare bavagli oggi altrimenti invisibili.
L’informazione è un bene pubblico, non è un privilegio dei giornalisti, né una proprietà dei padroni dei giornali e delle televisioni, né una disponibilità dei Governi. E per i giornalisti non è uno sciopero tradizionale contro le aziende, ma un atto di partecipazione e di sacrifico della risorsa professionale per la difesa di un bene prezioso, dei cittadini, proclamato con un silenzio che vuol parlare a tutti.
(comunicato FNSI)
lo sciopero va dalle 6.00 di oggi 9 Luglio alle 6.00 di domani 10 Luglio
Tutti gli altri, giornalisti dell’emittenza nazionale e locale, pubblica e privata, delle agenzie di stampa, del web, dei new media e degli uffici stampa non lavoreranno nella giornata di venerdì. Free lance, collaboratori e corrispondenti si asterranno dal lavoro secondo le modalità previste per la testata presso la quale prestano la loro opera. I giornalisti dei periodici, infine, si asterranno dal lavoro venerdì 9, ma assicurando, già da ora, la pubblicazione sui numeri in lavorazione delle proprie testate di comunicati sulle motivazioni della giornata del silenzio.
Lo sciopero è una protesta straordinaria e insieme la testimonianza di una professione, quella giornalistica, che vuole essere libera per offrire ai cittadini informazione leale e la più completa possibile. Una protesta che si trasforma in un “silenzio” di un giorno per evidenziare i tanti silenzi quotidiani che il “ddl intercettazioni” imporrebbe se passasse con le norme all’esame della Camera, imposte sin qui dal Governo e dalla maggioranza parlamentare. Molte notizie e informazioni di interesse pubblico sarebbero negate giorno dopo giorno fino a cambiare la percezione della realtà, poiché oscurata, “cancellata” per le norme di una legge sbagliata e illiberale che ne vieterebbe qualsiasi conoscenza.
Giornalisti, ma anche gli editori e migliaia di cittadini, da mesi denunciano le mostruosità giuridiche del “ddl intercettazioni”. Sono state anche avanzate proposte serie per rendere ancora più severa e responsabile l’informazione nel rispetto della verità dei fatti e dei diritti delle persone: udienza filtro per stralciare dagli atti conoscibili le parti relative a persone estranee e soprattutto alla dignità dei loro beni più cari protetti dalla privacy; giurì per la lealtà dell’informazione che si pronunci in tempi brevi su eventuali errori o abusi in materia di riservatezza delle persone; tempi limitati del segreto giudiziario; accessibilità alle fonti dell’informazione contro ogni dossieraggio pilotato.
Nessuna risposta di merito. Lo sciopero, con la giornata del silenzio, è espressione di indignazione, di partecipazione, di richiamo responsabile a principi e valori che debbono valere in ogni stagione. Lo sciopero è un momento della protesta e dell’azione incessante che proseguirà, fino al ricorso della Corte europea di Strasburgo per i diritti dell’uomo, qualora la legge fosse approvata così com’è. Lo sciopero è anche segnalazione di un allarme per una ferita che si aggiungerebbe ad un sistema informativo che patisce già situazioni di oggettiva difficoltà e precarietà non solo per la crisi economica, ma anche per una politica di soli tagli che rischiano di allargare bavagli oggi altrimenti invisibili.
L’informazione è un bene pubblico, non è un privilegio dei giornalisti, né una proprietà dei padroni dei giornali e delle televisioni, né una disponibilità dei Governi. E per i giornalisti non è uno sciopero tradizionale contro le aziende, ma un atto di partecipazione e di sacrifico della risorsa professionale per la difesa di un bene prezioso, dei cittadini, proclamato con un silenzio che vuol parlare a tutti.
(comunicato FNSI)
lo sciopero va dalle 6.00 di oggi 9 Luglio alle 6.00 di domani 10 Luglio
8 luglio 2010
A MODEL DAUGHTER: THE KILLING OF CAROLINE BYRNe
un film omofobo? (Fiction Fest: day 4 parte I)
Una storia vera. Un famoso omicidio "insoluto", commesso nel 1995 e risoltosi solamente nel 2008.
