26 agosto 2011

Bienvenido alla experiencia Book


Come in uno dei tanti elenchi che giravano su interne "Sei nato negli anni 80 se..." l'idea geniale di questo video è spiegare una tecnologia pregressa con l'immaginario collettivo delle nuove tecnologie.
Così mentre i sistemi produttivi del libro dai tempi di Gutenberg sono cambiati spaventosamente (e anche il mondo dell'editoria oggi si è digitalizzato) l'hardware book è lo stesso da almeno sette secoli mentre gli ebook funzionato solo su pc e non hanno gli stessi vantaggi del volume cartaceo su strumenti dedicati...


24 agosto 2011

Le feste laiche non si toccano

dal sito dell'ANPI
La decisione presa dal Governo italiano nell'ultimo Decreto Legge 13 agosto 2011, n. 138, “Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo”, nel comma 24, dell'art.1 del quale si prevede per tre importanti ricorrenze civili (25 aprile; I maggio; 2 giugno) una diversa collocazione o l’accorpamento ad una domenica è stato visto da molti per quello che è un tentativo di cancellare storicamente la repubblica, l'antifascismo su cui si basa e il senso di appartenenza storica della cittadinanza. Molti gli interventi e gli spunti di riflessione, dal bell'articolo di Alessandro Portelli sul manifesto all'intervento dell'Anpi a quello dell'Aned sono molti gli spunti di riflessione che vi propongo, fino alla petizione proposta dalla CGIL che vi invito di firmare tutt*.
Facciamoci sentire!!!

23 agosto 2011

Saya, StraFregna e l'uccello di Berlusconi.

Ogni qual volta criticavo ferocemente chicchessia perchè insinuava che Mara Carfagna stava dove stava, cioè a capo di un Ministero, per avere concesso delle prestazioni sessuali, venivo sminuito, insultato, contraddetto. Si insisteva che era vero, che c'erano le prove, che Carfagna aveva fatto bocchini a Berlusconi e quello solo era il motivo per cui sedeva alla poltrona di Ministro. Allora tutti continuavano a sentirsi in diritto di usare delle argomentazioni così maschiliste, misogine, fasciste, irricevibili perchè se sei di sinistra, o, comunque, antiberlusconiano, puoi permetterti di insultare i tuoi avversari politici con tutti i mezzi conosciuti, poco importa se pescati nello stesso bidone della spazzatura del vilipendio fascista. Carfagna? Una pompinara. Brunetta? Un nano. Nemmeno il nemico tra i tuoi alleati viene risparmiato. Così Adinolfi è un brutto ciccione col quale nessuno vorrebbe scopare. Guarda caso le stesse persone che usano questo modo di pensare per insultare qualcuno sono gli stessi che si scandalizzano quando qualche esponente del governo o della maggioranza dicono le stese cose rivolte a gay e lesbiche. Quando le stesse identiche dichiarazioni le fa però Saya, degno esponente di questo modo di pensare prima ancora che di insultare, allora tutti gridano allo scandalo, tutti vorrebbero censurare, persino il conduttore della Zanzara (dove Saya ha detto pubblicamente che Carfagna ha succhiato l'uccello al presidente del consiglio) dice che quelle di Saya sono affermazioni gravissime Quindi tutti contro Saya quando dice che Anna Paola Concia è una pervertita e malata (beninteso, Paola ha tutta la mia solidarietà, proprio come la Ministro Carfagna) ma tutti zitti (perchè in fondo la pensano come lui) quando Saya dice di Carfagna che è una pompinara. Come dicevo sin da allora questo e quelli pari sono: non si combatte Berlusconi usando i suoi stessi metri di giudizio.

17 agosto 2011

Volo via di Ornella Vanoni: Cambiamo cantante ma non autori

Un anno prima di Se il mio canto sei tu Beppe Cantarelli e Paola Blandi scrivono una canzone altrettanto splendida per Ornella Vanoni: Volo via
Volo via la sentii in un pomeriggio solitario durante il quale, per noia e indolenza, accesi la tv, incappando per caso in un programma dove Ornella faceva un'ospitata.
La canzone mi rimase nel cuore dove la custodisco gelosamente ancora oggi. Quella canzone mi parla in maniera speciale e quel "volo via", come lo "a mosca a mosca" delle sorelle checoviane esprime tutte le velleità di cambiamento che ho sempre anelato e non avrò mai il coraggio di affrontare davvero...

Ecco come Beppe ricorda quella canzone

Questa canzone, assieme ad un'altra canzone mia che composi nel lontano 1977 sempre con Paola Blandi e che si chiamava "SE IL MIO CANTO SEI TU" (canzone registrata l'anno dopo da Mina), è una canzone molto importante per la mia carriera, ma soprattutto per me come persona e compositore per una semplicissima ragione: fu la prima canzone mia registrata da un altro Artista (in questo caso Ornella Vanoni) anziché dal sottoscritto oppure con una delle bands in cui militai da ragazzino e con cui feci fino ad allora le mie prime registrazioni di dischi; mi sto riferendo a band quali i Flashmen di Cremona e i Quid di Milano e a dischi miei come solista quali "COME PANE FRESCO".

Attraverso l'editore Marco Gaido alla Blue Team/Warner Brothers a Milano, avevo conosciuto sua moglie Paola Blandi, la paroliera e DJ di Radio Nova, con la quale avevo iniziato a scrivere canzoni (io componevo la musica e poi Paola interveniva scrivendo le liriche in italiano) quali "VOLO VIA", "SE IL MIO CANTO SEI TU" e successivamente, durante le registrazioni dell'album di Mina "Attila", altre canzoni quali "NON TORNERO' " e "SEI META' ". Anche se la prima canzone che Paola ed io scrivemmo in ordine di tempo fu "SE IL MIO CANTO SEI TU" per Mina, la prima nostra canzone che venne registrata e che uscì sul mercato italiano nell'ottobre del 1977 fu appunto "VOLO VIA", con l'interpretazione di Ornella Vanoni (...).
Mi ricordo come se fosse ieri Marco Gaido che mi chiamò tutto eccitato per dirmi che Sergio Bardotti, il produttore di Ornella Vanoni per la Fonit Cetra (la etichetta discografica e distribuzione appartenente al gruppo RAI), aveva scelto la nostra canzone "VOLO VIA" come una delle selezioni facenti parte del nuovo ed uscente album della Sig.ra Vanoni.

Mi ricordo anche la prima volta che ne sentii il mixaggio provvisorio cantato dall'Artista presso gli uffici della Blue Team/Warner Brothers che allora si trovavano al numero 4 della storica Galleria del Corso, a Milano. Continuammo a suonare il nastrino, che Bardotti ci aveva dato ad insaputa della Vanoni (la "battutaccia" di Marco Gaido al riguardo fu "...Con rischio di essere accusati di frode fiscale!!!"...per via dell'allora popolare-impopolare "Denuncia Vanoni"!!!!), come stavo dicendo, continuammo a suonare il nastrino a tutto volume & per almeno 30 o 40 volte senza pause ed in ripetizione estenuante, col rischio di sembrare "demenziali"!!! Diverse segretarie e dirigenti degli uffici limitrofi dovettero venire ad un certo punto a chiederci se per cortesia (nonchè per spirito di "varietà"!!!) potessimo almeno suonare altre canzoni e non sempre la stessa, visto che dovuto al volume dell'impianto stereo nell'ufficio di Gaido praticamente gli "imponevamo" l'ascolto!!!

