10 dicembre 2007

Se la violenza sulle donne viene dalla legge

Giovedì scorso in prima pagina di Repubblica è stato pubblicato un articolo di Stefano Rodotà che credo,dia una risposta definitiva alle scaramucce dei giorni scorsi che hanno coinvolto il sottoscritto e due lettori (ah, perché, ci sono?!?) del mio blog.

Non c'è una virgola sulla quale non sia d'accordo, ma la gravità di quanto Rodotà denuncia sull'articolo non mi permettono di gioire per una pagina di buon giornalismo ma indignarmi per quanto ci sia ancora da fare in Italia sull'argomento...

Riporto l'articolo nella sua interezza che sono riuscito a trovare non dal sito di repubblica ma sul blog Il Ghibellino blog interessante ma un po' monomaniaco...



Se la violenza sulle donne viene dalla legge

di Stefano Rodotà
Repubblica 6.12.07

VI SONO forme di violenza insistita e continua che si impadroniscono della vita delle persone, ma sono pure rivelatrici dell´ipocrisia e dell´inadeguatezza delle istituzioni pubbliche. I fatti ce lo ricordano quasi ogni giorno, e quelli più recenti sono particolarmente inquietanti e rivelatori. Mi riferisco ai nuovi dati sulla fuga all´estero delle coppie che cercano di liberarsi dalle maglie proibizioniste della legge sulla procreazione assistita; all´inadeguatezza drammatica delle terapie contro il dolore; alle ruspe che abbattono ciecamente povere baracche in desolate periferie urbane. Sono tutte manifestazioni di una violenza pubblica che genera tensioni, conflitti, sfiducia, e dalla quale non è possibile distogliere lo sguardo o, peggio, allontanarsi progressivamente con una sorta di rassegnata accettazione.
Negli stessi giorni in cui le donne tornavano in piazza non per "manifestare", ma per cercar di ricostruire una consapevolezza comune di quanta sia la violenza che si esercita sul corpo femminile, si è avuta la conferma di una serie di effetti negativi della legge 40, riferiti questa volta al calo delle nascite, all´aumento delle gravidanze plurime, ai nuovi itinerari del "turismo procreativo". Tutte vicende che rientrano proprio in quella categoria della violenza che il 24 novembre si è voluto ricordare, figlia dell´espropriazione del potere femminile di autodeterminarsi, della rinnovata considerazione del corpo della donna come "luogo pubblico" sul quale i legislatori possono impunemente intervenire. E, come sempre accade in questi casi, emergono contraddizioni, ipocrisie.
Dagli stessi luoghi politici ed istituzionali nei quali si esprimeva preoccupazione per la caduta della natalità sono venute regole che hanno avuto come effetto la riduzione dei tentativi di gravidanza con esito positivo (dal 24.8% al 21.2%) ed una diminuzione delle nascite stimata nel 3.6% dal giorno dell´entrata in vigore della legge 40, che dunque sarebbe bene cominciare a definire come quella della "non procreazione" assistita.
I convinti avversari dell´aborto hanno innescato un meccanismo pericoloso che, a causa soprattutto dell´obbligo di impiantare tutti gli embrioni prodotti, ha fatto crescere le gravidanze trigemine (2.7% contro una media dell´1.1% nel restante mondo occidentale) e quindi le interruzioni parziali di gravidanza, aumentate del 100%. Quelli che hanno tuonato contro un enfatizzato far west procreativo sono i responsabili del vero far west nel quale sono state spinte nel solo 2007 già seimila coppie, obbligate ad aggirarsi per l´Europa alla ricerca di cliniche "low cost" per aver accesso a quelle tecniche di procreazione assistita proibite in Italia.
Anche questa è violenza domestica, quella contro la quale sono scese in piazza le donne. Ma questa volta, tra le mura domestiche, l´aggressione non viene dagli uomini lì presenti. Arriva da un legislatore che incarna la logica del potere maschile, quella stessa che in alcuni stati americani aveva fatto nascere i "guardiani della mezzanotte", che entravano nelle case delle donne sole beneficiarie di un sussidio pubblico e, se le trovavano a letto con un uomo, cancellavano il sussidio, considerandole automaticamente "mantenute" da quell´uomo, e non esseri liberi che esercitavano la loro libertà sessuale. Dall´agenda politica questi temi sono stati espulsi. Troppo scottanti per una maggioranza divisa, che sta sacrificando la realtà al realismo politico ed alla presa delle ideologie? Poco redditizi sul piano del consenso, perché le persone interessate sono poche migliaia? Le persone in carne ed ossa, dunque, sono cancellate quando non sono parte di grandi numeri?
