30 luglio 2008

Totò Rap

Ricordate la sigla del programma del 1993 Totò un altro pianeta di Giancarlo Governi e Alberto Orsi (poi ripresa anche per programmi successivi dedicati sempre al principe...)?



L'autore della sigla è Piero Montanari, bassista che ha all'attivo, tra le altre cose, la musica de L'uomo ragno nella versione a fumetti "animati" di Supergulp fumetti in tv (clicca qui per un assaggio, per il suo bog invece cliccate qui)
Infine ho fatto la sigla per Totò un altro Pianeta, la terza edizione del programma sempre di Governi, del 1992. Lì non sapevamo più che Malafemmena fare e ho fatto Totò rap, che è uscito su CD singolo con altri tre brani, ma è molto raro perché l’RCA non ci credeva assolutamente. Sono sempre autore, suonatore e realizzatore. La sigla è firmata anche dalla figlia di Totò, che è una mia amica, giustamente perché l’ho realizzata pensando a Totò come marionetta, come antesignano del rap e della break dance, e prendendo segmenti di sue parole e cercando di farli andare in un ritmo. E’ stato molto difficile perché non c’erano i computer di oggi, ma il risultato è stato divertente. Mia moglie Rossella ha fatto sia l’animazione della videosigla, sia la grafica della copertina del disco. E’ stata pubblicata anche su vinile in mille copie per le discoteche. Totò rap è poi diventata la sigla di tutte le cose andate successivamente in onda su di lui, come Totò cento e come queste due ultime puntate di Ritratti andate in onda su RAI 3, sempre di Giancarlo Governi. Con la trasmissione Ritratti Giancarlo fa la stessa cosa di sempre, cioè racconta le vite di personaggi dello spettacolo e dello sport. Sono tutte monografie. Due puntate sono state dedicate a Totò con Totò rap come sigla finale. La sigla di testa era quella di Ritratti. (Piero Montanari da un'intervista su Tivulandia)


Su Youtube gira una nuova versione senza gli inserti grafici molto interessante (Anche se quello che conta è il lavoro musicale sulle parole di Totò).



Potrei sentire chissenefrega / è una ciofeca anche un milione di volte di seguito!!!!!

29 luglio 2008

E' l'estate che se li porta via?

L'anno scorso, proprio di questi giorni, venivano a mancare Antonioni, Bergman e Serrault.
Quest'anno sono scomparsi Marisa Merlini e Youssef Chahine. Due pezzi di storia del cinema italiana ed egiziano.
Ricordo Marisa come un donnone, ormai sfatto nella bellezza dall'età, con una voce rauca e un po' greve che la rendeva ancora più affascinante, un esempio di donna romana d'altri tempi, una romanità portata con fierezza e senza le logiche "femminili" (in realtà dettate dagli uomini) che costringe le donne "anziane" (già dopo i 40 anni) a trucchi mummificanti come Silvana Pampanini o a impressionanti operazioni di chirurgia plastica come Gina Lollobrigida e Sofia Loren.
Marisa invece si presentava con la schiettezza del suo corpo abbondante, del suo volto di una bella signora âgée, che si sottraeva a regole insulse da show biz nostrano... Una attrice di cinema, teatro e tv che conosceva il mestiere troppo bene per prendersi sul serio eppure lavorava con il massimo rispetto e il massimo impegno. Snobbata dalla grande critica, più ricordata dai giovani fan per i ruoli insulsi di certe commediacce anni 80 piuttosto che per ruoli più intelligenti del cinema precedente (da Totò ad Alberto Sordi) Marisa è un pezzo di un certo cinema che se ne va...



Youssef Chahine era invece un regista poco conosciuto in Italia "dalla massa" come si dice.
Io l'ho conosciuto tardivamente quando la Mikado ha distribuito alcuni dei suoi film più recenti, folgoranti per la loro differenza culturale nella scansione del racconto, per l'uso di cliché, per la commistione di generi da noi di solito tenuti rigorosamente separati. Ho amato Silenzio, si gira! un film sull'industria cinematografica egiziana vista dagli occhi di una cantante che si addentra nel mondo del cinema, ho apprezzato Il destino film musicale su Averroè che mi ha fatto capire la distanza culturale che c'è tra noi occidentali, tutti chiusi nel nostro narcisismo etnocentrico e le culture altre, distanti dalla nostra non per la portata del pensiero ma per la libertà di andare oltre alle convenzioni che a noi manca figuriamoci al nostro cinema. Ricordo lo sguardo smarrito di una mia amica, dirò il peccato ma non il peccatore, assistente di Orion Caldiron che bollò il film come ingenuo e senile (sic!) perché lei era incapace di smettere i nostri occhiali culturali e vedere il film con occhi altri....
Una vita piena e prolifica quella di Youssef (anche un film con Dalida). Noi restiamo ancora sulla terra per tributargli omaggi e testimoniare la passione che l'opera sua suscitava nelle persone.

28 luglio 2008

Dimenticare Bologna? (ancora dal blog Marginalia)

Proprio un mese fa raccoglievo, tardivamente, visto che il suo post è del 29 maggio, la proposta di V., nel suo blog Marginalia, di "rottamare" Italo, uno dei "puraido" del gay Pride nazionale di Bologna, pensati dal grafico Lorenzo "Q" Griffi e dall'illustratore Michele Soma. Italo è un fascista che "odia i froci, ama il suo camerata".

Per recuperare gli omosessuali di destra (e le lesbiche?!?!) si "ironizza sugli stereotipi del gay di destra1" e si sdogana il fascismo. Un'operazione non dettata da ingenuità o buona fede, ma, evidentemente, da un progetto preciso, un comune sentire che lega destra e sinistra e che vuole porre fine all'antifascismo, ormai considerato un "problema superato".

Rimando al post di V. perché non voglio ripetere male quello che lei ha spiegato molto bene.
Aggiungo solo che nel documento politico del pride nazionale, nonostante ci siano alcuni elementi che lo rendono migliore di quello del pride romano2 (al quale ho dedicato un post), è totalmente assente ogni riferimento antifascista, esplicito o implicito, nonostante al Pride nazionale abbia aderito L'Anpi. Per questo associazioni che partono dall'antifascismo come fattore imprescindibile, quali Facciamo Breccia, non hanno aderito al pride (Facciamo breccia ha inviato una adesione "critica" che non è stata accolta: o si aderisce in toto o si è fuori...)3.

L'invito di V. è rimasto quasi del tutto inascoltato, tranne rare eccezioni. Quando poi la rete, accortasi che Lorenzo non era solo l'autore di Italo, ma stava partecipando a un forum su un sito di estrema destra, ha iniziato a criticarne l'operato, il sito GayNews di Grillini e il Corriere di Bologna, hanno accusato queste reazioni sulla rete di "estremismo di sinistra", come ha ben raccontato V. in un nuovo post, al quale rimando.

Gaynews arriva a minimizzare l'accusa a Lorenzo di essere fascista, riportando un'affermazione del diretto interessato che ha spiegato che «È solo curiosità». L'autore dell'articolo sul sito di Grillini stigmatizza le reazioni antifasciste (Un pezzo del movimento gay, quello più radicale, e della sinistra antagonista, lo accusa ora di essere fascista) arrivando a parlare di "attacchi personali e, come dicono gli amici del Cassero, «toni da fatwa contro di lui»."
Ci vuole del fegato a ammettere che si partecipa a un forum di estrema destra "per curiosità" ma le affermazioni di Lorenzo sul forum di vivamafarka! vanno ben al di là di una morbosa curiosità e fanno di Lorenzo un simpatizzante di destra sia per quel che dice (per quel che vale io ci avevo provato a proporre di non includere suddetto termine (antifascismo) nella piattaforma del Pride.. questo peraltro molto prima che mi avvicinassi a sto forum, "tempi non sospetti" chiamiamoli, perchè sono d'accordo che è accorpare cose che centrano l'un con l'altra fino a un certo punto) sia per il linguaggio che usa (molti nemici molto onore).

Per chi vuole leggere un florilegio delle sue affermazioni può farlo su Indymedia (ringrazio V. per la segnalazione).

Come ho avuto modo di commentare su Marginalia, le considerazioni che fa Gaynews non tengono conto della concretezza delle azioni dei fascisti contro i "froci".
A tutt* quell* sedicenti di sinistra che minimizzano sull'antifascismo ricordo che non si tratta solo di una questione di principio (che comunque sarebbe legittima e sacrosanta) ma di una questione pratica, concreta, attuale, che rischiano di vivere sulla propria pelle tutte le cittadine e i cittadini non allineati.
Magari picchiare i froci fosse solo uno stereotipo! Se non corrispondesse a verità, tante persone sarebbero ancora in vita, "froce" e non, come è capitato a Nicola Tommasoli che, pur non omosessuale, è stato lo stesso percepito come "diverso" dai fascisti, perché non la pensa come loro, e, in quanto diverso, è stato picchiato, proprio come i "froci", e ammazzato...