Devo dire per dovere di cronaca e in tutta onestà che fui molto contento sia della interpretazione di Ornella Vanoni cosiccome della produzione di Sergio Bardotti della mia "prima-creatura-data-in-adozione-a-terzi"!!!...e penso che quella fu la causa (perlomeno al 70 o 80%) del fatto che suonammo il brano per ore ed ore, seriamente danneggiando le orecchie...nonchè altre parti del corpo...delle persone che si trovavano negli uffici confinanti, quando ricevemmo il primo mixaggio provvisorio!!!!

Quando però vidi l'Artista eseguire dal vivo "VOLO VIA" durante una sua trasmissione televisiva in RAI alcuni mesi dopo, ebbi la netta sensazione che "esagerasse" l'enfasi dell'arrangiamento vocale, quasi come se stesse cantando con "troppa convinzione" o come dire, con "troppo gusto". Mi ricordo che Marco Gaido e Paola Blandi ebbero la stessa impressione (non dimentichiamoci che soprattutto dopo alcuni mesi e chissà quante migliaia di volte che ascoltammo il disco, a quel punto conoscevamo a memoria l'interpretazione e l'arrangiamento vocale!!!) e quando riferimmo il nostro commento a Bardotti la sua risposta fu "Ornella fà sempre così quando le piace una canzone. Ha la tendenza ha 'cantarla troppo' perchè si fà trasportare dalle emozioni della musica e delle liriche, e quindi tende ad esagerare l'enfasi delle parole e delle linee melodiche della canzone. Mentre stiamo registrando in sala d'incisione la sua voce per il disco, riesco a controllarla...ma quando è dal vivo, c'è solo lei e quindi come produttore non c'è nulla che ci possa fare tranne che farglielo presente!!!!!"

Non ho mai avuto l'occasione di conoscere Ornella Vanoni ma vorrei approfittare di questa pagina del mio sito ufficiale (...) per ringraziarla ufficialmente, anche se sono passati la bellezza di 25 anni, per riconoscermi l'onore ed il piacere di aver cantato una delle mie composizioni, e se posso dirlo, per essere stata così "coraggiosa" da registrare una canzone scritta da un autore sconosciuto com'ero io nel 1977 e che non aveva avuto nessuna canzone registrata da altri Artisti prima di allora; quindi un "piu-che-dovuto"...e con un "meglio-tardi-che-mai": "Grazie Ornella, per avermi tenuto a battesimo!!!".

16 agosto 2011

Tiger Bay una e trina (da Mina a Cantarelli a Francine Kirsch)

Finora è stata sempre (e solo) la splendida canzone di apertura di Attila (1979).



Nel 1981 comprai Confusione il disco di Beppe Cantarelli (che di Attila fu uno dei primi arrangiatori e compositori) del 1980 nel quale oltre alla sua versione di Se il mio canto sei tu - di cui è autore e arrangiatore - c'è un mezzo rimaneggiamento di Tiger bay che si chiama Milano-Madrid (cliccate sul titolo per ascoltarne un estratto).


Ora scopro che nel 1986  Francine Kirsch (chi?) incide una versione (molto banalizzata) di Tiger Bay.

Anche così banalizzata (manca tutto il lento in cui Cantarelli improvvisa uno scat composto e colto) la canzone si fa ascoltare, anche se Mina è tutt'altra cosa a cominciare proprio dal fraseggio...

Se il mio canto sei tu

Se il mio canto sei tu è stata la canzone di Mina che mi ha fatto capire definitivamente che fosse lei a piacermi e non solo le canzoni che cantava. L'arrangiamento (di Beppe Cantareli) è un capolavoro e quel mini assolo di moog giocato melodicamente e armonicamente sui due canali stereo che mi ha fa morire ancora adesso scopro solo ora (perché Attila non riporta i musicisti) che è di Stefano Pulga, che io conoscevo come tastierista di Loredana e non di Mina...
Devo queste informazioni a Beppe Canterelli che sul suo sito racconta tutte le vicissitudini legate a questo splendido brano.
Mi ricordo quando scrissi questa canzonecosì importante della mia carriera, nel lontano 1977. Composi dapprima la linea melodica e le varie progressioni armoniche poi, mentre cantavo un testo provvisorio "English-made-in-Taiwan", mi ricordo anche che ad un certo punto nel ritornello cantavo quello che in ultima battuta diventò il titolo della canzone, e cioè "SE IL MIO CANTO SEI TU". Così è come la cantai nell'ufficio dell'editore della Blue Team/Warner Brothers a Milano, Marco Gaido: cantavo parole in pseudo-inglese che non avevano senso, finchè alla quinta battuta di ogni ritornello non so perchè finissi per cantare appunto il "gancio" ("hook") attorno a cui poi vennero scritte le liriche:

"...ma SE IL MIO CANTO SEI TU".

Dal momento che allora scrivevo principalmente la musica e molto raramente mi cimentavo con le liriche delle canzoni, Marco mi chiese se ero interessato a conoscere sua moglie Paola Blandi, una dinamicissima e famosa DJ di NovaRadio ed anche una bravissima paroliera che aveva un modo di scrivere nuovo e senz'altro estremamente "femminile" ed attuale.

In un paio di giorni, dopo la mia prima "session" di scrittura con lei, "SE IL MIO CANTO SEI TU" era terminata e pronta da registrare. Dal momento che nei ruggenti anni 70 ero spesso e volentieri a registrare al "Cap Studio", la arci-nota & "trendy" sala di registrazione a Milano, sui navigli presso l'altrettanto famoso locale jazz "Il Capolinea" da cui prese appunto il nome, chiamai i miei amici ANGELO ARIENTI e ALBERTO BALDAN BEMBO, co-proprietari e rispettivamente Capo-Tecnico del Suono e Arrangiatore-Produttore, e prenotai lo studio per registrare un "provino" del brano. Chiamai inoltre alcuni amici musicisti, FLAVIANO CUFFARI (batteria) e MINO FABIANO (basso elettrico), e con la loro collaborazione registrai alcune tracce di ritmica. Dopodichè aggiunsi alcune sovrapposizioni di chitarra e tastiere che suonai io stesso con l'aiuto e l'imput del Maestro Baldan. Registrai subito dopo una voce guida, ed Angelo infine fece un veloce mixaggio del tutto.

Nel 1976 e '77, dopo aver militato per alcuni anni con diversi gruppi-bands, stavo iniziando ad entrare nel cosiddetto "giro-delle-incisioni", e cioè come chitarrista ingaggiato "a turno" nelle varie sale di incisione e con i vari arrangiatori, produttori ed artisti di allora. Fu durante una di queste incisioni-turni alla "Basilica", il famoso studio di registrazione di MINA in una chiesa sconsacrata del cinquecento in Corso Italia nel centro di Milano, che conobbi la mitica Diva: dopo che le dissi che FRANCO NEVA fu anche uno dei miei primi batteristi a "Cremuna" ai tempi del liceo e dopo che le confessai che erano mesi che cercavo (invano...) di farle sentire alcune mie composizioni cercando di passare i "filtri" dei dirigenti della sua etichetta discografica...mi chiese immediatamente se per caso avessi pronto del materiale da farle sentire...come si dice in "slang-Hollywoodiano"..."the rest is history"...

Alcune settimane dopo il mio editore Marco Gaido, dopo aver mandato il provino di "SE IL MIO CANTO SEI TU", riuscì finalmente a fissare un appuntamento con la Diva in persona e con il Maestro Vittorio Buffoli e Osvaldo Michichè, rispettivamente Presidente-Direttore e Direttore-Artistico-A&R della etichetta di proprietà di Mina, la famosa PDU Dischi. Mi ricordo ancora la domanda che mi fece Mina non appena entrai nei suoi uffici in Via Senato:

"Cantarelli, 'SE IL MIO CANTO SEI TU' è un pezzo molto forte; ma hai curato tu anche gli arrangiamenti e la produzione del provino?"

