8 agosto 2009

The 15 golden rules of theatre etiquette

1 Don’t just switch off your mobile in response to what’s very likely a cute invitation from some fake-friendly voice. Make sure it’s off before you enter the theatre, thus making sure that you’re not publicly humiliated by Richard Griffiths or A.N. Other.

2 Never whisper, let alone talk, during the performance. If you’re hard of hearing, hire a loop rather than bother your companion for info about the plot. And don’t hum along with songs, even if they’re by Rodgers and Hammerstein.

3 Don’t bring picnics. In fact, don’t eat anything, not even your fingernails, even if the play is, well, nail-biting. If you must buy an ice cream in the interval, make sure you finish it and dispose of the carton before the restart. The scraping at remnants sounds like scratching on a wall.

4 If you fear that you’ll cough, bring a handkerchief to smother your mouth and pastilles to put in it. Considerate theatregoers would rather asphyxiate than interrupt a good actor.

5 Always apologise if someone is forced to stand as you make your way to your seat, but if you are late (and you should never be) reduce your apology to a quick, sorrowful nod.

6 Don’t clap actors’s entrances, even if they’re famous, or their exits, even if they make them in the swaggering style that half-invites applause. All this is dated and naff and makes you look like a celeb-hungry prat.

7 Have nothing to do with standing ovations unless a performance is close to a once-in-a-lifetime experience. In America such ovations have become meaningless and, if they don’t occur, they indicate disapproval. We don’t want them to become regular here.

8 If a friend is on stage in a comedy or farce, or has written one, don’t pile on the laughter. The artificiality is usually transparent enough to make failure more and not less likely.

9 If you must go to that often obnoxious, spuriously glitzy occasion, the first night, don’t ponce about pretending to be an important guest, even if you are one. Think of your fellow audience members and the actors, both of whom want to get on with the show. And that show isn’t about you.

10 No need to dress up, let alone wear dinner jackets and evening gowns, as was once the case. But try to be a little better dressed than the critics, who often look as they’ve been grabbed from a washing machine that hasn’t yet been turned on.

11 If you see a sleeping critic don’t necessarily wake him or her up, as guilt is likely to ensure that his or her review is more favourable than it might otherwise be. But don’t let him sleep too deeply or he may (and this has happened) crash into or across an aisle, causing injury to the innocent. And snoring is unacceptable, whoever does it and however awful the show.

12 If critics irk you by scratching notes on a pad, be forgiving. They’re only doing their jobs. And virtually all critics accept that lighted pens, once common, are now verboten. If you see a critic turn one on, whisper something tactfully germane, like “you blind sod, switch it off”.

13 If the child you’re bringing is chatty, gag it. If it’s fidgety, handcuff and shackle it. And if you’re altruistic enough to bring a school party to a Shakespeare matinée, threaten potential wrongdoers with tickets to the next revival of Timon of Athens, to be followed by a ten-page essay on the ethics of Apemantus.

14 Try your hardest not to be tall, which means shunning headgear and primped-up hair. And if you can’t help your height, ask for a seat on the aisle or somewhere where you won’t interfere with people’s sightlines.

15 If you are maddened by a fellow member of the audience, postpone a serious or violent encounter until a suitable pause in the action, preferably the interval. But usually a schoolmarmy stare and an English sniff, followed by a reproachful smile, will suffice.
(TimesOnline)

Film al Gay village? No, fai da te!

E visto che quest'anno la rassegna cinematografica del Village is screwed up a causa della dissennata programmazione di Giona A. Nazzaro che mi ha dunque tolto il piacere di andarci ogni fine settimana come feci l'anno scorso, ho deciso di vedere all by myself dei film "a tematica".
Una finta rassegna, che rendiconterò come fosse vera.

(Tra l'altro nemmeno so quest'anno dove fanno le proiezioni, visto che la sera, prima e unica temo, che sono andato al Village quest'anno per vedere Loredana Bertè, non ho visto l'ombra di uno schermo... e sì che ero lì' dalle 21 e in programmazione c'era un film...)

Il film di stasera (eheheh) è(ra) The History Boys (GB, 2006) di Nicholas Hytner, quello de La pazzia di Re Giorgio e L'oggetto del mio desiderio, tratto da una commedia di Alan Bennett (quello dello splendido La cerimonia del massaggio), regolarmente distribuito in Italia e passato senza traccia lasciare.

La storia raccontata, ambientata nello Yorkshire a Sheffield, nei primi anni 80, con relative musiche di allora (aaah quanti ricordi!!!) è difficile da essere valutata e capita da una mentalità così diversa quale quella nostra (italiana) bacchettona.

In una scuola frequentata solo da ragazzi (secondo una gloriosa tradizione) un gruppo di otto studenti ha ottenuto risultati scolastici abbastanza buoni per aspirare ad Oxford e Cambridge e affronta un ultimo trimestre di preparazione intensiva per poter sostenere l'esame di ingresso in Storia.

