17 ottobre 2009

Col Wi-Fi dall'auditorium (cronache dal festival 2)

E mentre è dimostrato, le navette NON passano e, quando passano, vanno a due all'ora, stamane finalmente ho visto dei film degni di questo nome.

Il primo, Severe Clear, (Usa, 2009) di Kristian Fraga, ha utilizzato il materiale video girato dal luogotenente dei Marines Mike Scotti durante l'invasione dell'Iraq del 2003, insieme al materiale di altri suoi tre commilitoni, per montare un documentario sorprendente, per la natura "originale" del girato, quanto per la natura finta di diario detto in prima persona. Infatti, nonostante Mike parli in camera, legga le sue lettere alla famiglia, commenti sempre in prima persona quel che accade e riprende colla videocamera, la mente organizzatrice che ha scritto diretto e montato il film è quella di Kristian Fraga. Così il film mostra in maniera efficace la capacità del cinema di mentire mentre afferma la verità, di usare cioè del materiale che non è stato allestito per la ripresa per raccontare una storia che segue i classici canoni della fiction. Montato incredibilmente bene come se le immagini fossero state girate pensando già a questo montaggio il film è un excursus nella vita di un Marine fiero di essere quel che è che parte convinto di andare a difendere e un po' anche vendicare (come ammette lui stesso) il suo paese (Martin porta con sé la foto di una delle vittime dell'11 settembre) e alla fine finisce veterano in una stanza di una casa negli States (un po' come nell'incipit di Apocalypse Now...). Dentro c'è di tutto l'uccisione accidentale di un padre e della figlia (con tanto di cervella sparse per l'abitacolo); il puzzo dei cadaveri putrefatti, la vita tra camerati (sembrate gay... -E' il caldo che ci fa sembrare gay il cibo schifoso in patria e cucinato in loco dai autoctoni, alla benedizione del prete prima della battaglia (che vergogna: i gay sono contro dio ma chi va a uccidere riceve la sua benedizione!!! che ipocriti questi cattolici). Un film che certo non critica il sistema dell'esercito americano ma ne dà uno sguardo dall'interno non retorico né autocelebrativo.


Poi è la volta di Aanrijding in Moscou (Belgio, 2007) di Christophe van Rompaey, una commedia incentrata su una quarantenne appena mollata dal marito (per una sua studentessa) che viene corteggiata da un ventinovenne... Lei ha tre figli, lui un passato da alcolista. Un film dal punto di vista femminile, divertente e leggero ma con tante piccole notazioni nordiche, impossibili per un film italiano, con una piccola escursione nel mondo gltbqi, e un finale di autoaffermazione. Non dirompente e geniale come Louise-Michel (Belgio, 2008 di Gustave de Kervern e Benoît Delépine, vincitorce del premio speciale della giuria per l'originalità al Sundance, visto l'anno scorso, ma comunque un bel vedere, due ore (quasi) ben spese.

Stanco, lungo e, alla lunga, noioso, After (Spagna, 209) in concorso, di Alberto Rodigruez, che, riprendendo stancamente la stessa notte brava raccontata dal punto di vista dei tre protagonisti, due amici di mezza età e una giovane amica, sa districarsi tra luoghi comuni e qualche momento di verità, in maniera maschilista (lei è sempre più zoccola dei due uomini) con qualche violenza gratuita sugli animali (ma si sa, gli spagnoli... hanno la corrida nel sangue) e soprattutto una storia intricata e lunghissima per dire che gli uomini e le donne scopano e si fanno di droga perchè si sentono soli... Come dire...PROFONDO!!!



Ora aspetto il primo film a tematica del festival (ma non l'unico...). E poi, dulcis in fundo, un film sulla musica marocchina con concerto prima del film....
Invidiatemi gente, invidiatemi.

Croncache dal festival (1)

Insomma, un po' in sordina, abbiamo iniziato anche quest'anno.
La prima novità è che gli accrediti entrano in tutte le sale direttamente (tranne la S. cecilia). Per cui niente più file estenuanti ai botteghini (e lavoro estenuante per i botteghinai...).

Il villaggio del cinema è più grande e ricco dell'anno scorso, ma non ho ancora avuto modo di vedere bene. un ritardo delle navette (non più gli autobus delle scorse edizioni ma navettine con appena 6 posti a sedere...) che da Piazzale Flaminio (tra gli altri posti) portano direttamente all'Auditorium mi ha fatto arrivare alla proiezione delle 17 giusto in tempo.
Primo evento speciale un omaggio a Heath Ledger, da parte di un consorzio di artisti, cineasti e compagnia, The Masses con il quale collaborava. Come? Dirigendo un video come questo per esempio, davvero notevole.



Il brano è dei Modest Mouse un gruppo Indie americano. canzone notevole, video notevole, che scopre l'anima animalista di Heath. Nel resto dell'omaggio giusto qualche sua foto o raro video dove si vede quanto era bello, non certo bravo, ma poco più. Un omaggio un po' improvvisato...

Poi sono volato alla proiezione di Dawson isla 10 (Cile, Brasile, Venezuela 2009) di Miguel Littin, ambientato nel campo di prigionia in cui, dopo il colpo di stato militare in Cile, nel 1973, vennero rinchiusi i più stretti collaboratori e ministri del governo Salvador Allende dove, per cancellarne le identità, sono ribattezzati con un numero. Il film si ispira al libro autobiografico di Sergio Bitar ministro di Allende, all'epoca della prigionia, il numero 10 del titolo. Ma il film poetico, ben girato, ma con una sceneggiatura piena di ripetizioni e di elementi non chiare, fa del racconto dei prigionieri un vissuto personale, mentre la voce fuori campi del numero 10 si chiede dove hanno sbagliato lui e i suoi compagni di prigionia, come se fossero lì per un golpe conteso che loro hanno perso e non perché destituiti da una carica cui avevano acceduto per regolari elezioni dai militari sostenuti dalla CIA... Non si vede mai l'opinione pubblica, tutto è raccontato dal punto di vista dei prigionieri, ma in maniera personale, mai politica, mai pubblica. La voce fuori campo non ne fa considerazioni generali ma un'elegia del ricordo personale dal quale sono tagliate fuori le ragioni politiche economiche che portarono Allende a essere ammazzato.

Un film a uso e consumo di noi occidentali (e infatti il pubblico in sala ha applaudito contento di non essere stato messo in ballo o che non siano stati fatti scomodi paralleli per esempio con Franco in Spagna...)


Dovevo vedere un terzo film, ma Dawson Isla 10 è iniziato con 30 minuti di ritardo e l'altro film si è andato a farsi benedire.

Son tornato a casa in solo un'ora e mezzo, per il traffico e l'attesa di quasi mezzora del 714 a termini.
MA CHE BELLA LA CITTA'... com'è allegra la città...

Il frutto che vuoi (take two)

E mentre Facile deve ancora uscire, Mina ci stupisce con questa seconda take dello stesso brano di lancio del cd. Divertita, divertente, non è un brano eccelso, ma è orecchiabile e una volta in testa ti ...zum zummeggia per svariate ore.

Godetevi questa seconda cavalcata...

bello essere
quello che si è anche se si è
poco
pochissimo
niente


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