31 agosto 2010

Noi...no! (Ma io sì!)



Avevo 12 anni. Era il 1977. Cantavo questa canzone spesso, ne avevo comperato il 45 giri (alla Rinascente) e cantavo la canzone a memoria sul mio giradischi.
Mi ricordo che sotto Natale Luciano, l'uomo (il compagno) di mia madre, mi sorprese che cantavo la canzone e, ironizzando, ma neanche troppo, mi chiese se cercavo davvero un uomo.
Io, checchina ingrana e poco avvezza all'autorità maschile, trasecolai non pensando  minimamente che quella canzone potesse essere un proclama di rivendicazione frocio, ma solo una canzone da cantare e se il testo dice cerco un uomo anche se sei uomo canti cerco un uomo (anche perchè cerco una donna con la metrica non ci sta...) e poi avevo 13 anni Cristo! Va bene che ero già sessualmente attivo ma la mia età innocente mi permetteva di cantare anche cose più ambigue di quella senza essere sospettato di chissà che... Insomma Honi soi chi male y pense mandai Luciano a quel paese e continua a cantare indisturbato.
la versione a 45 giri era diversa da quella che andava in onda come sigla, oggi non riesco più a cogliere la differenza, ma vi assicuro che allora mi disturbava non poco.
Il titolo Noi ...no! si riferisce al tormentone della sigla del programma precedente della coppia Mondaini-Vianello (Di Nuovo) Tante scuse dal titolo Piru Piru Pirulì che, pure, vi propongo.





Noi ...no! aveva un format ardito per l'epoca: si fingeva di star registrando un programma tv e se ne mostrava anche il dietro le quinte. Noi ...no!, terzo e penultima programma con quel fromat, fu il primo grande varietà a colori della Rai (il colore divenne ufficiale solamente quell'anno, circa 10 anni dopo il resto d'Europa, perchè, illo tempore, il governo Dc aveva deciso che per gli italiani era meglio spendere i soldi per comperare le automobili, aiutando così la FIAT, invece di acquistare i nuovi televisori che allora erano costosissimi.

Nel varietà a colori Vianello si ritagliava una parte, rigorosamente in bianco e nero, seria  e meno frivola, nella quale, con comparse improvvisate si dedicava al cabaret, di brechitiana memoria, intonando, in calzamaglia nera, in tedesco, Die Moritat von Mackie Messer, tl La ballata di Mackie Messer, dall'Opera da Tre Soldi commedia satirica di Brecht-Weill, più conosciuto come standard jazz col titolo di Mack the Knife, cantato da tutti i più grandi, da Ella Fitzgerald





a Louis Armstrong







Ah, sì, l'ha cantata anche Mina





Ma torniamo a Vianello e Noi ...no! Ecco la sua idea di Cabaret





Un capolavoro, una presa in giro esemplare e sempre un modo di portare Weill Brecht in un varietà del sabato sera.

A proposito, poi ci riusciranno a farlo bene!







Questo tanto per ribadire come la tv di stato di 30 anni fa sapeva fare cultura anche nei varietà del sabato sera...


Il vero motivo per postare questi video adesso è che dopo Io c'avevo una nonna pazza e Clamoroso, sulla cassetta di 45 italiani c'era Cerco un uomo.

E ancora lo cerco. Con buona pace di Luciano.

Howl o quando il cinema spiega la poesia




Sono Andato a vedere Howl (USA, 2010) di Rob Epstein, Jeffrey Friedman, che firmano anche la sceneggiatura, per spirito di corpo. Volevo vedere come Hollywood raccontava la vita di un altro frocio. Se lo avrebbe fatto in maniera così prevedibile e noiosa come Gus Van Sant (che qui è il produttore esecutivo)  in Milk.

