30 maggio 2008

Dario Chianelli e la politica

“Ho chiarito la mia posizione, quel giorno non c’è stato nessun razzismo, nessuna xenofobia e nessuna questione politica (...) si è trattato solo di un episodio personale”.1

«Non mi sento in colpa per quello che ho fatto perché non ho fatto niente di male. Non sono né di destra né di sinistra, sono per i grandi uomini come Ernesto Che Guevara».2



Si chiama Dario Chianelli, si è costituito alla polizia dopo aver concesso un'intervista anche video (riportata qui sotto) mentre oggi Repubblica a quest'episodio e ad altri accaduti nella capitale dedica uno speciale di 15 minuti.





Ora Chianelli ha tutto il diritto di dire quel che crede, anche le cazzate. Ma i giornali non possono esimersi dal riscontrare le cazzate dette.
Quello che Chianelli ha fatto, e che i quotidiani (non tutti ovviamente) hanno avvallato è una semplificazione politica e ingenua.

Dire che picchiare degli extracomunitari, inseriti nel tessuto sociale della città (sono commercianti, quindi hanno le carte in regola sia per aprire un negozio che per stare nel nostro paese) non ha nulla a che vedere "con la politica" è una presa di posizione politica che vuole, appunto, che un'aggressione scaturita da fatti privati e personali non vada letta in chiave politica. Dimenticando o facendo finta di dimenticare, che il privato, soprattutto il privato, è politico.

E' come dire che non si vogliono avere regole: la regola in questione è appunto che "non ci sono regole".

Ogni azione che compiamo individualmente è politica. E se crediamo o sappiamo per certo che un cittadino extracomunitario abbia violato la legge ma invece di rivolgerci alle forze dell'ordine cerchiamo di risolvere la questione personalmente, quello che stiamo compiendo è un atto politico, connotabile a destra non certo a sinistra.

Questa precisazione prima ancora che essere politica è lessicale, semantica 3. Posso capire che Chianelli ignori i significati della lingua italiana ma non posso tollerare che i giornalisti (sic!) li ignorino così belluinamente.

Dietro questo svarione c'è una determinata volontà politica.

Intanto quella che vuole riconoscere solo ai partiti le visioni del mondo (a questo la politica può essere sussunta) e non ai singoli cittadini sganciati da un'appartenenza istituzionale a questo o quel partito.
E poi si vogliono svilire le questioni politiche negando che ci sia una oggettività pur nella visione pluralistica delle varie Weltanschauung e riducendo le differenze non a scelte di campo cui siamo sottoposti tutti ma a irredimibili scaramucce da tifoseria.

Se invece di un naziskin o di un militante di sinistra (ci sono razzisti anche a sinistra...) scopro che è un cittadino qualunque, al di fuori di una organizzazione politica riconosciuta, a picchiare un extracomunitario e a sfasciargli la vetrina e per questo tiro un sospiro di sollievo dicendo che non c'è un problema politico ma solo un comportamento privato da contenere e controllare con le normali procedure delle forze dell'ordine oltre a commettere un falso ideologico (perché non c'è questione più politica di questa) mi comporto in conseguenza di una precisa visione politica delle cose che vuole lasciare la politica ai politici, mentre i cittadini normali devono restarne fuori proprio come voleva Mussolini durante il regime quando nei locali pubblici faceva affiggere cartelli nei quali era scritto "In questo locale non si parla di politica".


Esprimere una propria opinione è sempre un atto politico.
Se poi dalle parole passiamo ai fatti anche questo è un atto politico, esprime una volontà politica e se questa volontà è illegale e contraria ai valori del consesso civile in cui questa volontà si esercita quest'atto va censurato e bollato come politica inaccettabile.

Considerazioni normali per qualunque cittadino di uno stato veramente democratico ma non per i cittadini italiani e nemmeno per quei giornalisti che un'acquiescenza non so quanto dettata da malafede e quanto da vera ignoranza mi fa dire sempre di più, giorno dopo giorno, notizia (mal riportata) dopo notizia, che ha ragione Beppe Grillo quando i giornalisti li ha mandati affanculo.





(1) Kataweb
(2)Corsera
(3) 4° lemma della voce "politica" del dizionario online De Mauro: comportamento, modo di agire o di procedere in determinate attività o situazioni

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bello essere
quello che si è anche se si è
poco
pochissimo
niente


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