8 settembre 2009

Primo salone dell'editoria sociale Roma 2-4 ottobre 2009



Dal 2 al 4 ottobre 2009, nell’ambito della manifestazione “Ottobre Piovono Libri” un coordinamento di sei organizzazioni (Comunità di Capodarco, Redattore Sociale, Lunaria, Le Edizioni dell’Asino, Gli Asini e Lo Straniero) promuoverà a Roma un Salone dell’Editoria Sociale con spazi espositivi, incontri e letture sui temi sociali.
Dalle ore 10 alle ore 23 presso la struttura ex-GIL in Largo Ascianghi 5, a Roma (quartiere Trastevere)
Obiettivo dell’iniziativa, patrocinata da istituzioni nazionali e locali, è offrire ai lettori (con particolare attenzione alle scuole) la possibilità di conoscere i libri e le produzioni editoriali che affrontano i temi sociali con un’ottica narrativa, scientifica, specialistica, d’inchiesta giornalistica; dare ai rappresentanti delle organizzazioni di volontariato e di terzo settore l’occasione di entrare in contatto con case editrici che si occupano dei temi sociali per costruire specifiche collaborazioni (centri di documentazione, corsi formativi, eccetera), offrire la possibilità ai rappresentanti delle case editrici che si occupano di queste tematiche di sviluppare collaborazioni e iniziative comuni.

Perché un salone dell’editoria sociale

Sono ormai numerose le esperienze di case editrici che si dedicano esclusivamente alla produzione di libri, pubblicazioni e riviste che si occupano di temi sociali o che hanno nel loro catalogo numerosi titoli e collane che trattano temi sociali di vario genere: dalla disabilità al disagio, dall’immigrazione ai minori a rischio, dal terzo settore al lavoro sociale, dalle tossicodipendenze al carcere, fino a temi di carattere più ampio: l’economia solidale, il welfare, l’ambiente, il ruolo delle donne, per citarne alcuni. Migliaia di titoli vengono pubblicati su questi argomenti dalle case editrici e migliaia sono le riviste e le pubblicazioni, i libri auto-prodotti dalle organizzazioni di terzo settore e del volontariato, che in questo modo hanno avuto un ruolo fondamentale nella promozione culturale ed editoriale di temi centrali per la vita della comunità. Nello stesso tempo vi sono molte categorie svantaggiate – disabili, migranti, eccetera – che in questi anni si sono cimentati con la lettura e, spesso, anche con la scrittura: lettura e scrittura come godimento di un fondamentale diritto civile e umano – alla cultura, alla conoscenza, all’informazione – e come strumento di maturazione, di crescita e di emancipazione civile e sociale. I libri hanno avuto in questo campo un ruolo fondamentale sia nella crescita di una cultura sociale e civica di cittadinanza su temi di importanza centrale per il paese, sia come crescita culturale verso la promozione e lo sviluppo della lettura come strumento di informazione e formazione di un vasto pubblico. Ci sembra perciò opportuno far conoscere e valorizzare le esperienze di editoria sociale, mettendole a confronto e promuovendone il valore culturale, evitandone la ghettizzazione in un ambito specialistico a favore di una promozione più diffusa e generale.

Obiettivi

In questo contesto va rilevato che l’editoria sociale nel nostro paese non ha luoghi di incontro, forme di comunicazione e di contatto, di coordinamento. Oltre a non essere conosciuta adeguatamente dal largo pubblico, l’editoria sociale entra con difficoltà in rapporto con il variegato mondo del terzo settore e del volontariato, con il mondo delle istituzioni scolastiche e universitarie (ad eccezione delle produzioni ad hoc per i corsi, i master e i curricula accademici), con le stesse categorie a cui esso intende rivolgersi (il mondo della disabilità, degli immigrati, eccetera). In questo quadro il Salone dell’Editoria Sociale – come prima esperienza promossa a livello nazionale – intende offrire un ambito per promuovere i seguenti obiettivi:

- far conoscere le produzioni editoriali sui temi sociali a un vasto pubblico con particolare attenzione ai giovani e alle scuole, ai soggetti svantaggiati, al mondo degli operatori delle organizzazioni del volontariato e del terzo settore e agli operatori della pubblica amministrazione nei servizi sociali;

- favorire forme di conoscenza, contatto e collaborazione tra le case editrici presenti – e le altre che manifesteranno un interesse in questa direzione – al fine di sviluppare opportune forme di coordinamento e di scambio di esperienze;

- promuovere l’incontro tra le case editrici e le organizzazioni di volontariato e di terzo settore al fine di: a) sviluppare tra gli operatori sociali la lettura e l’uso delle produzioni editoriali mirate, come strumento di conoscenza e di informazione per l’intervento e il lavoro sociale quotidiano; b) favorire rapporti di collaborazione tra le case editrici e le organizzazioni di volontariato e di terzo settore per rafforzare la diffusione dei libri sui temi sociali e incrementare la nuova produzione libraria, grazie ad un costante flusso informativo e collaborativo tra mondo dell’editoria e mondo del “sociale”.