E' stata invece un'esperienza di crescita, culturale e emotiva.
Intanto il film non è affatto un Biopic che racconta, romanzandola, la vita del protagonista. Howl  come recita il titolo, è incentrato sulla lunga poesia (componimento poetico) non poema (narrazione poetica di notevole ampiezza generalmente ripartita in canti o libri) come si dice nel film, forse perchè poesia in inglese si dice poem, scritta da Ginsberg nel 1955.
Lo vediamo leggerla in una serata di reading a un pubblico attento e estasiato (in b\n). A questo primo nucleo narrativo se ne aggiungono, intersecandosi, altri due: una lunga intervista a Ginsberg  (a colori) nella quale Allen parla di tutto, dalla verità della poesia (tutti parliamo con sincerità anche di cazzi e di culi ai nostri amici, perchè smettiamo di essere così schietti quando parliamo alla nostra musa?), delle sue vicissitudini private, ma sempre come elemento per spiegare la sua poesia (opera poetica di un autore), di omosessualità e altro (intervista autentica, rilasciata al Times e mai pubblicata) e, terzo nucleo, il processo per oscenità intentato non già contro di lui, ma contro il suo editore Lawrence Ferlinghetti. Questi tre elementi, combinati a sensibili inserti di animazione grafica (non pienamente efficaci) fanno di Howl un'esperienza unica. 
Il film è una lunga, precisa, sentita e appassionata declamazione della sua poesia, ostica, difficile, incomprensibile al primo ascolto. Per questo il film ce la declama tre volte, quando Allen la legge al reading, quando l'avvocato che la trova oscena ne legge alcune parti chiedendo ai testi del processo, professori universitari e critici letterari, in maggior parte chiamati dalla difesa, di spiegarla (ma si può spiegare la poesia?) e una terza volta quando un Allen fuori dal livello diegetico declama ancora quei versi (e vediamo come immagini le animazioni grafiche).
Questa triplice declamazione permette allo spettatore di familiarizzare con la lunga poesia, di sentirne brani, di capirne il senso prima e meglio dell'avvocato dell'accusa,  e di rimanerne emozionato proprio come il pubblico che la ascolta al reading dalla voce stessa del suo autore.
Già. La voce.
Ho visto il film in italiano perchè al Metropolitan hanno pensato bene di dare in versione originale Giustizia privata (Usa, 2009) di F. Gary Gray, invece di questo film. Come al solito il doppiaggio italiano fa schifo già nella scelta delle voci.
La voce italiana di Allen Ginsberg (interpretato da James Franco) è di Alessandro Tiberi.




Una voce giovane, da pischello, alta, vagamente molle.

Sentite invece la voce originale di James Franco e ditemi cosa ha di molle.





Niente.

L'unica cosa molle è il cervello dei doppiatori italiani che, ancora nel 2010, pensano che se un personaggio è omosessuale devono dargli la voce da frocetto, NON IMPORTA QUAL E' LA VOCE ORIGINALE DELL'ATTORE.

L'Allen Ginsberg di Alessandro Tiberi è un pischello succhiacazzi dalla voce frocetta mentre il Ginsberg di James Franco è un giovane uomo al quale piacciono gli uomini.

Per questo trovo davvero obsoleto il doppiaggio dei film (e dei telefilm) in Italia e credo che bisognerebbe dare allo spettatore almeno la facoltà di poter vedere tutti i film nella doppia versione, doppiata e originale.


La voce del vero Ginsberg?
Ascoltatelo mentre legge Howl nel 1975





Cosa ha in comune con la voce di Alessandro Tiberio? 

NULLA. 


Cosa con quella di James Franco? 

MOLTO.

E mentre ci siamo vogliamo parliamo anche della scelta della produzione di avere James Franco, un gran sorco da paura (o preferite un più sobrio bel ragazzo?), nei panni di Ginsberg, che aveva dalla sua la più semplice bellezza della gioventù?


Una scelta discutibile (a Hollywood abbelliscono sempre) però stavolta fatta con moderazione. Hanno ...sbellito Franco, facendolo somigliare ad Allen il più possibile, d'altronde se il film viene distribuito con più facilità perchè come attore c'è lui invece che uno meno conosciuto ma più somigliante, io non h nulla da ridire.
Ma torniamo al film. Howl è un film da vedere, da studiare, pur non essendo perfetto, ma è perfetto negli intenti, è intellettualmente onesto, è un raro esempio di cinema didattico poetico, un film che può esser visto a scuola, anzi, dati i tempi di neopuritanesimo, un film che DEVE esser visto a scuola.
Un film che dimostra che non c'è democrazia senza libertà di espressione (honi mal qui mal y pense) e che l'impatto dirompente che Howl, la poesia, ha avuto allora è lo stesso per le nuove generazioni di oggi.

