7 novembre 2012

La verità può essere ovvia?
Sulla rimozione dell'assassinio di Pier Paolo Pasolini nell'immaginario collettivo italiano.

Lunedì sera sono andato a vedere Notturno Pasolini, un ReadReading di e con Tamara Bartolini e Michele Baronio.

Dopo il RedReading è intervenuto, tra gli altri,  Emanuele Trevi, autore di Qualcosa di scritto, un libro su Pasolini, che non ho letto.

Con una parlata ellittica, stentata e poco cristallina Trevi cerca di dimostrare il suo punto di vista su Pasolini, retorico e poco interessante, almeno per me,  ma non è di questo che voglio parlare.

A un certo punto, parlando di PPP, come lo chiama con vezzo, Trevi dice qualcosa del tipo, quando Pasolini è morto...

Io, senza nemmeno accorgermene, non posso fare a meno di correggerlo e dire: Pasolini non è morto è stato ammazzato. Trevi mi risponde: beh la morte è una conseguenza dell'omicidio.
E io rispondo a mia volta: Tutti moriamo non tutti moriamo ammazzati.

La cosa finisce lì.

Poi, una volta usciti da teatro, uno del pubblico mi avvicina e fa una battuta secondo lui ironica: Davvero? Davvero Pasolini è morto ammazzato? Ah non lo sapevo...

Anche se non sembra, il tipo, sulla 30, di nero vestito, sta ironizzando, lasciando intendere che la mia puntualizzazione era inutile perché che Pasolini è stato ucciso si sa.

E scatta per me un'epifania.

Anche se si sa che Pasolini è stato ucciso si dice semplicemente che è morto.

Il suo omicidio è stato rimosso.

Un omicidio cruento,  percosso e investito due volte da una automobile, forse la seconda volta non la sua. Comunque sia quando l'automobile gli passa sopra la prima volta, il cuore gli è esploso in seguito alla pressione.

Nonostante dell'omicidio sia stato processato e incarcerato Pino Pelosi, le dinamiche sono molto più complesse e vedono coinvolte sicuramente le forze eversive nere dello Stato.

Ma quell'omicidio è stato liquidato, dati i rapporti tra Pelosi e Pasolini - 20 mila lire per un pompino - come  una cosa tra froci.

L'opinione pubblica ha liquidato quell'assassinio come la morte di un frocio di 50 anni che faceva pompini pagando i minorenni.

E che, insomma, quella morte, Pasolini, in fondo, se l'è cercata.

Una porcata bell'e buona che ha permesso alla coscienza italiana di dormire notti tranquille. Pasolini non è stato ucciso perché era scomodo al potere cattofascista  è stato ucciso perché frocio.

Una rimozione enorme che fa pandant con quella che vede gli italiani e le italiane vittime del ventennio nero e non fervidi entusiasmi del regime come in realtà fu... (lo ricordava Vittorio Foa poco prima di morire...).

Non posso perdonare a Trevi, che ha scritto un libro su Pasolini e che su quel libro ci guadagna dei soldi, di non aver ricordato lunedì sera  le circostanze della morte di Pasolini, di come violando il segreto istruttorio i TG e la stampa dissero esplicitamente le circostanze della sua morte per far capire subito alla popolazione che Pasolini aveva fatto la classica fine che fanno i froci quando molestano i giovani.

Come non posso perdonargli di avere detto che Pasolini ha fatto una vita felice, quando per tutta la sua esistenza è stato roso dal tarlo dell'omofobia interiorizzata al punto tale che alcune pagine del suo romanzo postuo Petrolio, lette da Tamara Bartolini durante lo spettacolo, tradiscono  la considerazione negativa che Pasolini aveva dell'omosessualità.

Un'omofobia interiorizzata al punto tale da avergli impedito di avere un rapporto d'amore profondo e sincero con un altro uomo, sublimando l'amore con innamoramenti platonici, non sessualmente consumati, con Laura Betti e Maria Callas, e relegando il sesso a quello occasionale coi giovani pischelli che si rimorchiava spesso con l'ausilio del danaro perché il danaro rende tutto  più facile e sbrigativo.

Ma non è nemmeno l'assurdità dell'esegesi parziale e omettente di Trevi che mi ha colpito di Lunedì  sera, quanto il commento di quello spettatore che, a differenza mia, pur sapendo le circostanze della morte di Pasolini, non ha sentito necessario ricordarle, durante la serata, almeno una volta, come ho fatto io, rimproverandomi di dire l'ovvio.

Adesso siccome dire di qualcuno che è stato assassinato che  morto è comunque un modo per ometterne semanticamente l'assassinio e, dunque, non dire tutta la verità, io mi chiedo, e vi chiedo:
La verità può essere ovvia?

Se una cosa è successa in un modo perché non chiamarla col suo nome ma usare un eufemismo?


Quando Pasolini è stato ucciso io avevo 10 anni.

Eppure ricordo benissimo l'aria di imbarazzo che il suo nome e la sua morte si portavano dietro.

A 10 anni sei ingenuo e non capisci.

Eppure  capii perfettamente che l'omosessualità di Pasolini era stata usata per giustificarne la morte, per mettere tra parentesi il portato politico di un omicidio e minimizzarlo.

Capii che in Italia se sei frocio non c'è giustizia.

Che ti possono ammazzare e che nessuno se ne scandalizzerà anzi ne proveranno un intimo sollievo un'ostentata indifferenza.

Adesso, mentre scrivo,  ricordo perfettamente il senso soffocante di imbarazzo che provavo per la morte di Pasolini. E il senso di sollievo per non avere atto la sua stessa fine. Imbarazzo non per l'omosessualità sofferta di Pier Paolo né per l'omosessualità serena e dichiarata mia, ma l'imbarazzo di vivere in un consesso dove il maschilismo patriarcale degli uomini (e delle done)  ti condanna al silenzio e ti fa  intendere  Se non taci se non ti nascondi la tua fine è nota.

Un memento agito e rimosso, agio e introiettato, che rimane come impronta indelebile a uso e consumo dei froci perché non importa la grandezza di quel che dicono o di quel che fanno, l'omosessualità potrà sempre essere usata contro di loro per zittirli, per sminuirli, per metterli al post loro.

Un memento  funziona proprio perché non detto, non ricordato, non ribadito. Si sa ma non si dice.
Proprio come mi ha rimproverato quel giovane spettatore etero e fascista.

Solo che a differenza di quando avevo 10 anni non provo più vergogna ma tanta tantissima rabbia.

La morte di Pasolini è stata anche un po' la mia morte, la morte di tutti quegli omosessuali che in un paese omonegativo  come l'italia sono stati costretti alla clandestinità e quando si vivono alla luce del sole si sentono accusare, come è successo a me  da parte di mia sorella e non solo, che ostentiamo e parliamo solo di quello.

Ecco. Lunedì sera Pasolini è stato un po' assassinato di nuovo, da noi tutti e tutte che ancora oggi non ci indigniamo di quella morte ma la accettiamo rassegnati, perché, si sa, coi froci è così che va a finire.

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bello essere
quello che si è anche se si è
poco
pochissimo
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