Giuseppe De Santis, il quarto grande del neorealismo italiano, assieme a De sica (e Zavattini), Rossellini, Visconti. Il vero comunista dei 4, a differenza di Visconti che abbandonerà presto il marxismo per un'avventura estetica che sfocerà nel decadentismo, mentre Rossellini, si sa, era vicino alla DC e De Sica non è mai riuscito ad abbandonare gli angusti confini di un socialismo utopico di stampo ottocentesco (i maggiori segni d questo suo limite li si trova in Miracolo a Milano).
Mentre c'è chi riscrive la storia del cinema e ascrive l'intero neorealismo all'area del Pci (come si fa con la stessa disinvoltura anche con la Resistenza) De Santis è oggi una stella di prima grandezza dimenticata, zittita, emarginata, dal suo stesso partito, dalla critica di sinistra (che con malcelata invidia non gli perdona il grande successo commerciale dei suoi film (a cominciare da Riso Amaro l'unico vero noir italiano non urbano, rurale (come a dire la vera origine degli italiani sta lì, d'altronde cosa diceva Pasolini a proposito?) e stronca i suoi film con un conformismo davvero sovietico. A mettere i bastoni tra le ruote ai suoi film ci pensa anche il governo che, non potendo tagliare nessun fotogramma al film (come era successo per quelli precedenti) impedisce a Roma, ore 11 di partecipare ai festival internazionali (Cannes, Berlino...) perché il film è una sottile ma concreta denuncia del maschilismo imperante nell'Italia dei primi anni '50 dove il lavoro è un'emancipazione dal giogo del maschi padre fratello e marito e non solo una necessità di sopravvivenza (nel film più di 100 donne si recano all'indirizzo di un annuncio che chiedeva una dattilografa si modeste pretese, alcune in condizioni di necessità, marito disoccupato, altre per sottrarsi a padri, fratelli, o alla condizione di collaboratrice domestica...). Insomma capita al film la stessa sorte di Umberto D. di De Sica, boicottato e non mandato ai festival perché "i panni sporchi si lavano in casa" come rimprovererà l'allora sottosegretario ala cultura Andreotti...
De Santis cerca di produrre i film a modo suo e trova produttori solo oltre cortina. Finché nel 1972 l'insuccesso commerciale del su ultimo film, autoprodotto, lo condanna ad un silenzio dal quale non è più uscito (tranne un mediometraggio in co-regia, nel 1995)
Passa gli ultimi 25 anni della sua vita come insegnante di recitazione (lui che aveva fatto della macchina da presa suo principale oggetto di ricerca, partendo dai sovietici e approdando, come tanti, alla mobilità della mdp americana) al Centro Sperimentale di Cinematografia, dove si era formato, tanti anni prima, lui stesso. Dai suoi corsi sono emersi attrici e attori quali Iaia Forte, Francesca Neri, Roberto Di Francesco.
A undici anni dalla sua morte De Santis resta un autore ancora tutto da riscoprire, studiare, apprezzare, vedere...
16 maggio 2008
16 maggio 1997: muore Giuseppe De Santis
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