Una poesia nella quale si declama un omoerotismo sfacciato e palese (e non si capisce perchè le animazioni si limitino a mostrare copule etero, tra uomo e donna, non solo quando la poesia parla di ragazzi che scopano con donne, ma SEMPRE, anche quand'è chiaro che la poesia parla di rapporti orali e anali tra ragazzi...) una poesia che però non è presentata come cultura gay, come un testo che parla di froci. Perché Howl parla anche di altro, non solo di quel che sessualmente fa o piace a un ragazzo omosessuale, ma parla di estetica, di politica, di persone e umanità varie. Siamo nel 1955 e Stonewall è lungi da venire.
Ginsberg fa cultura non cultura gay.
Se parla di omosessualità è solo perchè lui è gay, Allen parla di sé, della sua vita (ognuno deve parlare di quel che gli piace dice nell'intervista se sei un feticista del piede, parlerai dei piedi, se ti piace la borsa parlerai degli alti e dei bassi degli indici) insomma non fa del contenuto gay della poesia l'unica ragione di esistere del componimento, l'unico motivo per cui va venduta come merce (la cultura gay post Stonewall è solo una questione di mercato).

Allen Ginsberg rimane un poeta, non un poeta gay, non perchè nasconde la sua omosessualità, ma perché non ne fa un'arma di diversità bensì, più semplicemente, un'arma di verità.
Parlare di omosessualità dice nell'intervista spezza molti confini e permette di parlare di tutto.
Credo che il più grande errore del movimento glbt post Stonewall sia stato rivendicare il diritto di parlare di omosessualità e basta, e di non considerarla come un bene dell'umanità ma un bene esclusivo per gay, lesbiche e trans (che sono per la maggior parte etereo...).
Invece di ammettere al mondo dello scibile l'amore che non osa dire il suo nome si è creato uno scibile apposito dove omosessualità e sue mille varianti trovassero esclusivo diritto di cittadinanza.
Anche per questo nel film non c'è sesso. Vediamo solo Allen inginocchiarsi e sbottonare i pantaloni del suo migliore amico, e primo innamorato, Luther Nichols , interrotto dall'arrivo della moglie di Luther (la scena più banale e prevedibile del film), e giusto qualche bacio con Peter Orlovsky, il suo primo vero amore col quale Allen resterà insieme fino alla morte (e anche in questo Ginsberg non è affatto gay...).
Coraggiosamente, intelligentemente Howl non è un film a tematica omosessuale non è nemmeno un film che parla di omosessualità, ma un una pellicola nella quale l'omosessualità è solo uno degli elementi, annoverato senza pruderie né ipocrisie, in un tessuto narrativo più complesso.
Howl è una poesia importante di uno dei più grandi poeti contemporanei. 
Poeti, non poeti gay.
Il movimento dovrebbe riflettere sull'insegnamento che Ginsberg ha dato a tutti noi.