La giovane modella Caroline Byrne viene trovata in fondo alla scogliera di The Gap a Sydney. Caroline aveva 24 anni. Il convivente, Gordon Wood, è il maggiore indicato, per aver trovato il cadavere tra gli scogli, indicandolo alla polizia dalla cima dello strapiombo incapace di vedere alcunché nonostante i mezzi della scientifica. Prove indiziarie che lo scagionano dal primo processo, ma che, dopo 13 anni lo portano in carcere, dove si trova tutt'ora, dove deve scontare una pena di 17 anni (e farne come minimo 13).
Questa, riassunta all'osso, la vicenda giudiziaria dalla quale è stato tratto A MODEL DAUGHTER: THE KILLING OF CAROLINE BYRN (Australia, 2009) di Toni Tilse.
Per chi vuole saperne di più il Daily Telegraph fornisce con dovizia di particolari la lunga vicenda giudiziaria (ma dove saper leggere l'inglese, voi pigri lurker).
Il film, che ho visto oggi al Fiction Fest esordisce ricordando che si tratta di una storia vera. Il film però non è organizzato secondo una detective story. Prende le mosse dalla notte in cui Gordon Wood cerca la sua fiancè temendo lo abbia davvero fatto e poi ci mostra le indagini della polizia e i sospetti del padre di Claire, mostrandoci poi dei flashback nei quali ci racconta in oggettiva, cioè non secondo il punto di vista di uno dei personaggi, né ricostruendo testimonianze, ma come ci racconta le cose normalmente un film, alcuni fatti della vita di Gordon e Claire fatti e circostanze.
Gordon è uno strafigo della madonna (lo vediamo nudo scopare con Claire).
Cioè David Lyons, l'attore che interpreta Gordon wood, è un gran bel pezzo di figliuolo.
Il vero Wood, per quanto non sia un cesso, è molto più un ragazzo di normale avvenenza.
Comunque Gordon avvicina il magnate della finanza Rene Rivkin sicuro di fare colpo (abbiamo appena visto Rene col suo sigaro, sul suo Yacht circondato da macchioni a torso nudo). Sarà un caso che Gordon (anche se è istruttore di ginnastica) si presenta a Renee che siede al tavolo di un bar in una tuta aderente da corsa? Il film tanto per chiarire ogni possibile dubbio ci mostra una soggettiva di Rene che guarda in primissimo piano il pacco di Gordon (deludente a dire il vero, nonostante l'aderenza, non si intuisce alcuna forma...).
Che Rivkin si circondasse di maschioni è vero, basta guardare questa foto
O anche quest'altra
Quel che il film dà per certo nella realtà è però solo un sospetto.
Infatti non solo Rivkin ha sempre negato di avere avuto una relazione con Gordon, ma Rivkin, ma il film questo non lo dice, era sposato, e dunque non era un gay dichiarato come sembra dal film. Eppure la pista gay è quella che il film imbastisce come fondante per il movente e l'omicidio.
Quel che nella realtà è un sospetto (ma non un movente per l'omicidio, quanto una caratteristica per rendere la storia più piccante) nel film viene presentata (solo alla fine, ma io ci ero arrivato sin dalla scena del pacco) come il movente dell'omicidio: Caroline li sorprende insieme (veramente vediamo Rivkin riallacciarsi le maniche della camicia...) ma questo le basta per andarsene inorridita... eppure altri moventi vengono addotti durante il processo (per i dettagli leggete gli articoli del Daily). Ma pur di nascondere quanto la ragazza ha scoperto Gordon la uccide. Così sembra dire il film. Una storia di froci.
Per corroborare questa ipotesi (che non è quella che ha condotto Gordon in galera però...) il film nasconde la moglie di Rivkin e anche le sorelle di Gordon. Nel film lo vediamo solo accompagnarsi con la madre (secondo il classico cliché che vuole il frocio mammone).
