2 settembre 2008

Navigando nella rete: gli Scarlet Balanga





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www.myspace.com/scarletbalanga

I vecchi ragazzi di oggi

Lo spot in questione gira almeno dalla fine di giugno, ma a me è capitato di vederlo solo due giorni fa. Ieri gli ho dedicato un post e mentre mi documentavo ho visto alcune delle risposte e dei commenti sui vari siti internet.

Poi la mia amica Tamara (leggete il suo blog Pangrattato, non lo lascerete più) mi ha postato un commento che mi ha fatto molto riflettere. Pensavo di risponderLe lì invece credo che il suo commento sollevi un problema che merita l'enfasi di un post.

Ecco il commento di Tam

Caro Ale,
Ho visto prima lo spot e poi i commenti sul link. Il primo mi è sembrato spiritoso, girato sullo stile delle esibizioni karaoke negli uffici ed in luoghi non stabiliti che impazzano su YouTube.I Tre ragazzi assomigliano a dei ragazzi autentici, nè cesaroni nè horror. Quello che reputo interessante però sono i commenti dei loro coetanei: partono tutti alla lontana (non mi piace la canzone di Avril Lavigne, oddio che capelli ha quello biondo,non si vede la ragazza ecc.) e quando si riscaldano arrivano alla fine al punto: SONO FROCI! PERCHE'FANNO COSI'? Allo stesso modo però non associano Bill Kaulitz dei Tokio Hotel ad alcunchè di ambiguo.Ecco a cosa ci siamo ridotti; ad aver paura di tre ragazzi che ballano con lo zaino sulle spalle.


Purtroppo la situazione è molto peggiore di quanto tu non creda Tam.
Intanto, se vai su youtube anche i Tokio Hotel hanno gli stessi commenti dello spot della Seven.
Il problema però, per me, non è nemmeno quello dell'omofobia.
In nessuno dei due casi infatti abbiamo a che fare con l'omosessualità.

Nel caso dei Tokio Hotel si tratta del Glam Metal.

Nel caso dello spot della Seven è stato travisato lo spirito dello spot.
Sono due ragazzi molto giovani (adolescenti ma prima della definizione di un orientamento sessuale) che ballano e vanno in lips sync su una canzone di Avril Lavrigne. Fanno il verso alle starlette, si mettono in gioco, non hanno paura di confrontarsi con uno stereotipo, possono giocarci, proprio perché lo stereotipo è talmente evidente che nessuno potrebbe prenderli sul serio.

Quelli che una volta (quando io andavo a scuola, quindi quasi 30 anni fa) erano considerati segni ambigui, comportamenti disdicevoli, quali il contatto fisico tra ragazzi, il tenersi per mano, il bacio tra amici dello stesso sesso) oggi sono sdoganati, non tanto perché vengono usati sfrontatamente o provocatoriamente, cioè li si usa non nonostante il loro contenuto ambiguo, ma nessuno pensa più a quel contenuto. Ho visto miei studenti, ragazzi, abbracciarsi, tenersi per mano, cercare un contatto fisico come espressione di una virile amicizia. Uso l'aggettivo virile perché a nessuno viene in mente di leggere quei gesti in chiave gay.
Per fortuna!

O meglio, a molti di loro, ma non a quei ragazzi che sono già vecchi, che portano ancora gli occhiali culturali delle loro madri e dei lori padri.

Già in passato ho avuto modo di parlare di questo.
Non è l'omofobia in gioco è il maschilismo.
E' il maschilismo che fa leggere come omosessuale l'atteggiamento di Bill Kaulitz; è il maschilismo a far travisare il senso dello spot e a leggere in chiave gay l'atteggiamento dei due ragazzi dello spot della Seven.

I ragazzi che travisano il reale lo fanno a causa di una serie di stereotipi che sono propalati dalla stampa, dalla televisione, e anche da molti adulti (ricordo una professoressa del Malpighi spiegare l'omosessualità come una disfunzione ormonale sic) che sono talmente indietro nei comportamenti sociali che sono fermi ancora ai cliché de Il vizietto che ha ormai 30 anni (il primo film è del 1978).

Per cui quello che non mi dà pace nei commenti dei ragazzi (e delle ragazze) sulla rete non è la presunta omofobia, ma il maschilismo dilagante che precede la omofobia.
La mancanza di senso critico, la povertà dei cliché impiegati, la totale ignoranza di cosa sia l'ironia e, peggio, l'autoironia. La mancanza di quella leggerezza che si ha (si aveva?) da giovani, e quella pesantezza da adulti, da vecchi, conformisti, perbenisti, irregimentati già a 14 anni dai peggiori e triti luoghi comuni.

Certamente non tutti i ragazzi e le ragazze sono così e su internet c'è sempre qualcuno che critica questi commenti.

Ma pensare che quei ragazzi saranno gli adulti di domani mi fa temere per il futuro....

I voti e la privacy

Leggo sul manifesto di Domenica:

La privacy dello studente
Ho domandato a un gruppo di studenti tedeschi, svizzeri, cileni, statunitensi che cosa pensavano dei tabelloni con nomi, cognomi, voti e esito esposti a fine anno negli atri o addirittura all'esterno delle scuole. Mi hanno detto di ritenere inconcepibile come nell'Europa del terzo millennio non si trovi nulla da ridire contro questa gogna medievale (non si contano i suicidi di giovani al riguardo) che, con la più elementare violazione della privacy, fa strazio della dignità umana. Negli Usa, ad esempio, le segreterie inviano a ogni studente i risultati del suo lavoro.
Prof. Ugo Piacentini, Savona


Ora qui si sta parlando dei voti di fine anno scolastico, che sono atti pubblici e devono essere esposti.
I risultati scolastici di fine anno (così come qualunque altra votazione durante l'anno) non sono dati sensibili (=i dati personali idonei a rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l'adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale Fonte Glossario sulla privacy - Università degli studi di Teramo).

Tra l'altro non capisco a cosa si riferisce il (sedicente) professore.
Di adolescenti che si sono tolti la vita perché andavano male a scuola sfido lui a dimostrare che il gesto è stato istigato dall'affissione pubblica dei risultati scolastici.

Io andavo male al liceo. Sono stato bocciato in primo a giugno e in quarto a settembre (quattro materie...). Mi ricordo la vergogna di non sapere nulla su alcune materie (perché non le studiavo...) l'umiliazione di credere che "water" in inglese significasse "gabinetto". Andare a scuola era un continuo tormento, ma era la quotidianità delle interrogazioni a farmi stare male non certo l'affissione a fine anno dei voti.

Anzi è una forma di responsabilizzazione. Tu non studi e vieni bocciato? E' giusto che si sappia.
In un paese cattolico (e quindi ipocrita) come l'Italia si vorrebbe nascondere il peccatore e il peccato. La scuola è un diritto ma studiare e impegnarsi è un dovere. Comune, pubblico, paritario. Che male c'è a pubblicare i voti di tutti?

"L'esposizione alla gogna" non mi ha impedito, poi, di intraprendere una brillante carriera universitaria, o di prendere, nonostante la mia carriera scolastica, 56 60 all'esame di maturità.

Se tornassi indietro studierei almeno due delle materie che non ho studiato al Liceo (Matematica e Latino), questo vorrei che la scuola, le istituzioni e agli adulti facessero capire ai ragazzi. Ma fra tutti i problemi che la Scuola italiana ha quello di mantenere segreti i risultati scolastici di fine hanno sia un falso problema.

(lettera spedita al manifesto)




(vignetta tratta dal sito mentecritica)
bello essere
quello che si è anche se si è
poco
pochissimo
niente


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