Un video sulla carica della polizia contro i protestatari al Lido di Venezia

Ne avevo già parlato, ma torno a parlarne volentieri.
Stavolta con un video postato su youtube con questa nota esplicativa

Le contestazioni dei precari dello spettacolo e della cultura e degli studenti dell'Onda il giorno della inaugurazione della 66 Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia il 2 settembre 2009.
il 2 settembre, mentre sul Red Carpet ha inizio la passerella, un centinaio di precari della cultura e di studenti dell'Onda sono stati violentemente e ripetutamente caricati dalla polizia nel momento in cui si avvicinavano all'Hotel Des Bains dove avevano intenzione di indire una conferenza stampa per portare la voce di una realtà lavorativa e di vita, altrimenti invisibile, in un luogo simbolo del lusso e dell'opulenza portata al Lido dalla Mostra d'Arte Cinematografica.
Contemporaneamente proprio vicino al Red Carpet altri lavoratori e lavoratrici dello spettacolo e studenti, che avevano con loro solamente cartelli, palloncini neri e riso dipinto di nero, (a simboleggiare il periodo nero per la cultura in Italia) venivano violentemente allontanati.
un video di MARGINE OPERATIVO



Alla protesta hanno partecipato: Global beach, Onda, Zeropuntotre per il Movem09

Ciao Mike!!!



Mike Bongiorno è morto oggi a Montecarlo. Aveva 85 anni.

L'uomo circuito dai mass media è in fondo, fra tutti i suoi simili, il più rispettato: non gli si chiede mai di diventare che ciò che egli è già. In altre parole gli vengono provocati desideri studiati sulla falsariga delle sue tendenze. Tuttavia, poiché uno dei compensi narcotici a cui ha diritto è l'evasione nel sogno, gli vengono presentati di solito degli ideali tra lui e i quali si possa stabilire una tensione. Per togliergli ogni responsabilità si provvede però a far sì che questi ideali siano di fatto irraggiungibili, in modo che la tensione si risolva in una proiezione e non in una serie di operazioni effettive volte a modificare lo stato delle cose. Insomma, gli si chiede di diventare un uomo con il frigo rifero e un televisore da 21 pollici, e cioè gli si chiede di rimanere com'è aggiungendo agli oggetti che possiede un frigorifero e un televisore; in compenso gli si propone come ideale Kirk Douglas o Superman. L'ideale del consumatore di mass media è un superuomo che egli non pretenderà mai di diventare, ma che si diletta a impersonare fantasticamente, come si indossa per alcuni minuti davanti a uno specchio un abito altrui, senza neppur pensare di possederlo un giorno.

La situazione nuova in cui si pone al riguardo la TV è questa: la TV non offre, come ideale in cui immedesimarsi, il superman ma l'everyman. La TV presenta come ideale l'uomo assolutamente medio. A teatro Juliette Greco appare sul palcoscenico e subito crea un mito e fonda un culto; Josephine Baker scatena rituali idolatrici e dà il nome a un'epoca. In TV appare a più riprese il volto magico di Juliette Greco, ma il mito non nasce neppure; l'idolo non è costei, ma l'annunciatrice, e tra le annunciatrici la più amata e famosa sarà proprio quella che rappresenta meglio i caratteri medi: bellezza modesta, sex-appeal limitato, gusto discutibile, una certa casalinga inespressività.

Ora, nel campo dei fenomeni quantitativi, la media rappresenta appunto un termine di mezzo, e per chi non vi si è ancora uniformato, essa rappresenta un traguardo. Se, secondo la nota boutade, la statistica è quella scienza per cui se giornalmente un uomo mangia due polli e un altro nessuno, quei due uomini hanno mangiato un pollo ciascuno — per l'uomo che non ha mangiato, la meta di un pollo al giorno è qualcosa di positivo cui aspirare. Invece, nel campo dei fenomeni qualitativi, il livellamento alla media corrisponde al livellamento a zero. Un uomo che possieda tutte le virtù morali e intellettuali in grado medio, si trova immediatamente a un livello minimale di evoluzione. La "medietà" aristotelica è equilibrio nell'esercizio delle proprie passioni, retto dalla virtù discernitrice della "prudenza". Mentre nutrire passioni in grado medio e aver una media prudenza significa essere un povero campione di umanità.