Il film ci mostra una scena nella quale Gordon avverte Caroline che sarebbe tornato dopo altre due settimane da Londra, dove era con Rivkin. Caroline, insospettita dal tono di voce bassa del marito, gli chiede se dorma con lui. Questa conversazione pare sia davvero avvenuta. Così almeno afferma il padre di Caroline che dice la figlia sospettasse che il marito avesse una relazione con Rivkin (perchè non lasciarlo allora?). Anche se il fratello di Caroline smentisce che ci fosse certezza sulla gaiezza (ma sarebbe meglio dire bisessualità visto che, con Caroline trombava alla grande...) di Gordon. Il film ci mostra però dopo anche una scena del tutto inventata (perchè Rivkin e Wood sono soli) nella quale Gordon racconta dei sospetti della fidanzata a Rivkin il quale gli chiede se vuole andare a letto con lui. Al che Gordon si leva la t-shirt ma Rivkin lo ferma dicendogli che stava solo scherzando...
Tra l'altro anche se la storia del film si svolge nell'arco di 13 anni Gordon è smepre un sorco mostruoso per tutto il tempo (solo appena invecchiato quando lo arrestano a Londra, 13 anni dopo l'omicidio) ben diversamente dal Gordon vero che, frocio o meno, invecchia come tutti.
Insomma un film un po' di merda che risolve tutto presentando l'omosessualità con molta pruderie ma come movente dell'omicidio, ben diversamente da come si sono svolti i fatti in realtà.
Ma anche se la storia fosse inventata, oppure davvero l'omicidio fosse servito a coprire una sordida storia omosessuale il film è comunque da esecrare perchè dà per scontato che l'omosessualità sia causa di guai, sintomo di vizio e perversione (come se festini etero nel mondo dell'alta finanza non ci fossero). L'omosessualità viene presentata come strumento per Gordon di avvicinare Rivkin e per Rivkin di approfittarsi di begli uomini.
Poi ci si chiede perchè la gente ha avversione per i gay...
Insomma un brutto film anche se girato bene e recitato bene, ma davvero un pessimo servizi alla verità, anche dell'omicidio e del processo.
La giovane modella Caroline Byrne viene trovata in fondo alla scogliera di The Gap a Sydney. Caroline aveva 24 anni. Il convivente, Gordon Wood, è il maggiore indicato, per aver trovato il cadavere tra gli scogli, indicandolo alla polizia dalla cima dello strapiombo incapace di vedere alcunché nonostante i mezzi della scientifica. Prove indiziarie che lo scagionano dal primo processo, ma che, dopo 13 anni lo portano in carcere, dove si trova tutt'ora, dove deve scontare una pena di 17 anni (e farne come minimo 13).
Questa, riassunta all'osso, la vicenda giudiziaria dalla quale è stato tratto A MODEL DAUGHTER: THE KILLING OF CAROLINE BYRN (Australia, 2009) di Toni Tilse.
Per chi vuole saperne di più il Daily Telegraph fornisce con dovizia di particolari la lunga vicenda giudiziaria (ma dove saper leggere l'inglese, voi pigri lurker).
Il film, che ho visto oggi al Fiction Fest esordisce ricordando che si tratta di una storia vera. Il film però non è organizzato secondo una detective story. Prende le mosse dalla notte in cui Gordon Wood cerca la sua fiancè temendo lo abbia davvero fatto e poi ci mostra le indagini della polizia e i sospetti del padre di Claire, mostrandoci poi dei flashback nei quali ci racconta in oggettiva, cioè non secondo il punto di vista di uno dei personaggi, né ricostruendo testimonianze, ma come ci racconta le cose normalmente un film, alcuni fatti della vita di Gordon e Claire fatti e circostanze.
Gordon è uno strafigo della madonna (lo vediamo nudo scopare con Claire).
Cioè David Lyons, l'attore che interpreta Gordon wood, è un gran bel pezzo di figliuolo.
Il vero Wood, per quanto non sia un cesso, è molto più un ragazzo di normale avvenenza.
