11 dicembre 2009

Il sessismo insito nel linguaggio

Sono andato a vedere Punto di fuga, l'ultima coreografia di Dino Verga. Quattro danzatrici e un danzatore in scena. Una coreografia emozionante, come ho avuto modo di scrivere su teatro.org, per quattro danzatrici e un danzatore.
Alla fine, durante gli applausi, lunghissimi, entusiasti, calorosi, tre ragazzi davanti a me hanno gridato più volte un generico bravi, al maschile. Io, con la mia voce impostata, ho gridato brave (e i ragazzi si sono girati verso di me) e, subito dopo, un bravo.
Perché usare il femminile per un uomo fa ancora scalpore e usare il maschile per le donne no? Non datemi la spiegazione storica sul latino da cui deriva la lingua italiana (tanto al liceo il latino non l'ho studiato, non vi capirei) datemi una spiegazione contemporanea, da 2009.
Perché quei tre ragazzi (forse gay, sicuramente effeminati) trovavano strano (altrimenti perché si sarebbero girati?) che io ringraziassi genericamente un gruppo di 5 persone di cui solo una maschile con un generico aggettivo declinato al femminile plurale, mentre per loro era normale tacere sul genere di 4 dei 5 componenti del gruppo solo per non dare della femmina a un uomo (figuriamoci poi, ballerino...)?

Non è solo per pignoleria che ho detto brave e bravo, ma perché la lingua italiana, anche se storicamente sessista (ma meno del francese), può essere usata in maniera migliore, più precisa, attenta alle donne, mentre oggi si usa il pronome personale maschile anche per riferirsi alle donne (gli ho detto per "ho detto a Maria" nella lingua parlata sta diventando un vizio diffuso...).
Parliamo male e pensiamo sempre peggio. Non dico che basta questo dettaglio per cambiare le cose ma, almeno, è piccolo segno di minima resistenza...

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bello essere
quello che si è anche se si è
poco
pochissimo
niente


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