Le speranze residue di questo tempo difficile sono affidate alle nuove direttive che, per la procreazione assistita, dovranno venire dal ministero della Salute. Ci si deve attendere che scompaiano almeno le forzature imposte alle linee direttive precedenti, prima tra tutte quella riguardante il divieto della diagnosi preimpianto, la cui illegittimità è stata dimostrata in modo chiarissimo da una bella ordinanza del tribunale di Cagliari. Questa decisione, e quelle altrettanto eloquenti del tribunale di Roma sul legittimo comportamento dell´anestesista nel caso Welby e della Cassazione sul diritto all´interruzione dei trattamenti per le persone in stato vegetativo permanente, indicano la strada dei principi costituzionali come l´unica legittima quando si vuol fare riferimento ai valori che devono ispirare l´azione di Parlamento e Governo. Un grande interrogativo è davanti a noi. La nuova stagione costituzionale consisterà soltanto nella "manutenzione" dei meccanismi istituzionali o, come dovrebbe, rimetterà al centro dell´attenzione la dimensione delle libertà e dei diritti, offuscata in questi anni?
Se questo non avverrà, violenze e ipocrisie continueranno a tenere il campo. Con toni perentori, a chi parla di dignità del morire si oppone la necessità di considerare piuttosto le cure palliative, le terapie antidolore. Ora, a parte il fatto che le due cose non sono affatto incompatibili, guardiamo di nuovo ad una realtà che ci parla di un´Italia ultima nell´Unione europea proprio nelle terapie antidolore, come risulta da un rapporto dell´Organizzazione mondiale della sanità. I calcoli fatti portano a concludere che ogni anno muoiono novantamila malati di cancro senza terapie del dolore, e questa cifra sale assai se si considera che il numero dei sofferenti di patologie diverse dal cancro oscilla tra il 15% e il 20% della popolazione. "La tragica condizione in cui versa la terapia del dolore in Italia è paragonabile alla tortura per omissione" – è stato il commento. La dignità della persona, tanto citata nella chiacchiera pubblica, è negata nei fatti dall´inadeguatezza delle strutture, dalla resistenza dei pregiudizi contro l´uso degli oppiacei, dal persistere di argomentazioni che guardano al dolore quasi che fosse un valore che dà un senso più profondo all´esistenza. Dolore privato e indifferenza pubblica? In quale agenda politica riusciremo a cogliere la consapevolezza dell´immoralità di questa violenza continua, anch´essa domestica, che colpisce alla radice l´umanità stessa di ciascuno e di tutti?
Se seguiamo il filo dei numeri, dei drammi dell´esistere, della violenza sociale, incontriamo le persone, milioni ormai, che vivono la condizione della marginalità, dell´"altro" che accettiamo come produttore di servizi e allontaniamo come essere umano, che confiniamo lontano da noi, in condizioni di vita intollerabili che scopriamo quando producono violenza e per le quali l´unica attenzione istituzionale diventa allora quella dell´ordine pubblico. Delle ruspe che spianano i rifugi dove si sopravvive, dove torna un bambino e scopre che con la sua misera abitazione sono scomparsi anche i suoi libri di scuola. Il caso singolo viene magari risolto felicemente, e il libro "Cuore" torna tra noi. Ma rimane una condizione umana, così ben raccontata da Citto Maselli nell´ultimo suo film, che fin dal titolo, Civico 0, ci parla appunto dell´azzeramento della cittadinanza in un mondo dove, al di là delle singole storie, l´umanità è negata in radice, messa ai margini di strade incessantemente percorse dal fragore del traffico, ridotta a scoria e rifiuto, quasi indistinguibile dai cassonetti nei quali fruga.
Da qui, da questi diversi aspetti della condizione umana, dovrebbe pure muovere una politica che si vuole umana, che aspira a produrre una "agenda" riconoscibile dalle persone, che cerca e trova protagonisti diversi dalle maschere fisse che compaiono nei salotti televisivi. Non è retorica, populismo, buonismo. E´ semplicemente la vita. Se la politica la perde, perde se stessa.