Comunque Gordon avvicina il magnate della finanza Rene Rivkin sicuro di fare colpo (abbiamo appena visto Rene col suo sigaro, sul suo Yacht circondato da macchioni a torso nudo). Sarà un caso che Gordon (anche se è istruttore di ginnastica) si presenta a Renee che siede al tavolo di un bar in una tuta aderente da corsa? Il film tanto per chiarire ogni possibile dubbio ci mostra una soggettiva di Rene che guarda in primissimo piano il pacco di Gordon (deludente a dire il vero, nonostante l'aderenza, non si intuisce alcuna forma...).
Che Rivkin si circondasse di maschioni è vero, basta guardare questa foto
O anche quest'altra
Quel che il film dà per certo nella realtà è però solo un sospetto.
Infatti non solo Rivkin ha sempre negato di avere avuto una relazione con Gordon, ma Rivkin, ma il film questo non lo dice, era sposato, e dunque non era un gay dichiarato come sembra dal film. Eppure la pista gay è quella che il film imbastisce come fondante per il movente e l'omicidio.
Quel che nella realtà è un sospetto (ma non un movente per l'omicidio, quanto una caratteristica per rendere la storia più piccante) nel film viene presentata (solo alla fine, ma io ci ero arrivato sin dalla scena del pacco) come il movente dell'omicidio: Caroline li sorprende insieme (veramente vediamo Rivkin riallacciarsi le maniche della camicia...) ma questo le basta per andarsene inorridita... eppure altri moventi vengono addotti durante il processo (per i dettagli leggete gli articoli del Daily). Ma pur di nascondere quanto la ragazza ha scoperto Gordon la uccide. Così sembra dire il film. Una storia di froci.
Per corroborare questa ipotesi (che non è quella che ha condotto Gordon in galera però...) il film nasconde la moglie di Rivkin e anche le sorelle di Gordon. Nel film lo vediamo solo accompagnarsi con la madre (secondo il classico cliché che vuole il frocio mammone).
Il film ci mostra una scena nella quale Gordon avverte Caroline che sarebbe tornato dopo altre due settimane da Londra, dove era con Rivkin. Caroline, insospettita dal tono di voce bassa del marito, gli chiede se dorma con lui. Questa conversazione pare sia davvero avvenuta. Così almeno afferma il padre di Caroline che dice la figlia sospettasse che il marito avesse una relazione con Rivkin (perchè non lasciarlo allora?). Anche se il fratello di Caroline smentisce che ci fosse certezza sulla gaiezza (ma sarebbe meglio dire bisessualità visto che, con Caroline trombava alla grande...) di Gordon. Il film ci mostra però dopo anche una scena del tutto inventata (perchè Rivkin e Wood sono soli) nella quale Gordon racconta dei sospetti della fidanzata a Rivkin il quale gli chiede se vuole andare a letto con lui. Al che Gordon si leva la t-shirt ma Rivkin lo ferma dicendogli che stava solo scherzando...
Tra l'altro anche se la storia del film si svolge nell'arco di 13 anni Gordon è smepre un sorco mostruoso per tutto il tempo (solo appena invecchiato quando lo arrestano a Londra, 13 anni dopo l'omicidio) ben diversamente dal Gordon vero che, frocio o meno, invecchia come tutti.
Insomma un film un po' di merda che risolve tutto presentando l'omosessualità con molta pruderie ma come movente dell'omicidio, ben diversamente da come si sono svolti i fatti in realtà.
Ma anche se la storia fosse inventata, oppure davvero l'omicidio fosse servito a coprire una sordida storia omosessuale il film è comunque da esecrare perchè dà per scontato che l'omosessualità sia causa di guai, sintomo di vizio e perversione (come se festini etero nel mondo dell'alta finanza non ci fossero). L'omosessualità viene presentata come strumento per Gordon di avvicinare Rivkin e per Rivkin di approfittarsi di begli uomini.
Poi ci si chiede perchè la gente ha avversione per i gay...
Insomma un brutto film anche se girato bene e recitato bene, ma davvero un pessimo servizi alla verità, anche dell'omicidio e del processo.
