Valerio Verbano per me è sempre stato un volto, un bel volto, quello delle foto che giravano sulla rete, sul manifesto, sui tatzebao dei compagni che ne ricordavano la morte. Valerio, ucciso dai fascisti, Valerio, un partigiano, Valerio, uno di noi.
Non conoscevo i dettagli della sua morte, sapevo solo che era uno dei tanti compagni ammazzati dai fascisti. Fin quando non ho letto Sia folgorante la fine che sua madre Carla ha scritto a quattro mani con Alessandro Capponi per i tipi della Rizzoli.
Un libro che consiglio a tutti. Perché oltre a raccontare senza morbosità la vita e l'omicidio di Valerio (il cui movente non è chiaro anche se è in qualche modo legato a un dossier sui collegamenti tra eversione nera e Stato cui stava lavorando) è una testimonianza altissima di partecipazione civile, un esempio di impegno politico nel senso più alto del termine quello di vita della città oggi svilito a schieramento (da tifoseria) per un partito. Un libro nel quale Carla non si schiera con la violenza armata ma non per questo rende uguali l'eversione di destra e quella di sinistra.
Leggendo il libro mi sono emozionato, ho pianto e mi sono commosso, per Valerio quando in fin di vita chiede con un sussurro aiuto mamma e per Carla, una mamma di 86 anni che non solo non si è ancora non si è arresa all'omertà di stato e a quella dei fascisti (che forse è la stessa) ma che oggi alla sua veneranda età tiene anche un blog intitolato al figlio.
Un libro che mi ha toccato il cuore e mi ha fatto soffrire per la vita interrotta di Valerio, che stava per compire 19 anni, per l'ingiustizia doppia subita da Carla, ma che mi ha dato anche la certezza della speranza, perché se Carla è sopravvissuta a un dolore così grande che io posso solo a malapena immaginare noi che viviamo attanagliati da ben più piccoli tormenti non possiamo certo desistere. Lei non lo ha fatto e ancora oggi cerca la verità.
Sia folgorante la fine dovrebbe essere letto in tutte le scuole, al biennio, tra un Verga e un Pirandello perché è un esempio alto anche di scrittura, di sapiente calibratura tra ricordi e digressioni, ché spiega Carla, ogni tanto deve parlare d'altro, altrimenti non ce la fa. E poi una seconda volta in quinto perché fa il racconto di un momento recente e troppo spesso voluto dimenticare della storia della nostra Repubblica. E Valerio che era davvero di sinistra si indignò che i cari compagni per colpire i fascisti facessero come loro e sparassero nel mucchio (gli avventori di un bar) ma gli venne fascisticamente ricordato - con una delinquenza paternalistica che ricordo bene anche io quanto frequentavo da studente Radio Onda Rossa - che tutto finiva bene perché un fascista morto era comunque un fascista di meno.
Un libro che oggi è uno dei pochi mezzi che ho, che abbiamo, per conoscere Valerio, quel dolce ragazzo compagno e autonomo che è stato ammazzato da tre fascisti, in casa sua, dinamica singolare e rara negli omicidi politici di quegli anni.
Grazie a sua madre per me Valerio non è più solamente il bel volto di una vittima dei fascisti ma è anche una persona con una sua storia che sto imparando a conoscere.
E adesso Valerio manca un po' anche a me.
22 febbraio 2012
17 febbraio 2012
Oggi la Marchesa m'è venuta a trovare!
E' un po' che non parlo di Lei, qui almeno. Con gli amici mi capita ancora spesso.
Il fatto che non ne parli qui non vuol dire che non ci pensi. Anzi non è giusto nemmeno dire che ci penso. Frances è in me, sempre. In tutto il percorso di vita che ho fatto con lei. Per quel cammino io, almeno un poco, sono Frances.
Quando dico che la penso intendo dire che per un dettaglio anche minimo del presente mi torna in mente un momento del nostro passato assieme.
A volte il ricordo improvviso è tenero e mesto, altre impetuoso e devastante.
Così l'altro giorno, mentre camminavo per andare a teatro, vedo il manifesto pubblicitario di uno spettacolo dal titolo Bambole non c'è un euro! mutuato evidentemente da un glorioso spettacolo tv dal titolo Bambole, non c'è una Lira!, con Tino Scotti. Frances avrebbe voluto rivederlo ma non siamo mai riusciti a trovarlo in rete. E con un effetto improvviso e devastante l'angoscia mi assale mentre constato che, ormai, Frances quel programma non lo rivedrà mai... Sono rare però le volte che la memoria di Frances irrompe a gamba tesa ricordandomi della sua assenza, del fatto che non ci sia più. Non c'è più non è un giro di parole per non dire è morta, è che la parola morte non esprime davvero quello che succede alla gente quando muore, che cioè sparisce, viene cancellata, le viene impedito di continuare a vedere il mondo che tu vedi ancora...