Il caso più vistoso di riduzione del superman all'every man lo abbiamo in Italia nella figura di Mike Bongiorno e nella storia della sua fortuna. Idolatrato da milioni di persone, quest'uomo deve il suo successo al fatto che in ogni atto e in ogni parola del personaggio cui dà vita davanti alle telecamere traspare una mediocrità assoluta unita (questa è l'unica virtù che egli possiede in grado eccedente) ad un fascino immediato e spontaneo spiegabile col fatto che in lui non si avverte nessuna costruzione o finzione scenica: sembra quasi che egli si venda per quello che è e che quello che è sia tale da non porre in stato di inferiorità nessuno spettatore, neppure il più sprovveduto. Lo spettatore vede glorificato e insignito ufficialmente di autorità nazionale il ritratto dei propri limiti.

Per capire questo straordinario potere di Mike Bongiorno occorrerà procedere a una analisi dei suoi comportamenti, ad una vera e propria "Fenomenologia di Mike Bongiorno", dove, si intende, con questo nome è indicato non l'uomo, ma il personaggio.

Mike Bongiorno non è particolarmente bello, atletico, coraggioso, intelligente. Rappresenta, biologicamente parlando, un grado modesto di adattamento all'ambiente. L'amore isterico tributatogli dalle teen-agers va attribuito in parte al complesso materno che egli è capace di risvegliare in una giovinetta, in parte alla prospettiva che egli lascia intravvedere di un amante ideale, sottomesso e fragile, dolce e cortese.

Mike Bongiorno non si vergogna di essere ignorante e non prova il bisogno di istruirsi. Entra a contatto con le più vertiginose zone dello scibile e ne esce vergine e intatto, confortando le altrui naturali tendenze all'apatia e alla pigrizia mentale. Pone gran cura nel non impressionare lo spettatore, non solo mostrandosi all'oscuro dei fatti, ma altresì decisamente intenzionato a non apprendere nulla.

In compenso Mike Bongiorno dimostra sincera e primitiva ammirazione per colui che sa. Di costui pone tuttavia in luce le qualità di applicazione manuale, la memoria, la metodologia ovvia ed elementare: si diventa colti leggendo molti libri e ritenendo quello che dicono. Non lo sfiora minimamente il sospetto di una funzione critica e creativa della cultura. Di essa ha un criterio meramente quantitativo. In tal senso (occorrendo, per essere colto, aver letto per molti anni molti libri) è naturale che l'uomo non predestinato rinunci a ogni tentativo.

Mike Bongiorno professa una stima e una fiducia illimitata verso l'esperto; un professore è un dotto; rappresenta la cultura autorizzata. È il tecnico del ramo. Gli si demanda la questione, per competenza.
L'ammirazione per la cultura tuttavia sopraggiunge quando, in base alla cultura, si viene a guadagnar denaro. Allora si scopre che la cultura serve a qualcosa. L'uomo mediocre rifiuta di imparare ma si propone di far studiare il figlio.

Mike Bongiorno ha una nozione piccolo borghese del denaro e del suo valore ("Pensi, ha guadagnato già centomila lire: è una bella sommetta!").
Mike Bongiorno anticipa quindi, sul concorrente, le impietose riflessioni che lo spettatore sarà portato a fare: "Chissà come sarà contento di tutti quei soldi, lei che è sempre vissuto con uno stipendio modesto! Ha mai avuto tanti soldi così tra le mani?".
Mike Bongiorno, come i bambini, conosce le persone per categorie e le appella con comica deferenza (il bambino dice: "Scusi, signora guardia...") usando tuttavia sempre la qualifica più volgare e corrente, spesso dispregiativa: "signor spazzino, signor contadino".
Mike Bongiorno accetta tutti i miti della società in cui vive: alla signora Balbiano d'Aramengo bacia la mano e dice che lo fa perché si tratta di una contessa (sic).
Oltre ai miti accetta della società le convenzioni. È paterno e condiscendente con gli umili, deferente con le persone socialmente qualificate.

Elargendo denaro, è istintivamente portato a pensare, senza esprimerlo chiaramente, più in termini di elemosina che di guadagno. Mostra di credere che, nella dialettica delle classi, l'unico mezzo di ascesa sia rappresentato dalla provvidenza (che può occasionalmente assumere il volto della Televisione).