Ciao Lelio!
Lelio Luttazzi Trieste 27 aprile del 1923 Trieste 8 Luglio 2010.
Grandissimo autore, che ha scritto per tutti, anche per Mina. Come questa magnifica Bum ahi! Che colpo di luna (1961)
O la Fantastica Una Zebra a Pois, che vi propongo nella prima versione, con orchestra (meno conosciuta della versione con piccola band).
Naturalmente Lelio non è stato solamente Mina
Ma anche :
Julia de Palma
Sylvie Vartan
Milly
Lionel Hampton (!!!)
Le Gemelle Kessler
E sentite che omaggio Mina fa interpretando in maniera personale Mi Piace
Ciao Lelio!
Senza di te siamo tutti più soli!!!!
Grandissimo autore, che ha scritto per tutti, anche per Mina. Come questa magnifica Bum ahi! Che colpo di luna (1961)
O la Fantastica Una Zebra a Pois, che vi propongo nella prima versione, con orchestra (meno conosciuta della versione con piccola band).
Naturalmente Lelio non è stato solamente Mina
Ma anche :
Julia de Palma
Sylvie Vartan
Milly
Lionel Hampton (!!!)
Le Gemelle Kessler
E sentite che omaggio Mina fa interpretando in maniera personale Mi Piace
Ciao Lelio!
Senza di te siamo tutti più soli!!!!
Pacifici manifestanti a roma (gli aquilani terremotati) manganellati dalla polizia
MA PORCODIO E PORCAMADONNA
Un corteo di sindaci e cittadini delle zone colpite dal terremoto dell’Aquila del 2009, marciano per chiedere al governo la sospensione di tasse e tributi, che dal prossimo dicembre dovrebbero tornare a pagare le tasse e gli arretrati al 100%, maggiore occupazione, sostegno all'economia.
Hanno aderito alla manifestazione 53 dei 59 comuni del cratere, la Provincia dell'Aquila, i sindacati, compreso quello di polizia, tutte le organizzazioni di categoria, ma anche cittadini di Avellino e Palermo, arrivati per dimostrare solidarietà.
Il corteo viene bloccato più volte dalla polizia. Il primo blocco è all'inizio di via del Corso. Polizia e carabinieri, schierati in assetto antisommossa, bloccano l'accesso dei manifestanti che, a gran voce, chiedono solo di poter arrivare a piazza Colonna. Qualche spintone e qualche coro contro il governo: un centinaio di persone prova a forzare il cordone, ma niente da fare. Vola qualche schiaffo e a farne le spese è anche Giovanni Lolli, deputato aquilano del Pd.
Mezz'ora più tardi, dopo una trattativa tra forze dell’ordine e parlamentari dell’opposizione e sindaci, i manifestanti sono stati autorizzati a proseguire su via del Corso, per essere nuovamente bloccati prima di entrare in piazza Colonna, da un cordone ancora più robusto di polizia, carabinieri e guardia di finanza.
I manganelli spuntano quasi inaspettati. Ne fanno le spese due ragazzi.
I manifestanti deviano per i vicoli e si ricompattano in piazza Capranica, riuscendo a raggiungere piazza Colonna. Siamo stanchi di un anno di promesse che non vengono mai mantenute - urla un rappresentante del comitato 3.32 -. È la prima volta che dopo un terremoto non viene stanziato un fondo per la ricostruzione. Siamo senza casa, senza lavoro... senza speranza. Siamo forti... ma a questo punto per niente gentili.
Decidono quindi di marciare verso il Senato, ma appena imboccata via del Plebiscito un nuovo blocco ostacola i manifestanti: davanti a Palazzo Grazioli, il cui portone viene prontamente chiuso, gli aquilani non possono passare. Ma i manifestanti, scavalcando alcuni blindati delle forze dell’ordine, sono arrivati sotto Palazzo Grazioli, residenza romana del Presidente del Consiglio, dove hanno urlato “vergogna” e frasi contro Silvio Berlusconi. “Hai sfruttato il nostro dolore, vieni qui se hai il coraggio”, hanno urlato, oltre a grida di “buffoni” e “fascisti”.