Ritorniamo pure sulla questione credo che parlarne non può che farci bene chiarirci le idee.

A volte (per fortuna!) ritornano...

Come già avrete saputo Gillian Gibbons, la maestra condannata in Sudan a 15 giorni di carcere è tornata (il 3 u.s.) in Patria. Un'innocente di meno in carcere.
Nel leggere i vari dispacci di agenzia mi sono imbattuto su quello telegrafico di ADN Kronos.

Londra, 4 dic. - (Adnkronos) - Gillian Gibbons, la maestra britannica condannata e poi graziata in Sudan per blasfemia, e' tornata questa mattina in patria. "Voglio solo rilassarmi, non diro' altro. Sono troppo stanca", ha detto la donna ai giornalisti al suo arrivo a Londra, con un volo via Dubai. Al suo arrivo l'ha accolta il figlio, accompagnato dalla fidanzata.


A che serve l'ultima frase? Solo a ribadire che la donna non è un ramo secco (e infatti p grassottella come il sottoscritto...) e che il figlio non è gay!!!!!


Il sito di Repubblica, che pure normalmente indulge al gossip molto più che il serio Adn Kronos ecco come ha riportato la notizia:

È libera Gillian Gibbons, la maestra britannica, condannata a 15 giorni di carcere in Sudan per aver insultato l’Islam consentendo ai suoi alunni di chiamare Maometto il loro orso di peluche. La Gibbons, che è stata graziata dalle autorità sudanesi, è stata consegnata all’ambasciata britannica a Khartum.


Ecco, invece del figlio e della cognata che hanno ricevuto la donna al rientro in Patria (echisenefreg...) la altrettanto scarna notizia ci informa che la donna è stata consegnata all'ambasciata inglese di Khartum.

Comunque sia sono contento che la maestra sia libera. Almeno lei...

mala tempora, mala sanità

Dovevo fare la conta spermatica (un esame che serve a vedere il numero di spermatozoi) per sapere se sono fertile oppure no. Non so per quale motivo al mio medico venne l’idea di far fare la conta spermatica a un post adolescente di 22 anni. Va bene che avevo l’età fisiologica e anagrafica per mettere su famiglia, ma all’epoca ero ancora uno di quei bamboccioni che vivevano a casa con mamma’, non avevo la ragazza, né tantomeno aspirazioni paterne… I posteri hanno poi provato la mia dedizione assoluta al celibato e la mia propensione a sottrarmi alla paternità, insomma, sono un ramo secco…

E fateme di’ che qualcosa de secco ce l’ho pure io, no?!

Chissà forse il mio dottore stava sperimentando risposte possibili al mio nascente ipocondrismo (“lei è sterile!!!”).

Insomma, sto lì, davanti a questo dottore anzianotto, infastidito dal fatto che sia un semipischello e non un uomo adulto a fare quell’esame, che si mette a spiegarmi, più irritato che imbarazzato, che quell’esame “prevede la masturbazione!” (forse l’imbarazzo proviene dal timore di stare parlando di dolci a casa di un pasticcere, visto che i giovani e i giovanissimi si ammazzano di pippe).

Io lo guardo e vorrei dirgli “Ma va’?” ma sono a mia volta troppo imbarazzato di stare a parlare di pippe con un altro uomo (vecchio e medico per giunta!) per riuscire a vedere il lato buffo della cosa.

