20 febbraio 2005

Benvenute! Benvenuti!!

Un saluto di benvenuto alle ragazze e ai ragazzi delle classi V A e V E del Liceo Scientifico Malpighi, che stamane ho invitato a visitare questo blog per proseguire un discorso, inziato a scuola, che (tempo tiranno!) non abbiamo potuto adeguatamente sviluppare, con l'augurio che, se mai verranno a visitare queste pagine, ci si possa confrontare sulle proprie idee e sulle proprie opinioni, per scoprire che a volte non sono idee nè opinioni ma solo pensieri precostituiti tutti da dimostrare, e a volte no.

Benvenute! Benvenuti!!

13 febbraio 2005

Il Luce fa (ancora) rima con Duce?

Sono andato a vedere la mostra La Roma del Luce, al museo di Roma in Trastevere, ospitato nell'ex convento della chiesa di S. Egidio (splendida la stanza dedicata agli oggetti apartenuti al grande Trilussa).
La mostra, patrocinata dal Comune di Roma, sponsorizzata da un gruppo di banche (BNL, Banca di Roma, Monte dei Paschi di Siena) dovrebbe, nelle intenzioni "mettere l'accento sulla vita di Roma tra il '26 ed il (sic!) '43" (cito dalla brochure).
Ma, appena messo piede nel museo (dove, come in tutti i musei romani si paga daver poco) ti accorgi subito che qualcosa non va.
Il patrimonio del Luce è costituito sia da fotografie sia da immagini filmate (tratte dai cinegiornali). Ebbene, le foto non ci sono, al loro posto ci sono degli enormi pannelli nei quali sono state ingigantite alcune foto (o, meglio, dettagli di foto) il cui scopo è quello di vestire scenograficamente gli angusti corridoi del museo. Peccato che, così facendo, si perda il senso documentale di quelle foto che, agli occhi del visitatore, vengono percepite non per il valore di quanto da esse ritratto (la Roma architettonico/urbanistica, storico/sociale di quegli anni ) ma nel loro valore di oggetti (ingigantiti). Peccato. Dsvvero peccato.
Addentrandosi nella mostra si scopre che la medesima consiste nella video-proiezione di diversi filmati luce, per le quali sono state adibite alcune stanze, tratti da diversi cinegironali, raggruppati per l'età (filmati muti, filmati con sonoro) o per gli argomenti da essi trattati.
Entrando nella prima sala, quella dei filmati muti, ci si accorge subito della natura dell'operazione, ambigua, discutibile e per niente scientifica.
Totalmente assenti sono gli apparati, quelli che ti permettono di capire la natura di queste immagini in movimento, che sono tutti filmati tratti dai cinegironali proiettati nelle sale di tutto il regno e, dove non c'erano sale, dai cine-camion del Luce che arrivava nei più piccoli paesini italiani.
Il Luce infatti (ma questo la mostra non lo dice) nasce nel 24 come istituzione privata, successivamente assorbita dallo Stato, con precisi scopi educativi (Luce sta per L'unione cinematografica educativa).
I cinegironali assunsero una chiara natura propagandistica del regime, tanto che fu il Luce e non il cinematografo (lasciato in mano ai privati, in condizioni economiche sempre precarie) a costituire (assieme alla radio) il precipuo mezzo di comuniazione di massa di cui Mussolini si servì per la sua propaganda.
Ma questo i curatori dela mostra non devono saperlo visto che nella brochure si dice: "La cinematografia è l'arma più forte" aveva detto Mussolini e l'istituo luce si inseriva in questa ottica". Peccato che la dichiarazione del Duce (mutuata da quella, molto più intelligente di Lenin, che avea detto "Il cinema è l'Arte più forte") si riferisce all'inaugurazione di Cinecittà, avvenuta nel 1937, cioè ben 13 anni dopo la comparsa del Luce...
Ma questi sono dettagli.
Le immagini proiettate sono presentate al di fuori del loro contesto naturale (quei cinegironali con tanto di numerazione e anno dell'e.f.) per cui un giovane che non consoce il passato del suo paese o qualche adulto sprovveduto ignora la natura di quelle immagini prese (e montate) con intenti propagandistici si illude che siano, già all'origine state filmate con intenti documentaristici, per lasciare ai posteri una traccia dell'Italia (della Roma) di quegli anni.
Già, l'Italia (la Roma) di quegli anni.
Stando alla natura di quei filmati (proganda signori, propaganda!) la Roma (l'Italia) del ventennio sembra un'Italia allegra, spensierata, calma, dove tutto procede liscio, magari con una punta di provincialismo, qualche naivetè, ma si sa, erano gli anni 20...
Dov'è il fascimo, quello vero? Dove, caro sindaco?
Quelle immagini non possono certo dircelo... Ecco che gli apparati avrebbero dovuto dire qualcosa di più (qualcosa Veltroni, anche non di sinistra, ma qualcosa!).
Non è la prima volta che il luce presenta all'Italia il suo patrimonio di cinegironali, ma lo fa sempre in questo modo non scientifico (si tace l'operazione di montaggio che è sata efettuata nel presentarcele oggi, così come l'origine, le fonti, dei materiali stessi...), anti-storico (si ha la presuznione di credere che quelle imagini hano valore di documento in quanco calco dela realtà che rapprensetano e non come operazione di restituzione di una realtà che scaturisce dall'epoca storico-sociale di provenienza...) e, sotterraneamente (nostalgicamente) fascista.
("Ma cosa vuoi che sia stato il fascismo! Qualche scappelotto a chi rompeva le scatole, ma poi si viveva bene...").
Dire che il fascismo è stata una dittatura significa tutto e niente... Ditattura è un concetto troppo astratto... Proviamo allora a vedere, tra le altre cose, cosa è stato il fascismo concretamente, nella vita di tutti i giorni, ci aiuta, no, non uno storico del fascismo, ma un (grande) strorico del cinema come Guido Aristarco che, nel suo bellissimo Il cinema fascista Il prima e il dopo, dice:

Dalla "marcia su Roma" al 1929 erano accadute molte cose. Abolizione della festa del Primo Maggio (...) Viene (...) abolito il diritto di sciopero, (...) annullamento dei passaporti per l'estero, definitiva soppressione dei giornali antifascisti, scioglimento dei partiti, dei sindacati e delle associazioni che svolgono attività contraria al regime, istituzione del confino di piolizia (...). Legge per la difesa dello Stato: condanna a morte per le attività "sovversive".

(Guido Aristarco Il cinema fascista, Edizioni dedalo, Bari 1996, pp. 68-69)

Lista parziale e incompleta, ma nessuna di queste cose viene detta, nemmeno tra le righe, prima o dopo la proiezione dei filmati alla mostra.
Un senso di indignazione cresce in me tanto che abbandono la sala e il museo.
Mi manca l'aria in questo museo di merda, e, prima di venire catapultato, come in un film di fantascienza di serie b, di nuovo in quel ventennio altrettanto di merda, esco a respirare aria pulita.
Non ho visto le proiezioni nelle altre sale, ma quel che ho visto nella prima sala vale per tutte le altre.
Mancano date e precisi riferimenti a ciò che si vede. E visto che si tratta di una mostra su una Roma del passato (che forse non ce più o, se c'è ancora, è sicuramente diversa), perchè non cercare di individuare l'urbanistica delle immagini presentate, l'ubicazione delle vie riprese nella toponomastica della città eterna? Ci si limita alla buona volontà dei singoli visitatori: se uno riconosce qualcosa esclama in sala :"Uuh! guarda, Monteverde!" altrimenti è Roma perchè sapere anche il quartiere? Una mostra fatta al risparmio dunque, dato che i filmati son già pronti e al luce non costano niente, mentre pagare qualcuno che riconosca i luoghi (mica tutti, bastava anche solo qualcuno) e lo indicava nei filmati (ma bisoganva fare le didascalie... e quelle costano...) voleva dire impegnarsi a fare una mostra almeno decente.

Una mostra pericolosa, che dà del fascismo (e di Roma) non un'immagine parziale ma una distorta e storicamente falsata, un piccolo golpe dunque, un riuscitissimo (e ignorato da tutti) atto di revisionimso storico pagato coi soldi del cittadino e patrocinato da Veltroni il sindaco (ah, perchè, abbiamo un sindaco?!).


10 febbraio 2005

Feltrinelli? No, grazie!