Tutti stretti in un cordone che ha bloccato la strada, si sono diretti, attraverso via delle Botteghe Oscure, a piazza Navona, dove hanno dato vita a un sit-in. Per pochi minuti su Palazzo Madama sventola la bandiera dell'Aquila. Ad esporla i senatori Idv, Stefano Pedica e Giuliana Carlino che, accedendo dalla sala Maccari, hanno raggiunto il balcone che si affaccia sopra l'ingresso principale di corso Rinascimento. Subito dopo i commessi hanno rimosso la bandiera.
In serata, il governo ha annunciato che tasse e contributi non versati grazie alla sospensione disposta a causa del terremoto che ha colpito la provincia dell’Aquila nell’aprile 2009, sarà effettuato in 120 rate mensili a decorrere dal gennaio 2011. La richiesta di cittadini e sindaci era quella di sospendere tasse e tributi per tutti i cittadini colpiti dal terremoto dell’Aquila, congelare i mutui e ottenere una serie di misure di sostegno all’occupazione e all’economia.
(fotni per questo post Leggo e Repubblica)
Cornuti e Mazziati
6 luglio 2010
Ancora un caso di "pedofilia"!
Mai più parola è stata abusata slittando semanticamente con tutti i giudizi impliciti del caso da sostantivo che indica l'attrazione sessuale (ma i veri pedofili ti direbbero non coitale) per gli impuberi, cioè i bambini e le bambine da pochi anni fino ai 9-1o per le bambine e 11-12 per i bambini (cioè l'età in cui di solito comincia lo sviluppo sessuale).
Oggi pedofilo è anche chi va con una minorenne, comportamento socialmente esecrabile quanto si vuole ma che non può esser messo sullo stesso piano di chi va con gli impuberi.
Invece sula stampa sempre meno professionale e sempre più approssimata e bacchettona ecco cosa ci tocca leggere ogni volta come questo articolo comparso sul Corriere del mezzogiorno :
Di più. La pedofilia suscita il ludibrio perchè si presume (non sempre in buona fede non sempre a ragione) che i bambini siano troppo giovani per avere un loro giudizio e che anche se non costretti con la forza vengono sempre circuiti, costretti, violati.
Questa adolescente di 15 anni era costretta a fare la ponpa? O la faceva perchè le paiceva? O anche a 15 anni non si p in grado di intendere e volere? duqne le pompe so farle e le facco anche se non sono in grado di capire quel che faccio? Ma dai!
In che senso? che significa? Che vuol dire? Non capisco...
Qui non si tratta di pedofilia, ma di sessualità precoce. Non di stupro ma di abuso di minore. Ma conviene di più a tutti stigmatizzare il caso come atto pedofilo che rilevare che le e i nostri giovani fanno sesso (a volte per soldi) in età smepre più precoce.
Oggi pedofilo è anche chi va con una minorenne, comportamento socialmente esecrabile quanto si vuole ma che non può esser messo sullo stesso piano di chi va con gli impuberi.
Invece sula stampa sempre meno professionale e sempre più approssimata e bacchettona ecco cosa ci tocca leggere ogni volta come questo articolo comparso sul Corriere del mezzogiorno :
Sacerdote sorpreso a fare sesso con una 15enne adescata in chatQuale trappola? era forse costretta a fare la pompa?
Si era spacciato in Rete per professore: scoperto sulla Tangenziale in via Cinthia e denunciato
NAPOLI - L'ha adescata in chat, su internet, celando la sua identità. Non il nome e cognome ma la "professione": lui, l'adescatore, è un sacerdote ma si è spacciato per professore; e lei una liceale di appena 15 anni, caduta nella trappola.
La strana coppia è stata sorpresa in macchina, sulla Tangenziale a Napoli, mentre consumavano un rapporto orale. Secondo quanto riporta «Leggo», la ragazza non sapeva di trovarsi con un sacerdote tanto che avrebbe detto all'assistente sociale: «Credevo fosse mio amico, non immaginavo fosse un prete».Cioè fatemi capire se al posto del prete ci fosse stato un altro adulto il pompino andava bene?!!?