Insomma questa volontà trasversalista per cui una sorella fascista è pur sempre una sorella la dice lunga sul degrado culturale di chi pensa solo al proprio particulare e non capisce che l'apertura a destra oltre ad essere contraddittoria (perdonami Herm...) è sempre pericolosa perché porta con sé inevitabilmente quei valori (sic!) fascisti inconciliabili con ogni forma di pensiero laico, femminista e non omo-lesbo-transfobico (leggetevi gli altri commenti sul forum di Vivamafarka!: "il padre capo naturale della famiglia", mi viene da vomitare!!!).

Lorenzo, il comitato del Bologna pride nazionale e il sito Gaynews, si sono allineati su posizioni borghesi e fasciste, antidemocratiche, come dimostrano i fatti avvenuti durante il comizio finale del pride, quando Graziella Bertozzo, che voleva aggiungere uno striscione sul palco del pride, è stata arrestata dalla polizia il cui intervento è stato sollecitato da una volontaria del servizio d'ordine.

Io non ero presente, non so come si sono svolti i fatti (riportati in maniera sensibilmente diversa dal comitato del Bologna Pride, e di Arcigay, e da Facciamo Breccia) (per saperne qualcosa di più leggete il post comparso sul blog Querelle(s)).

Ma, a meno che Graziella non avesse in mano una pistola, il fatto che sia stato sollecitato l'intervento della polizia per farla arrestare la dice lunga sulla democrazia del comitato organizzatore del pride nazionale. D'altronde perché meravigliarsi, dopotutto gay, lesbiche, bisessuali e trans sono prima di tutto italiani.
Graziella è ritornata sull'argomento con una lettera aperta che vi invito a leggere.

Come controprova delle presunte ingiuste accuse di fascismo nei confronti di Lorenzo (poverino!) ecco come lui racconta quei fatti sul forum di Vivamafarka!:
gli unici problemi, ahimè, si sono riscontrati alla fine quando facciamo breccia (coordinamento anticlericale antifa) ha invaso il palco. ci avevano chiesto di intervenire, gli avevamo detto di no perchè hanno sempre remato contro il pride bolognese
e certo se non ti allinei perdi il diritto democratico di parola...
e non hanno aderito né alla piattaforma nè al documento politico
falso, Facciamo Breccia aveva mandato una lettera di adesione critica, che è stata rifiutata.
quindi hanno pensato bene di usare l'intervento della vicepresidentessa del movimento identità transessuali come cavallo di troia ed occupare il palco. di per se la cosa era già abbastanza fastidiosa, ma tutto è precipitato quando una di loro, a cui non veniva consentito l'accesso al palco, ha avuto la brillante idea di dare un calcio ad uno sbirro

Lo sbirro era un agente della Digos in borghese, ci sono ben due interrogazioni parlamentari, sia al Senato (senatori Donatella Poretti e Marco Perduca) che alla Camera (deputati Marco Beltrandi e Matteo Mecacci), sull'accaduto...
e quindi è stata arrestata (i giornali avrebbero potuto titolare "AGGRESSIONE ANTIFASCISTA AL PRIDE" ;)
Chi protesta, chi non si allinea, chi ha un pensiero critico altro, viene accusato di estremismo, di comunismo, di essere "di parte", di essere intollerante e non democratico e con questa scusa viene azzittito, arrestato, picchiato, ucciso.
Graziella (non una emerita sconosciuta ma un'attivista di vecchia data) aveva tutto il diritto di esporre lo striscione al comizio finale del pride (non uno striscione di parte ma rivendicativo della storia di militanza omosessuale di Bologna), il pride è di tutt* non solo degli organizzatori e di chi a loro allineati.
I fascisti, quelli che lo sono da sempre e quelli che solo ora iniziano a uscire allo scoperto senza vergognarsene più, alzano la cresta e si preparano a rendere innocuo chiunque non si allinei.

Più passa il tempo più credo che certo attivismo politico di stampo GBLT mi stia sempre più stretto, chiuso com'è in un'ottica solipsista virtualmente macho-fascista in cui ciò che conta è "la questione omosessuale" e si sottovaluta la discriminate antifascista (Non condivido molto il metodo politico di Facciamo Breccia, ne contesto la sostanziale incapacità di accettare la diversità di posizioni che non siano necessariamente radicali4) come se l'antifascismo fosse una questione radicale e non la condicio sine qua non di un discorso di liberazione della donna e dell'uomo dalla barbarie.
Nonostante nel documento politico del pride nazionale le radici comuni col femminismo e con l'autodeterminazione della donna, siano stati riconosciute, la strada da percorrere è impervia e molto lunga...

Tutta la mia solidarietà va a Graziella Bertozzo, a V. e a chiunque, criticando, dissentendo, non allineandosi, viene additat* ingiustamente come estremista ed esclus*.

1 GayNews

2 Siamo ben consapevoli che le nostre rivendicazioni sono strettamente collegate alle battaglie intraprese soprattutto dal movimento delle donne contro la violenza di un machismo criminale che troppo spesso agisce in ambito familiare e più in generale contro la cultura patriarcale dominante e violenta della nostra società. Il riconoscimento pieno della nostra dignità cammina nella stessa direzione, per una società in cui nessuna e nessuno debba più sentirsi in pericolo o discriminato a causa del genere e dell’orientamento sessuale, una società in cui il machismo sia riconosciuto come causa delle violenze contro donne, omosessuali e transessuali e proprio per questo sia sanzionato.

3 Alla fine Facciamo Breccia aveva scelto di aderire al pride di sabato 28 giugno esprimendo però, in un documento intitolato "Adesione al Bologna Pride", tutte le proprie perplessità, riserve e contrarietà. L'adesione critica non è stata accettata dal Comitato Bologna Pride che non ha mai spiegato ufficialmente il rifiuto (dal sito Facciamo breccia).

4 Così Elfo Bruno, sul suo blog, che, pure, critica l'intervento della polizia.

27 luglio 2008

Mina da 1 a 50 (10)

Nel 1967 Mina fa uscire il primo lp per la sua nuova casa discografica, la PDU, acronimo per Platten Durcharbeitung Ultraphone, nata lo stesso anno per iniziativa sua e di suo padre Giacomo Mazzini.
Con sede a Schaan, nel Liechtenstein, per motivi fiscali, e gli uffici commerciali a Lugano, la PDU, nei suoi primi anni di attività, oltre a quelli di Mina, ha prodotto dischi di molti altri cantanti e gruppi alcuni, dei quali importanti per il mondo progressive, come i Cincinnato1.

Altri nomi I Domodossola, Tihm, Marita, Roberto Cacciapaglia, Johnny Sax, Milena, Marisa Sacchetto e i cantautori Roberto Ferri e Luigi Grechi. Per alcuni anni la PDU si è occupata anche della promozione di una sua sotto etichetta, la Sun Records.
Distribuita dalla Durium fino al 1970, dalla EMI fino al 1996, è passata sotto il diretto controllo della RTI dal 1997 al 1999; oggi è distribuita dalla Sony BMG Music Entertainment (Italy)2.

L'etichetta sul disco è nere con logo e scritte argento.
Fino al 1973 circa, l'etichetta presenta un logo PDU, senza cornice, nella parte inferiore.


Dopo il 1973 il logo viene spostato sul lato destro ed incorniciato, lasciando la parte inferiore per il titolo del disco e il nome dell'artista.


Alcuni LP vennero anche pubblicati in edizione quadrifonica con numero di catalogo PLDSQ1.

Nel primo LP, Dedicato a mio padre, numero di serie 5001, Mina propone alcuni capolavori della musica brasiliana e Jazz, oltre che inediti, scritti per lei da Augusto Martelli, col quale all'epoca c'era un sodalizio sia professionale che privato.



Queste le illustrazioni interne.


Nei titoli due errori: un titolo in inglese e un titolo italiano, diverso da come lo conosciamo3


Dedicato a mio padrecontiene capolavori come So, versione italiana di Preciso aprender a ser so, di Marcos Valle - Paulo Sérgio Valle, che vi propongo in una versione dal vivo, da Canzonissima 68.

Di seguito due magistrali interpretazioni in lingua originale.
La prima di Elis Regina,

la seconda da Elizeth Cardoso,

Dedicato a mio padre ha mille altre gemme: I Discorsi, su testo della stessa mina, musica di Augusto Martelli, che vi presento anch'essa in versione live, sempre da Canzonissima 68.

e I Should Care una canzone del 1944 di Axel Stordahl, Paul Weston and Sammy Cahn, divenuta uno standard inciso da Nat King Cole a Frank Sinatra, da Bing Crosby a Julie London, oltre a Thelonius Monk, Dizzie Gillespie e The Modern Jazz Quartet.
Di Mina vi propongo una versione live, da Teatro 10 (notate il fiato di Mina in questa canzone...).

E, ancora, (Up a)Lazy River di Hoagy Carmichael e Sidney Arodin del 1930, che vi propongo in una doppia versione, live.
La prima da Teatro 10, estrapolata da un medley,

e la seconda da Canzonisima 68, cantata live sulla stessa base della versione da lp.