1 Qualche giorno fa sono andato da Feltrinelli, quello a Largo (di Torre) Argentina, devo tenere delle lezioni su Bronte, il film di Vancini (e la novella di Verga), così scendo le scale per raggiungere la sezione "Cinema e Spettacolo " e chiedo al commesso (scusate, ma non mi viene proprio di dire libraio), un attempato signore sui cinquanta andati, "Scusi può dirmi tutto quello che avete su Bronte?". Il commesso digita la parola "Bronte" sul terminale video (il programma è Alice ne ho una versione demo, cioè, non aggiornata, nel pc di casa...) guarda i risultati e mi dice: "c'è la sceneggiatura del film, ma non la abbiamo, e poi c'è la biografia delle sorelle" (le sorelle Emily, Ann e Charlotte Bronte, che col film di Florestano Vancini e la novella di Verga c'entrano come i cavoli a merenda...).
2 Due giorni dopo torno da Feltrinelli, la sera dovevo andare a vedere Ascesa e caduta della città di Mahagonny..., musiche di Kurt Weil, libretto di Brecht, scendo allo stesso reparto (eh già "Cinema & Spettacolo"), trovo una altro attempato signore, più magro, senza barba, forse con qualche annetto di più, e gli chiedo, a bruciapelo: "Scusi cosa avete su Ascesa e declino della città di Mahagonny ?" (lo confesso, pronuncio il nome in maniera incorretta, marcando solo una enne invece di tutte e due, come scoprirò va pronunciato, la sera a teatro...). Il commesso (scusate, ma nemmeno stavolta mi viene da dire libraio) sgrana gli occhi e mi risponde, allarmato: "Cosa?!?". "Che cosa avete su Mahagonny?" ripeto io, spazientito (anche se cerco di trattenermi un po'...). Il commesso ripete, imbarazzato, "non ho capito". Al che, cercando di non incazzarmi veramente, gli dico, scandendo le parole più che posso: "Vo-le-vo sa-pe-re che co-sa a-ve-va-te sul-l'o-pe-ra tea-tra-le A-sce-sa e de-cli-no del-la cit-tà di Mahagonny di Kurt Weill su li-bret-to di Bertolt Brecht".
Il commesso, senza battere ciglio, ricomponendosi, dice: "Ah è un'opera? Mi scusi, ma non ho mai sentito questo nome..." e digita su Alice (sì, sempre quel programma che ho a casa in versione demo) Mahagonny (inutile dire che devo fargli lo spelling... che ovviamente sbaglio perchè credo che Mahagonny si scriva con una sola enne..., per fortuna controllo sul giornale che ho con me...). "Ah, sì", mi fa, "c'è un testo, ma... è in tedesco..." (Brechte-Weil non ti dico niente caro?) "Noi non ce l'abbiamo, provi (provi?!?! e il terminale che ce lo ha a fare?) da Feltrinelli International... Sa dov'è?".

Ora, frequento Feltrinelli da almeno 20 anni... (da quando litigai con il direttore di via Orlando perchè volevo l'edizione di "Elementi di critica Omosesuale" di Mario Mieli con la coperitna grigia e non quella con la copertina arancione che aveva lui... La avevo vista su un rotocalco (omisi che era Babilonia...), ridicolo come la presunzione non ti faccia venire in mente che la foto poteva essere in bianco e nero... (ehm...), e ho trovato sempre tanti libri spulciando da solo tra gli scaffali e, quando non vedevo quello che cercavo, chiedevo e trovavo sempre librai, non commessi (quanto mi sembrano lontani i tempi di Anicia quando un libraio mi consigliava quali libri leggere perchè conosceva i libri e conosceva i miei gusti, grazie a lui scopersi Isherwood...).
Da quando Feltrinelli è diventata la Feltrinelli però (i corsivo è loro, non mio...) i libri sono esposti come in un supermercato, impilati, messi a casaccio (perchè massmediologia sta al primo piano e cinema al piano sotterraneo?), in bella mostra solamente i più venduti (con tanto di annessa classifica) o le ultime novità editoriali (cioè le ultime uscite di listino delle varie case editrici) mentre i libri di minor appeal (ovviamente quelli che interessano a me...) cioè quelli di sociologia delle comunciazioni, di cinema (le critiche, non le biografie delle attrici...), di massmediologia, etc etc., sono disposti come in una biblioteca, e per vederli devi sbirciare tra coste anguste, esili e cojn i titoli scritti tutti in versi opposti per cui non solo devi piegarti (mi ci vedete a piegarmi con le mie ciccie?) ma sei costretto a fare una involontaria ginnastica per il collo, piegandolo ora tutto a destra ora tutto a sinistra, ora tutto a destra, no! a sinistra, no! a destra, no!... E i librai sono diventati commessi.
Intendiamoci, non pretendo certo che uno ricordi a memoria tutti i libri che vengono pubblicati, ma che l'addetto al settore "cinema e spettacolo" sappia distinguere Bronte (ridente cittadina sicula) dalle sorelle Bronte oppure conosca Mahagonny (dopo L'opera da tre soldi l'opera più famosa di Brecht-Weil) non me lo aspetto, lo pretendo.
Il libraio non può limitarsi a digitare una stringa di ricerca su un terminale pc...
Il libraio deve sapere (quello vero lo sa, Anicia lo sa) quel che il pc non potrà mai dirti, che di Bronte il film si parla nel libro tal dei tali nel titolo del quale non si fa cenno nè a Bronte, nè a Vancini..., altimenti non si è librai, si è commessi.
Altrimenti tanto vale mettere dei terminali a disposizione del pubblico e mandare a spasso i suddetti sedicenti librai , che, in qualità di commessi, forse servono meglio in qualche merceria...
Mi sono ripromesso di non mettere più piede da Feltrinelli a Largo Argentina ("tornerò da quella a via Orlando", mi son detto... povero direttore...) ma già oggi son venuto meno al mio proposito e ho avuto l'incauto ardire di chiedere a un altro commesso (più giovane e sorella) se avevano libri sulle foto di Giuseppe Verga e, quello, chiamando al telefono il reparto (indovinate un po' quale, ma certo! "Cinema & Spettacolo"!!), avete libri sulle foto di Giuseppe (sic!) Verga?
Chi è causa del suo mal...
bello essere
quello che si è anche se si è
poco
pochissimo
niente


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