Non mi sembrava vero...cominciai a lavorare, sia come Compositore che come Arrangiatore e Produttore, con MINA, senza dubbio una delle più brave e senz'altro la più carismatica cantante Italiana degli ultimi 40 anni. In Marzo/Aprile del 1978 registrai due versioni di "SE IL MIO CANTO SEI TU", anzi non esattamente due versioni ma bensì la stessa versione in due tonalità diverse: mi ricordo che la prima volta registrai la canzone in RE minore dal momento che calcolai che una quarta più alta di come l'avevo registrata e cantata io (la mia tonalità era LA minore) fosse la giusta proporzione per la tonalità di MINA (và detto che quella era la prima volta che lavoravo con lei...). Mentre sta registrando le tracce della Voce, si interrompe nel bel mezzo e mi dice:

"Cantarelli, mi sa tanto che dovrai registrare la base musicale almeno un tono sotto di com'è adesso".

Le chiedo se per caso quella è una scusa per non volermi dire che non intende più registrare la mia canzone e, dopo che mi rassicura con una risatina "made-in-Cremona" (la sua città natale) che quello non è affatto il caso, mi rimetto al lavoro e ri-registro tutte le varie tracce musicali (tranne quelle della batteria), questa volta in DO minore.

Per le registrazioni della versione di "SE IL MIO CANTO SEI TU" di MINA invitai gli stessi musicisti della ritmica che parteciparono e mi aiutarono nel provino cantato da me, e cioè FLAVIANO CUFFARI (batteria) e MINO FABIANO (basso elettrico). Invitai inoltre il tastierista-arrangiatore STEFANO PULGA, che è il "responsabile" per l'incredibile ed inspirato assolo di mini-moog, ed il programmatore-tastierista ALDO "BANFOLINO" BANFI.

Mi ricorderò sempre quando MINA ritornò in studio e registrò la canzone in "one take", e cioè "al primo passaggio" e senza ripetizioni!!! Fui letteralmente "spiazzato" (o come si usa dire in slang più recente, "spettinato-alla-grande") dal modo straordinario con cui interpretò le liriche abbinate alle note della melodia e al mondo emotivo creato anche dalle armonie così come dall'arrangiamento-orchestrazione del brano.

In virtù di "SE IL MIO CANTO SEI TU" ed ovviamente dell'amicizia che si instaurò con l'Artista durante le registrazioni e durante quei favolosi pranzi e cene con il suo fidanzato di allora, il Dottor Eugenio Quaini, nonchè i suoi spassosissimi amici quali il Direttore dell'Immagine & Design delle Copertine LUCIANO "TALLA" TALLARINI, il Fotografo MAURO BALLETTI, tanto per citarne alcuni, MINA mi chiese se fossi interessato a partecipare al tour che poi diventò la sua ultima apparizione dal vivo con la sua "superband" di oltre 20 elementi (così come mi accadde con QUINCY JONES alcuni anni dopo...sembra che se non ci sono minimo una ventina fra i migliori musicisti sulla piazza, non mi chiamino!!!...just kidding...), il tour dell'estate 1978 alla "Bussoladomani" di Bernardini a Viareggio. Quei concerti vennero registrati e pubblicati in un doppio-album dal vivo intitolato appunto "Bussoladomani Live 1978". La PDU Dischi fece uscire "SE IL MIO CANTO SEI TU" prima come singolo nella primavera del 1978, e poi diventò anche una delle selezioni del doppio album "Attila", l'album di MINA che ha registrato il maggior successo commerciale e di vendite della sua carriera, uscito sempre con la PDU Dischi a natale del 1979.

Oltre un quarto di secolo dopo (per essere fiscalmente corretti, 26 anni dopo...), nella primavera del 2003, ricevo una telefonata da OSVALDO PATERLINI, il marito e manager di ORIETTA BERTI che, assieme a MINA, Ornella Vanoni ed Iva Zanicchi, rappresenta la generazione di cantanti Italiane che hanno lasciato l'impronta più longeva nel mondo della musica leggera così come della cultura Italiana degli ultimi 40 anni e, da come vedo si stanno comportando le "pupe" sul mercato, in procinto di raggiungere gli ultimi 50 e senza volerne sapere di ritirarsi a vita privata!!! Orietta Berti, più popolare oggi che mai anche dovuto al fatto che 6egrave; ospite fissa dello show televisivo numero uno in Italia, "Buona Domenica" con l'eminenza grigia & icona televisiva di MAURIZIO COSTANZO, è in procinto di registrare un album distribuito dalla Sony/Columbia Records e con alcune fra le più popolari canzoni Italiane degli ultimi 50 anni. Mi dice che la scelta dei brani è dettata dalla popolarità riscontrata dalle canzoni che regolarmente esegue dal vivo durante la trasmissione televisiva "Buona Domenica" e "SE IL MIO CANTO SEI TU" viene appunto scelta come una delle selezioni, la numero due dell'album che esce ad Ottobre del 2003.

E' palese il fatto che senta un particolare affetto ed attaccamento a questa canzone che praticamente ha decretato nel lontano 1978 l'inizio della mia carriera professionale nel mondo della musica leggera. Non so perchè ma ho come la sensazione che questa canzone mi mandi una volta ancora un "bacio di buona fortuna", un quarto di secolo dopo, con un'interpretazione così sentita e commovente come solo un'altra icona e mito della canzone Italiana riesce a comunicare con la sua genuinità e straordinaria emotività musicale, Orietta Berti, che oltre ad essere una persona squisita è anche una carissima amica.

Quando mi capitano fortunate circostanze così, soprattutto dopo quasi 30 anni di carriera in un business così "improbabile" (...e dove da lungo tempo ho imparato che fra le due parole "show" e "business", la prima, ahimè, ha solo la metà di lettere della seconda...), non importa come stia e di quale umore mi senta, "blues" oppure "rock and soul" oppure "classical-crossover", in altre parole se sia triste (blue) oppure contento, mi sento più che mai benedetto e fortunato, e ringrazio Dio Padre per i regali che ci elargisce nella nostra vita...

"SE IL MIO CANTO SEI TU"...If My Canto Is You...
che sia in Italiano...oppure in "Inglese-made-in-Taiwan"...

P.S.: in una nota curiosa e simpatica, quando Orietta Berti è venuta a Los Angeles, dove ho curato la masterizzazione del suo nuovo album/CD presso i prestigiosi e storici studi della "Capitol Records" qui a Hollywood, mi ricordo che appena arrivati in studio mi ha fatto sentire (per placare la mia impazienza e comprensibile curiosità!!!) la sua versione di "SE IL MIO CANTO SEI TU", e quando "non ho potuto non farle" le mie più sincere congratulazioni ed i miei complimenti per la sua interpretazione veramente ispirata e commovente del mio brano, mi raccontò qualcosa di "vagamente familiare"...anche il suo bravissimo arrangiatore Lele Barlera (con cui mi son poi voluto congratulare di persona) dovette registrare la canzone due volte, abbassandone la tonalità di un tono in quanto il primo tentativo si rivelò una tonalità troppo alta!!!...è chiaro che a questo punto non vedo l'ora di sapere se questo "fatto curioso" e forse più che casuale succederà anche la prossima volta che qualche altro artista registrerà "SE IL MIO CANTO SEI TU"!!! Mi ricordo, per dovere di cronaca, che ne registrai anch'io una versione "funk-rock" parte del mio Album con la CBS Italiana "Confusione" nel lontano 1980, ma lo feci nella stessa tonalità in cui avevo composto il brano e con cui registrai il provino...staremo quindi a vedere...
Oltre alla versione di Beppe, incisa nel suo primo lp Confusione (1980) e a quella più recente di Orietta Berti, che non trovo sulla rete, scopro una bella versione spagnola di Manoella Torres una cantante americana di origini portoricane e messicane. Di tutte le versioni di Se il mio canto sei tu (tranne quella di Beppe stesso che ne fece una versione più funky per differenziarla dal lavoro fatto con Mina) l'arrangiamento di Beppe viene sempre copiato a piene mani, segno che la sua canzone è legata indissolubilmente a un arrangiamento che ancora oggi, a 32 anni di distanza è fresco e nuovo come la prima volta.