1 fonte: italianprog.com

2 fonte Wikipedia

3 fonte Mina discografia un sito privato, che ha fatto un lavoro migliore di quello del sito stesso di Mina.

26 luglio 2008

Il 26 luglio 1928...

...nasceva Stanley Kubrick.

Kubrick è sempre stato presente nella mia vita, sin dalla mia infanzia, coi suoi film.

2001: Odissea nello spazio, lo vidi per la prima volta alla tenera età di 9 anni. Mi portarono a vederlo Zia Clara (sorella di mamma), e suo marito, zio Gaetano. Zio Gaetano cercò di spiegarmi il film, del quale aveva letto qualcosa sui giornali, ma non è che c'abbia capito molto... Parla di scimmie e di viaggi nel tempo.
Quella uscita fu un evento eccezionale. Mentre Zia Clara veniva a trovare mamma (e nonna, nella casa della quale io, mia madre e mia sorella eravamo andati dopo la separazione dei miei) tutte le settimane, zio Gaetano lo vedevamo giusto quando eravamo noi ad andare a casa di Zia. Non ricordo se alla proiezione venne anche mamma. Ricordo il cinema, il NIR, che chiuderà dopo il 1983...
2001
mi affascinò, anche se, sapevo di non stare capendo tutto. Non mi riferisco ai significati reconditi del film (il monolito, il feto spaziale, l'arredamento rococò) ma alla magnificenza sinfonico-visiva del film, quando, nell'apoteosi della celebrazione tecnologica, Kubrick mostra l'intera discesa della piattaforma di atterraggio nelle viscere della Luna, per celebrare le prodigiose meraviglie tecniche raggiunte, nel film, dall'uomo, ma, anche, quelle da lui raggiuntenegli effetti speciali.
Per me non stava succedendo nulla in quella scena, e siccome sapevo che le immagini di un film fanno sempre trama mi dissi che mi stava sfuggendo qualcosa, perché io non vedevo storia alcuna (infatti era solo descrizione che è sempre "racconto" anche se non c'è "storia"...) là dove sapevo doveva essercene per forza...


La prima volta che lo vidi, in tv (solo anni dopo lo vedrò in pellicola, al Labirinto) Barry Lyndon mi impressionò più per la storia che per il modo di raccontarla. Mi aveva colpito il destino del protagonista, il suo rapporto con l'autorità, prima da giovane scavezzacollo, poi da padre maldestro e privo di prestigio.

Ma era certamente Arancia meccanica il film che mi veniva in mente quando sentivo parlare di Kubrick.

Lo vidi per la prima volta al Gregory, prima che la sala venisse rinnovata, quando era ancora un cinema enorme e scarno degli anni del boom.
Tutto era diverso in Arancia meccanica: il racconto, le scenografie, l'impiego della musica e degli obbiettivi, il montaggio e anche la morale. Il Gregory ridava il film a ogni fine stagione, all'inizio dell'estate, quando la chiusura estiva incombeva in città, prima dell'estate romana, e relegava le visioni filmiche al piccolo schermo televisivo.
Vedere Arancia meccanica era diventata una piacevole abitudine, una volta all'anno, tutti gli anni, per celebrare l'estate e rivedere un film che non ti stancavi mai di vedere.
La tradizione è durata diversi anni, approssimativamente dal 1985 al 1991. Ci andavo ogni anno con gli amici più intimi, un gruppetto di 4-5 aficionado ai quali, ogni anno, si aggiungeva qualche amicizia di primo pelo, qualche fiamma, qualche imbucato... Poi, col nuovo decennio, i cinema rimasero aperti più a lungo, il Gregory venne restaurato e la proiezione pre-chiusura di Arancia meccanica saltò, per non riprendere mai più...
Più di recente, questi tre film sono stati oggetto di lezioni da me tenute, a scuola e al CSC; è stato un modo per regolarizzare una conoscenza precoce, per approfondire una reminiscenza dell'infanzia, una tradizione dell'adolescenza, per toccare con mano un destino cinematografico che si profiulava dietro questi film che avevo incontrato nella mia vita prima che il cinema diventasse per me un lavoro, un incontro che appariva casuale, ma forse no.
Kubrick come regista apparteneva al passato dei suoi film "di una volta" ho sempre detestato profondamente Shining e Full Metal Jacket non mi è mai sembrato un suo film, per la mancanza di quel nitore formale, nelle sequenze, nel montaggio, nelle inquadrature...
Per cui la morte improvvisa mi ha sorpreso come quella di un caro vecchio zio che era tanto che non sentivo, anche se non mi ha sottratto al rammarico della scomparsa di un genio del cinema che aveva ancora tanto da dare al cinema, o forse no.

24 luglio 2008

Le edicole sacre, l'illuminazione pubblica e la sicurezza dei cittadini

Ho sempre avuto interesse per le edicole sacre che si trovano nel centro di Roma, anzi tra i mie vagheggiamenti c'è quello di farne una mappatura accurata, fotografandole personalmente.

Di tradizione antichissima, e di provenienza rurale i cippi lapidei si trasformarono in edicole urbane, a protezione della casa e della bottega sottostante. Davanti l'edicola(che raffigurava di solito la vergine col Bambino, o, più raramente scene più articolate) c'era sempre una fiamma accesa, come quella che ardeva davanti i Lares e i Penati romani, una parte del focolare domestico trasferita all'esterno della casa per rischiarare l'immagine sacra posta a protezione della casa.








Fino al 1800 ce n'erano in città più di 600, successivamente distrutte in seguito ai cambiamenti urbanistici della Roma post unificazione e di quella fascista1.

L'importanza cruciale oltre che per il loro scopo di culto che le edicole avevano nel tardo rinascimento è anche dopo è che costituivano l'unica fonte di illuminazione pubblica della città. Per questo sono state salvaguardate ed erano così numerose.
Per muoversi di note a Roma bisogna munirsi si una propria fonte di illuminazione che rischiarasse l'oscurità. La città all'epoca none era un posto sicuro né, tanto meno, era sicuro viaggiare da una città all'altra (e infatti chi lo faceva, doveva assoldare dei mercenari).
Così, ieri sera, discorrevamo io e Frances, e lei mi raccontava di come suo marito Fernando fosse solito dirle che non è vero che Roma una volta era più sicura e che, anzi, oggi la città è molto più sicura che nel Rinascimento. In barba ai mezzi di informazione di oggi che fanno dell'allarme emerg4enza l'elemento più importante della nostra contemporaneità.
















Ma tanto, si sa, che la Storia non è di casa in Italia e le semplificazioni con forte componente ideologica sono preferite sempre a visioni più semplici e più vicine alla realtà storica...

Grazie a Frances per avermelo fatto notare.

le foto sono tratte dal sito FOTO EDICOLE SACRE MADONNINE A ROMA


1 Giovanni Tesei Le edicole SAcre Polo Books, Aprilia 2007

22 luglio 2008

Lo spot Tim


Lo spot è stato prima soggetto a critiche da parte del MOIGE (un'associazione di genitori, reazionaria e omofoba, oltre che ignorante e piena di pregiudizi risibili).
Nel comunicato si legge:

“Chiediamo l’immediata sospensione di uno spot che offende la dignità della donna, fa tabula rasa dei valori della paternità e della maternità e rischia di vanificare anni e anni di campagne incentrate sulla sicurezza dal punto di vista dei comportamenti sessuali: agli adolescenti, target sollecitato dallo spot, viene mostrata una tipologia di comportamento infarcita di superficialità e indecenza e per finire anche demenzialità, vista la reazione dei presunti ‘padri’ all’arrivo dei messaggi”

“Questo spot è un’offesa alla dignità della donna, presentata in una luce di squallida licenziosità”, ha affermato Elisabetta Scala, Responsabile osservatorio media del Moige.

Squallida sarà Elisabetta Scala, non certo la vita sessuale della ragazza dello spot anche se il fatto che la ragazza annunci la paternità a una molteplicità di uomini, senza distinzione tra ‘contestatori’ e poliziotti, è discutibile e fa subito pensare alle sue scarse virtù morali (come ben dice Giorgia sul blog Televisionando). Quel che c'è di positivo nello spot è la reazione degli uomini, di gioia e non, come ci hanno abituato i film e, purtroppo, le statistiche (quante mogli abbandonate ancora incinte, prima del parto...), di sgomento e fuga.

Poi, addirittura, lo spot è stato oggetto di interrogazione parlamentare da parte di tre deputate del Pdl Alessandra Mussolini, presidente della commissione parlamentare per l'Infanzia, Gabriella Carlucci e Manuela Di Centa secondo le quali:
Nella pubblicità si evidenza chiaramente come non vi sia la certezza della paternità di un nascituro che viene ridotto, quindi, al prodotto del gioco di una notte, che peraltro rispolvera un concetto della sessualità tipico degli anni '70 oramai superato. Mettere al mondo un figlio è un atto di amore e di responsabilità che non può essere svilito e offeso per mere speculazioni commerciali» (fonte Corriere della sera).