Di più. La pedofilia suscita il ludibrio perchè si presume (non sempre in buona fede non sempre a ragione) che i bambini siano troppo giovani per avere un loro giudizio e che anche se non costretti con la forza vengono sempre circuiti, costretti, violati.
Questa adolescente di 15 anni era costretta a fare la ponpa? O la faceva perchè le paiceva? O anche a 15 anni non si p in grado di intendere e volere? duqne le pompe so farle e le facco anche se non sono in grado di capire quel che faccio? Ma dai!
Il prete, M.D.M., ha meno di quarant'anni e esercita il sacerdozio a San Giorgio a Cremano, nel Vesuviano. È stato denunciato a piede libero per violenza sessuale in danno di minori.Questo, non lo spiega il giornalista, perchè è previsto dalla legge che sotto i 16 anni un maggiorenne e un minorenne non possono fare sesso (in barba a mia nonna che già nel 1922 a 16 anni rimase incinta di mia zia Nini) altrimenti viene equiparato a stupro.
No scusate... Qui manca un passaggio. Come passo da essere confidente consigliere della ragazzina a beneficiario delle sue prestazioni orali?
IN AUTO RITROVATO ABITO TALARE - Nell’auto dell’uomo è stato trovato anche l’abito talare. M. D. M. pare avesse corteggiato la ragazzina per mesi in Rete, sostenendo di essere un professore - questo è quello che ha raccontato la quindicenne - e diventando un punto di riferimento per lei, figlia di genitori separati, con qualche problema nel relazionarsi ai coetanei. Ieri, lunedì, è stato sorpreso sul fatto dalla Polstrada in via Cinthia, e identificato.
Intanto le indagini continuano con la perquisizione effettuata dagli agenti nella casa in cui il prete vive con la madre e il successivo sequestro del personal computer utilizzato dall'uomo.Cioè fatemi capire... Eì perchè si è finto professore che è riuscito a farsi spompinare?
LA REAZIONI: «SPRETARE IL SACERDOTE» - È quanto chiede Antonio Marziale, consulente della Commissione Parlamentare per l’Infanzia e presidente dell’Osservatorio sui Diritti dei Minori. «Per conferire credibilità allo sforzo che la Chiesa sta producendo per arginare il fenomeno della pedofilia tra i sacerdoti - ha detto Marziale - sarebbe necessario spretare l’uomo che fingendosi professore ha abusato sessualmente di una quindicenne adescata in chat».
In che senso? che significa? Che vuol dire? Non capisco...
Per Marziale «per ricostruire il tessuto della fiducia nei confronti di un’ istituzione morale è fondamentale affiancare all’iter penale un provvedimento interno netto e deciso. Perdonismi e attendismi di sorta risuonerebbero come palliativi, non più accettabili dall’opinione pubblica». Il presidente dell’Osservatorio conclude: «Sono un cattolico, che alla Chiesa deve molto sul piano della formazione umana e culturale e proprio perchè conosco le virtù cristiane di tanti religiosi che reputo intollerabile la permanenza nelle funzioni sacerdotali di quanti perpetrano il più turpe dei crimini contro l’umanità, cioè l’abuso sui minori».In realtà la ragazzina (sic) viene stuprata due volte. Dal prete furbo che si fa succhiare l'uccello e da tutti questi maschi che la considerano una innocente e non capiscono che la ragazza in questine pratica sesso non perchè sprovveduta o irretita da un sedicente professore ma perchè oggi il sesso è talmente moneta di scambi che anche i nostri adolescenti lo usano come più piace loro. Il problema allora sta nel rieducare la ragazza e quindi la società tutta a un uso del sesso più consapevole e meno cristianamente sessuofoba.
Qui non si tratta di pedofilia, ma di sessualità precoce. Non di stupro ma di abuso di minore. Ma conviene di più a tutti stigmatizzare il caso come atto pedofilo che rilevare che le e i nostri giovani fanno sesso (a volte per soldi) in età smepre più precoce.