Mike Bongiorno parla un basic italian. Il suo discorso realizza il massimo di semplicità. Abolisce i congiuntivi, le proposizioni subordinate, riesce quasi a tendere invisibile la dimensione sintassi. Evita i pronomi, ripetendo sempre per esteso il soggetto, impiega un numero stragrande di punti fermi. Non si avventura mai in incisi o parentesi, non usa espressioni ellittiche, non allude, utilizza solo metafore ormai assorbite dal lessico comune. Il suo linguaggio è rigorosamente referenziale e farebbe la gioia di un neo-posi­tivista. Non è necessario fare alcuno sforzo per capirlo. Qualsiasi spettatore avverte che, all'occasione, egli potrebbe essere più facondo di lui.

Non accetta l'idea che a una domanda possa esserci più di una risposta. Guarda con sospetto alle varianti. Nabucco e Nabuccodonosor non sono la stessa cosa; egli reagisce di fronte ai dati come un cervello elettronico, perché è fermamente convinto che A è uguale ad A e che tertium non datur. Aristotelico per difetto, la sua pedagogia è di con seguenza conservatrice, paternalistica, immobilistica.

Mike Bongiorno è privo di senso dell'umorismo. Ride perché è contento della realtà, non perché sia capace di deformare la realtà. Gli sfugge la natura del paradosso; come gli viene proposto, lo ripete con aria divertita e scuote il capo, sottintendendo che l'interlocutore sia simpaticamente anormale; rifiuta di sospettare che dietro il paradosso si nasconda una verità, comunque non lo considera come veicolo autorizzato di opinione.

Evita la polemica, anche su argomenti leciti. Non manca di informarsi sulle stranezze dello scibile (una nuova corrente di pittura, una disciplina astrusa... "Mi dica un po', si fa tanto parlare oggi di questo futurismo. Ma cos'è di preciso questo futurismo?"). Ricevuta la spiegazione non tenta di approfondire la questione, ma lascia avvertire anzi il suo educato dissenso di benpensante. Rispetta comunque l'opinione dell'altro, non per proposito ideologico, ma per disinteresse.

Di tutte le domande possibili su di un argomento sceglie quella che verrebbe per prima in mente a chiunque e che una metà degli spettatori scarterebbe subito perché troppo banale: "Cosa vuol rappresentare quel quadro?" "Come mai si è scelto un hobby così diverso dal suo lavoro?" "Com'è che viene in mente di occuparsi di filosofia?".

Porta i clichés alle estreme conseguenze. Una ragazza educata dalle suore è virtuosa, una ragazza con le calze colorate e la coda di cavallo è "bruciata". Chiede alla prima se lei, che è una ragazza così per bene, desidererebbe diventare come l'altra; fattogli notare che la contrapposizione è offensiva, consola la seconda ragazza mettendo in risalto la sua superiorità fisica e umiliando l'educanda. In questo vertiginoso gioco di gaffes non tenta neppure di usare perifrasi: la perifrasi è già una agudeza, e le agudezas appartengono a un ciclo vichiano cui Bongiorno è estraneo. Per lui, lo si è detto, ogni cosa ha un nome e uno solo, l'artificio retorico è una sofisticazione. In fondo la gaffe nasce sempre da un atto di sincerità non mascherata; quando la sincerità è voluta non si ha gaffe ma sfida e provocazione; la gaffe (in cui Bongiorno eccelle, a detta dei cri­tici e del pubblico) nasce proprio quando si è sinceri per sbaglio e per sconsideratezza. Quanto più è mediocre, l'uomo mediocre è maldestro. Mike Bongiorno lo conforta portando la gaffe a dignità di figura retorica, nell'ambito di una etichetta omologata dall'ente trasmittente e dalla nazione in ascolto.

Mike Bongiorno gioisce sinceramente col vincitore perché onora il successo. Cortesemente disinteressato al perdente, si commuove se questi versa in gravi condizioni e si fa promotore di una gara di beneficenza, finita la quale si manifesta pago e ne convince il pubblico; indi trasvola ad altre cure confortafo sull'esistenza del migliore dei mondi possibili. Egli ignora la dimensione tragica della vita.

Mike Bongiorno convince dunque il pubblico, con un esempio vivente e trionfante, del valore della mediocrità. Non provoca complessi di inferiorità pur offrendosi come idolo, e il pubblico lo ripaga, grato, amandolo. Egli rappresenta un ideale che nessuno deve sforzarsi di raggiungere perché chiunque si trova già al suo livello. Nessuna religione è mai stata così indulgente coi suoi fedeli. In lui si annulla la tensione tra essere e dover essere. Egli dice ai suoi adoratori: voi siete Dio, restate immoti.