Ora, la ragazza dello spot si vive la maternità con maggior leggerezza (e non superficialità) con cui sembrano viversela sia i genitori del Moige che le deputate del Pdl.
Quel che in questa campagna di spot trovo sia davvero offensivo della dignità delle donne sono quelle piccole ragazze formato telefonino, ben visibili negli spot precedenti (ma anche in questo) che vengono "chiuse" e "aperte", cime veri e propri cellulari che sono davvero la quintessenza della mercificazione della donna, resa letteralmente oggetto.
Sia il Moige che le deputate a quanto pare non hanno la capacità di notare questo dettaglio, e distratti da grossolane considerazioni sul contenuto dello spot, non tengono in considerazione il maschilismo di fondo presente in tutti gli spot precedenti a quello incriminato.


La malafede del Moige e delle deputate del pdl è palese.
Quello che dà loro fastidio è l'autodeterminazione della giovane donna che non può scegliere di avere tanti partner sessuali (è sempre la stessa morale: una donna con tanti partner è una puttana, un uomo con tante partner è un superfigo) né, tanto meno, può scegliere di tenere il figlio, senza un padre certo. Siamo in piena morale borghese che prima crea l'idea che la donna incinta senza un padre certo sia una poco di buono, e poi istituisce dei centri per le ragazze madri...

Della donna-oggetto, chiusa e fatta sparire come un telefonino e della partner ufficiale, fatta fessa con un regalino, non gliene frega niente a nessuno...


Infine segnalo che lo spot incriminato è menzognero, come rileva Giusva Iannitelli sul blog Mobile Blog:

Oggetto del contendere è uno spot dell’ex-monopolista di cui stavo preparando un approfondimento: dove io vedevo messaggi al limite della truffa, altri hanno visto “costumi sessuali promiscui”. De gustibus.

Partiamo dalle mie considerazioni: la speaker dice testualmente “500 SMS e 500 MMS verso tutti e 500 minuti di chiamate verso i TIM”, i quadratoni colorati riportano esattamente la stessa cosa ben in grande, mentre in piccolo -sulla striscia inferiore-, appare la reale offerta

Max 150 SMS e 50 MMS verso i numeri Vodafone, 3 e Wind. Scatto alla risposta 19 cent.

Legislativamente parlando non so quanto borderline sia questa pratica di dire una cosa e scriverne un’altra diametralmente opposta (c’è chi la chiamerebbe sintesi, io la chiamerei in modo differente), ma a rigor di logica, essendo gli operatori virtuali delle entità a se stanti, significherebbe che queste limitazioni non si applicano a Poste Mobile, o Fastweb, o altri?

(...)

Personalmente ritengo questa un’analisi assolutamente bigotta della situazione (basterà farsi un giro su alcuni approfondimenti del nostro tvblog per vedere come la moralità di taluni programmi, anche sulla tv commerciale, sia spesso messa a rischio per cose ben più eccessive), e chissà poi perché nessuno faccia nulla per impedire che uno spot di 30 secondi diventi un mezzo per dire ciò che si vuole, a prescindere dall’offerta reale.

A prescindere da tutto, leggete sempre bene le condizioni di una promozione!


E' proprio tipico di questa italietta fascista, si vede sempre il brusco dell'altrui occhio e mai il proprio trave...

La migliore risposta viene sempre dalla rete ed è una parodia, spassosissima...

Amore Criminale su Raitre: lo sciacallaggio perbenista

Mi è capitato di assistere per caso alla prima puntata della terza serie di trasmissioni del programma Amore Criminale di Matilde D’errico, Maurizio Ianelli e Luciano Palmerino, condotto da Camilla Raznovich in onda in prima serata su Raitre.
Il programma riprende, per ogni puntata, la storia di una donna, uccisa dall'uomo che l'amava (sic!). Ricostruzioni fatte da attori, alternate a interviste ai familiari e agli amici della vittima, raccontano, con dovizia di particolari, le vicissitudini che hanno portato al delitto, mentre Camilla in studio fa da trait- d'union tra i vari filmati.
Il caso di stasera riguardava Jennifer Zacconi, la ragazza di venti anni (ma durante il programma vengono anche date età diverse, 19 e 21 anni) uccisa il 29 aprile 2006 a Maerne di Martellago (VE) da Lucio Niero, l'uomo col quale aveva una relazione e del quale era rimasta incinta, 9 giorni prima di finire il periodo di gestazione.
Il tono del racconto è quello finto-obbiettivo, tipico delle ricostruzioni cui ci ha abituato Chi l'ha visto (già messo alla berlina, illo tempore, da Avanzi di Serena Dandini e Linda Brunetta) in realtà carico di pregiudizi. Camilla si chiede, per esempio, "che tipo di uomo sia" Lucio, l'assassino, "che aveva una moglie e due figli ma poi aveva instaurato una relazione con una ragazza molto più giovane di lui". Capite? Quell'uomo ha preso la sua ex (avevano smesso di vedersi qualche mese dopo che lei era rimasta incinta) prima a calci, sul pube, per farla abortire, 9 giorni prima del parto, poi ha cercato di strangolarla (ma la corda si era impigliata nella mandibola incalza il racconto...) e infine la soffoca spingendole la faccia contro il terreno (una fanghiglia che l'ha soffocata). l'ha dunque lasciata agonizzante in una buca nel terreno, e Camilla si chiede che razza di uomo sia Lucio perché è un adultero (la parola non viene usata ma il ludibrio evocato si aggira intorno a quei valori), perché frequenta una ragazza molto più giovane di lui. CAmilla è ovviamente solo una esecutrice, il testo le è statos critto dai tre autori, ma, ognuno con le sue responsabilità, c'è da ridire per tutti, sia chi il moralismo lo scrive, sia chi lo riporta senza battere ciglio. Lucio viene descritto prima come un violento cocainomane che ogni sera ci prova con una ragazza diversa e poi come un innamorato tenero che frequentava la famiglia di Jennifer come un genero (parole della madre della vittima). Non siamo lontani dal gossip quotidiano di tanti programmi spazzatura...
La ricostruzione è di fantasia perché descrive comportamenti e pensieri dell'assassino senza che ci sia un riscontro oggettivo con le sue dichiarazioni che sono comunque ben altra cosa rispetto sapere come sono andate davvero le cose. Eppure il tono è quello della ricostruzione precisa, corroborata dalle affermazioni di persone che sono a conoscenza dei fatti (madre, padre, sorella, amiche e avvocato di famiglia).
Terribili poi le semplificazioni sul perché Jennifer si sia innamorata di un uomo molto più grande di lei. Indovinate quale? Lei cercava un padre visto che i suoi si erano separati!!! Siamo davvero al parere dato dal parrucchiere da quella signora che, Verissimo alla mano, sa tutto di tutti e sa dare spiegazioni ignorando competenze di discipline diverse (psicologia, medicina, sociologia) banalizzandole in una vulgata da Selezione del Readers Digest...
Mi fa orrore vedere la madre agghindata e truccatissima (mentre la sua controparte enlla ricostruzione non porta mai un filo di trucco...) che parla come se niente fosse dei fatti che hanno portato alla morte della figlia dando in pasto agli spettatori guardoni la storia d'amore di una ragazza di vent'anni che ha deciso caparbiamente di tenere il bambino (comperava vestitini per il bambino, li lavava e li stirava. Sembrava una bambina che mette a posto i vestiti delle bambole di nuovo parole della madre).
Mi fa orrore veder una delle amiche confessare, in lacrime, che tiene con sé un braccialetto che aveva regalato a Jennifer, è un dettaglio personale, banale agli occhi di un estraneo, significativo solo per chi lo vive e che ha valore solamente se rimane nell'intimità pudica del privato, che può essere raccontato anche a uno sconosciuto incontrato in treno, se si vuole, ma non dato in pasto alla tv, perchè non è più un racconto personale, ma divneta pubblico, non è più una confessione tra anime sconosciute in un eccezionale contatto empatico, ma uno spettacolo, mercificato, prostituito.
Stasera Jennifer è stata assassinata una seconda volta dai parenti e amici che si sono prestati dissennatamente allo sfacelo del privato e al cinismo degli autori del programma che si sono comportati esattamente come fanno i pappa con le prostitute.
Poi in studio Camilla interviene con due ospiti, una criminologa dei mie stivali e Dacia Maraini e lì emergono dettagli inquietanti sul caso (la madre di Jennifer ha fatto pubblicare su un giornale locale la foto del nipotino morto...) e tutte e tre le donne in studio concionano se sia stato o no un gesto condivisibile: l'opinione pubblica si divise a metà, ricorda Camilla, Io non so com'era la foto dice Dacia (allora perché parli?) e Camilla a quanto pare sembrava che dormisse e Dacia "Allora non era una foto oscena, niente da ridire...) per poi intrattenersi sul fatto che all'assassino siano stati dati solo 30 anni di carcere, perché non è stato acusato di doppio omicidio non avendo il bambino una sua autonomia giuridica. E, di nuovo, tutte e tre aparlare di legge senza averne competenza alcuna...
Poi dopo, confesso, non ce l'ho fatta più e ho girato canale...
Questo programma era nato per denunciare le violenze degli uomini contro le donne,
dei mariti, amanti, fidanzati, fratelli, padri, contro le donne. Poteva essere un'occasione per rifletere su una pratica che, come dice il ocmunicato stampa della trasmissione, avviene nela maggior parte dei casi in famiglia (Carfagna dovrà pentirsi ogni giorno della sua vita per aver scritto a Repubblica, come avevo già riportato in un precedente post, che
Nessuno nega - e non sarò certamente io la prima - il fatto che non di rado è la stessa famiglia a trasformarsi in luogo di commissione di reati ai danni delle donne (...) Ma è una trasformazione, non è la regola. Le analisi statistiche da voi riportate e da noi conosciute e studiate, sottolineano anche un altro aspetto: divorzi, separazioni ed affidamento dei figli causano gran parte delle tensioni e dei reati realizzati all’interno della famiglia