Spessissimo mi accade di sentire una canzone, vedere un film, un quadro, leggere un libro, un articolo e pensare che sicuramente quello a Frances sarebbe (o no) piaciuto. Con tenera convinzione mi verrebbe voglia di chiederglielo se fosse possibile.
Anzi spesso ho pensato di inaugurare una rubrica, qui su Paesaniniland, dal titolo quel che non hai visto perchè non ci sei più (o qualcosa del genere) dove elencavo tutte le cose del mondo che notavo mentre lo guardavo coi suoi occhi.
Mai inaugurata.
Stamani, mentre aspetto che il caffè americano scenda nella caraffa, sì quel caffè che scopersi a Parigi con lei nel 1987, e che da allora non ho mai abbandonato, apro come di consueto Facebook e fra gli amici che potrei conoscere che ogni giorno faccialibro mi propone chi fa capolino?
Frances!
Cucù.
Toh. Su Faccialibro io e Frances non siamo amici! Questo dovrebbe dire una parola definitiva sull'attendibilità di questo social network che è comodo per rimanere in contatto con le persone che non frequenti altrimenti ma che nulla dice della vita reale con le persone che vedi... Infatti io Frances la vedevo non ci chattavo sulla rete...
Certo mantenere attivo un profilo dopo più di tre anni di inattività... complimenti Facebook! Fra qualche decennio quando i più attempati dei tuoi iscritti, come me, non ci saranno più, a girare fra i tuoi profili non bisognerà più difendersi solo dai fake...
Ciao bella marchesa! Ci manchi tanto! Un saluto commosso a te e a tutti gli altri, tutte le altre, cui manchi e, lo sappiamo, siamo in tante!
Quando dico che la penso intendo dire che per un dettaglio anche minimo del presente mi torna in mente un momento del nostro passato assieme.
A volte il ricordo improvviso è tenero e mesto, altre impetuoso e devastante.
Così l'altro giorno, mentre camminavo per andare a teatro, vedo il manifesto pubblicitario di uno spettacolo dal titolo Bambole non c'è un euro! mutuato evidentemente da un glorioso spettacolo tv dal titolo Bambole, non c'è una Lira!, con Tino Scotti. Frances avrebbe voluto rivederlo ma non siamo mai riusciti a trovarlo in rete. E con un effetto improvviso e devastante l'angoscia mi assale mentre constato che, ormai, Frances quel programma non lo rivedrà mai... Sono rare però le volte che la memoria di Frances irrompe a gamba tesa ricordandomi della sua assenza, del fatto che non ci sia più. Non c'è più non è un giro di parole per non dire è morta, è che la parola morte non esprime davvero quello che succede alla gente quando muore, che cioè sparisce, viene cancellata, le viene impedito di continuare a vedere il mondo che tu vedi ancora...
Spessissimo mi accade di sentire una canzone, vedere un film, un quadro, leggere un libro, un articolo e pensare che sicuramente quello a Frances sarebbe (o no) piaciuto. Con tenera convinzione mi verrebbe voglia di chiederglielo se fosse possibile.
Anzi spesso ho pensato di inaugurare una rubrica, qui su Paesaniniland, dal titolo quel che non hai visto perchè non ci sei più (o qualcosa del genere) dove elencavo tutte le cose del mondo che notavo mentre lo guardavo coi suoi occhi.
Mai inaugurata.
Stamani, mentre aspetto che il caffè americano scenda nella caraffa, sì quel caffè che scopersi a Parigi con lei nel 1987, e che da allora non ho mai abbandonato, apro come di consueto Facebook e fra gli amici che potrei conoscere che ogni giorno faccialibro mi propone chi fa capolino?
Frances!
Cucù.
Toh. Su Faccialibro io e Frances non siamo amici! Questo dovrebbe dire una parola definitiva sull'attendibilità di questo social network che è comodo per rimanere in contatto con le persone che non frequenti altrimenti ma che nulla dice della vita reale con le persone che vedi... Infatti io Frances la vedevo non ci chattavo sulla rete...