Altro gruppo di casa PDU: I domodossola

Il contatto con Mina, oltre che per incidere con la sua etichetta, è una versione non male di Adagio, che acquista in soul ma perde in verve.

Questa è la versione di Mina che straccia quella precedente per tutta la sua potenza vocale soprattutto nel ritornello che vi propagando in due versioni, dal vivo e in studio Da notare che, nel testo cantato da Mina la persona che guarda e che non deve sapere è un'altra lei, la donna dell'uomo con cui sta ballando mentre nella versione dei Domodossola è un lui, l'uomo di chi sta cantando. Mina ha cambiato verso per proporsi come io narrante non come una donna che tradisce ma come una donna sola che si innamora sempre dell'uomo sbagliato, cioè dell'uomo di un'altra. Sono rare le canoni in cui mina tradisce e quando lo fa (devo tornare a casa mia) è piena di rimorsi, di rimproveri (E poi...), di sensi di colpa che la fanno impazzire (Credi). Di solito Mina è la donna tradita, lasciata, ingannata, o che, nonostante scopra l'amore vero, rimane fedele al marito o all'uomo precedente, perchè lui senza di lei morirebbe... I Domodossola sono uno dei gruppi più interessanti tra quelli prodotti dalla PDU, vi propongo un breve florilegi di loro brani. Su youtube ne trovate molti di più. Amori Miei è la versione italiana di O Happy Day, un po' moscetta rispetto l'originale, ma con un suo perchè. Anche una cover di September (sì, proprio il brano degli H, W & F) per quanto notevole rimane moscetta rispetto l'originale decisamente meglio i brani scritti per loro. Ma qualche cover la azzeccano pure.

15 agosto 2011

E in questa fine di un anonimo ferragosto Domani Domani di Laura Luca.

Mi ricordo Domani Domani a Sanremo del 78.
Mi colpì tantissimo, tanto che ne usai la musica per scrivere una canzone d'amore alla mia ragazza di allora (ehm) Claudia Claudia.
Non combinai mai nulla con lei, ma mi ricordo quando, un paio danni dopo,  cercammo di aiutarla io e Andrea (col quale già amoreggiavo da un paio danni) perchè sua madre l'aveva cacciata di casa perchè Claudia stava con un ragazzo che non aveva ottenuto l'approvazione materna.
Mi ricordo il pomeriggio che passò da noi (eravamo a casa mia, cioè dei miei, come sempre io e Andrea) e lei era di una bellezza da lasciare senza fiato, i lunghi capelli biondo oro, la maxigonna che le fasciava i fianchi generosi eppure delicati, il passo calmo ed elegante col quale saliva le scale (io e Andrea la aspettavamo sul pianerottolo). Mi ricordo che mi ingelosii di lei. Io che già la sapevo lunga sul mio orientamento sessuale mi consideravo off limits e il fatto che ad Andrea (che veniva a letto con me con una convinzione diversa dalla mia) potesse venire voglia di andarci a letto mi rendeva geloso e possessivo, di Claudia non di lui. Avevo voluto tanto che Claudia mi avesse desiderato allora che un po' lo speravo ancora in quel momento e sentivo di doverla competere con Andrea (anche se in realtà lei non desiderava nemmeno Andrea, presa com'era da questo ragazzo di qualche anno più grande di lei). Per quanto la sua bellezza muliebre mi inebriasse desideravo di più il suo ragazzo (che avevo visto in foto). Lo splendore di Claudia, la sua bellezza, la sua desiderabilità erano un tributo al desiderio maschile e forse era quello che mi stordiva, che mi stendeva, che mi lasciava senza fiato. Vedere Claudia e provare a desiderarla era un po' come entrare in sintonia col desiderio maschile, desiderare lei era desiderare quello che desiderava il suo ragazzo, desiderare come lui, essere lui che desiderava lei.

Stasera ho ripescato non solo la versione orinale della canzone

ma anche alcune sue partecipazioni recenti a programmi di ripescaggio di antiche canzoni dei quali ignoravo l'esistenza in uno dei quali si vede un giovane bellissimo.
E io non posso non ripensare a Claudia, al suo ragazzo per il quale venne cacciata di casa,  e ad Andrea...

Tihm: chi era costei?

Una cantante della scuderia di Mina.
Che io scopersi per caso acquistando un suo 45 giri (pdu) che conteneva una inascoltabile Indianapolis che purtroppo NON trovo sulla rete, il cui ritornello recita
no-no-no-no-no-no-no-no-no-no
la mia vita no
non è un autodròmo,
con l'accento sulla o.

Adesso scopro che la musica di quella canzone è di PAOLO CONTE e il testo di Pallavicini.

Scopro anche che Tihm vero nome Fathima Ben Said, nata nel 1950 da genitori italiani e arabi è assieme a Marita una delle due cantanti giovani in scuderia PDU/SUN nel 1968.

Tra i brani incisi da Tihm c'è anche Sentimentale incisa anche da Mina.
Su youtube scopro la versione di tihm SULLA STESSA BASE DI MINA.

Ascoltate e confrontate!

Tihm


Mina

14 agosto 2011

Quando pensi che Repubblica abbia già raggiunto il fondo ecco che i suoi giornalisti iniziano a scavare: sull'articolo (sic!) di Valeria Di Leva e Chiara Piselli sulla prostituzione a Roma.

L'articolo è irricevibile e illeggibile, e non farò il piacere alle due autrici Valeria di Leva e Chiara Piselli di citarlo su questo blog. Per chi vuole farsi del male e andarlo a leggere può farlo cliccando qui.

Se ne scrivo è solo per fare una strigliata totale alle due autrici che non hanno alcuna giustificazione per avere firmato un insulto alle prostitute e all'intelligenza dei lettori e delle lettrici del quotidiano sul quale, immeritatamente, scrivono.

Intanto - non so fin quanto dovremo ancora ricordarlo a tutta la classe giornalistica italiana che dovrebbe ricevere una multa di mille euro ogni volta che, transfobicamente cade nell'errore - quando si parla di trans cioè di PERSONE che transitano dal sesso biologico di nascita all'altro, ci si riferisce loro usando come genere QUELLO DEL SESSO D'APPRODO (su internet il carattere maiuscolo significa che si sta urlando. Specifico che sto urlando, direttamente nelle orecchie delle due giornaliste chissà tanto che questa volta sentano e - ma ne dubito - capiscano...).
Così nel caso di trans m to f si dice la trans, le trans, poco importa se sono già operate oppure no (come viene specificato - non senza una certa pruderie - nell'articolo in questione) non il trans, i trans.
Per degli uomini che vogliono approdare al sesso femminile (in qualunque momento del guado decidano di fermarsi) ricordare loro il sesso di partenza e non quello di approdo significa non rispettare la loro decisione, il loro sentire, vuol dire offenderle per un pregiudizio che va almeno esplicitato e non nascosto nelle pieghe di una lingua di per sé già alquanto maschilista. Che si abbia almeno il coraggio delle proprie opinioni (sic!) e ci si dichiari apertamente transfobiche senza nasconderlo vigliaccamente negli accordi di genere della lingua italiana.