Jeniffer è stata ammazzata proprio perché voleva tenersi il suo bambino.)
Invece il programma è solamente un banchetto di luoghi comuni, frasi fatte, moralismi mediatici da quattro soldi, dove ognuno si veste bene per apparire in tv e fare commercio di fatti orrendi che andrebbero denunciati, non raccontati, analizzati, non ricostruiti, che dovrebbero diventare memento per tutti, non casi eccezionali da raccontare in tv come in una fiction.

Sono rimasto disgustato del programma e di chiunque vi abbia partecipato, dai parenti e amici di Jennifer (Vergogna!!!) a Dacia Maraini (ma che cavolo ci va a fare in programmi così?)

E tutto questo sui Raitre non su Retequattro o Italia uno.

Sono scandalizzato, infuriato, nauseato. Vorrei essere paesanini per fermare il programma e arrestare i suoi autori.

Invece me ne vado a letto con un senso di frustrazione maggiore, che cresce giorno dopo giorno, mentre il mondo va sempre più a rotoli e io non posso farci nulla...

21 luglio 2008

Fiorella m'annoia

Dal blog di Paolo riprendo il video di Fiorella Mannoia del brano Io che amo solo te di Sergio Endrigo, con le sue citazioni cinefile (non sono riuscito a cogliere giusto l'ultima...) e anche io sfido chiunque a riconoscere i film citati.


Il video è importante perché riscrive, un poco, l'immaginario collettivo italiano, inserendo tra le storie d'amore, tutte interpretate da attori giovani ma importanti, anche una storia d'amore gay, con la semplicità e la leggerezza che merita (ma perché non anche un amore lesbico?...)

Purtroppo, a differenza del coro, trovo l'interpretazione che Fiorella Mannoia dà della canzone ben misera.
Provate a sentire come Endrigo interpreta ogni singola frase, sia nelle strofe che nel ritornello, tutte di un fiato, allungando ogni singola nota, e confrontatela col canto di Fiorella che spezza le frasi, non interpreta, ma dice, non fa dichiarazioni d'amore, ma declama versi, senza ritmo, senza un'idea musicale dietro.

Lì una dichiarazione d'amore tutta di un fiato, spontanea, dirompente, tenerissima, che non può esser detta altrimenti, qui invece il compitino di una cantante che si crede grande e che basti la sua auctoritas per dare spessore alla sua interpretazione (Mina non si è mai permessa di farlo, quel che manca a Fiorella è proprio l'umiltà professionale).

Capisco che Fiorella volesse trovare una strada sua nell'interpretarla, che non volesse rifare la versione di Endrigo, ma non ha capito il senso della canzone, non si può spezzare le frasi come fa lei (e Vanoni nella sua interpretazione) Mina, che ha capito tutto del pezzo, addirittura prolunga i fiati unendo le frasi tra di loro...


Quello che ha scelto di fare Mannoia lo trovo irrilevante, di una pochezza abissale, ma d'altronde, come dice la mia amica Frances, Mannoia? basta la parola!...

Intanto di Endrigo non sa niente nessuno, mentre di Mannoia si comprano i dischi anche dovesse incidere dei gargarismi...

Riflessi

E mentre mettevo a posto scartoffie e vecchi appunti (strano modo di divertirsi il mio) sono uscite fuori alcune foto e i vecchi appunti per una mostra di fotografia alla quale ho partecipato nel lontano 1988, vent'anni fa giusti giusti, insieme a Alessandra Guarino, Carola Picciotti e Giovanni Benedetti, uniti per l'occasione nel gruppo "Zabriskie Point". Le foto erano di Marco Polidori, noi ci "limitammo" a coadiuvarlo nella scelta degli scatti nella stampa e nell'allestimento della mostra.
Pensate cosa voleva dire montare foto su pannelli 3 mt per 2...
Sono molto grato a Marco, ancora oggi, perché mi ha portato con sé nella camera oscura e mi ha dato subito fiducia permettendomi di stampare le mie prime foto. L'emozione di vedere apparire dal nulla l'immagine stampata nella soluzione di sviluppo e di fissaggio è una cosa che intender non la può chi non la prova. Una stampa coraggiosa e ardita, mentre con le tue mani (ma più spesso con dei cartoncini) oscuravi parte del fascio luminoso per correggere problemi di esposizione del negativo (o per personalizzare comunque la stampa).




Tengo ancora con me qualche prova che facemmo allora, su carta fotografica, stracciata, slabbrata e questa matericità della foto, così distante dalle foto digitali di oggi mi fa dire ancora e sempre di più che l'era analogica è l'unica che vale la pena di essere studiata...

Allestimmo la mostra nell'atrio dell'aula magna de<La Sapienza e per una settimana andai io ad aprire la mostra, alle 9 del mattino, restando fino a sera. Alessandra e gli altri venivano il pomeriggio a darmi il cambio Marco arrivava quasi tuttele mattine verso le 11. Chiedevo le chiavi alla custode dell'aula magna aprivo quella porta enorme e pesantissima, anni trenta, e accoglievo i visitatori, dando spiegazioni o lasciandoli liberi di guardare quel che volevano. Ai più interessati regalavo le fotocopie rilegate con una serie di scritti, di Marco e nostri.

Non a tutti piacque quel che facemmo: la mia amica Frances criticò il fatto che nel poster della mostra c'era un disegno e non una foto ("che mostra di fotografia è?"); il poster lo aveva stampato lo zio di Marco, nel suo studio di grafica e ci era parso tutto così fantastico che non avevamo pensato minimamente a mettere una foto invece del disegno...
Luciano, il compagno di Mariù, un amico, aveva trovato quel che avevamo scritto banale o presuntuoso, forse era solo invidia, o spocchia...
Le foto a me piacevano moltissimo e i visitatori veri (quelli che erano venuti non perché avevano un amico che aveva partecipato alla mostra, ma gente davvero interessata di fotografia) le apprezzavano assai.
Chissà se Marco ha ancora il libro dei commenti...

Ho perso di vista Marco da almeno 10 anni.
Le ultime notizie che ho di lui è che ha lasciato l'insegnamento nelle scuole, ed è diventato cuoco (cuoco?!?).

Chissà se gli capiterà di leggere queste righe...

Le foto che pubblico sono prove e non sono minimamente indicative del lavoro straordinario che aveva fatto Marco, grazie al suo straordinario occhio da fotografo, l'unica cosa che non si impara, o lo si ha oppure no.

Chissà quante altre foto avrà fatto in tutti questi anni...

20 luglio 2008

Mina da 1 a 50 (9)

Che Mina abbia inciso versioni in lingua spagnola delle sue canzoni è una cosa risaputa, anche prima di Collección Latina. Ma sulla rete ho scovato versioni spagnole di ben altre canzoni rispetto quelle contenute nella compilation della emi, tutte con la stessa base della versione italiana e una nuova registrazione, in spagnolo.

Ve ne propongo due, tra le canzoni che più amo del suo immenso repertorio.
Distancias è la versione spagnola di Distanze, uno dei pezzi più belli di Mina ®, al quale solo legato in maniera particolare.



Era il periodo felice della scoperta di Mina. Quando avevo ancora così pochi lp che, appena avevo i soldi, ne comperavo uno nuovo. Era un po' come se uscisse un nuovo disco di Mina al mese... A volte riuscivo a comperarne anche due tre insieme e dovevo poi nasconderli a mia madre che si sarebbe arrabbiata per l'esborso... Già allora ero mani buche).

Distanze la conoscevo perché era inserita in Del mio meglio n° 3 (non ho mai amato le compilation, nemmeno quelle ufficiali, ma in questa c'erano due pezzi che esistevano solamente in 45 giri e non erano stati pubblicati su nessun altro album Non gioco più e La scala buia).
Ignoravo ancora l'album che la conteneva, Mina ® (dove ® sta per "marchio registrato") l'avrei comperato solamente il 31 dicembre del 1981 a Piazza Navona, giusto qualche ora prima della mezzanotte. Mina ® è l'album al quale sono più legato, dopo Attila, contiene tutti pezzi che parla(va)no direttamente al mio cuore. Un album privo di hit e per questo a me più gradito; non ho masi sopportato troppo l'invadenza degli hit di Mina, che finivano sempre per offuscare canzoni più degne ma meno conosciute...

