TACI, ANZI PARLA di Gabriella Bonacchi
Erano state prudenti le organizzatrici dell'incontro di ieri a Roma su Sesso e politica nel post-patriarcato. Molto prima dell'inizio la Casa internazionale delle donne era così gremita da scatenare una corsa all'accaparramento di tutte le sedie. Non si viveva da tempo un'atmosfera così tesa e nello stesso tempo festosa: un accumulo di energie umane e politiche insieme memore del passato e in attesa di un non so quale futuro.
È un'alchimia che ricorda le tappe più significative del movimento delle donne. Dico «alchimia» per descrivere una pratica che, rispetto alle consolidate prassi della comunicazione politica e culturale, si è sempre collocata di traverso, cercando di cogliere ciò che a quelle prassi sfuggiva e sfugge.
Non che manchino insidie e trappole comunicative anche nel discorso pubblico tra donne. Come si è visto nel dibattito dei mesi scorsi su giornali e siti web. Il principale dispositivo da disinnescare è lo slogan, usato e abusato, del «silenzio delle donne», un silenzio da rompere, aggirare e cancellare, magari gettandosi - mani e cuore - nella piazza più grande della capitale d'Italia. Ma in tutta questa storia del sesso e del potere le donne non hanno affatto taciuto, anzi: dalle protagoniste in interiore hominis, fino a chi ha saputo ascoltare, interpretare e accogliere la loro sconvolgente denuncia. È un punto da ribadire con forza: dopo il femminismo non esistono più donne umiliate, condannate ad un umiliante silenzio. Abbiamo imparato da tempo a interpretare l'«obiezione della donna muta»: colei, ad esempio, che negli anni di piombo non parlava perché non trovava un linguaggio con cui esprimere la sua protesta.
E abbiamo imparato, da Carla Lonzi, che è «bello essere/ quello che si è/ anche se si è/ poco pochissimo/niente». Questo niente è molto più di quella «metà di niente» a cui Veronica Lario si è sentita ridotta dal marito/padrone/capo del governo. Non dimentichiamo che è da questa presa di parola che tutto è cominciato: prima della girandola di denunce e controdenunce, domande senza risposta e risposte sbagliate, atti mancati e lodi respinti al mittente.
È la singolarità delle protagoniste di questa intricata vicenda a mostrarci la vitalità del metodo inaugurato da Lonzi: ci sono ed esisto non «attraverso la ribellione e la partecipazione negativa», e neppure nei «gesti discostati dalla norma», bensì nel dialogo autentico con un'altra singolarità che mi assomigli. Ed è grazie alla pratica di relazioni tra donne singole che è stata spezzata la contrapposizione tra un io senza porte e un noi senza finestre. La stessa che ha paralizzato la nostra migliore tradizione politica.
Ci si è lasciati così, uomini e donne presenti all'incontro. Con la sensazione di trovarci di fronte a un «passaggio di esperienza» che manda definitivamente in soffitta le contrapposizioni - passività/attività, io/noi, silenzio/parola - del secolo scorso.
Leggiamolo e poi parliamone insieme....
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