Ma in questo Valeria Di Leva e Chiara Piselli non sono meno dei loro colleghi che fanno tutti a gara a usare il maschile per riferirsi a delle donne trans adeguandosi a un livello di maschilismo al quale evidentemente pensano di doversi arrendere se vogliono essere pubblicate su un giornale come Repubblica.

Quello che però è veramente insopportabile e rende l'articolo irricevibile e da rispedire al mittente con tutta la veemenza possibile è la miopia professionale delle due giornaliste che non solo per tutto l'articolo si limitano a descrivere la presenza ingombrante delle prostitute senza mai prendere in considerazione quella dei maschi che le pagano (se non come momento di colore... quando un ragazzo chiede a una di loro quanto vuoi) come se il presunto degrado  della città dipendesse solo dalla loro presenza in strada e non da quella dei clienti, padri , fidanzati, mariti, fratelli, cugini, parenti e amici delle persone che, come Valeria Di Leva e Chiara Piselli, si indignano della presneza delle prostitute senza esecrare mai a chi va con loro.

Quello che trovo davvero insopportabile e che mi fa vergognare di loro è la totale assenza,  nell'articolo, di solidarietà per le persone sfruttate, perchè ormai anche le pietre sanno (ma non Valeria Di Leva e Chiara Piselli) che dietro la prostituzione c'è un giro enorme di sfruttamento basta leggere un qualsiasi articolo pubblicato su internet e non siti di libertari o libertini, o di gente di sinistra area alla quale ormai solo nominalmente Repubblica appartiene questo articolo non avendo nulla da invidiare a quelli pubblicati sul Tempo.
Parlo di siti come quello della Caritas costituita nel 1971 da Papa Paolo VI come organismo pastorale finalizzato a promuovere la testimonianza della carità all'interno della comunità cristiana. 
La Caritas si batte per <i>la protezione e la difesa della donna vittima del traffico, l'informazione e la sensibilizzazione della comunità cristiana e dell'opinione pubblica, la denuncia e la sollecitazione a farsi carico della situazione da parte delle istituzioni</i>.
Col loro articolo Valeria Di Leva e Chiara Piselli vanno esattamente nella direzione contraria


Se si fossero informate prima di scrivere Valeria Di Leva e Chiara Piselli avrebbero scoperto che
L'OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) stima che circa 1.000.000 di esseri umani sono trafficati ogni anno nel mondo e 500.000 in Europa. In Italia, per quanto riguarda la tratta per sfruttamento sessuale, pur nella difficoltà di poter avere dati certi sul fenomeno per il suo carattere di clandestinità, si stima una presenza di prostitute straniere che oscilla tra le 19.000 e le 26.000 (fonte Caritas Ambrosiana )
Invece di alimentare lo stigma contro le prostitute, tacendo il doppio sfruttamento maschile che c'è dietro,  quello di chi con le prostitute ci va e quello di chi con le prostitute ci guadagna Valeria Di Leva e Chiara Piselli si limitano a lasciar parlare il proprio pregiudizio arrivando a scrivere che a nulla sono serviti i proclami del sindaco che aveva promesso di rendere Roma più sicura e di spazzare via questo indecoroso spettacolo notturno.

Quel che preoccupa Valeria Di Leva e Chiara Piselli non è lo sfruttamento maschile delle donne né il fatto che degli uomini trovino più facile pagare delle donne per farci sesso che provare a corteggiarle (figuriamoci se analizzano le motivazioni che portano gli uomini a frequentare le trans non operate si limitano a specificarlo solo per rimestare nel torbido).
L'unica cosa che le turba è lo spettacolo indecoroso. Per cui loro sarebbero felici se lo sfruttamento continuasse altrove, basta che non sia più sulla pubblica via. Così invece di informarsi (e oggi basta consultare internet non bisogna andare in biblioteca come una volta) e informare i loro lettori e le lori lettrici Valeria Di Leva e Chiara Piselli  contribuiscono ad alimentare lo stigma e a coltivare l'ignoranza di chi le legge dimenticandosi che stanno scrivendo su un quotidiano e non su una pagina personale  di internet dove scrivere la prima cosa che passa loro in mente.

Come cittadino italiano, come lettore e come uomo protesto per questo scritto che non è degno nemmeno di essere considerato un articolo e grido dal profondo del mio cuore a Valeria Di Leva e Chiara Piselli: VERGOGNATEVI!





13 agosto 2011

Cronache da cicciolandia (1)

...non è poi che questa dieta stia procedendo come dovrebbe, troppe mangiate improvvise, troppi yogurt, per fortuna solo un paio di bevute alcoliche e niente fritti o niente patatine, beh tranne una volta.
Il fatto è che sono praticamente senza lavoro (fisso) e nemmeno la pallida idea di come si faccia a cercarne uno. La dieta dopo i primi successi (15 chili persi, forse un paio ripresi... a fine mese farò i conti con la dietologa...) ha perso improvvisamente priorità. E' la mia vita da risettare. Una testa staccata dal corpo. Una testa piena di preoccupazioni e quando io mi preoccupo il corpo non lo sento più.
Poi ieri col mio amico Antonio (che a luglio non c'è stato, ah quanto vorrei poter incolpare lui del cedimento antidieta...) dopo aver visto la versione sing-a-long di Grease (orribile! C'erano i coretti registrati SOPRA le canzoni e le didascalie coi testi erano fatte a disegnini con pupazzetti stelline e cuoricini... DA VOMITARE) in una banca-rela (da dire col tono di voce di Homer) ho trovato questo libro, a 1 euro!
Sì ho deciso di rimettermi a fare esercizio fisico, a casa, da solo, e questo libro garantisce in diversi mesi e con diversi steps di raggiungere una forma fisica con solo 11 minuti di esercizio al giorno.
Oggi ho fatto il primo set di esercizi e devo dire che mi sento positivamente stanco.
Ho iniziato subito perchè come dice il libro (che potete leggere
qui in una edizione diversa)  Non rimandare, comincia oggi!
Così ho fatto e già quegli undici minuti di esercizi (4 più 6 minuti di corsa sul posto) mi hanno rimesso davvero il sangue in circolo.

Per il secondo esercizio, il primo da terra, le istruzioni dicono:
Beh, quando io ho alzato la testa da terra invece di vedere my heels ho visto la faccia meravigliata di Gastone che si chiedeva: ma che cavolo sta a fa' 'a cicciona?!


Ecco, ora lo sapete anche voi!






