14 luglio 2008

Fiction Fest. Last post

Ed è così arrivato l'ultimo giorno di Fiction Fest.
Poche persone (le sale erano quasi sempre vuote) per una festa costata oltre 7 milioni di euro. Una cifra esagerata per un evento che ha solo la funzione di sostenere il mercato della fiction italiano sensibilizzando il pubblico come consumatore e non come spettatore critico, come ebbi già modo di dire per la prima edizione della festa.
Bsta pensare alle fiction premiate nelle sezioni collaterali (come I cesaroni 2) e ai film tv in concorso ignorati (come Le nouveau Monde). Ma, come dire, meglio il Fiction Fest che niente. E a ottobre è la volta dell'ex festa del cinema di Roma, trasformata dall'ottantasettenne Luigi Rondi in un ennesimo Festival...

L'ultimo giorno dei Fiction Fest ho avuto ho gli esami, aiuto il mio amico Vincenzo a tenerli, lui insegna all'università "lingua angloamericana per la comunicazione d'impresa" ha fatto un corso sulle pubblicità anni 50.
Quindi arrivo la mattina all'auditorium di via della Conciliazione (l'università è dietro l'angolo. Chiedo dei cappelli, la mia fissa... ma non ne ottengo nemmeno uno. Anzi quando mi allontano dal bancone informazioni le due ragazze scoppiano a ridere...)
Mi siedo al bar dove mi raggiungono, quasi in contemporanea, Silvio (che lavora lì dietro... Ah le coincidenze!) e Vincenzo.
Silvio mi guarda come stessi partendo per il fronte, mentre mi saluta e va a lavoro. Con Vincenzo andiamo a fare gli esami. Pochi studenti, alcuni bravi, altri decisamente no. Una studentessa rifiuta un 22. Ce la ritroveremo all'appello di settembre (e non saprà collocare storicamente quel che ha studiato proprio come ora...).
La studentessa ha portato come pubblicità da analizzare una bellissima, eccola.



Un gelato per pranzo e ci fiondiamo insieme all'Adriano (dista poco meno di un km...).

Vediamo insieme Le Lien (Fracia, 2007) di Denis Malleval, con Marthe Keller (l'attrice di Fassbinder) nel cast, un film-tv ambientato a Bordeaux, negli anni 50, nel quale una professoressa ebrea scampata alle deportazioni francesi scopre che il padre della sua migliore allieva è proprio l'uomo a comando della milizia volontaria che le decimò la famiglia e che la sua studentessa in questione potrebbe essere sua nipote...
Argomento serio, grande la recitazione di Marthe, ma qualche semplificazione di troppo per il tema affrontato. Un film da vedere, comunque, anche a scuola.

Poi, dopo aver salutato Vincenzo, prima che inizi Fisica o Quìmica, una serie spagnola, assisto alla coda dell'incontro con la stampa del cast e degli autori dei Cesaroni. Del cast ci sono solo Marco ed Eva, cioè Matteo Branciamore e Alessandra Mastronardi.
E' la mia occasione: chiedo ai due, in quanto attori, se hanno problemi a recitare in una serie piena di luoghi comuni come i Cesaroni. Eva/Alessandra mi chiede, un po' stizzita: "tipo?" le faccio un elenco che vorrei non terminare mai: i gay effeminati che amano vestirsi di rosa, le donne che non amano il calcio e stanno a casa a far da mamme e serve e nemmeno possono permettersi un corso di teatro un pomeriggio a settimana. Logiche familiari anni 50.
Alessandra/Eva prova a dire che cercano di ispirarsi, nel loro piccolo, alla commedia all'italiana, ma la contraddico e le ricordo che la commedia all'italiana sapeva registrare la società italiana e i suoi cambiamenti mentre I Cesaroni no.
Tutte le telecamere puntano su di me, mi sento il capitano Kirk il giorno del varo della prima Enterprise senza di lui al comando, in Star Trek Generazioni...

Poi, mentre tutti vanno via, e io rimango in sala aspettando di vedere la serie spagnola, uno degli autori si ferma alla mia poltrona (sono all'ultima fila all'estrema destra) e mi stringe la mano complimentatosi per la mia domanda. Io serafico commento che non volevo essere troppo cattivo e lui mi risponde "Ma no, figurati! E' vero!"
Fermati attimo, sei bello! Un po' meno bello per Eva/Alessandra, che, quando mi passa accanto, al mio saluto cordiale risponde con un sibilante "E' stato un piacere" ma è chiaro che il sottotesto è ben diverso.