Ecco la versione italiana.

Distanze ha ancora oggi il potere di emozionarmi e distrarmi dalla mia razionalità. Ogni canzone ha un suo andamento, un suo arrangiamento, una sua struttura e, se guardiamo al testo, un suo significato. Ma con canzoni come Distanze non sono più sicuro di niente. Quell'arrangiamento etereo da quali strumenti è fatto? Con quali note? E' un arrangiamento normale per l'epoca? E poi quel testo ("Sotto i miei piedi una zolla/tutta la folla sembra impazzita la molla tra me e te") che significa???

Ecco, anche, la versione in francese.

Molte altre canzoni di Mina ® mi fanno lo stesso effetto...
Per distanze avevo immaginato un video, quando, il sabato sera, dopo aver fatto la doccia, la cantavo, andando dietro il disco, uno dei pochi momenti in cui riuscivo a dimenticarmi delle preoccupazioni che mi dava la scuola...
Nell'ipotetico video io (o Mina) cantavo(a) in uno studio neutro, dietro il quale, in b/n, andavano immagini che commentavano le parole della canzone e con l'ausilio del kroma-key io (Mina) volteggiavo per monti e distanze... per poi rientrare in studio nel finale e scomparire in una dissolvenza mentre giravo su me stesso...


Il secondo pezzo è invece è Tambien Tu Anche Tu da Attila, il primo album di Mina che comperato, quello che mi ha dato l'imprinting, il disco che volevo sentire per fare sesso (e anche l'amore...).


Interpretazione impeccabile in spagnolo, come in italiano...
Una delle canzoni di Mina che conosco da sempre e amo da mai...

19 luglio 2008

Ma l'obbligo è per un'altra cosa...

Si è tanto parlato in questi giorni di un emendamento al decreto 112 relativo alla manovra economica del governo, approvato alla Camera con voto di fiducia e ora in analisi al Senato (fonte L'unità) , che cancellerebbe l'innalzamento dell'obbligo scolastico (da non confondere l'obbligo formativo...) a 16 anni di età, introdotto dal governo Prodi con la precedente Finanziaria (in uno dei pochissimi punti rispettati del suo programma) e attualmente in vigore, facendolo tornare di fatto a 14 anni com'era prima, all'epoca della riforma Moratti. La ministro Gelmini assicura che l'obbligo è rimasto a 16 anni.
L'attuale normativa prevede che lo studente, dopo aver conseguito il diploma di licenza media, debba affrontare un ulteriore biennio, presso una scuola pubblica statale o privata parificata.
L'emendamento prevede che l'assolvimento dell'obbligo possa essere svolto anche presso gli istituti per la formazione professionale regionale (i cosiddetti Cfp), e nei percorsi triennali istituiti dal ministro Moratti, che in tal modo uscirebbero dalla sperimentalità per diventare definitivi. In sostanza la norma attuale prevede e riconosce come agenzia per la formazione del cittadino solo una scuola pubblica statale (o parificata) e non un organismo regionale per la formazione professionale: la formazione professionale cioè non sostituisce né assolve l'obbligo scolastico che resta di esclusiva competenza della scuola.
L'emendamento fa peggio che far tornare l'obbligo d'istruzione a 14 anni, crea una differenza per censo: scuola per chi se la può permettere e formazione professionale per chi non può (o non vuole) studiare (fonte La tecnica della scuola.it).
Appaiono dunque fondate le preoccupazioni della CGL nella persona di Enrico Panini che afferma che "si torna a separare sulla base del reddito, per chi ha mezzi e opportunità sociali la scuola vera, per chi parte da qualche svantaggio sociale, il canale di serie C. Si spacca l'unitarietà del sistema creando per i meno fortunati un canale parallelo discriminatorio, si regionalizza e si privatizza un pezzo di formazione"(fonte La repubblica) e a non strumentalizzazioni politiche di chi si trova all'opposizione. Anzi che il ministro Gelmini possa risolvere così le critiche all'emendamento fanno capire quanto stia a cuore dell'attuale governo l'istruzione (che non è più "pubblica")...

Quel che più mi ha fatto inorridire però sono i commenti dei lettori, nei siti dei quotidiani e sui vari blog.


Bella idea di istruzione che hanno molti italiani: la scuola serve per cercare lavoro e siccome non ci vuole la laurea per fare l'idraulico che si studia a fare? E' ovvio che un'idea del genere viene sostenuta dall'attuale governo.
Devo però dire che l'innalzamento della scuola dell'obbligo a 16 anni mi sembrava una misura demagogica della sinistra, che non condivido affatto. C'è gente che non è fatta per studiare, e che farebbe bene ad andare a lavorare a 14 anni. Meglio pochi diplomati e laureati, ma buoni e competenti, che trovino lavoro, e gli altri a fare lavori non di concetto.
(così manfred_von_richthofen su Panorama.it)

A nessuno viene in mente che, invece, la scuola serve per imparare a pensare e che ci pensa bene vive meglio e che nessuno vieta a uno che fa l'idraulico di leggere Kant se ne ha voglia...

Lo studio permette di muoversi meglio in un mondo sempre più complesso, nonostante le semplificazioni mediatiche in cui siamo immersi ci dicano altro.

Lo studio serve per andare più in profondità nelle cose, nella propria vita, nella proprie relazioni. La preparazione che si raggiunge in terza media non permette di affrontare nessuna delle complessità che bisogna saper conoscere per stare al mondo al giorno d'oggi.


Chi dice che in Italia ci sono troppi laureati e pochi idraulici parla da ignorante, perché anche il mio gatto sa che in Italia il numero di laureati è di gran lunga inferiore alla media europea e che il lavoro non forma la persona.

Poi ci sono quelli che vedono nell'obbligo una restrizione della propria libertà!!!
Se non voglio studiare, perché mi obblighi?".

Essere istruiti, studiare, approfondire conoscenze e competenze non serve solamente per la propria persona ma per la società tutta. Ben vengano gli idraulici ma se pensano (come tanti altri...) che i froci sono malati e la donna deve stare in casa allora è meglio che continuino a studiare...
Fenomeni di bullismo se ne sentono alle medie al liceo di meno perché il liceo apre la mente ti fa studiare materie nuove mette in discussione le credenze radicate di un paese fascista, una famiglia bigotta e ipocrita e delle istituzioni sempre più incapaci di far diventare le persone cittadine e cittadini.

Se c'è chi gioisce che si studi di meno vuol dire che il paese ha un bisogno disperato di cultura e chi ostacola questa crescita è un criminale.

18 luglio 2008

Mina da 1 a 50 (8)


Nel 1973 Mina pubblica Amanti di valore, uno dei due album che compongono il doppio: non già un doppio album ma due album, con titoli e copertine di verse (in questo caso complementari) con cui sarà solita uscire fino al 1977.








L'altra metà del dittico è Frutta e verdura (altro grande album), ma Amanti di valore ha una caratteristica in più, tutte le canzoni sono state composte e arrangiate da Carlo Pes mentre i testi sono di Franco Califano. Un album altissimo nei testi, negli arrangiamenti, in quello che Mina riesce a fare con la voce. Uno dei pezzi è ieri ieri qui riproposto insieme alla sua versione spagnola (della quale ignoravo l'esistenza...).

17 luglio 2008

Bollettino ufficiale sullo stato del mio umore n° 17





A chair is still a chair
Even when there's no one sitting there
But a chair is not a house
And a house is not a home
When there's no one there to hold you tight,
And no one there you can kiss good night.

A room is still a room
Even when there's nothing there but gloom;
But a room is not a house,
And a house is not a home
When the two of us are far apart
And one of us has a broken heart.

Now and then I call your name
And suddenly your face appears
But it's just a crazy game
When it ends it ends in tears.

Darling, have a heart,
Don't let one mistake keep us apart.
I'm not meant to live alone. turn this house into a home.
When I climb the stair and turn the key,
Oh, please be there still in love with me.

Ma la versione che preferisco è quella cantata dal suo stesso autore...