8 agosto 2011

I buoni divulgatori sono solo quelli di una volta. Su uno splendido articolo di Piero Bianucci su La Stampa

Ho avuto il pallino dell'astrofisica sin da quando ero un bambino, guardare le stelle mi faceva provare una sensazione di mistero e rammarico. Mistero per tutto quello che ancora non sappiamo sull'universo le sue origini e la sua evoluzione e rammarico per non essere lì il giorno che scopriremo come stanno davvero le cose (cioè mai in un futuro potenzialmente infinito...). Osservare le stele (sono stato anche astrofilo...) considerare l'enorme immensità dell'universo, il suo vuoto, il suo freddo silenzio (nello spazio non 'è aria quindi non si sente alcun rumore) la sua maestosa indifferenza per le umane vicende non mi hanno mai fato sentire piccolo e insignificante come vuole il cliché. Al contrario la mia autoconsapevolezza, il fatto che fossi un essere senziente che sapeva di stare osservando un universo che non sapeva la mia esistenza e la ignorava sfacciatamente mi facevano sentire ancora più importante perchè le stelle c'erano solo perchè ci sono gli uomini a studiarle, a osservarle, a contemplarle. Ho in mente anche adesso che scrivo una immagine precisa di un universo immenso e privo di vita percorso da uno sguardo indagatore, non necessariamente umano, che riempie con la sua curiosità e sete di conoscenza quegli spazi vuoti freddi altrimenti inermi. Mi è mancata la costanza e la determinazione per proseguire i miei studi astrofisici all'università. Ho però letto molti anzi direi tutti i testi divulgativi pubblicati approssimativamente dal 1975 al 1990. Poi ho smesso di aggiornarmi per cui so poco di quel che si è scoperto negli ultimi vent'anni, trovo il problema della materia oscura, che conosco poco, una evidenza incontrovertibile che ci stiamo sbagliando su qualcosa (il 90% della materia non può semplicemente essere mancante) ma le solide basi da amatore che mi sono costruito leggendo i migliori libri della divulgazione scientifica le porto ancora con me: Steven Winberg, Paul Davies, Margherita Hack, Franco Potenza, Piero Bianucci, Tullio regge, Livio Gratton (che ho avuto l'onore di vedere in una conferenza sulle basi della scienza memorabile tenua al CIDI di Roma) Leopold Infeld, più le ottime riviste di divulgazione scientifiche Test, poi diventata Scienza 2000, che custodisco ancora gelosamente, Science Digest, Le scienze, e, L'Astronomia, di cui comperai il primo numero all'età di 14 anni, mi hanno formato alla scienza in una maniera imprescindibile per quello che sono diventato oggi. Sono grato a tutti loro per quello che mi hanno insegnato.
Oggi le cose sono cambiate di molto. I nuovi divulgatori sono approssimativi, o caldeggiano una propria teoria senza inserirla nel quadro generale dei problemi della fisica ma proponendola nemmeno come la più probabile o quella che spiega più cose ma semplicemente come l'unica possibile. Le riviste non sono più quelle di una volta, Persino Le Scienze ha un approccio apocalittico e iperbolico (delle pseudo-riviste come Focus e affini che però vendono molto più perchè non considerate serie e noiose) nel raccontare delle forze misteriose e terribili della natura. L'involuzione di un paese la si nota anche dalla qualità della sua divulgazione scientifica e l'Italia oggi è pessima anche su questo versante.
Per questo capirete la mia meraviglia quando stamane sono incappato in un articolo pubblicato su La Stampa scritto bene, con rigore, qualità informativa, addirittura riferimenti per ulteriori approfondimenti. Così quando sono andato a vederne l'autore e ho scoperto trattarsi di Piero Bianucci (che all'epoca delle mie letture giovanili era un giovane divulgatore della nuova generazione rispetto a Hack e Gratton)  non mi sno meravigliato, la buona stoffa è sempre quella della generazione precedente e oggi non ci sono buoni divulgatori italiani, o, forse, più semplicemente, non mi è ma capitato di leggerli.
E ora godetevi l'articolo, ne vale davvero la pena.

Il cielo
08/08/2011 - La Stampa

Sonde spaziali "Juno" e "Dawn":
si campa di rendita


di Piero Bianucci

Con lo Shuttle in disarmo e i finanziamenti della Nasa al minimo storico (0,5 per cento del prodotto interno lordo Usa), la ricerca spaziale americana vive ancora di rendita. Cioè di progetti varati in anni, se non di vacche grasse, almeno non così magre.

Il 5 agosto da Cape Canaveral alle 18,23 italiane è partita verso Giove la navicella “Juno”. Venti giorni prima, il 16 luglio, la navicella “Dawn” si era inserita in orbita intorno al pianetino Vesta e da quel giorno sta inviando “cartoline” molto interessanti e per certi versi sorprendenti.

Incominciamo da “Juno”. Perfetto il lancio, avvenuto con un razzo Atlas 5 - 551. Il viaggio è iniziato sotto i migliori auspici. Adesso però ci vorrà qualche anno di pazienza. “Juno”, la Giunone dei latini e la dea Era nella mitologia greca, sorella e moglie di Giove (i miti sono spesso incestuosi) arriverà a destinazione nel luglio 2016.

Quando sarà alla giusta distanza, la navicella si lascerà docilmente catturare dal campo gravitazionale di Giove, ne diventerà un satellite artificiale (come già fece la navicella “Galileo”) e studierà il pianeta più grande e massiccio del Sistema Solare per un anno. Alla fine si tufferà a capofitto nella sua densa coltre di gas in un ultimo esperimento suicida.

Su “Juno” viaggiano 10 strumenti e una targa che riproduce uno scritto e un ritratto di Galileo. L’investimento è stato di 1,1 miliardi di dollari provenienti dal programma New Horizon. Il principale compito della sonda consiste nello studio del campo magnetico e della struttura interna del pianeta: dovrà accertare se contenga un nucleo roccioso e di quali dimensioni.

Studiare il campo magnetico significa anche osservare le aurore polari gioviane e seguire la vivace dinamica meteorologica del pianeta. Il tutto con l’obiettivo di comprendere l’origine e l’evoluzione di Giove che, oltre ad essere una mini-stella mancata per scarsità di materia prima, è anche il prototipo di una categoria di oggetti celesti che oggi sappiamo essere molto numerosa. Sono centinaia, infatti, i pianeti gassosi simili a Giove scoperti negli ultimi anni intorno ad altre stelle.

Due i contributi italiani alla sonda della Nasa. Angioletta Coradini (Inaf di Roma) è responsabile scientifico dello strumento Jiram (Jovian InfraRed Auroral Mapper), finanziato dall'Agenzia spaziale italiana e realizzato dalla Selex Galileo. Si tratta di uno spettrometro ad immagine con una camera infrarossa, in contro-rotazione per compensare il moto rotatorio del satellite e servirà per osservare le aurore polari di Giove. Altro contributo italiano è uno strumento realizzato da Thales Alenia Space Italia con il supporto dell’Università di Roma “La Sapienza”: ci darà informazioni sulla composizione interna di Giove e sul campo gravitazionale del pianeta tramite esperimenti di radio-scienza.

Nel frattempo, in orbita intorno al pianetino Vesta dal 16 luglio, la navicella “Dawn” è in piena attività: sta inviando immagini in alta definizione, che rivelano un oggetto inatteso anche per gli addetti ai lavori e tale forse da costituire una specifica classe di corpi primitivi del Sistema Solare in formazione.

Molto utili per comprendere la natura di Vesta si dimostrano le immagini raccolte dallo strumento VIR-MS, Spettrometro per il visibile e l’infrarosso, di realizzazione italiana. Le riprese da 100 chilometri di quota hanno una risoluzione di 25 metri per pixel (foto).

“Le immagini e i dati che abbiamo ricevuto ci stanno facendo scoprire un nuovo mondo. Vesta non sembra proprio essere una grande roccia come gli altri asteroidi finora osservati, ma è un corpo complesso, con formazioni geologiche differenziate e alcune strutture superficiali mai viste prima su altri satelliti del nostro Sistema solare. Il nostro strumento – dice Enrico Flamini, il coordinatore scientifico dell’Agenzia Spaziale Italiana, a proposito di VIR-MS – così come gli altri a bordo di Dawn, sta funzionando perfettamente. Nelle prossime settimane, a mano a mano che l’orbita si abbassa, avremo sicuramente altre sorprese”.

