26 dicembre 2011

Sulla morte di Giorgio Bocca e su Pasolini. Quando capisci che l'omofobia la si estirpa solo con la morte degli omofobi.

Non seguivo più Bocca da decenni. Da quando ero assiduo lettore dell'Espresso (dopo che Panorama era radicalmente cambiato alla fine degli anni 80) e la sua rubrica su quel settimanale mi dava noia. Giornalismo d'assalto, con dichiarazioni trachant e autoreferenziali, senza mai una prova, un esercizio di lettura critica che non fosse basato sulla frase definitiva, universale, quindi sul pregiudizio, sul cliché, sul luogo comune.
Anche ora che è morto ritrovo lo stesso scrittore di allora, esacerbato dall'età (non oso pensare cosa potrò mai diventare io a 90 se mai ci arriverò!).

Grazie al blog di Pasquale Videtta scopro il pensiero recente di Bocca. Non mi sento toccato tanto dalla sua avversione per il meridione e i meridionali io che sono di origini siciliane...

la gente del Sud è orrenda (…)C’era questo contrasto incredibile fra alcune cose meravigliose e un’umanità spesso repellente. (...) a Palermo, c’era una puzza di marcio, con gente mostruosa che usciva dalle catapecchie. Vai a Napoli ed è un cimiciaio, ancora adesso. (...) Sono zone urbane marce, inguaribili

Anzi mi tocca perchè Bocca è stato partigiano e di storia d'Italia sembra comunque a digiuno. Chiunque voglia saperne di più consiglio il sempre ottimo Bronte cronaca di un massacro che i libri di storia non hanno raccontato (Italia/Jugoslavia, 1972) di Florestano Vancini.
Mi tocca però di più il modo con cui Bocca liquida Pasolini

Avevo paura di Pasolini, della sua violenza. Pasolini è morto perché, la rigirino pure come vogliono, era di una violenza spaventosa nei confronti di questi suoi amici puttaneschi. Poi mi dava noia questo: ho un po’ di omofobia, che poi è una cosa militare, come i bei fioeu va a fer il solda’ e i macachi resta a ca’, i macachi restano a casa. Il mio concetto piemontese è che gli uomini veri vanno a fare il soldato. Quindi anche questa faccenda dei suoi rapporti con questi poveretti che manipolava…

Sempre sulla rete sul sito del Corriere leggo la lettera accorata di un signore che scrive a Paolo di Stefano dicendogli

Caro Paolo,
ho letto su Dagospia un'intervista a Giorgio Bocca (da Libero) nella quale il giornalista parla della morte di Pier Paolo Pasolini come di una conseguenza per la "violenza" che l'intellettuale usava nei suoi incontri occasionali. Se fosse vero forse si è "sceneggiata" una morte nel corso degli ultimi 36 anni! (...)

Al che Paolo di Stefano gli risponde, lapidario

Su Pasolini, Bocca vuol dire che la morte se l'è voluta.

Ancora a distanza di quasi 40 anni c'è chi pensa che Pasolini quella morte se la sia cercata, perchè frocio.
Così la pensava Bocca e così la pensa Paolo Di Stefano, senza sentirsi in dovere di aggiungere una riga per prendere le distanze da questo pensiero. Perchè per certe generazioni (Di Stefano è del 56) lo stigma omofobico è scritto nella propria cultura e non lo si può eliminare. Bisogna solo attendere la loro morte, naturale, si capisce!

Per questo però, finché vivrò (anche io presto o tardi leverò il disturbo) dovrò denunciare ogni caso di omofobia nel pensiero, nel comportamento di tutte le persone che mi circondano o di tutte quelle di cui mi capita di leggere il pensiero (sic!).
Perchè ogni volta che qualcuno dice che Pier Paolo quella morte orrenda (mentre la macchina gli passava sopra due volte, il trauma gli faceva esplodere il cuore) se l'è cercata quel qualcuno ammazza Pasolini una volta ancora, legittimando con quella morte ogni forma di discriminazione che ancora oggi a distanza di tanti anni froci e lesbiche soffrono sulla propria pelle.
In barba a tutte quelle persone, etero e non, che criticano chi, come me, fa del proprio orientamento sessuale una battaglia di ostentazione.

Come rispose il capitano Janaway alla borg Sette di Nove che commentava la futilità della resistenza umana alla inevitabile assimilazione dovrete ucciderci tutti.
bello essere
quello che si è anche se si è
poco
pochissimo
niente


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