15 luglio 2008

(some of) my favourite things


Andare al negozio dove potevamo acquistare verdure di coltivazione biologica e ogni volta comprare anche un piccolo gioco educativo, un libro, un opuscolo, un dépliant per cercare di inquinare dimeno il mondo e conoscerne meglio meccanismi e forme di vita del pianeta Terra.
Decidere cosa cucinare per cena o se andare al ristorante cinese delle nostre amiche Ru e Zu oppure farsi portare le portate a casa, oppure da Barbara e Daniela, o una pizza vicino il Malpighi.
Andare a un'anteprima stampa, vedere il film e poi, in macchina litigare perchè non ci piacevano mai gli stessi film.
Contemplare la nostra casa rimessa a nuovo, tutta di toni verdi e arancioni e condividerne l'accoglienza con i nostri amici.
Tirare tardi a letto a guardare episodi della nostra serie preferita (Buffy l'ammazza vampiri).
Uscire per andare ovunque, in macchina, con la nostra musica che suona nello stereo e io che non vorrei mai uscire dall'abitacolo perché provavo un senso magnifico di felicità pregressa nell'assaporare tutto quello che possiamo fare dopo insieme.
i sabati pomeriggi dedicati alla cernita di cd da Revolver e poi tornare a casa e ascoltare ciò che avevamo comperato...
Ecco qualcuna delle favourite things che DA mi ha portato via da quando ha deciso di cambiare compagno e vita.



Io da allora "non sono morto né guarito" sono uno zombie che passeggia smarrito tra le macerie di una vita che non c'è più, come in un episodio di Star Trek Voyager ma senza tricorder e senza la saggezza del capitano Janeway...

Discriminazione o privilegio?

Gli tolsero la patente perché gay
Ora verrà risarcito con 100mila euro

Alla visita di leva si dichiarò omosessuale: per questo, in base a supposti 'squilibri psicofisici', nel 2001 la motorizzazione avviò l'iter di revisione della patente. Il legale: "Sentenza pilota"

Danilo Giuffrida: gli è stata tolta la patente perché gay Roma, 12 luglio 2008 - I ministri pro tempore delle Infrastrutture e Trasporti e della Difesa dovranno versare la somma di 100mila euro, e sostenere le spese processuali pari a circa 11mila euro, a titolo di risarcimento del danno morale a Danilo Giuffrida, il 27enne per il quale l'ufficio della motorizzazione civile di Catania nel 2001 avviò l'iter di revisione della patente di guida a causa di supposti suqilibri psicofisici dopo che alla visita di leva all'ospedale militare di Augusta dichiarò di essere omosessuale.

A deciderlo è stato ieri il presidente della quinta sezione civile del Tribunale di Catania, Ezio Cannata Baratta.
Giuffrida fu esonerato dal servizio di leva per "disturbi della identità sessuale" e la motorizzazione, dopo una comunicazione dell'ospedale militare da cui risultava che il giovane "non era in possesso dei requisiti di idoneità psicofisica legalmente richiesti per la condotta di automezzi", dispose la revisione della patente di guida "mediante un nuovo esame di idoneità psicofisica".

Giuffrida aveva presentato ricorso, difeso dall'avvocato Giuseppe Lipera, al Tar di Catania che, "poichè l'omosessualità non rientra nella categoria di malattia psichica", aveva già sospeso il provvedimento preso dalla motorizzazione "anche tenendo conto del grave pregiudizio morale che da esso consegue". I legali poi avevano presentato ai ministeri della Difesa e dei Trasporti, una richiesta di risarcimento di 500mila euro per danni morali e, in primo grado, ne hanno ottenuti 100mila. I ministeri dovranno pagare anche agli interessi legali dalla data della sentenza e, in solido, le spese processuali.

"I comportamenti tenuti dalle due amministrazioni appaiono in evidente discriminazione sessuale del Giuffrida e in evidente dispregio dei principi costituzionali'', scrive il giudice Ezio Cannata Baratta. Secondo il presidente della quinta sezione civile del Tribunale di Catania ''i comportamenti dei due ministeri'' avrebbero ''cagionato un grave danno al Giuffrida costituito dalla grave sofferenza morale cagionata dall'umiliante discriminazione subita''.

''Il comportamento delle due amministrazioni - scrive il giudice- ha gravemente offeso ed oltraggiato la personalita' del Giuffrida in uno dei suoi aspetti piu' sensibili ed ha indotto nello stesso un grave sentimento di sfiducia nei confronti dello Stato percepito come vessatorio nell'esprimere e realizzare la sua personalita' nel mondo esterno''.

L'avvocato del giovane, Giuseppe Lipera, afferma che si tratta della prima sentenza del genere in Italia: "il giudice punisce il danno esistenziale di una persona che viene discriminata dallo Stato perche' omosessuale''. ''La quantificazione del risarcimento - continua il legale - e' irrilevante rispetto al danno subito dal mio assistito per questo auspico che il presidente del Consiglio dei ministri convochi Giuffrida e gli chieda scusa a nome dello Stato e di tutti gli italiani''.

L'ARCIGAY: SERVE UNA LEGGE

"Ogni tanto i tribunali italiani ricordano alla politica che non è possibile discriminare a causa dell`orientamento sessuale gay". Così Aurelio Mancuso, presidente nazionale dell'Arcigay, commenta il risarcimento per danni morali al quale sono stati condannati i ministeri della Difesa e dei Trasporti nei confronti di Danilo Giuffrida, cui la motorizzazione di Catania voleva revocare la patente di guida in quanto affetto da disturbi psichici legati alla sua omosessualità.

"In questo paese, dove non esiste una norma complessiva che tuteli dalle discriminazioni per orientamento sessuale - dice Mancuso in una nota - può accadere che la pubblica amministrazione, come i privati, possano mettere in atto azioni lesive della dignità delle persone.
Nell`esprimere la nostra gioia e sostegno alla vittoria ottenuta da Danilo, denunciamo come sia insostenibile che un grande paese europeo non si sia ancora addottato di una legge, che finalmente blocchi sul nascere i tentativi di discriminare le persone lgbt".
(dal sito quotidiani.net)

Ricordo nel 1991, quando la Raitre si occupò di omosessualità, in prima serata, con una diretta condotta dall'allora esordiente (in video) Gad Lerner, in uno studio tutto rosa, dove parlarono solo uomini, e Graziella Bertozzo, presidente di Arcilesbica, poté dire la sua solo a 10 minuti dalla fine del programma.
Ricordo che un militare, intervistato circa la posizione dell'esercito italiano nei confronti delle persone omosessuali, disse che non si considerava più l'omosessualità come malattia mentale (motivo per cui sino ad allora un omosessuale veniva riformato) ma si riformavano solo gli omosessuali egodistonici (quelli in conflitto con il proprio orientamento sessuale) mentre quelli egosintonici venivano considerati idonei.

Ora Danilo Giuffrida, dichiarandosi gay, è stato riformato secondo la vecchia normativa (ho cercato di informarmi tramite internet ma ho fatto un buco nell'acqua. Se qualcuno mi vuole evincere gliene sarò eternamente grato) per i suoi "disturbi della identità sessuale".
Ci sono miliardi di motivi per cui un ragazzo non vuole fare il servizio militare e non solo per l'orientamento sessuale, anzi tantissimi etero hanno in passato rifiutato il servizio militare optando per il servizio civile sostituivo, allora adoperato come arma punitiva (ricordo il mi amico Pasquale, ricevere la comunicazione telefonica che lo avvisava di presentarsi, il giorno dopo, in un paesino sperduto dell'Emilia presso il locale comune dove prestare servizio civile...). Danilo poteva scegliere come tutti gli altri il servizio civile, ma ha preferito usare il proprio orientamento sessuale. Intanto sono tante le persone, in passato, che si sono finti gay per evitare il servizio di leva (Io stesso, durante i tre giorni, ricordo un ragazzo vestito con gonna e camicetta...). Per questioni politiche, etiche e di orgoglio personale non mi sognerei mai di usufruire di una legge che riconosce l'omosessualità come malattia pur di sottrarmi non importa a cosa.
Non così Danilo che non ha battuto ciglio, in barba a chi ha usufruito del servizio civile sostituivo per obiezione di coscienza.
Insomma per non fare il servizio militare a Danilo è stato bene farsi discriminare.
Poi quando, IN BASE ALLA STESSA DISCRIMINAZIONE, gli hanno tolto la patente, perché,
dal loro punto di vista assurdo e distorto (e sicuramente in voglia di ripicca), se sei malato di mente per fare il servizio militare lo sei anche per guidare... allora Danilo si è riscoperto orgoglioso di essere gay.
Chi causa il suo mal pianga se stesso.
Invece di denunciare i militari per assurda discriminazione (in un paese dove oggi i generali dicono che i gay sono inadatti al servizio militare, e dove molti gay vorrebbero poter intraprendere la carriera militare malgrado il loro orientamento sessuale), si prende la prima discriminazione che gli fa evitare la naja, ma ricusa la seconda. Troppo comodo!
Un po' di coerenza perdiana!
O combatti entrambe le discriminazioni o te le tieni tutte e due.
Danilo è stato sicuramente discriminato e i veri malati di mente sono alla motrorizazione civile... ma si è comportato come molti italiani che pensano di poter piegare leggi e pregiudizi per un personale tornaconto.
Il suo comportamento fa un pessimo servizio alla causa omosessuale: tutti a parlare dell'assurdità del ritiro della patente (cosa che si commenta da sé) ma nessuno commenta l'altrettanto assurda discriminazione che, nel 2000, esenta un ragazzo dal servizio militare (oggi non più obbligatorio ma volontario) in base al proprio orientamento sessuale.
Credo che Danilo debba una spiegazione a tutti/e i/le cittadini/e italiani/e...