5 luglio 2010
Roma Fiction Fest 2010: una vetrina sempre più inutile (1)
Meno documentari, via le tavole rotonde di Serafino Murri, sempre più spazio alle fiction italiane e USA (quest'anno con una inutile retrospettiva della ABC, fatta senza alcun criterio filologico, senza alcun strumento critico di sostegno alla visione), pochissimo spazio al resto d'Europa, organizzazione pessima, ufficio stampa dislocato all'Hotel Visconti, le prime proiezioni alle 17 (saltando tutte quelle delle 14-15-16 come le scorse edizioni) la quarta edizione del Roma Fiction Fest (che nega persino la sua storia chiamandosi Roma Fiction Fest 2010) è sempre più un omaggio provinciale alla tv italiana via cavo e generalista e mera vetrina delle fiction che vedremo nella prossima stagione. Niente di male ma un po' poco per farne un festival, con soldi pubblici per giunta.
Nel primo giorno di programmazione, complice un autista che sbaglia percorso e ci fa erede 15 minuti nel traffico del centro sono riuscito a vedere solamente tre titoli.LA LA Land mini-serie culto della Gran Bretagna, del 2009, di Marc Wootton, che il festival proietta nella sua interezza un episodio al giorno.
Serie nella quale Wootton che si crede comico, ma non lo è, incarna tre aspiranti attori che sbarcano a Los Angeles con atteggiamenti alla candid camera che dovrebbero interdire le povere vittime, attori e produttori veri di LA, che la serie millanta ignari di essere alle prese con un attore dimenticando che ci sono telecamere a riprendere il tutto.
La La Land non è un documentario burlesco, bensì un ibrido innovativo di realtà e commedia: mentre i personaggi interpretati da Marc sono fittizi, tutti gli altri sono reali e assolutamente inconsapevoli del fatto che si stanno rivolgendo a un attore.
Altro che format innovativo piuttosto la stessa merda di sempre con un attore che crede di far ridere interpretando uno psichico (veggente) truffatore checca (così come vedono le checche gli omofobia come lui...) che dà del gay credendosi irriverente a un fotografo di Hollywood una comicità alla Borat ma più pavida anche se irritante allo stesso modo, molti in sala se ne vanno prima della fine del primo episodio (oggi ce ne sono due in programma). Io attendo la fine del primo e mi dico MAI PIU'.
IT STINKS!!! TOD BEI ANKUNFT Germania / Italia, 2010 di Lars Becker è un tv movie di nessun interesse (se non quello folkloristico di una coproduzione con la germaina che gira un terzo delle scene a Napoli e ad ognie sterno si sente musica napuliatana, da Pino Daniele a Gigi D'Alessio) che racconta una stroia di ex terriristi senza aclun spessore politico ma dove tutto p incentrato su amori e vendette personali. Un film da dimenticare, soprattutto per la prova d'attro (inesistente) del nostro Luca Ward che sarà anche bravo come doppiatore ma come attore... lasciamo perdere.
Blossom è una seire USA del 1991 creata da Don Reo che racocnta delle avventure di una adolescente alle prese con una famiglia tutta la maschiel, un padre e due fratelli, uno deficiente, l'altro ex tossicdipendente. Ttutto stilato ocn molta ironia (gli incubi di Blossom con la prof. sadica, vestia di cuori e la classe di zombie che si vendicano di lei) sove si fa ironia su argometni oggi impensabili. Qualità tecnica pessima (da serie messicana) ma sconvolgente vedere la pochezza delle sit-com di oggi rispetto questa modestissima sit-com rivolta alle adolescenti.
La serie fa parte della retropsettiva sulle serie della Abc (a che serve, fatta così? Senza convegno, senza uno studio critico? A nulla).
Uscito da quetse proiezioni, amareggiato e stanco, sono tornato a casa. Pessimo inzio per questa stanca quarta edizione.
3 luglio 2010
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