Umberto Eco, 1961
oggi in Diario Minimo Bompiani, 1963 e successive edizioni)

Ritorno alla politica


Ieri sera ho partecipato alla prima riunione aperta a tutti del gruppo autoconvocato We have a dream.
Un gruppo composto da una compagine compatta negli orientamenti sessuali, moltissimi gay, poche lesbiche, una trans e un intersessuale, molto variegata nella provenienza politica, dal Pd a Sinistra critica, dalle associazioni di categoria ai collettivi universitari, ai singoli indipendenti come il sottoscritto, ma determinata nel partecipare a un movimento autoconvocato, spontaneo, dal basso, senza bandiera alcuna, oltre la rainbow...

Come anticipato in un commento a un post precedente (in risposta a Marco, anche lui ala riunione) io son andato per proporre al neonato movimento di estendere l'intervento politico ad alcuni issue fondamentali nell'attuale quadro politico: violenza alle donne, tagli al FUS, precariato alla scuola...

Le risposte alla mia proposta divergevano di molto dal punto di vista ideologico.

C'era chi (appartenente al direttivo di una delle associazioni di categoria) faceva emergere la miope e perdente strategia politica ("sai, fuori di qui mi occupo di tante cose, mi sono iscritto anche al wwf, ma quando faccio politica la faccio sule questioni gay).
Miope e anche paternalistica, perché adduceva l'ecologismo come contributo importante ma marginale alla causa gay facendo finta di dimenticare (o nascondendo apposta) come hanno fatto sempre le associazioni, che spesso la causa gay è facilmente estendibile anche ad altre categorie, come nel caso dei Dico o dei diritti civili che non riguardano solo le persone omosessuali ma anche quelle etero (osservazione alla quale in passato mi si è sempre risposto a noi non interessano gli etero loro se vogliono possono sposarsi noi no... risposta che, in sostanza, per la sua miopia politica, mi ha sempre tenuto lontano).

Altri erano d'accodo con me ma a vedevano le cose dal lato opposto cioè, più o meno non andare "noi" da "loro", ma invitare gli altri a sostenere la nostra causa (c'era chi lamentava una scarsa affluenza di etero alla fiaccolata di venerdì 4). E' ovvio che lo scambio deve essere da entrambi i sensi. In realtà dicevamo la stessa cosa solo che lui preferirva perorare la nostra causa presso altri io preferivo perorare chez nous cause altre (non proprio la stessa cosa ma almeno due cose complementari...).

Le donne (poche) erano più d'accordo con la mia proposta anche se mi facevano giustamente notare che prima bisogna consolidare il movimento e poi quando avrà una sua fisionomia precisa far contare la nostra presenza anche in altri ambiti di protesta. E su questo si era tutti d'accordo. Quindi proposta accettata o meglio rimandata a consolidamento avvenuto...

Nessuno aveva posizioni dogmatiche e l'aria che si respirava era di un confronto diretto, onesto e mediatore tra persone che hanno voglia di fare politica nonostante le differenze ideologiche.
Un punto è stato ribadito con fermezza che il movimento nato da singoli cittadini e non da associazioni (coinvolte in una guerra feroce e sororocida dissennata, che caratterizza noi italiani sin dai tempi di Dante) o partiti, e vuole distinguersi per la sua autonomia da ogni bandiera esistente, per costituirsi come gruppo dal basso che possa diventare un interlocutore delle varie associazioni.
Se le associazioni rappresentavano la comunità, questa delega è stata loro tolta, ora la comunità parla da sé, autonomamente, in un movimento senza gerarchia (non ci sono direttivi né presidenti) (il che non esclude una suddivisione dei compiti meramente operativa) che è capace di muoversi ed essere presente sul territorio in vari modi. Questo nel riconoscimento dell'importanza del lavoro svolto dalle associazioni (soprattutto in ambito di servizi offerti) che però d'ora in poi parleranno a nome dei loro iscritti e non di tutta la comunità.

Come per la riunione di ieri (aperta davvero a tutti anche a chi vuole solo ascoltare) la prossima riunione (salvo rettifiche) si svolgerà lunedì 14, dalle 20 alle 22 (anche se ieri abbiamo concluso in realtà alle 23 e 20) presso la sede romana dell'Arcigay in Via Nicola Zabaglia 14.


Anche alla fiaccolata stanziale di venerdì 11 ognuno avrà diritto di parola, senza alcuna censura (confidando nella intelligenza di chi interverrà).


Insomma un buon inizio che spero porterà frutti maturi da cogliere e assaporare con gusto. Tutti insieme.
bello essere
quello che si è anche se si è
poco
pochissimo
niente


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