(rivisto e leggermente modificato il 29 luglio 2008)

14 luglio 2008

Fiction Fest. Last post

Ed è così arrivato l'ultimo giorno di Fiction Fest.
Poche persone (le sale erano quasi sempre vuote) per una festa costata oltre 7 milioni di euro. Una cifra esagerata per un evento che ha solo la funzione di sostenere il mercato della fiction italiano sensibilizzando il pubblico come consumatore e non come spettatore critico, come ebbi già modo di dire per la prima edizione della festa.
Bsta pensare alle fiction premiate nelle sezioni collaterali (come I cesaroni 2) e ai film tv in concorso ignorati (come Le nouveau Monde). Ma, come dire, meglio il Fiction Fest che niente. E a ottobre è la volta dell'ex festa del cinema di Roma, trasformata dall'ottantasettenne Luigi Rondi in un ennesimo Festival...

L'ultimo giorno dei Fiction Fest ho avuto ho gli esami, aiuto il mio amico Vincenzo a tenerli, lui insegna all'università "lingua angloamericana per la comunicazione d'impresa" ha fatto un corso sulle pubblicità anni 50.
Quindi arrivo la mattina all'auditorium di via della Conciliazione (l'università è dietro l'angolo. Chiedo dei cappelli, la mia fissa... ma non ne ottengo nemmeno uno. Anzi quando mi allontano dal bancone informazioni le due ragazze scoppiano a ridere...)
Mi siedo al bar dove mi raggiungono, quasi in contemporanea, Silvio (che lavora lì dietro... Ah le coincidenze!) e Vincenzo.
Silvio mi guarda come stessi partendo per il fronte, mentre mi saluta e va a lavoro. Con Vincenzo andiamo a fare gli esami. Pochi studenti, alcuni bravi, altri decisamente no. Una studentessa rifiuta un 22. Ce la ritroveremo all'appello di settembre (e non saprà collocare storicamente quel che ha studiato proprio come ora...).
La studentessa ha portato come pubblicità da analizzare una bellissima, eccola.



Un gelato per pranzo e ci fiondiamo insieme all'Adriano (dista poco meno di un km...).

Vediamo insieme Le Lien (Fracia, 2007) di Denis Malleval, con Marthe Keller (l'attrice di Fassbinder) nel cast, un film-tv ambientato a Bordeaux, negli anni 50, nel quale una professoressa ebrea scampata alle deportazioni francesi scopre che il padre della sua migliore allieva è proprio l'uomo a comando della milizia volontaria che le decimò la famiglia e che la sua studentessa in questione potrebbe essere sua nipote...
Argomento serio, grande la recitazione di Marthe, ma qualche semplificazione di troppo per il tema affrontato. Un film da vedere, comunque, anche a scuola.

Poi, dopo aver salutato Vincenzo, prima che inizi Fisica o Quìmica, una serie spagnola, assisto alla coda dell'incontro con la stampa del cast e degli autori dei Cesaroni. Del cast ci sono solo Marco ed Eva, cioè Matteo Branciamore e Alessandra Mastronardi.
E' la mia occasione: chiedo ai due, in quanto attori, se hanno problemi a recitare in una serie piena di luoghi comuni come i Cesaroni. Eva/Alessandra mi chiede, un po' stizzita: "tipo?" le faccio un elenco che vorrei non terminare mai: i gay effeminati che amano vestirsi di rosa, le donne che non amano il calcio e stanno a casa a far da mamme e serve e nemmeno possono permettersi un corso di teatro un pomeriggio a settimana. Logiche familiari anni 50.
Alessandra/Eva prova a dire che cercano di ispirarsi, nel loro piccolo, alla commedia all'italiana, ma la contraddico e le ricordo che la commedia all'italiana sapeva registrare la società italiana e i suoi cambiamenti mentre I Cesaroni no.
Tutte le telecamere puntano su di me, mi sento il capitano Kirk il giorno del varo della prima Enterprise senza di lui al comando, in Star Trek Generazioni...

Poi, mentre tutti vanno via, e io rimango in sala aspettando di vedere la serie spagnola, uno degli autori si ferma alla mia poltrona (sono all'ultima fila all'estrema destra) e mi stringe la mano complimentatosi per la mia domanda. Io serafico commento che non volevo essere troppo cattivo e lui mi risponde "Ma no, figurati! E' vero!"
Fermati attimo, sei bello! Un po' meno bello per Eva/Alessandra, che, quando mi passa accanto, al mio saluto cordiale risponde con un sibilante "E' stato un piacere" ma è chiaro che il sottotesto è ben diverso.

Fisica y Quìmica (e NON Fisica & quìmica come riportato sul programma) è una serie divertente. Impressiona lo stile riconoscibilissimo di antena tre la stessa società che ha prodotto Paso adelante: stessi materiali di costruzione per i set, stesa fotografia, stessi arredi...) ma la serie funziona, diverte e appassiona (sto già scaricando gli altri episodi). Racconta di quattro nuovi professori in una scuola (un po' assurda in realtà dove sembrano esserci pochissime classi...). tra professoresse che sono andate a letto con studenti diciassettenni (ma prima di sapere che sono loro studenti, a ex suicidi insegnanti di educazione fisica, a figli del capo che insegnano storia dell'arte (ma niente nepotismo, anzi il padre non vorrebbe il figlio fosse lì), a studenti razzisti, che se la prendono col nuovo compagno cinese, a studenti suicidi (così si conclude il pilota...) la serie dimostra che in Spagna hanno molto da raccontatore anche nelle maglie strette della televisione e che noi italiani una serie così ce la sogniamo: i personaggi hanno spessore e gli stereotipi sono l'ossatura su cui è stata disposta molta carne non l'unica cosa seria che tiene in piedi personaggi di cartapesta come ne i Cesaroni...).

Poi è stata la volta di Buonasera Aroldo, Buonasera Giuliana (Italia, 1008) di Anna Testa, un film di montaggio, tra film, edizione televisive di spettacoli e teatrali e riprese tv dei medesimi, alternati ad interviste di Aroldo e di Giuliana. Un omaggio affettuoso, ben montato che restituisce la caratura di uno dei nostro grandi della prosa italiana. Sala gremita (e si trattava della seconda proiezione) applausi finali ad Anna Testa (presente in sala) e tanta nostalgia per un'Italia che non c'è più (Aroldo è morto il 26 dicembre 2006 all'età di 89 anni...).

Alla proiezione di Screenz, (Israele, 2007) i protagonisti presenti in sala si sono seduti proprio vicino a me, per cui ero un po' distratto nella visione (e, soprattutto, preoccupato di dover lasciare la sala prima della fine del secondo episodio in programmazione perché, come al soliti, la proiezione aveva più di 30 minuti di ritardo...).
La serie è il resoconto delle videochattate di un gruppo di personaggi che normalmente non dovrebbero essere in contatto: Una ragazza di Israele e un poco di buono russo, un padre che contatta la figlia (dopo averla abbandonata in tenera età) per chiederle se si vuole sottoporre al test per stabilire se può donarle il suo midollo spinale,; una coppia isrealiana lui teppista fuori del paese e lei fidanzata ancora casta, che si chattano ogni giorno e quasi quasi lo fatto via internet.
Un incrocio di trame da soap o da serie spionistica, il tutto mediato dall'uso di un medium nuovo e diverso come la webcam (la serie riprende quasi sempre le videate dei due pc e non l'ambiente in cui avviene la videochattata).
Insomma una sfida registica e di sceneggiatura, in una delle poche serie innovative dell'intero Fiction fest.

L'ultima serie dell'ultimo giorno di Fiction Fest è In Treatment (Usa, 2007) serie di alta classe (come HBO ha sempre abituato i suoi spettatori) nella quale, in ogni episodio, assistiamo ala seduta di uno psicanalista, un paziente per ogni episodio. Niente musica, niente colpi di scena, ma racconti, bugie, la capacità dello psicanalista di evidenziare illogicità e auto menzogne dei suoi pazienti, come in una vera terapia. Il terapeuta è Gabriel Byrne (con un terapista così tornerei a in psicoterapia anche domani!) che regge lo show insieme al paziente dell'episodio.
Idea geniale, ma non originale, lo show infatti è la versione americana di Be 'Tipul serie israeliana cerata dal genio di Hagai Levi insieme a Ori Sivan e Nir Bergman. Sono uscito talmente fulfilled dai due episodi, soddisfatto e sazio che ho deciso di non rimanere per vedere l'altra serie, anch'essa basata sulle sedute questa volta di una consulente sessuale, Tell Me You Love Me e sono tornato a casa, prima, con un solo autobus, soddisfatto e già un po' triste per questi 5 giorni di orgia mediatica.

Vaffanculo, sono pieno!
bello essere
quello che si è anche se si è
poco
pochissimo
niente


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