21 agosto 2010

Il bon ton del buon vestirsi.
Su un articolo del Giornale contro i pantaloni a pinocchietto

Detesto quelli che criticano accostamenti incauti nel colore del vestiario, quelli che dicono che certi vestiti se li possono permettere solo determinati fisici e altri no.

Certo mi piacerebbe essere un maestro dell'eleganza e della moda per dare a queste mie considerazioni un peso maggiore, ma, lo sanno anche i sassi, io mi copro, non mi vesto.
eppure credo che certe interdizioni legate al buon gusto siano non solo disgustosamente borghesi (dunque ipocrite) ma anche sottilmente pericolose.

Ferma restando la decenza (che però vuol dire solo non andare in giro nudi) diffido di ogni commento contro un certo modo di vestire, perchè profondamente non democratico sono io a stabilire come ci si deve vestire, chi può vestire in un certo modo e chi no. certi accostamenti di colori no, certi tessuti con altri no. sono tutte convenzioni irrilevanti portate al rango di leggi universali. E io soffoco.

Così incappo su questo articolo del Giornale e ne rimango profondamente (e negativamente) colpito.
A parte il dedicare spazio su un quotidiano a un tema irrilevante (ma, si sa, è ancora estate...) trovo davvero antidemocratico (per non dire proprio fascista) l0'intero assunto dell'articolo

Pare che dal Paradiso dei burattini sia già partita una querela, a firma Pinocchio. Motivo del contendere, il nome di un pantalone che è la quintessenza della ridicolaggine: pinocchietto, appunto.
Ok a te non piacciono i pantaloni a pinocchietto, e sti c...
Per chi non l’avesse presente, parliamo di quella braghetta appena sotto il ginocchio che fa tanto pescatore tristanzuolo.
Cerchi di spiegarci il perchè o stai solo insultando chi li porta? Pescatore è una metafora ma tristanzuolo?
Se il pantalone lungo di lino bianco è per l’uomo che non deve chiedere mai,
colonizzazione di una vecchia pubblicità anni settanta
il pinocchietto è per l’uomo che deve chiedere sempre. Insomma, l’emblema del perdente
ammazza, un capo di vestiario rende perdenti!
che continuerà a perdere non in quanto perseguitato dalla sfortuna, ma perché punito dalla propria imbarazzante mancanza di senso estetico.
Ecco il punto. Chi scrive pretende di averlo e, al contempo, che gli altri non lo abbiano, almeno chi porta quel tipo di braghetta.

Il pinocchietto, ad esempio, è strutturalmente incapace di star bene addosso a chicchessia, foss’anche un giovanotto dal fisico palestrato; figuriamoci se poi l’obbrobrio è indossato da un comune sfigato.
Quindi evinco da questi paragoni che se sei palestrato sei ok, tutti gli altri sono sfigati.
Categoria alla quale non appartiene Rino Gattuso che tuttavia - per colpa del suo pinocchietto grigio topo (con l’aggravante dei laccetti ad altezza polpaccio ndr) - ha fatto a Montecarlo una figura peggiore di quella rimediata in Sudafrica con Lippi e compagnia azzurra.
ecco che si usa il vestiario per criticare la sua performance sportiva negativa...

Ma cosa ha combinato il popolare Ringhio? Niente di grave: si è solo presentato all’ingresso di un ristorante esclusivo, sfoggiando un pinocchietto col quale avrebbe avuto difficoltà a entrare perfino a Milanello. Particolare ancor più grave: nell’occasione il difensore del Milan era al fianco di Monica, sua moglie, elegantissima. Ma come - dico io - tua moglie si mette in ghingheri e tu ti metti il pinocchietto?
Ma saranno anche cazzi loro?
Se la moglie ci è uscita magari a lei non frega niente, o no? O vuoi sostituirti a sua moglie?
Tutta colpa dell’intrinseca filosofia compromissoria di cui è portatore il pinocchietto, che ha la vana pretesa di essere casual e sportivo al tempo stesso, risultando invece semplicemente inguardabile.
Secondo te...
Un errore che nell’estate cafona (ma ormai sono cafoni pure inverni, autunni e primavere) commettono milioni di uomini di ogni età, cultura e religione.
Certo, se il pinocchietto è cafone, Bossi cosa è???
Attenzione, qui non si tratta di una distinzione di classe (tra chi ha i soldi e chi non li ha), ma semplicemente di una distinzione di classe (nel senso di stile).
Che è smepre una forma di classismo...

Ma l’avete visto Gianfranco Fini al mare con il pinocchietto? Ecco, ora qualcuno dirà che rompiamo le scatole al presidente della Camera perfino sul pinocchietto solo perché siamo i soliti servi di Berlusconi.
Excusatio non petita...
Dite pure, ma le foto di Fini pinocchiettato parlano da sole. Ma è possibile che la terza carica dello Stato vada in giro vestita in quel modo?
Certo, perchè a differenza tua che, solo per il fatto di scrivere su un quotidiano, ti senti sto cazzo, Fini, terza carica dello stato, è molto più umile di te.
Certo, Bossi in versione canottierata fa anche peggio (per non parlare della felpa con la scritta «Padania» e i pantaloncini corti a righe del ministro Calderoli), ma si sa che il popolo leghista è fuori classifica in quanto - diciamo così - antropologicamente naif.
Naif?
Cioè fini col pinocchietto è cafone e Bossi celodurismo è
naïf ??? (che poi si scriverebbe con la dieresi, immagino che sbagliare l'italiano (e il francese) non è cafone quanto indossare i pantaloni a pinocchietto...

Non che vada meglio con i vip dello star system: a cadere sul pinocchietto sono stati in tempi passati pezzi grossi come Robert De Niro, Jack Nicholson, Russell Crowe e Brad Pitt; mentre, in tempi più recenti, il virus della pinocchietteria ha infettato anche una variegata fauna di vip nostrani: da Flavio Briatore a Clemente Mastella, da Giorgio Armani ad Antonio Di Pietro. E via truzzando. Tutti orgogliosi di mostrare stinchi afflosciati e gambe tozze che più afflosciati e tozze non si può. Già, perché tra le diaboliche controindicazioni del pinocchietto c’è anche quella di un imbarazzante effetto-tafazi: vale a dire che se hai una gamba lunga e turgida, il pinocchietto te la trasforma istantaneamente in corta e molliccia.
In queste condizioni mettere ai piedi scarpe da ginnastica, ciabatte, infradito, zoccoli o sandali non cambia nulla. L’unica soluzione per evitare la vergogna è allungare il passo e sparire alla vista altrui. (fonte Il Giornale

Ed ecco il punto che mi ha allarmato.
Il giornalista non si limita a criticare un vestiario per lui non consono ma consiglia all'incauto indossatore di allungare il passo e sparire alla vista altrui.

Altrimenti cosa? Lo si insulta come ai gay che indossano  spillette comuniste o froce? Lo si picchia come a donne neri e gay sgraditi?

Ecco anche dove viene covata l'intolleranza, nel giudicare come vestono agli altri e chiedere loro di sottrarsi ala vista altrui perché danno fastidio. Sparire per evitare la vergogna(?!). Poco importa chi sei o cosa fai, se evadi le tasse, se picchi tua moglie, se critichi i gay  e poi ti fai scopare dalle trans. L'importante è che se indossi il pantalone a pinocchietto sparisci dalla vista altrui.
Bella scala di valori. (per giunta da pubblicare su un quotidiano...).

Evviva le mie t-shirt piene di macchie d'olio!
bello essere
quello che si è anche se si è
poco
pochissimo
niente


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