Vesta sta rivelando l’aspetto di un corpo planetario primitivo ma bene strutturato, un vero pianeta roccioso mancato, con una sporgenza costituisce un grande massiccio montuoso (foto).

Per celebrare l’inizio dell’anno di osservazioni che “Dawn” passerà intorno all’asteroide, da 5 al 7 agosto in tutti gli Stati Uniti si svolgerà la “Vesta Fiesta”, iniziativa interattiva del JPL.

Vesta fu scoperto da Olbers nel 1804, ha un diametro di 530 chilometri e concentra in sé circa il 20 per cento della massa di tutti i pianetini. Per la prima volta possiamo osservare così bene un oggetto di queste dimensioni. Ne abbiamo però qualche campione nei laboratori terrestri: alcune meteoriti sembrano infatti provenire da questo asteroide. Dopo lo studio accurato di Vesta la navicella “Dawn” (che significa alba, aurora) punterà su Cerere, 970 chilometri di diametro, il più grande degli asteroidi, ora classificato come “pianeta nano”.

Vesta è attualmente nelle condizioni più favorevoli per l’osservazione dalla Terra: è stato infatti in opposizione il 5 agosto, nella costellazione del Capricorno, a una distanza di circa 200 milioni di chilometri. Con una magnitudine di 5,6, teoricamente sarebbe visibile a occhio nudo.

Per altre informazioni: www.nasa.gov/mission_pages/juno/main/index.html
dawn.jpl.nasa.gov

6 agosto 2011

Scoop! In anteprima la copertina e la track list del nuovo album di Mina

Uscirà l'ultima settimana di ottobre o la prima di novembre il nuovo attesissimo cd di Mina. Si chiama Fedele e in esclusiva sono orgoglioso di proporvene la copertina (come sempre dell'immancabile e genialissimo Balletti) e la track list, ben nutrita, e con alcune sorprese di ripescaggio.










1) Cuore segugio
2) Fame
3) Olimpia
4) Inquietudine
5) Come se fossi nei tuoi panni
6) Amami
7) Proprio come una Trans
8) Mi Piace
9) Amiche mai (duetto con Ornella Vanoni)
10) La sposa delle ventitré
11) Manie
12) Malie
13) Era tutto un sogno
14) Ricordi

Mi Piace e Amiche mai sono ripescaggi brani già pubblicati su album altrui e anona ancora ufficialmente inseriti nella discografia della Tigre. rispettivamente dagli album Per amore (2006), un omaggio a Lelio Luttazzi, e Più di me (2008), un album di duetti di Ornella.

A detta di chi ha ascoltato già il disco, Fedele promette sfavillanti sorprese.
Non ci resta che attenderne l'uscita!!!

5 agosto 2011

Un articolo sulgli stupri maschili: altra occasione (persa) di Giornalettismo per tacere o fare un buon servizio giornalistico.

Altro orrore giornalistico.
Stavolta la fonte è un articolo del blog Globalspin malamente tradotto per Giornalettismo da Igor Jan Occelli.
Facciamone l'analisi comparata.



Giornalettismo Clobalspin

Rape as a Weapon of
War: Men Suffer, Too

Il titolo inglese si riferisce agli stupri dei quali soffrono ANCHE gli uomini (ricordando che nel mondo le prime vittime per stupro sono evidentemente le donne...)
It's talked about in whispers, if at all. But men and boys are all-too frequently subjected to sexual violence,
anche qui il concetto viene ribadito...
particularly in times of conflict, forced confinement or war.
E si dice subito in quali occasioni
The problem is persistent and global. For the most part, though, nobody wants to talk about it.
Dicendo solo che nessuno vuole parlarne senza stare tanto a spiegare il perchè.
Over the last few months, however, a handful of reports from West Africa show that rape and sexual violence are being used as a weapon against men and boys, as well as women and girls.
E qui si specifica come nell'Africa occidentale, lo stupro è impiegato in guerra come un'arma ai danni di uomini e ragazzi e di donne e ragazze.
In a dispatch for the Observer, British journalist Will Storr chronicles the stories of men raped during the conflict in Congo. In Kampala, Uganda, he meets a refugee who was kidnapped and then raped three times a day, every day, for three years.
Qui si dice dove e chi... Anche se l'iperbole è un vizio anche fuori dell'Italia.
3 volte al giorno tutti i giorni per 3 anni sono 3285 stupri... 
"There are certain things you just don't believe can happen to a man," he said.
Direi nemmeno a una donna mio caro...
Indeed, sexual violence against men and boys, though common, is little understood or studied. One notable exception is the work of UCLA's Lara Stemple, who looks at the phenomenon of male rape through the prism of international human rights.
Qui si cita uno studio che fa eccezione
Though females are certainly more likely to be raped in conflict,
e qui viene riconosciuto che per ogni uomo stuprato purtroppo le donne sono molte di più...
she finds, males comprise a "sizable minority" of victims. There are documented cases in conflicts in Chile, Greece, Iran, the Democratic Republic of Congo and other places, too. 
Quanti paesi qui citati e assenti nell'articolo italiano...
At a torture treatment center in London, 21% of Sri Lankan Tamil males said they'd experienced sexual abuse during the war, she notes. One study of the conflict in the former Yugoslavia found that 80% of the 6000 inmates at a prison camp in Sarajevo reported rape. The Abu Ghraib fiasco was a high-profile example of sexual violence in a military detention center.
Qui si slitta dagli stupri a sevizie sessuali lasciando intendere si tratti della stessa cosa...
However, rape is also prevalent in civilian facilities. One in five male inmates in America said they'd had a pressured or forced sexual encounter while incarcerated, one study found.
E qui si scopre l'acqua calda (oltre che un luogo comune) che in carcere ci sono incontri sessuali forzati tra carcerati.
In South Africa's overcrowded, under-funded prisons, rape and sexual violence are used to define and maintain a strict social hierarchy in which "victims are humiliated, dominated and feminized," Stemple writes.
Qui si indica il significato gerarchico di questi stupri come forma di femminilizzazione termine infelice ma che ben rende il vero significato dello stupro.
Here, as elsewhere, men who identify as gay, or are perceived to be 'feminine' are particularly susceptible to abuse.
IN carcere se sei apertamente gay o non sufficientemente macho ti usano tutti come femmina 
(See also Ross Kemp's investigation of sexual violence in one South African prison.) Shame and social stigma silence many survivors. They are often plagued by injury, ashamed and wary of speaking out. Here's Storr's account of one survivor's life after surviving gang rape and sexual torture in Congo:
Today, despite his hospital treatment, Jean Paul still bleeds when he walks. Like many victims, the wounds are such that he's supposed to restrict his diet to soft foods such as bananas, which are expensive, and Jean Paul can only afford maize and millet. His brother keeps asking what's wrong with him. "I don't want to tell him," says Jean Paul. "I fear he will say: 'Now, my brother is not a man.'" It is for this reason that both perpetrator and victim enter a conspiracy of silence and why male survivors often find, once their story is discovered, that they lose the support and comfort of those around them. In the patriarchal societies found in many developing countries, gender roles are strictly defined.
Though patriarchy and homophobia are certainly not limited to poor countries, Storr rightly highlights the ways in which stigma prevents men from getting help. Survivors are often assumed to be gay, which is a crime in 38 of 53 African nations and carries considerable social stigma elsewhere. Also, relatively few groups are able, or willing, to help male survivors. In her paper for Hastings Law Review, Stemple notes that of the 4000+ organizations that address rape as a weapon of war, only 3% mention the men in their informational materials. And few doctors, anywhere, are trained to recognize signs of male rape, or counsel survivors, she says. There is concern, too, that highlighting male rape will somehow take away from efforts to stop sexual violence against women. I understand the fear, but think it short-sighted. Talking about sexual violence against men and boys helps shatter stigma, which, hopefully, will result in more support for survivors. It also challenges rigidly-defined gender roles that cast men as hyper-masculine sexual aggressors and women as passive victims. Tackling this narrative is one step toward ending violence against women, as well violence against men. More: Read about sexual violence in the Democratic Republic of Congo. Emily Rauhala is a writer-reporter at TIME. Find her on Twitter at @emilyrauhala. You can also continue the discussion on TIME's Facebook page and on Twitter at @TIME.