Il medico mi dà un contenitore e mi dice “vada in bagno” - riuscissi ad essere sarcastico vorrei risponderli “E dove altrimenti, nel pippatorium ?!?!?!”- e poi torni da me”.

E lì mi capita di partecipare a uno degli sfaceli degli ospedali italiani, romani, insomma, siamo al policlinico Umberto I di Roma, un ospedale (?!) che Paesanini vorrebbe trasformare in parcheggio per Tir con una gettata di cemento vivo (e tutti i medici ancora dentro però…).

Davanti la porta del bagno trovo una giovane donna, faccia sofferente e imbarazzata. Non capisco perché stia lì, ma, essendo il bagno solo per uomini, la scavalco e mi dirigo verso la porta. Qualcosa mi dice di non insistere troppo nel cercare di aprirla e infatti, prima che la donna, imbarazzatissima, possa dirmi guardilìdentroc’èmiomaritochesispippettanonperpiacersuo, così, tutto di un fiato, sento una voce dall’interno, funerea e per niente eccitata, che mi dice “occupato”!

Aspetto imbarazzatissimo. Dopo pochi secondi lui esce con una faccia che nemmeno dal dentista che senza anestesia ti viene, e le dice, guardandomi intanto quasi con odio, “non ci riesco!”

Sono una coppia giovane, sulla trentina, sono carini, sono lì perché non riescono a fare figli, lui deve fare la conta spermatica e non riesce a …concludere. “Vieni facciamoci un giro”, dice lei saggiamente, “torniamo dopo”.

Bene, bravi, mi lasciano il campo libero.

Entro finalmente nel bagno (fetido) e scopro che:

1) Manca l’illuminazione, l’interruttore non d segni di vita, e siccome la finestra del bagno è misteriosamente oscurata, nel bagno c’è buio pesto.

2) LA PORTA NON SI CHIUDE! Normalmente rischi che ti scoprano a far pipì (anche perché la porta dà subito sul bagno, non c’è nessun vestibolo con lavandino, dietro troneggia subito la tazza del cesso) figuriamoci per chi, come me, sta lì per …insomma, avete capito no?

Resto imbambolato qualche secondo, penso quasi di rinunciare, ma poi mi appoggio alla porta con la schiena (come, immagino, stava facendo il tipo che, prima, ho mio malgrado disturbato…) pronto a respingere ogni tentativo di apertura (per fortuna la porta si apre verso l’interno…), faccio quello che devo fare cercando di centrare il contenitore sterile (sono al buio ricordate?), ci metto non so quanto (ora capisco la disperazione del tipo che era lì prima di me…, ma io sono fortunato, nessuno cerca di entrare nel bagno mentre sto li a spip…), ritorno dal dottore, gli consegno il campione da analizzare, e me ne vado, rendendomi conto solo in quel momento che io e quell’uomo (il tipo che era dentro il bagno fetido prima di me) siamo stati umiliati da un sistema insensibile e idiota. Poco importa per me che figli non volevo farne allora figuriamoci oggi (al limite ne adotterei uno…) ma quel povero padre di famiglia (ehm) umiliato perché costretto a spip… senza il minimo confort, come fosse un cittadino di serie b (“peggio per te se sei sterile!”) proprio non mi va giù.

Perché il dottore non aveva lasciato il suo studio a disposizione (tanto quando sono rientrato per consegnarli il contenitore sterile stava leggendo non stava mica visitando altri pazienti…) ? A maggior ragione visto che la porta del bagno non si chiudeva?...

Esco da quell’esperienza così umiliato che non sono mai tornato a ritirare i risultati (“fra quindici giorni” mi aveva detto il medico scorbutico). Sono rimasti lì, a ingiallire in qualche archivio. Per cui ancora oggi non so se sono fertile oppure no.

Come dite?

Chi se ne frega?

Moi non plus!!!!

bello essere
quello che si è anche se si è
poco
pochissimo
niente


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