Howl
di Allen Ginsberg


a Carl Solomon




I


Ho visto le migliori menti della mia generazione distrutte dalla follia, morir di fame isteriche nude,
trascinandosi per le strade negre all'alba in cerca di una dose rabbiosa,
hippie dalla testa d'angelo bruciare per l'antica paradisiaca connessione alla dinamo celeste nel macchinario della notte,
che la povertà e gli stracci e gli sguardi spenti e lo sballo innalzarono fumando nella sovrannaturale oscurità di appartamenti ad acqua fredda galleggiando oltre le vette di città contemplando il jazz,
che mostrarono i loro cervelli spogli al Paradiso sotto l'El e videro angeli Maomettani barcollare sui tetti dei condomini illuminati,
che attraversarono università con occhi freddi raggianti allucinando l'Arkansas e la tragedia della luce di Blake in mezzo ai dottori della guerra,
che furono espulsi dalle accademie per pubblicare odi oscene e pazze sulle finestre del cranio,
che si rannicchiarono in stanze non rasate in mutande, bruciando i loro soldi nel cestino ed ascoltando il Terrore oltre la parete,
che furono beccati nelle loro barbe pubiche a Laredo tornando con una cintura di marijuana per New York,
che mangiarono fuoco in hotel di vernice o bevvero acquaragia a Paradise Alley, la morte, o purgarono i loro torsi notte dopo notte
con sogni, con droghe, con incubi ad occhi aperti, alcool e cazzo e palle infinite,
incomparabili strade cieche di lampo e nube vibrante nella mente saltando verso i poli di Canada e Paterson, illuminando tutto l'immobile mondo del Frattempo,
solidità di Peyote di saloni, albe cimiteriali da albero verde del giardino posteriore, ubriachezza da vino sui tetti, quartieri da vetrina di semafori lampeggianti al neon di auto rubate da sfattoni, vibrazioni d'albero e sole e luna nei ruggenti crepuscoli invernali di Brooklyn, castronerie da posacenere e gentile re luce della mente,
che si incatenarono alla metro per la corsa infinita da Battery al sacro Bronx fatti di benzedrina finché il rumore di ruote e bambini li faceva cadere vibrando con le bocche crollate e picchiati privi di cervello prosciugati del talento nella deprimente luce di Zoo,
che affondarono tutta la notte nella luce sottomarina di Bickford usciti galleggiando e sedettero tutto il pomeriggio di birra stantia nella desolazione di Fugazzi, ascoltando lo scricchiolio del destino al jukebox all'idrogeno,
che parlarono continuamente per settanta ore da parco a casa a bar a Bellevue a museo al Ponte di Brooklyn,
un battaglione perduto di conversatori platonici saltando giù dalla predella di porte anti-incendio da davanzali dell'Empire State fuori dalla luna,
chiacchiericciando gridando vomitando sussurrando fatti e ricordi ed aneddoti e calci nelle pupille e shock di ospedali e prigioni e guerre,
interi intelletti evacuati in perfetta rimembranza per sette giorni e notti con occhi brillanti, carne per la Sinagoga gettata sulla strada,
che svanirono nel nulla Zen New Jersey lasciando una scia di ambigue cartoline dell'Atlantic City Hall,
soffrendo febbri orientali e trita-ossa di Tangeri ed emicranie della Cina in crisi d'astinenza nella stanza senza mobili di Newark,
che vagarono e vagarono a mezzanotte lungo i binari chiedendosi dove andare, ed andarono, senza lasciare cuori spezzati,
che accesero sigarette in vagoni merci vagoni merci vagoni merci baccagliando nella neve verso fattorie solitarie nella notte nonna,
che studiarono Plotino Poe San Giovanni della Croce telepatia e cabala bop perché i cosmi vibravano istintivamente sotto i loro piedi in Kansas,
che vagarono solitari per le strade dell'Idaho cercando angeli indiani visionari che fossero angeli indiani visionari,
che pensarono di essere solo pazzi quando Baltimora luccicò in un'estasi sovrannaturale,
che saltarono in limousine col Cinese di Oklahoma dietro l'impulso della pioggia di paese da lampione di mezzanotte invernale,
che si sdraiarono affamati e solitari per Houston cercando jazz o sesso o zuppa, e seguirono lo Spagnolo brillante per disquisire di America ed Eternità, un'impresa disperata, e così si imbarcarono per l'Africa,
che sparirono nei vulcani del Messico lasciandosi alle spalle nient'altro che l'ombra di salopette e la lava e cenere di poesia sparsa nella Chicago focolare,
che riapparvero nella West Coast investigando l'FBI in barbe e short con grandi occhi pacifisti sexy nella loro pelle scura distribuendo foglietti incomprensibili,
che si marchiarono le braccia con le sigarette protestando contro la narcotica foschia tabagista del Capitalismo,