Certo mantenere attivo un profilo dopo più di tre anni di inattività... complimenti Facebook! Fra qualche decennio quando i più attempati dei tuoi iscritti, come me, non ci saranno più, a girare fra i tuoi profili non bisognerà più difendersi solo dai fake...
Ciao bella marchesa! Ci manchi tanto! Un saluto commosso a te e a tutti gli altri, tutte le altre, cui manchi e, lo sappiamo, siamo in tante!
14 febbraio 2012
L'ovvietà del sessismo italiano: la nuova campagna pubblicitaria della banca IBL
Il sessismo italiano non conosce limiti, né pudore.
Per la nuova campagna di prestiti dai ratei bassi la banca IBL ha scelto uno slogan sgrammaticato e sessista.
Rata bassotta, il re delle piccole rate, recita l'incauto slogan che non accorda al femminile nemmeno in uno dei rari casi in cui la maschilista lingua italiana lo permette, anzi lo richiede.
Rata è sostantivo femminile dunque la rata bassotta non può essere Re ma Regina delle rate...
Ma nella mente (bacata) di chi ha pensato lo slogan, la regalità è solo maschile e si sceglie Re anche per la Regina.
Come se il termine Regina avesse in quella desinenza in ina qualcosa di sminuente (come nel caso di eroe/eroina, dove quell'ina sembra un diminutivo).
D'altronde in una lingua parlata sempre più imbarbarita e maschilizzata (come l'uso della particella pronominale gli usata sempre più diffusamente anche in riferimento alle donne, ieri ho visto mia madre e gli [sic] ho detto) chi vuoi che faccia caso a queste quisquilie.
Ormai non c'è più rigore, non si controlla, non si corregge e non si rettifica.
Così qualche anno fa nei passaggi delle stazioni della metro A di Roma potevi leggere manifesti pubblicitari come questo...
Per la nuova campagna di prestiti dai ratei bassi la banca IBL ha scelto uno slogan sgrammaticato e sessista.
Rata bassotta, il re delle piccole rate, recita l'incauto slogan che non accorda al femminile nemmeno in uno dei rari casi in cui la maschilista lingua italiana lo permette, anzi lo richiede.
Rata è sostantivo femminile dunque la rata bassotta non può essere Re ma Regina delle rate...
Ma nella mente (bacata) di chi ha pensato lo slogan, la regalità è solo maschile e si sceglie Re anche per la Regina.
Come se il termine Regina avesse in quella desinenza in ina qualcosa di sminuente (come nel caso di eroe/eroina, dove quell'ina sembra un diminutivo).
D'altronde in una lingua parlata sempre più imbarbarita e maschilizzata (come l'uso della particella pronominale gli usata sempre più diffusamente anche in riferimento alle donne, ieri ho visto mia madre e gli [sic] ho detto) chi vuoi che faccia caso a queste quisquilie.
Ormai non c'è più rigore, non si controlla, non si corregge e non si rettifica.
Così qualche anno fa nei passaggi delle stazioni della metro A di Roma potevi leggere manifesti pubblicitari come questo...
6 febbraio 2012
Felici come il mare Una versione italiana di Kashka from Baghdad di Kate Bush
Pensavo di conoscere Kate Bush a menadito, ma, naturalmente non è così! Conosco la MUSICA di Kate by heart ma non i testi in inglese, specialmente quelli di dischi che ho imparato 30 anni fa quando l'inglese era per me inesistente (ricordo ancora non senza vergogna una misera interrogazione pomeridiana in inglese, io che non conoscevo nemmeno una parola e il professore che chiedendomi il significato ella parola water si sentì rispondere gabinetto, era il 1980 e avevo 15 anni).
Per cui pur conoscendo questa canzone da allora, quando uscì, bel 1978 solo ieri (!) per puro caso mi sono imbattuto in un sito che parlava del suo testo e scopro che la canzone parla di due ragazzi...
La canzone è Kashka from Baghdad
ed eccone il bellissimo testo
Kashka from Baghdad
Lives in sin, they say,
With another man,
But no one knows who.
Old friends never call there.
Some wonder if life's
Inside at all--
If there's life inside at all.
But we know the lady who rents the room.
She catches them calling a la lune.
At night
They're seen
Laughing,
Loving.
They know
The way
To be
Happy.
They never go for walks.
Maybe it's because
The moon's not bright enough.
There's light in love, you see.
I watch their shadows,
Tall and slim,
In the window opposite.
I long to be with them.
'Cause when all the alley-cats come out,
You can hear music from Kashka's house.
