Abbiamo ricevuto questa mail da un collega-attore:
"Per noi attori manifestare contro i tagli al Fus, passi, ma quella manifestazione puramente politica (di fatto intenzionalmente contro il governo Berlusconi più che contro una sua specifica politica, perché negarlo?) in quanto attori non dovremmo farla proprio.
Perché farci coinvolgere nella politica?
Allora, se facciamo le manifestazioni con la sinistra perché per par condicio non facciamo anche quelle con la destra?
O forse si crede che essere attore significhi essere di sinistra e politicizzato?"
La risposta data dal sito all'attore è sintetica ed esemplare:
Caro collega,
grazie per quel "passi". L'ApTi, con il MovEm09, è stata e continua ad essere in prima fila nella protesta contro i tagli al Fus e, più in generale, contro la politica del governo Berlusconi nei confronti della cultura e dello spettacolo.
Ogni manifestazione è politica. Manifestare per la libertà di informazione - e di espressione- è un atto altamente politico.
Gli attori, in tutta la loro storia, hanno sempre avuto un ruolo politico. Ogni essere umano che agisce in un contesto pubblico, agisce politicamente.
Non siamo noi attori ad essere coinvolti nella politica, siamo anche noi a farla, con il racconto del nostro passato, del nostro presente e del nostro futuro. Se è vero che l'uomo è un animale politico, l'attore, se vuole continuare ad avere una ragion d'essere, dovrebbe essere il più politico degli animali.
Essere attore non significa necessariamente essere di sinistra, infatti ci sono tanti attori di destra.
La par condicio - e l'aggettivo bipartisan - sono nati in televisione, qualche anno fa. Non avendo, noi attori, alcun dovere nella gestione del potere, possiamo bellamente fregarcene della par condicio e scegliere liberamente, almeno questo!, con chi e contro chi manifestare.
Infine ti ringrazio per le tue parole. So che non sarai presente alle prossime manifestazioni, ma almeno capisco il perché.
Non ringrazio, invece, tutti gli altri colleghi che non spendono né una parola di confronto, né un grammo della propria vita per cambiare il nostro mortifero presente.
Benedetta Buccellato
...sì, quella Benedetta Buccellato.
Mi sorprende sempre la naïveté di chi scrive che non fa politica per la contraddizione che sta dicendo (dire di non fare politica è un atto politica; come chi dice che non ha regole sta applicando una regola...) ma anche perché relega la politica ad azioni di bassa levatura, secondarie, infime che sviliscono chi le pratica. Peso a tutte le battaglie politiche che sono state fatte prima e dopo la nascita della nostra repubblica, a quanti sono stati uccisi, arrestati, isolati per aver richiesto e ottenuto riconoscimenti e diritti. Diritti che oggi vengono sentiti come dati per scontati, lì da sempre, mentre sono il frutto di lotte.
Politica che letteralmente significa che attiene alla città, quindi condivisione di doveri e diritti di oneri e di amministrazione della vita pubblica, ci riguarda tutti, sempre, in quanto esseri sociali, che abitiamo la stessa città, lo stesso quartiere, la stessa via, lo stesso palazzo. Ci riguarda quando prendiamo l'autobus, guidiamo la macchina, siamo in un luogo pubblico, ma anche in privato con i nostri ospiti, amici, famiglia amanti, in un modo o nell'altro.
Che senso ha distinguere tra la politica del governo Berlusconi e il governo Berlusconi tout-court?
Coe non si può reagire dinanzi le dichiarazioni di Brunetta?
Si è ridotta la politica ai diversi schieramenti politici, ai pariti, e le adesioni a questi a una tifoseria di parte che sembra schivare (schifare?) la verità.
Oggi (Capezzone ne è il migliore esempio) si fanno certe affermazioni perché si fa parte di uno schieramento politico, non ci si avvicina a un partito perché rappresenta una nostra idea, dei nostri valori.
Scollare i valori dalla politica (dai partiti) è pericoloso perché da un lato fa credere che i valori siano gli stessi per tutti e, peggio, che dinanzi ai valori ci si possa muovere solamente in un modo. Fa credere che i valori siano eterni e non determinati dalla storia, e dunque, il che è ancora più pericoloso, che non ci spossa ragionare sopra.
Guardiamo a quello che succede oggi in Italia, se critichi le semplificazioni fatte da tv stampa e politici sei comunista, se critichi la morale del vaticano sei laico.
Io sono un libero cittadino e ho il dovere prima ancora del diritto di vagliare in maniera critica tutto quello che accade intorno a me che mi viene proposto del quale mi accorgo. Invece abbiano rinunciato allo spirito critico riconoscendolo solo come un mestiere per i politicanti, svilendo però il ragionamento critico che è una delle funzioni più nobili del cittadino a mero esercizio retorico, dove non vale la forza delle argomentazioni, non vale il peso delle prove dei ragionamenti ma vale lo stile, la forma, non il contenuto. il resto o è troppo semplice o troppo complicato e ci si rinchiude nel privato illudendoci che almeno in quello si sfugga alla politica...
Ma se io credo che la cultura sia importante e che bisognerebbe educare i cittadini, gli spettatori, a un giusto critico, e che questo dovrebbe farlo lo stato, la scuola, le associazioni di liberi cittadini e non il mercato, come posso, per spirito bipartisan aderire anche a chi la pensa come Brunetta?
Da un alto si riduce tutto alla tifoseria da stadio dall'altro però si pretende una posizione imparziale.
Ma come si può rimanere imparziale di fronte alla shoà, allo schiavismo, alle persecuzioni razziali, all'omotransfobia?
Non si tratta di schierarsi di essere a favore (come potrebbe essere???) o contro. Si tratta di vedere se ci si indigna o no. Se la rabbia ci fa scendere in piazza a gridare il nostro disappunto o no.
Forse dovremmo chiederci cosa vuol dire essere di destra o di sinistra...
Magari troveremo delle sorprese ben al di là di quanto immaginato.
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