5 novembre 2011

Ultimo giorno di festival (prima delle premiazioni...).

Zui Ai (Cina, 2011) di Changwei Gu
La cosa che infastidisce di più di questo film è che si dà per scontato che chi dona sangue possa contrarre l'hiv (e non chi lo riceve). seconda cosa data per scontata è che di hiv si muore. Questo non è più vero oggi come non era vero nemmeno all'inizio degli anni 90 (quando il film è ambientato, come ci dice una didascalia a inizio film, a dire il vero un po' persa tra gli altri titoli del film...).
L'hiv è vissuto come una condanna ineluttabile (come se fossimo altrimenti tutti immortali...) ala quale non c'è cura farmacologica da opporre. E non si tratta nemmeno del problema del costo dei farmaci (una scatola con 3 pasticche, il fabbisogno giornaliero, costa 500 euro...) che è proibitivo per l'Africa, e forse, anche per la Cina. No. Nel film cure proprio non ce ne sono.
Anche la reazione dei villains nei confronti degli appestati è irrilevante perchè rimane una pallida versione di quanto le persone in fatto di pregiudizi sanno essere criminali (da quelli politici a quelli etnici a quelli d'orientamento sessuale).
La seconda parte del film, quando due adulteri si innamorano e poi divorziano e si sposano prima di morire l'una sostenendo l'altro non spiega perchè si scomoda una sindrome che, purtroppo, miete molte vittime per disinformazione e interessi economici.
Poi il film è anche bello come storia d'amore. Ma perchè scomodare l'hiv? A quale metafora pensava il regista?



No et Moi (Francia, 2010) di Zabou Breitman tratto dal romanzo omonimo di Delphine de Vigan (pubblicato in italiano dalla mondandori col titolo Gli effetti secondari dei sogni) è un film incredibili, di una tale leggerezza e profondità che descrive le vite di tre adolescenti (Anzi due adolescenti e una giovane ragazza) che si stagliano davanti le vite dei genitori incapaci assenti o che si negano come tali. UN film mai banale ben costruito meglio recitato con un ritmo mai prevedibile e un finale vero che non concede spazio al sentimentalismo. Una delle vere sorprese di questo festival passata quasi inosservata.



Nuit blanche(Francia, 2011) di Frédéric Jardin non ha nulla da invidiare ai film statunitensi. una storia di poliziotti corrotti, spacciatori di coca e figli rapiti, raccontata con ritmo incalzante e una plausibilità sempre al limite ma che, miracolosamente, regge. Per chi crede che il film debba intrattenere e non far pensare. (e non è detto che sia sempre un male).


E anche questa sesta edizione del festival internazionale del film è finita...

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bello essere
quello che si è anche se si è
poco
pochissimo
niente


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