At night
They're seen
Laughing,
Loving.
They know
The way
To be
Happy.
"Watching every night.*
Don't you know they're seen?
Won't you let me laugh?
Let me in your love.
...e una bellissima performance live, del lontano 1978...
Così, per scherzo e senza pretesa alcuna, mi sono divertito, ieri, a scrivere una versione italiana della canzone.
Non una traduzione, ma un testo in italiano da cantare sulla stessa melodia ...
Felici come il mare
Kashka dicono
viva in peccato
con un altro uomo
ma non si sa chi è
non c'è amico che
li chiami mai tutti credono
che nessuno viva là
l'affittacamere dice che
quei due sono vivi
e sai perchè?
perchè
li vede
amare
giocare
di notte
sanno
essere
felici
In giro vanno mai
che temono la luna impallidisca
alla luce del lor amor
le loro alte ombre
dalla finestra di fronte
vedo sempre
quanto vorrei star là
perchè quando loro fanno l'amore
i gatti si mettono a miagolare
così
uniti
in un solo
respiro
di notte
sanno
vivere
felici
se li vuoi guardare
loro son così
felici come il mare
vorrei esser lì
E' il primo adattamento che scrivo quindi siate clementi...
Tamara, che ne pensi?
Per cui pur conoscendo questa canzone da allora, quando uscì, bel 1978 solo ieri (!) per puro caso mi sono imbattuto in un sito che parlava del suo testo e scopro che la canzone parla di due ragazzi...
La canzone è Kashka from Baghdad
ed eccone il bellissimo testo
Kashka from Baghdad
Lives in sin, they say,
With another man,
But no one knows who.
Old friends never call there.
Some wonder if life's
Inside at all--
If there's life inside at all.
But we know the lady who rents the room.
She catches them calling a la lune.
At night
They're seen
Laughing,
Loving.
They know
The way
To be
Happy.
They never go for walks.
Maybe it's because
The moon's not bright enough.
There's light in love, you see.
I watch their shadows,
Tall and slim,
In the window opposite.
I long to be with them.
'Cause when all the alley-cats come out,
You can hear music from Kashka's house.
At night
They're seen
Laughing,
Loving.
They know
The way
To be
Happy.
"Watching every night.*
Don't you know they're seen?
Won't you let me laugh?
Let me in your love.
...e una bellissima performance live, del lontano 1978...
Così, per scherzo e senza pretesa alcuna, mi sono divertito, ieri, a scrivere una versione italiana della canzone.
Non una traduzione, ma un testo in italiano da cantare sulla stessa melodia ...
Felici come il mare
Kashka dicono
viva in peccato
con un altro uomo
ma non si sa chi è
non c'è amico che
li chiami mai tutti credono
che nessuno viva là
l'affittacamere dice che
quei due sono vivi
e sai perchè?
perchè
li vede
amare
giocare
di notte
sanno
essere
felici
In giro vanno mai
che temono la luna impallidisca
alla luce del lor amor
le loro alte ombre
dalla finestra di fronte
vedo sempre
quanto vorrei star là
perchè quando loro fanno l'amore
i gatti si mettono a miagolare
così
uniti
in un solo
respiro
di notte
sanno
vivere
felici
se li vuoi guardare
loro son così
felici come il mare
vorrei esser lì
E' il primo adattamento che scrivo quindi siate clementi...
Tamara, che ne pensi?
4 febbraio 2012
4 febbraio 2010-4 febbraio 2012: ma questi due anni di Limbo chi me li restituisce?
Odio tutto di quel giorno. Dalla mia finta indifferenza alla tua partenza la mattina alla presenza di Giovanni a Teatro la sera, mentre ti scrissi quel timido sms dal quale facevo emergere solo l'abitudine a te e non il grande affetto, il profondo e immenso amore per te...
Sempre compito ed educato ho scritto pagine con le lacrime trattenute, ti ho dedicato qualche canzone, fatto un video dove Mina ti parlava, ci parlava,
ma non ti ho detto mai davvero quel che avrei dovuto dirti allora.
Mi avresti creduto?
E, soprattutto, saresti rimasto?
Sempre compito ed educato ho scritto pagine con le lacrime trattenute, ti ho dedicato qualche canzone, fatto un video dove Mina ti parlava, ci parlava,
ma non ti ho detto mai davvero quel che avrei dovuto dirti allora.
Non andare via. Resta qui. Ti amo e ho bisogno di te...
Mi avresti creduto?
E, soprattutto, saresti rimasto?
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