Fisica y Quìmica (e NON Fisica & quìmica come riportato sul programma) è una serie divertente. Impressiona lo stile riconoscibilissimo di antena tre la stessa società che ha prodotto Paso adelante: stessi materiali di costruzione per i set, stesa fotografia, stessi arredi...) ma la serie funziona, diverte e appassiona (sto già scaricando gli altri episodi). Racconta di quattro nuovi professori in una scuola (un po' assurda in realtà dove sembrano esserci pochissime classi...). tra professoresse che sono andate a letto con studenti diciassettenni (ma prima di sapere che sono loro studenti, a ex suicidi insegnanti di educazione fisica, a figli del capo che insegnano storia dell'arte (ma niente nepotismo, anzi il padre non vorrebbe il figlio fosse lì), a studenti razzisti, che se la prendono col nuovo compagno cinese, a studenti suicidi (così si conclude il pilota...) la serie dimostra che in Spagna hanno molto da raccontatore anche nelle maglie strette della televisione e che noi italiani una serie così ce la sogniamo: i personaggi hanno spessore e gli stereotipi sono l'ossatura su cui è stata disposta molta carne non l'unica cosa seria che tiene in piedi personaggi di cartapesta come ne i Cesaroni...).

Poi è stata la volta di Buonasera Aroldo, Buonasera Giuliana (Italia, 1008) di Anna Testa, un film di montaggio, tra film, edizione televisive di spettacoli e teatrali e riprese tv dei medesimi, alternati ad interviste di Aroldo e di Giuliana. Un omaggio affettuoso, ben montato che restituisce la caratura di uno dei nostro grandi della prosa italiana. Sala gremita (e si trattava della seconda proiezione) applausi finali ad Anna Testa (presente in sala) e tanta nostalgia per un'Italia che non c'è più (Aroldo è morto il 26 dicembre 2006 all'età di 89 anni...).

Alla proiezione di Screenz, (Israele, 2007) i protagonisti presenti in sala si sono seduti proprio vicino a me, per cui ero un po' distratto nella visione (e, soprattutto, preoccupato di dover lasciare la sala prima della fine del secondo episodio in programmazione perché, come al soliti, la proiezione aveva più di 30 minuti di ritardo...).
La serie è il resoconto delle videochattate di un gruppo di personaggi che normalmente non dovrebbero essere in contatto: Una ragazza di Israele e un poco di buono russo, un padre che contatta la figlia (dopo averla abbandonata in tenera età) per chiederle se si vuole sottoporre al test per stabilire se può donarle il suo midollo spinale,; una coppia isrealiana lui teppista fuori del paese e lei fidanzata ancora casta, che si chattano ogni giorno e quasi quasi lo fatto via internet.
Un incrocio di trame da soap o da serie spionistica, il tutto mediato dall'uso di un medium nuovo e diverso come la webcam (la serie riprende quasi sempre le videate dei due pc e non l'ambiente in cui avviene la videochattata).
Insomma una sfida registica e di sceneggiatura, in una delle poche serie innovative dell'intero Fiction fest.

L'ultima serie dell'ultimo giorno di Fiction Fest è In Treatment (Usa, 2007) serie di alta classe (come HBO ha sempre abituato i suoi spettatori) nella quale, in ogni episodio, assistiamo ala seduta di uno psicanalista, un paziente per ogni episodio. Niente musica, niente colpi di scena, ma racconti, bugie, la capacità dello psicanalista di evidenziare illogicità e auto menzogne dei suoi pazienti, come in una vera terapia. Il terapeuta è Gabriel Byrne (con un terapista così tornerei a in psicoterapia anche domani!) che regge lo show insieme al paziente dell'episodio.
Idea geniale, ma non originale, lo show infatti è la versione americana di Be 'Tipul serie israeliana cerata dal genio di Hagai Levi insieme a Ori Sivan e Nir Bergman. Sono uscito talmente fulfilled dai due episodi, soddisfatto e sazio che ho deciso di non rimanere per vedere l'altra serie, anch'essa basata sulle sedute questa volta di una consulente sessuale, Tell Me You Love Me e sono tornato a casa, prima, con un solo autobus, soddisfatto e già un po' triste per questi 5 giorni di orgia mediatica.

Vaffanculo, sono pieno!
bello essere
quello che si è anche se si è
poco
pochissimo
niente


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