A preparare i ragazzi Mrs. Lintott la professoressa di Storia (che li ha educati a riconoscere e criticare il sessismo), il professore di cultura generale, l'eccentrico Hector (come i ragazzi hanno soprannominato il pingue professore sulla sessantina) e Irwin, un nuovo arrivato, giovane e classicamente inglese.
Hector li fa discutere su qualunque argomento, recitare finali di film (a suo uso e consumo, se non li indovina mette dei soldi nella cassa comune), fa loro conoscere la musica (i ragazzi cantano e suonano il piano), la poesia (a memoria), la storia contemporanea, e non, e li incoraggia a parlare con una sottile dotta ironia... Un tipo di insegnamento molto diverso da quello nostro (ma anche da quello americano, per esempio).

Irwin, il nuovo professore, invece è più pragmatico e insegna loro ad abbellire i loro temi, a confutare tesi più che consolidate, non in nome della verità, ma per distinguersi all'esame di ammissione. Il giovane professore fa colpo su Dakin, il bello del gruppo, e cerca di diventarne l'alunno preferito.
Lo studente Posner è innamorato di Dakin sapendo che forse la sua è una cotta adolescenziale e passeggera ma non so se voglio smettere di farmi piacere i ragazzi.

Dakin racconta a Scripps, il suo migliore amico, i progressi di seduzione con la sua ragazza Fiona (che fa la segretaria al preside) e ogni centimetro di pelle conquistata al tatto viene descritto con metafore di guerra (ma precise e pertinenti).

Un giorno Hector, chiede chi dei ragazzi voglia essere accompagnato a casa casco alla mano (ha una moto), tutti declinano con scuse vaghe e altrettanto evidenti, solo uno di loro accetta di buon grado. Fra Hector e i ragazzi c'è infatti una sorta di tacito accordo, per cui a turno si fanno portare a casa in moto da lui e lasciano che lui palpi loro i genitali (ma nel film non lo si vede mai troppo esplicitamente), Hector non ha mai osato andare oltre e i ragazzi lo lasciano fare perché provano una certa pena per lui.
Scoperto viene costretto ad andare in pensione prima del tempo. Hector piange in classe come un bambino.
Arriva intanto il giorno dell'esame di ammissione.
vengono tutti presi, anche il meno brillante Rudge (suo padre era stato inserviente e un membro della commissione lo ricordava bene).

Dakin in uno stato di sfacciata onnipotenza va prima da Irwin, il giovane professore, e gli chiede se non voglia succhiargli l'uccello. Irwin da buon inglese non si sbilancia e Dakin commenta che come insegnante è anticonformista ma molto impacciato nei rapporti interpersonali. Irwin gli ricorda che lui è un suo studente e Dakin lo accusa di temere di essere cacciato come Hector. Irwin gli chiede perché si propone a lui e non a Hector e Dakin risponde che Hector è indecente. Non perché gay ma per l'aspetto fisico: non è desiderabile, lui sì...
Poi Dakin va dritto dal preside e gli chiede perché Hector non possa palpare i suoi studenti quando lui passa tutto il tempo a palpare Fiona, che lavora come segretaria...
Hector non va più in pensione. Ma quando il preside scopre che sta per portare uno degli studenti sulla sua moto gli ribadisce che non gli è più concesso. Sarà Irwin ad andare con lui. Durante il tragitto hanno un incidente e mentre Irwin se la cava con una gamba rotta Hector muore.
Alla cerimonia funebre Mrs. Lintott si chiede se anche al suo di funerale loro presenzieranno così uniti e si chiede poi cosa ne sarà di lor da adulti.

Ognuno racconta quindi quel che farà da adulto.
Posner diventerà professore (e anche se non ho mai palpato i miei studenti, ma ogni volta è una fatica...), gli altri chi avvocato, chi magistrato (un ragazzo nero, di famiglia povera) mentre Irwin abbandona l'insegnamento per diventare un famoso giornalista tv.

Questi ragazzi sembrano degli adulti intrappolati in corpi adolescenti, o, forse, hanno una maturità adolescenziale ben al di sopra degli standard italiani (o americani). Quando commentando i palpeggi che subiscono da Hector si chiedono se questa cosa li segnerà per la vita e si augurano che sia così.
Quando Dakin gli racconta della sua proposta sessuale al prof. Irwin Scripps è invidioso non del sesso ma della sua sfacciataggine.

Quelli dipinti nel film sono dei bravi ragazzi, futuri padri di famiglia, in una società borghese che lascia entrare chi ancora non vi appartiene (Rudge e il padre inserviente), maschilista, nel suo rapporto tra maschi, ma non sessista, con un altissimo profilo etico (il miglior insegnamento, dice lor Hector è di passare la palla) e dove l'educazione separata li conduce all'omosessualità come rito di passaggio, vissuta e accettata senza tanti problemi, metabolizzata come una delle esperienze della vita per passare oltre, e se qualcuno preferisce restarci non c'è problema.

Un mondo convenzionale e conformista ma con degli standard etici e culturali sorprendenti.
Un conformismo e un'aura borghese decisamente migliore di quella italiana. Ma sempre conformista.

Un film insolito da vedere per sognare e commuoversi e poi ripiombare, con un senso di nausea alla bocca nello stomaco, nella realtà italiana di tutti i giorni...
bello essere
quello che si è anche se si è
poco
pochissimo
niente


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