che distribuirono volantini Supercomunisti in Union Square piangendo e spogliandosi mentre le sirene di Los Alamos li abbatterono urlando, e urlando abbatterono Wall, e anche il traghetto di Staten Island urlava,
che ruppero in pianto in palestre bianche nudi e tremando di fronte al macchinario di altri scheletri,
che morsero sul collo investigatori e strillarono di piacere nelle volanti per non aver commesso altro crimine se non la loro selvaggia pederastia culinaria ed intossicazione,
che urlarono in ginocchio nella metro e furono trascinati giù dal tetto sventolando genitali e manoscritti,
che si lasciarono far fare il culo da santi motociclisti, e strillarono di piacere,
che succhiarono e si fecero succhiare da quei serafini umani, i marinai, carezze d'amore Atlantico e Caraibico,
che chiavarono di mattina di sera in giardini di rose e l'erba di parchi pubblici e cimiteri spargendo il loro sperma liberamente a chiunque venisse,
che singhiozzarono senza sosta cercando di sghignazzare ma finirono col piangere dietro un separé in un Bagno Turco quando l'angelo biondo e nudo venne a trafiggerli con una spada,
che persero i loro amanti per le tre vecchie arpie del fato l'arpia orba del dollaro eterosessuale l'arpia orba che ammicca fuori dal ventre e l'arpia orba che fa nient'altro che star seduta sul culo e taglia i fili d'oro intellettuali del telaio dell'artigiano,
che copularono estatici e non satolli con una bottiglia di birra un cuoricino un pacchetto di sigarette una candela e caddero dal letto, e continuarono sul pavimento e giù per la sala e finirono svenuti sul muro con una visione della figa suprema e vennero eludendo l'ultima sborrata di coscienza,
che addolcirono le fesse di un milione di ragazze che tremavano al tramonto, ed avevano gli occhi rossi al mattino ma si prepararono ad addolcire la fessa dell'alba, chiappe lampanti sotto i granai e nude nel lago,
che uscirono a troieggiare per il Colorado in miriadi di auto notturne rubate, N.C., eroe segreto di queste poesie, cazzaro ed Adone di Denver - gioiamo al ricordo delle sue innumerevoli chiavate con ragazze in parcheggi vuoti e cortili di tavole calde, file cadenti di cinematografi, in caverne sulle vette dei monti o con cameriere secche nei sollevamenti di panciotti solitari familiari lungo le strade e specialmente nei solipsismi segreti di gabinetti di benzinai, e anche in vialetti di paese,
che si spensero in vasti sordidi film, furono cambiati in sogni, si svegliarono in un'improvvisa Manhattan, e si alzarono fuori dai postumi da sbornia di sotterranei con Tokay senza cuore ed orrori dei sogni ferrei della Terza Strada ed inciamparono agli uffici di collocamento,
che camminarono tutta la notte con le scarpe piene di sangue sui moli di neve ammucchiata aspettando che una porta ad East River si aprisse su una stanza piena di vapore caldo ed oppio,
che crearono grandi drammi suicidi sugli appartamenti a strapiombo sull'Hudson sotto il faro blu bellico della luna e le loro teste saranno coronate d'alloro nell'oblio,
che mangiarono lo stufato d'agnello dell'immaginazione o digerirono il granchio sul fondo fangoso dei fiumi di Bowery,
che piansero per il romanticismo delle strade con i carrelli pieni di cipolle e brutta musica,
che si sedettero in scatole respirando al buio sotto il ponte, e si alzarono per costruire clavicembali in soffitta,
che tossirono al sesto piano di Harlem coronati dalle fiamme sotto il cielo tubercolotico circondati da casse arancioni di teologia,
che scribacchiarono tutta la notte dondolandosi e rotolandosi su incantesimi elevati che nella mattina gialla erano strofe di stupidaggini,
che cucinarono animali marci polmone cuore zampe coda borsht e tortillas sognando il puro regno vegetale,
che si gettarono sotto camion di carne alla ricerca di un uovo,
che buttarono i loro orologi dal tetto per dare il loro voto all'Eternità fuori dal Tempo, e sveglie caddero loro in testa ogni giorno per la decade successiva,
che si tagliarono i polsi tre volte di seguito senza successo, si arresero e furono spinti ad aprire negozi d'antiquariato dove pensarono di stare invecchiando e piansero,
che furono bruciati vivi nei loro innocenti abiti di flanella in Madison Avenue tra esplosioni di versi plumbei e lo scalpitio intanicato dei reggimenti ferrei della moda ed gli strilli alla nitroglicerina delle checche della pubblicità ed il gas mostarda di sinistri editori intelligenti, o furono investiti dai taxi ubriachi della Realtà Assoluta,