Stupri maschili: l’arma silenziosa

Qui invece  si parla solo di stupri maschili: le donne non esistono
In prigione come in guerra sono sempre di più gli uomini sottoposti ad abusi sessuali.
Idem come sopra...
Un fenomeno del tutto sottaciuto che provoca danni irreparabili nelle vittime.
E non si specifica in quali circostanze questi stupri avvengano, si preferisce invece subito aludere al fatto che...
Costrette, nella maggioranza dei casi, al silenzio più totale per non essere emarginate.
Quindi una vittima (maschile) di stupro secondo l'autore sarebbe emarginata
ARMA DI GUERRA – Lo stupro contro gli uomini è diventato uno strumento di guerriglia come un altro. Come spiega il Global Spin, nei conflitti africani questa sta diventando una vera e propria piaga.
Qui si parla solo di stupri maschili (visto il titolo e l'argomento dell'articolo) ben differentemente dall'articolo originale...
Di cui nessuno sa, perché nessuno ha il coraggio di parlarne. Le poche segnalazioni che giungono dall’Africa raccontano di uomini sottoposti agli stessi abusi comunemente utilizzati contro le donne.
Abusi. Adesso lo stupro è un abuso (=un uso sbagliato). Non una violenza contro la persona...
Ah già, si traduce dall'inglese abuse (che in inglese oltre al significato italiano è anche sinonimo di stupro) ma chi scrive l'articolo dimostra non solo di non conoscere l'Inglese ma di non conoscere nemmeno l'Italiano...
Will Storr, giornalista dell’Observer, ha raccontato le storie di alcuni uomini violentati durante il conflitto in Congo: stuprati tre volte al giorno, tutti i giorni per tre anni. Un dramma di cui si portano silenziosamente i segni addosso.
Qui non si fa cenno al fatto che il fenomeno non viene studiato, cioè preso in considerazione, ma solo il peso che porta addosso lo stuprato 3285 volte... Si preferisce sottolineare che
l problema, infatti, non è solo quello della violenza fisica. Ma è anche il dopo.
Invece per le donne è solo quello della violenza?
In moltissimo paesi africani, basta il sospetto di essere gay per essere emarginati.
Qui nell'articolo italiano c'è un notevole salto logico-semantico passando direttamente dagli uomini stuprati alle persone omosessuali  lasciando quasi intendere che se lo prendi in culo anche se non volevi e ti hanno stuprato sei comunque come i froci. IN barba all'articolo orginale che spiega bene questo passaggio.
Nel suo reportage, Storr racconta la storia di Jean Paul: un ragazzo che nonostante le cure in ospedale, continua a sanguinare quando cammina a causa delle violenze a cui è stato sottoposto.
Qui rasentiamo il ridicolo per come  l'autore italiano riporta la notizia sembra che il ragazzo sanguini sempre quando cammina (un novello emorroisso) mentre è chiaro che le''articolo originale si dice oggi cioè non sempre ma adesso evidentemente lontano dallo stupro ma non abbastanza se il povero ragazzo ancora sanguina.
Jean Paul non riesce a raccontare nemmeno al fratello quello che gli è successo: «Ho paura che non mi confiderebbe
considererebbe?
più un uomo» ha spiegato al reporter.
In realtà l'articolo originale dice qualcosa di leggermente diverso ma tant'è... Lo stigma omofobico qui non viene nemmeno messo in relazione al fatto che in molti dei paesi africani l'omosessualità è vietata per legge... (la cosa vien spostata nell'articolo italiano rispetto quell'originale...)
UN FENOMENO ESTESO – Grazie al lavoro che conduce Lara Stemple dell’Ucla, la piaga della violenza sugli uomini sta iniziando ad emergere. Certo, non è vasta come quella a cui sono sottoposte le donne, ma non è meno rilevante. Casi documentati sono avvenuti in Cile, Grecia, Iran, Repubblica democratica del Congo e altri luoghi del mondo. Il 21 percento dei maschi Tamil dello Sri Lanka, curati in un centro londinese, ha raccontato di aver subito abusi sessuali durante la guerra. Mentre uno studio sul conflitto balcanico, ha parlato di circa 4.800 uomini stuprati durante il loro internamento in un campo di prigionia.
LA GUERRA - La guerra non è il solo scenario in cui tali fatti si svolgono. La violenza maschile è usata anche nelle prigioni per sottomettere i nuovi arrivati. Un detenuto su cinque negli Stati Uniti ha dichiarato di avere ricevuto pressioni o essere stato costretto ad avere rapporti sessuali con altri detenuti. Nel Sud Africa lo stupro all’interno delle carceri è utilizzato per mantenere una rigida gerarchia. Chi finisce per essere dominato porterà per sempre con sé la stigmate dell’omosessualità.
Ed ecco il pregiudizio e lìa monotematicità dell'autore italiano dell'articolo, laddove quello originale parla di femminilizzazione che è ben altra cosa. Evidente per l'autore dell'articolo italiano questa e quella pari sono...
LA FORZA DI PARLARNE – In Africa in 38 nazioni su 53 essere gay è considerato un reato. A ciò si aggiunge l’emarginazione a cui questi uomini vengono sottoposti nel caso siano sospettati di esserlo.
L'articolo italiano dice che gli stuprati vengono considerati gay  ma non nel senso che intende il traduttore, cioè non persone con orientamento sessuale gay ma mezze femmine perchè stuprati...
Nessuna famiglia vorrebbe avere al suo interno un uomo che tale non è. Storr ha sottolineato l’importanza di aiutare queste persone. Aiuto che dovrebbe venire in primo grado dalle organizzazioni internazionali, molto spesso anch’esse ignare del fenomeno: su oltre 4 mila organizzazioni che hanno analizzato lo stupro in guerra, solo il 3 percento di esse ha parlato degli uomini come vittime. Una spirale del silenzio da cui si deve uscire al più presto.
Ovviamente non interessando all'articolista italiano le donne non viene menzionata la parte dell'articolo originale nel quale si teme che  parlare di stupri ai danni degli uomini potrebbe togliere risorse ed energie dal combattere gli stupri ai danni delle donne. Così come manca tutta la chiusa nella quale si dice che parlare di questi stupri ai danni degli uomini spezzerebbe lo stigma omofbico e correggerebbe gli stereotipi di genere che vogliono gli uomini sessualmente iper attivi e le donne vittime. Ma si sa all'autore italiano le donne non interessano proprio... Usando la sua stessa mentalità ci chiediamo se sia gay.



Insomma un altro caso di pessimo giornalismo italiano che non riesce nemmeno a riscrivere un articolo con intelligenza e competenza ma solo con le forbici dell'interesse secondario tutto distorto a vedere tutto sempre e maledettamente solo come argomento omosessuale..
bello essere
quello che si è anche se si è
poco
pochissimo
niente


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