30 ottobre 2011

Totò sbarca al festival internazionale del film di Roma ed è tutta un'altra storia! I film in concorso sono i peggiori mai visti in occidente (e non solo...)




Jesus Henry Christ (Usa, 2011) di Dennis Lee è uno dqi tanti esempi di film off off hollywood che in Italia non giungono mai e che possiamo vedere solo grazie ai festival che costituiscono uno dei tanti mattoni di un immaginario collettivo altro, laico, divertente, politicamente impegnato senza scadere nella propaganda. se poi tra gli attori c'è un talento innato come quello di Toni Collette il film non può che far rimpiangere tutti quelli simili, e non, che non giungono mai qui da noi. Un film a 360 gradi tra gifted sons, sexual orientation e famiglie mononucleari il film è uno spaccato della società americana contemporanea, quella che fa invidia all'Europa.

Le cosiddette invenzioni sono spesso dei ripescaggi per invogliare la gente a tornare a comperare qualcosa. La nuova orgia di film in 3d è un classico esempio di quel che vado dicendo. Il 3d esiste da sempre nel cinema, ne presentarono un esemplare i Lumiére nel 1900 all'Esposizione Universale di Parigi.
Come ogni invenzione nata dalle esigenze commerciali e non da una esigenza tecnica deve poi trovare un suo campo di espressione, quel che manca al 3 d di oggi (basta vedere Tintin di Spielberg per rendersi conto della sua inutilità). Mattioli ne Il più comico spettacolo del mondo (Italia, 1953) il primo film italiano in 3d - sceneggiato, tra gli altri, da Monicelli e Maccari, -  con una tecnica detta podelvision (dalle iniziali dei cognomi dei due produttori Carlo Ponti e Luigi De Laurentiis) usa il 3d meglio di Spielberg e fa uscire dallo schermo verso lo spettatore fiori, getti fumogeni, il selz schizzato da un sifone, la polvere bianca di un estintore... Il resto lo fanno Totò e gli attori di sempre (con camei d'eccezione, Silvana Mangano, Aldo Fabrizi, Anthony Quinn) di un cinema che ormai non c'è più per cui oltre a ridere a crepapelle Il più comico spettacolo del mondo è involontariamente malinconico perché ci mostra come eravamo e come non saremo mai più.


La passione di Laura (Italia, 2011) è un bel documentario di Paolo Petrucci (che di mestiere fa il montatore) su Laura Betti. Con materiali d'archivio, interviste a Laura, estratti da programmi tv, interviste (tante) a gente che l'ha conosciuta e amata e a stralci dei suoi diari (recitati da Eleonora Danco) conosciamo l'attrice e la donna in un ritratto preciso, profondo e mai banale che non si limita a essere una filmo-teatrografia, ma nemmeno entra nella vita privata della donna, ma è anche tutto questo in una descrizione dell'intellettuale, dell'artista, della persona.
Produce Angelo Barbagallo e distribuisce Cinecittà Luce. Altre occasioni di vederlo alle biblioteche comunali 
giovedì 3 novembre ore 19
alla Europea
via Savoia 15, tel. 06 45460686



sabato 5 novembre ore 17
alla Guglielmo Marconi
via Gerolamo Cardano 135, tel. 06 45460301.



(per le altre proiezioni cliccare qui).


Hotel Lux (Germania, 2011) di Leander Haussmannè un film indecente, per il quale sono stati sposi tanti soldi e che racconta di fatti importanti (Hitler, Stalin, prima della guerra) senza emozione e, soprattutto senza memoria storica, con un pressapochismo e una superficialità che fanno venir voglia di lasciare la sala. Un film interminabile (110 minuti di durata) per una storia nella quale l'unica cosa che davvero conta sembra essere l'amore di un uomo per una donna e dove nazisti e comunisti sembrano essere la stessa cosa. Un film da dimenticare non invece il nome del regista, Leander Haussmann, per evitare altri suoi film vita natural durante. Chi ha scelto questi pessimi, inutili, penosi film dovrà risponderne a tutti gli spettatori...

Schepisi si dimostra ancora un regista all'altezza della situazione nel gestire una materia narrativa complessa e abbondante (il romanzo da cui è tratta, Patrick White, premio Nobel australiano per la letteratura nel 1973 , consta di più di 600 pagine...) riuscendo a gestire una storia e un meccanismo narrativo non proprio nuovi in maniera elegante e convincete, grazie anche al cast di attori e attrici, sui quali prevale una
Charlotte Rampling (senza dimenticare Judie Davis) capace di passare dalla ultrasettantenne morente alla sessantenne in splendida forma non certo con l'ausilio del make up ma con quello della magnificenza della sua interpretazione (da brivido). Troppe le storie già viste (anche al cinema) e già dette perchè The Eye of the Storm (Usa, 2011) sia davvero degno di essere raccontato nei dettagli (figli pavidi, madre morente molto più dentro la vita di loro, donne sopravvissute al nazismo...) quel che conta è la libertà dei personaggi femminili che hanno una vita sessual sentimentale proprio come il Mondo concede agli uomini senza falsi moralismi o superficiali libertarismi, dove l'arte è una terapia alla vita e la morte la vera cifra di ogni esistenza umana.



Che non sempre la materia narrativa letteraria funzioni sul grande schermo lo dimostra questo irrisolto La femme du cinquième (Francia, Polonia, Regno Unito, 2011) di Pawel Pawlikovski, tratto dal romanzo di Douglas Kennedy Margit (Sperling e Kupfer, fuori catalogo anche se solo del 2009).
Il racconto oggettivo (che accade davvero) sulle pagine di un libro scivola via plausibilmente nel delirio ipnagogico del protagonista ma sul grande schermo rimane una storia dove non accade nulla e dove il vero protagonista è la città di Parigi. Un non film dal quale si esce con la voglia di picchiare regista e produttori. Peccato per gli attori (Erhan Hawke e Kristin Scott Thomas, che recitarono entrambi in inglese e francese) che meritavano un film vero.

Ma questi film, ci chiediamo in molti, chi li sceglie? Con quali criteri e, soprattutto, PERCHE'???

Unica curiosità del film la sua natura bilingue, da cui il doppio titolo, in francese e in inglese e le due locandine sostanzialmente diverse.

Insomma i film in concorso, so far sono i peggiori non solo del festival ma dell'universo mondo...

Piera Detassis CAMBIA MESTIERE!!!

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bello essere
quello che si è anche se si è
poco
pochissimo
niente


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