che saltarono dal Ponte di Brooklyn questo è successo davvero e se ne andarono camminando ignoti e dimenticati nello spettrale caos di camion dei pompieri e vialetti alla zuppa di Chinatown, nemmeno una birra libera,
che cantarono dalle loro finestre disperati, caddero dal finestrino della metro, saltarono nel lurido Passaic, balzarono su negri, piansero per tutta la strada, ballarono su bottiglie di vino rotte scalzi spaccarono dischi da grammofono di nostalgico jazz europeo anni '30 tedesco finirono il whiskey e sboccarono gridando nel water insanguinato, urla nelle orecchie e l'esplosione di colossali fischi di vapore, he corsero giù per le autostrade del passato viaggiando l'uno verso l'occhiata di Golgota-bolide solitudine-prigione dell'altro o l'incarnazione jazz di Birmingham,
che guidarono attraverso la campagna settantadue ore per scoprire se io avevo avuto una visione o tu avevi avuto una visione o lui aveva avuto una visione per scoprire l'Eternità,
che viaggiarono per Denver, che morirono a Denver, che tornarono a Denver ed attesero invano, che badarono Denver e si preoccuparono e rimasero soli a Denver ed infine se ne andarono per scoprire il Tempo, ed ora Denver è solatia per i suoi eroi,
che caddero in ginocchio in cattedrali disperate pregando l'uno per la salvezza e la luce ed il petto dell'altro, finché all'anima si illuminarono i capelli per un secondo,
che si scontrarono nelle loro menti in prigione aspettando criminali impossibili con teste d'oro ed il fascino della realtà nel cuore che cantassero dolci blues ad Alcatraz,
che si ritirarono in Messico per coltivare un'abitudine, o Rocky Mount per il tenero Buddha o Tangeri per i ragazzi o il Sud Pacifico per la locomotiva nera o Harvard per Narciso per Woodlawn per la collana di margherite o la tomba,
che richiesero l'accertamento della salute psichica accusando la radio di ipnotismo e furono lasciati con la loro instabilità psichica e le loro mani ed una giuria discorde,
che lanciarono insalata di patate ai conferenzieri su Dadaismo della CCNY ed in seguito si presentarono sui gradini di granito del manicomio con le teste rasate e un arlecchinesco discorso sul suicidio, richiedendo lobotomia istantanea,
e che invece ricevettero il concreto nulla di insulina Metrazol elettricità idroterapia psicoterapia terapia occupazionale pingpong ed amnesia,
che in una protesta seriosa rovesciarono solo un tavolo da pingpong simbolico, riposandosi brevemente in catatonia,
tornando anni dopo veramente calvi tranne che per un toupet di sangue, e lacrime e dita, al pazzo destino visibile dei quartieri dei pazzi paesi dell'Oriente,
fetidi saloni di Pilgrim State di Rockland e di Greystone, bisticciando con gli echi dell'anima, dondolando e rotolandosi nei dolmen-reami dell'amore di solitudine-panchina di mezzanotte, sogno della vita un incubo, corpi fatti pietra pesanti come la luna,
con una madre finalmente *******, e l'ultimo fantastico libro lanciato dalla finestra condominiale, e l'ultima porta chiusa alle 4 di notte e l'ultimo telefono tirato contro il muro in risposta e l'ultima stanza ammobiliata sgomberata fino all'ultimo mobile mentale, una rosa di carta gialla attorcigliata su un appendiabiti di filo nell'armadio, e perfino quell'immaginario, null'altro che uno speranzoso pezzetto d'allucinazione
ah, Carl, finché non sei al sicuro io non sono al sicuro, ed ora sei davvero nella totale zuppa animale del tempo,
e che pertanto corsero per le strade ghiacciate ossessionati da un improvviso lampo dell'alchimia dell'uso dell'ellissi il catalogo il metro ed il piano vibrante,
che sognarono e fecero divari incarnati nel Tempo e nello Spazio attraverso immagini giustapposte, ed intrappolarono l'arcangelo dell'anima tra 2 immagini visive ed unirono i verbi elementari ed unirono il nome ed un briciolo di coscienza saltando con la sensazione di Pater Omnipotens Aeterna Deus
per ricreare la sintassi e la misura della povera prosa umana e starvi davanti senza parole ed intelligenti e tremanti di vergogna, rifiutati benché confessando l'anima per conformarsi al ritmo di pensiero nella sua testa spoglia ed infinita,
il barbone pazzo ed angelo batté in Tempo, ignoto, e comunque fece crollare qui ciò che dovrebbe essere rimasto da dire nel tempo giunto dopo la morte,
e si sollevò reincarnato nei panni spettrali del jazz nell'ombra del corno dorato della band e soffiò la sofferenza della mente nuda d'America per amore in un grido di sassofono eli eli lamma lamma sabachtani che scosse le città fino all'ultima radio
con il cuore assoluto della poesia della vita squartato dai loro stessi corpi buono da mangiare mille anni.




