3 novembre 2012

La nostra intera vita è online? Su una (presunta) pubblicità progresso belga sulle ingenuità di noi utenti della rete.

Una cara amica mi segnala questo video.


Ooooooh facciamo tutti dopo averlo visto la prima volta.

L'impatto emotivo è fortissimo.

Un video di controinformazione che denuncia il pericolo che la rete costituisce quando condividiamo online i dettagli della nostra vita.

Dave si finge capace di leggere la mente ma in realtà ha un team di persone che gli forniscono le informazioni prese online per dargli credito come lettore della mente.

Funziona tutto nella storia raccontata in questo video?

La cornice narrativa è la solita: le nostre credenze più irrazionali, come la veggenza o, comunque, la capacità di leggere nella mente, sono spiegabili in maniera razionale.

In realtà, la spiegazione che viene suggerita nel video è che le conoscenze di Dave sono date dalla tecnologia, raffigurata da un gruppo di persone che traffica con degli aggeggi elettronici che conosciamo ma che non ci vengono mostrati.

Non già una spiegazione concreta e precisa ma una metafora:



persone incappucciate, come chi vuole fare una rapina, con degli schermi (spenti, non c'è luce emessa, l'unico monitor a favore di pubblico è di colore vere come il fondo dei vecchissimo schermi monocromatici a cristalli liquidi.

Sono hacker, criminalizzati, nel senso che sono mostrati con dei passamontagna in testa, anonimi, o, meglio, inidentificabili.
Una bardatura che non ha senso in quella situazione (sono nascosti e da soli, che seno ha coprirsi il volto per non essere identificati?) e che serve per passare un messaggio implicito per noi spettatori: quelli sono dei delinquenti e i delinquenti si sa portano il passamontagna.

Nello schermo si vedono delle fotografie e molti pochi dati alfanumerici (ben diversamente dai telefilm che ci hanno abituato da tempo che le schermate di hackeraggio sono quasi esclusivamente in codice macchina...).


C'è una ambiguità di fondo in questo messaggio.

Il video ci esorta a stare attenti al tipo di informazioni che mettiamo in rete, tramite i social network e i blog, per esempio.
Questo non viene detto, lo desumo io che uso la rete mediamente.

Io per esempio ho un blog che parla di froceria e dunque chiunque mi googola sa che sono gay. Se non volessi farlo sapere non dovrei dirlo o scriverlo.

Invece quando Dave dice a una delle ragazze che nella sua vita amorosa ci sono 3 o 4 persone la ragazza risponde:
non sono molte le persone a conoscenza di queste cose.

Capisco che lo scopo del video è quello di "aprirci gli occhi" sulle informazioni che lasciamo sulla rete. Ma se io non voglio far sapere ai diretti (o dirette) interessati (interessate) che li (le) cornifico sto attento a non parlarne su internet.

E no! direte.
Il punto è proprio questo. Uno non ci pensa
 e viene sgamato grazie a questa superficialità.

Sarà.

Ma un conto sono i dati deducibili dalle nostro foto sherate su faccialibo un conto sono i dati del nostro conto corrente. Se Dave sa quanto abbiamo speso è entrato illegalmente nel nostro account, lui o chi per lui, Altro ordine di problema.

Un conto sono quel che gli altri possono desumere da quel che noi pubblichiamo cioè che rendiamo pubblico.

Un conto sono le informazioni che un hacker può carpire non perchè noi le abbiamo rese pubbliche ma perchè le ha desunte illegalmente entrando in un nostro account privato.

Nel primo caso devo solo condannare la mia ingenuità, nel secondo caso chiamo la polizia...

Non dico che le due cose non viaggiano insieme ma le distinguerei un tantinello.

Tra l'altro delle informazioni che noi mettiamo su internet e che magari ingenuamente non crediamo vengano conosciute da tutti, nel video ce ne sono alcune che sono state messe proprio per essere rese note, come il ragazzo nero che vende la casa...

Quindi che male c'è nel sapere che vende la casa per una certa cifra?

Prima di internet avrebbe usato un giornale di annunci.

Allora avremmo potuto fare la stessa cosa col quotidiano e dire fate attenzione di quello che pubblicate sui quotidiani la vostra vita è tutta sui giornali?

Insomma non mi sembra un messaggio onesto (intellettualmente parlando)  e limpido nei suoi scopi, quello di questo video.

Un video al quale manca un dato fondamentale che lo fa diventare un messaggio pericoloso, reazionario, luddista, arcaico, irrazionale.


L'identità di chi ci dà questo avvertimento.
La firma.
Un nome.
Un logo.
Un sito.
Un indirizzo.
Un numero di telefono.
Un'organizzazione.
Una associazione.
Qualcun*.
Invece niente.

Nel claim finale non c'è traccia di chi ha fatto questo video che diventa dunque inquietante, irricevibile, e contraddittorio.

Il video mi informa sui pericoli della rete  e lo fa usando una forma di comunicazione in maniera altrettanto ambigua  perniciosa.

Per La Stampa si tratta di una pubblicità progresso, che però non ha alcun logo!!!

Insomma, strano no?

Dopo una ricerchina su internet trovo il video originale.

Eccolo



In effetti un logo c'è...

E c'è anche un indirizzo internet!!!


http://safeinternetbanking.be/

La FEBELFIN è la federazione belga del settore finanziario, la cui missione, si legge sul loro sito, è  to reconcile their interests with those of the policy makers, supervisors, trade associations and pressure groups at the national and European level.

Cioè un gruppo di banchieri e company che cerca di ricrearsi una immagine vivibile nei confronti della politica e dell'opinione pubblica.

Ora si capiscono alcune incongruenze del video.

Messaggio sociale sì ma che per metterci allerta sulle frodi internet durante le transazioni bancarie messe sullo stesso piano dei fatti privati che ingenuamente mettiamo noi su internet.


Non una pubblicità progresso.

Una pubblicità delle banche per far fare ai loro clienti transazioni bancarie in maniera accorta  e sicura.

Quindi non un video sull'ingenuità della gente riguardo i propri dati in pasto ai social network come dice PhonemaPelousche ne ha fatto la traduzione italiana espungendone logo e sito internet, ma un viral video dei banchieri.

Ed ecco come l'ingenuità è quella di chi ha creduto a questo ragazzo (a giudicare dalla foto) che ha fregato tutti, anche  Luana Giacovelli che, non insospettita dalla mancanza totale di loghi e firme alla fine dello spot (da professionista avrebbe dovuto...) si beve la trasformazione di intenti dello spot fatta da PhonemaPelousche e arriva a scrivere:
A mettere in guardia dai problemi collegati all’esporsi troppo sui social network è una nuova pubblicità progresso che arriva dal Belgio.

Meditate gente, meditate!!!!


bello essere
quello che si è anche se si è
poco
pochissimo
niente


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