II


Quale sfinge di cemento ed alluminio scoperchiò loro i crani e divorò i loro cervelli e l'immaginazione?
Moloch! Solitudine! Sporcizia! Bruttezza! Posacenere ed inottenibili dollari! Bambini urlanti sotto le scale! Ragazzi singhiozzanti negli eserciti! Vecchi piangenti nei parchi!
Moloch! Moloch! Incubo di Moloch! Moloch senza amore! Moloch mentale! Moloch il pesante giudicatore degli uomini!
Moloch l'incomprensibile prigione! Moloch la carcere senz'anima tibie incrociate e Congresso di dolori! Moloch le cui costruzioni sono giudizio! Moloch l'ampia pietra della guerra! Moloch i governi sbigottiti!
Moloch la cui mente è pura macchinazione! Moloch il cui sangue è moneta corrente! Moloch le cui dita sono dieci eserciti! Moloch il cui petto è una dinamo cannibale! Moloch il cui orecchio è una tomba fumante!
Moloch i cui occhi sono mille finestre cieche! Moloch i cui grattacieli stanno nelle lunghe strade come infiniti Geova! Moloch le cui fabbriche sognano e gracchiano nella nebbia! Moloch le cui ciminiere ed antenne coronano le città!
Moloch il cui amore è pietra ed olio infinito! Moloch la cui anima è elettricità e banche! Moloch la cui povertà è lo spettro del genio! Moloch il cui fato è una nuvola di idrogeno senza sesso! Moloch il cui nome è nella Mente!
Moloch in cui siedo solitario! Moloch in cui sogno Angeli! Pazzo a Moloch! Pompinaro a Moloch! Senza amore né uomo a Moloch!
Moloch che mi è entrato nell'anima presto! Moloch in cui sono una coscienza senza un corpo! Moloch che mi ha spaventato fuori dalla mia estasi naturale! Moloch che abbandono! Sveglia a Moloch! Luce che scorre fuori dal cielo!
Moloch! Moloch! Appartamenti robot! sobborghi invisibili! tesorerie scheletriche! capitali ciechi! industrie demoniache! nazioni spettrali! manicomi invincibili! cazzi granitici! bombe mostruose!
Si spezzarono le schiene sollevando Moloch fino in Paradiso! Strade, alberi, radio, tonnellate! sollevando la città fino in Paradiso che esiste ed è ovunque attorno a noi!
Visioni! presagi! allucinazioni! miracoli! estasi! giù per il fiume americano!
Sogni! adorazioni! illuminazioni! religioni! l'intera vagonata delle stronzate sensibili!
Passi avanti! sul fiume! svolte e crocefissioni! giù per la piena! Sballi! Epifanie! Disperazioni! Dieci anni di grida animali e suicidi! Menti! Nuovi amori! Generazione folle! giù per le rocce del Tempo!
Vera sacra risata nel fiume! Hanno visto tutto! gli occhi selvaggi! le sacre urla! Dissero addio! Saltarono dal tetto! nella solitudine! salutando! portando fiori! Giù per il fiume! nella strada!




III


Carl Solomon! Sono con te a Rockland
dove sei più matto di me
Sono con te a Rockland
dove devi sentirti stranissimo
Sono con te a Rockland
dove imiti l'ombra di mia madre
Sono con te a Rockland
dove hai assassinato le tue dodici segretarie
Sono con te a Rockland
dove ridi per questo umorismo invisibile
Sono con te a Rockland
dove siamo grandi scrittori sulla stessa spaventosa macchina da scrivere
Sono con te a Rockland
dove la tua condizione è diventata seria ed è riportata alla radio
Sono con te a Rockland
dove le facoltà del cranio non ammettono più i vermi dei sensi
Sono con te a Rockland
dove bevi il te dei seni delle zitelle di Utica
Sono con te a Rockland
dove sberleffi i corpi delle tue infermiere le arpie del Bronx
Sono con te a Rockland
dove urli con la camicia di forza che stai perdendo la partita del vero pingpong dell'abisso
Sono con te a Rockland
dove picchi sul piano catatonico che l'anima è innocente ed immortale non dovrebbe mai morire senza dio in un manicomio armato
Sono con te a Rockland
dove altri cinquanta shock non faranno mai tornare la tua anima al suo corpo dal suo pellegrinaggio ad una croce nel nulla
Sono con te a Rockland
dove accusi i tuoi dottori di pazzia ed ordisci la rivoluzione socialista ebraica contro il Golgota fascista nazionale
Sono con te a Rockland
dove dividerai i cieli di Long Island e resusciterai il tuo vivente Gesù umano dalla tomba sovrumana
Sono con te a Rockland
dove ci sono venticinquemila compagni pazzi che cantano tutti insieme le ultime strofe dell'Internazionale
Sono con te a Rockland
dove abbracciamo e baciamo gli Stati Uniti sotto le lenzuola gli Stati Uniti che tossiscono tutta la notte e non ci lasciano dormire
Sono con te a Rockland
dove ci svegliamo dal coma elettrizzati dagli aeroplani delle nostre stesse anime che rombano sopra i tetti sono venuti a lanciare bombe angeliche l'ospedale si illumina crollano muri immaginari oh magre legioni corrono fuori oh stellato shock di pietà l'eterna guerra è qui oh vittoria dimenticati la biancheria siamo liberi
Sono con te a Rockland
nei miei sogni cammini sgocciolando da una crociera sull'autostrada attraverso l'America in lacrime fino alla porta del mio casolare nella notte occidentale.






San Francisco 1955-56 (fonte Forum Giovani.it)

Franca Rame: Io c'avevo una nonna pazza

Era la sigla di Buonasera con... Franca Rame. Trasmissione preserale che andava in onda tutti i giorni dal lunedì al venerdì.
La canzone mi aveva colpito moltissimo sia per la musica (di Fabio Carpi) che per il testo, di Dario Fo, autore/attore che io già conoscevo dal 1977, avevo persino comperato una delle sue commedie, la prima che vidi in tv Isabella tre caravelle e un cacciaballe  (nel 1977 avevo 12 anni...) perchè allora in tv mandavano le commedie di Fo, tutti i venerdì (e per vederle avevo rinunciato al mio telefilm preferito di allora Agente Pepper, con Angie Dickison, la moglie di Burt Bucharach, ma questa è un'altra storia).



Il testo della canzone non è solo una intelligente presa in giro delle fiabe ma anche uno statement politico molto preciso ed efficace che a 14 anni capivo benissimo: i lupi sono buoni, cappuccetto rosso e pinocchio i cattivi e i mostri e i brutti sono quelli che alla fine vivono felici  e contenti.

Io c'avevo una nonna pazza  
Io c'avevo una nonna pazza
che allevava gatti di pezza
abitava su una terrazza
e dormiva in una tinozza,
in una tinozza in riva al mare.
Si mangiava solo le cozze
coltivate nell'acqua nera
e non si beccava mai il colera,
né la peste, né il mal di mar.
[Coro:] Che nonna pa-azza!

Tante favole raccontava
storie matte a sgarampazzo
faceva tutto un gran papocchio:
streghe a cavallo d'un ranocchio
diavoli nani in fondo al mare
Mangiava solo i funghi matti
con la capocchia avvelenata,
se li mangiava in insalata
e non le veniva da vomitar.
[Coro:] Che nonna pa-azza! (x2)

"C'era una volta", mi raccontava,
"un ragazzaccio, di nome Pinocchio,
che siccome era una gran mala razza
lo chiamavano Cappuccetto Rosso..."

[Coro:] "Ma nonna, non è così"
La nonna: "Zitta, tu!"
[Coro:] "Ma nonna, non è così"
La nonna: "Zitta, tu!"

"...Cappuccetto Rosso, detto "che spara",
andava sempre armato di lupara:
una lupara caricata a palle
e sparava contro tutte le farfalle"

[Coro:] "Ma nonna, non è così"
La nonna: "Zitta, tu!"
[Coro:] "Ma nonna, non è così"
La nonna: "Zitta, tu!"

"Schiacciava i pomodori col trattore
e avvelenava i fiumi col cianuro
stappava i tappi delle petroliere
per inquinare di petrolio il mare"

[Coro:] "Ma nonna, non è così"
La nonna: "Zitta, tu!"
[Coro:] "Ma nonna, non è così"
La nonna: "Zitta, tu!"

"Nella foresta ci stava un lupo,
gentile e dolce, e bene educato,
che giocava a rincorrer gli elicotteri
svolazzanti proprio sopra i datteri"

[Coro:] "Ma nonna, non è così"
La nonna: "Zitta, tu!"
[Coro:] "Ma nonna, non è così"
La nonna: "Zitta, tu!"

"Cappuccetto Rosso un dì assaltò un lupo,
che, senza fiato, grida: Aiuto! Aiuto!
Poi lo cattura, mettendolo in un sacco,
Chiede alla nonna lupa un bel riscatto"

[Coro:] "Ma nonna, non è così"
La nonna: "Zitta, tu!"
[Coro:] "Ma nonna, non è così"
La nonna: "Zitta, tu!"

"Per fortuna passo un cacciator di là
che cacciava Cappuccetti Rossi... e PAM!
Spara un colpo e Cappuccetto Rosso è morto lì.
Salvo il lupo ma tutto zuppo di pipì.
Per lo spavento si sfasciò l'incanto,
il lupo si trasforma all'istante
in una bella strega tutta denti
e arrivarono tanti pretendenti:
tre orchi, sei rospi e tre serpenti.
E vissero tutti felici e contenti"

[Coro:] "Ma nonna, non è possibile, non è così"
La nonna: "Zitta, tu, zitta, tu, o di favole non te ne conto più!"



Anncora oggi ho il 45 giri della canzone, che comprai allora. Nei primi anni 80 feci una cassetta con tutti i miei 45 giri, da un alto le canzoni italiane, dall'altro quelle straneire, come si diceva allora.
Nel lato italiano figurava la canzone di Franca Rame e, subito dopo, il lato b di di Donatella di Rettore, Clamoroso, che vi propongo così, per amor della filologia.

bello essere
quello che si è anche se si è
poco
pochissimo
niente


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